L’Aglianico del Vulture è uno dei vini rossi più apprezzati in Italia. Prodotto tipico della Basilicata (e in parte della Puglia), ha ottenuto nel corso del tempo i riconoscimenti DOC e DOCG.
Il Barolo del Sud, così si definisce questo vino generalmente associabile al territorio di Potenza e limitrofi, risale alla Grecia. Da qui si trasferisce verso l’altra sponda dell’Adriatico, a opera del conte di Conversano di Bari, durante il Quattrocento.
Da pugliese di importazione a lucano di attecchimento, perché il vitigno ha trovato il suo clima e territorio ideale sulle pendici del Monte Vulture, vulcano ormai spento.
L’Aglianico del Vulture prende il suo nome, secondo alcuni fonti, dall’aggettivo ellenico, opportunamente storpiato. Ellenico sì, perché forse proviene dall’antica Grecia, oppure da Elea (Ascea), città della Magna Grecia nell’attuale Cilento.
Quinto Orazio Flacco, celebre poeta di epoca romana, richiama nei suoi scritti un vino prodotto a Venosa, forse proprio l’Aglianico. Secondo Giacomo della Porta, invece, il vino in questione si introduce nell’Italia meridionale addirittura nell’VIII secolo avanti Cristo.
A quel tempo l’uva è chiamata “Elvola”, e solo in seguito, tramite le trasformazioni linguistiche, assume la denominazione di Aglianico.
Nel tempo la produzione e la vendita è stata ampiamente regolamentata e sottoposta a disciplinari di tutela rigidi.
Rispetto a questi, possiamo ritrovare diverse varietà di Aglianico in bottiglia:
Con le stesse uve, in toto o in parte, sono realizzati anche l’Aglianico del Taburno DOCG (di produzione beneventana) e il Taurasi DOCG (di produzione avellinese).
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