5 cose che dovresti mangiare ai Castelli Romani almeno una volta nella vita

Stefano Maria Meconi  | 25 Mag 2024  | Tempo di lettura: 4 minuti
5 cose da mangiare ai Castelli Romani

Un nugolo di quasi venti comuni che si estende a macchia d’olio alle porte della Capitale. Ognuno con il suo castello o fortezza, il palazzo nobiliare e la bella chiesa, con vicoli che regalano saliscendi e affacci panoramici di pregio. Ma quello che rende celebri i Castelli Romani è l’antica tradizione gastronomica, un magnifico affresco di sapori della terra che, in alcuni casi, sono diventati prodotti conosciuti in Italia e nel mondo. E che qui, nella patria della gita fuori porta, sono assolutamente irrinunciabile.

  1. Il pane di Genzano


Vera e propria eccellenza dei Castelli Romani, più che un cibo il pane è legame indissolubilmente tra territorio e sapienza di chi è riuscito a creare un prodotto così buono da diventare tradizione.
È il caso del pane casereccio di Genzano IGP, un filone di pane cotto a legna con una croccante crosta esterna e una mollica interna morbidissima pronta per fare la “scarpetta”. Ma è anche il caso del pane di Lariano, che si fregia del Marchio Collettivo Geografico. Pane anch’esso cotto a legna, ma diverso da quello di Genzano, in questo caso gli elementi che lo caratterizzano sono la farina semi integrale e il lievito madre che grazie anche a una doppia lievitazione regalano un pane dal sapore unico.

  1. Porchetta di Ariccia IGP


Castelli Romani fa da sempre rima con porchetta di Ariccia IGP. Servita dalle fraschette, ristoranti spartani e tappa fissa per chi si trova ad Ariccia, ha delle origini antichissime. Pare che già gli antichi Romani, intorno al V secolo a.C., usassero sacrificare i maiali in onore di Giove Laziale, il cui tempio si trovava sulla vetta del Mons Albanus (Monte Cavo), dopo aver vinto importanti battaglie.

Favorita anche dalla dominazione della famiglia Chigi su Ariccia, la lavorazione della porchetta non ha mai conosciuto un momento di crisi, ed è oggi – con molta probabilità – il prodotto gastronomico castellano più conosciuto e apprezzato.

  1. La pupazza di Frascati


Tipical biscuit of Frascati (Lazio) with three breast (two for milk and one for wine)
La Pupazza Frascatana è un biscotto che rappresenta la sagoma di una donna con tre seni, simbolo di abbondanza. L’impasto alla base del biscotto è di acqua, farina, miele di castagno e da alcuni arricchito con olio e scorza di arancio. L’impasto poi, fatto riposare per una notte, viene modellato per creare questa sagoma femminile.

  1. Le fragoline di Nemi

Nemi, il borgo delle fragole
Nemi
Sulle sponde del lago più piccolo dei Castelli Romani sorge il borgo di Nemi, celebre per una produzione – che dura ormai da secoli – di fragoline di bosco, più piccole e molto più saporite delle fragole comuni, e che vengono gustate in mille ricette diverse.
Con la panna o lavorate fino a diventare una granita, ma i dolci più celebri e più amati sono le crostatine con le fragoline. Una fragrante base di pasta frolla accoglie al suo interno la crema pasticciera nella quale vengono tuffate le fragoline cosparse da zucchero a velo.
Tra le altre specialità nemorensi c’è il risotto con le fragole, che oltre ad assumere il colore delle fragole ne carpisce anche l’incredibile profumo, e le fragole con il vino. In questo caso le fragole sono prima pulite, poi tagliate in pezzi e condite con limone, vino e zucchero per creare un gustosissimo sciroppo.

  1. La ciambella degli Sposi di Rocca di Papa


A Rocca di Papa si producono, da almeno 200 anni, le Ciambelle degli Sposi. Questo biscotto friabile, a base di farina, olio di semi, zucchero e pochi altri ingredienti, è ricoperto da una granella di zucchero e ha una storia particolarissima. Erano infatti gli sposi a donarle agli invitati come gesto di augurio, per una sorta di bomboniera ante litteram che, ancora oggi, viene data in numero proporzionale al grado di parentela. Pensate che i parenti più stretti ricevono, consegnate dai piccoli di famiglia a cui va sempre data una piccola mancia, fino a 36 ciambelle.
I forni più antichi del paese (L’arte del Pane in Via Duomo 5 e L’antico forno “Gnese de Rosarella” in Via della Cava 51) le vendono ancora oggi seguendo l’antica ricetta trasmessa dalle ciambellare, e sono perfette per la prima colazione.

Stefano Maria Meconi
Stefano Maria Meconi


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