Ecco perché Cetara è la patria delle alici più buone del mondo

Francesco Garbo  | 06 Giu 2023  | Tempo di lettura: 3 minuti

Se parli di Cetara, paese di pescatori in provincia di Salerno, non puoi non parlare delle famosissime alici di Cetara. La leggenda narra che questi piccoli pesci brillanti fossero delle piccole stelle così petulanti e ossessive che diedero fastidio alla luna e, per questo, furono punite da Dio che le scagliò nel mare. Qui mantennero il loro colore lucente ma ebbero la disgrazia di cadere preda dell’uomo. Il termine alice deriva da háls, che in greco significa sale e successivamente dal latino allēc, una salsa molto simile al più noto garum, preparata con le interiora di pesce fermentate.

Le alici di Cetara

Siamo a Cetara, uno dei paesi più caratteristici di tutta la costiera Amalfitana e sito UNESCO, qui la pesca e il consumo di alici è fuso con il DNA dei suoi abitanti. Un borgo dedito alla pesca da secoli che mantiene saldamente le antiche tradizioni marinare, nascoste nello stesso nome. Cetara sembrerebbe derivare dal latino cetaria, ovvero tonnara. Il borgo si sviluppa sulla costa ed è caratterizzato dalla torre d’avvistamento che, una volta, aveva un’importante funziona di protezione della città. Nelle acque di Cetara vengono pescate, con il favore delle tenebre, grazie a tecniche affinate negli anni, le migliori alici della costa. Celeberrima è la colatura di alici di Cetara che viene utilizzata soprattutto per condire la pasta.

Come si prepara la colatura

Questa colatura è un vero e proprio estratto di sapore che viene preparata secondo antiche regole. La prima fase della preparazione delle alici consiste nella scapezzatura, ovvero le alici vengono private della testa e delle interiora in un solo colpo, ottenendo così un pesce vuoto al suo interno che viene messo sotto sale per 24 ore. Durante queste ore il sale riesce a tirare fuori molta acqua dalle alici, 80% del loro liquido, che viene scartato. Si passa poi alla seconda fase della preparazione, la vera e propria salatura. Un primo strato di alici viene adagiato, pancia e schiena, nel terzigno, un contenitore in legno di castano che aveva un contenuto totale di 25 litri, ovvero una terza parte di una botte standard e per questo chiamato cosi anche se oggi ne esistono di diverse misure. Si procede con vari strati a incrociare intervallati da sale fino ad arrivare all’ultimo che viene predisposto a raggiera come ad incoronare il terzigno che viene poi chiuso con un tappo al di sopra del quale viene adagiato un peso. Il terzigno, colmo di alici si lascia in maturazione per tre anni. In questo lungo periodo le alici sotto sale rilasciano tutto il loro liquido che viene spillato, praticando un buco nel terzigno, ottenendo così il prezioso liquido ambrato che porta in tavola il sapore del mare di cetara.

Ma le alici qui non si usano solo per la colatura. Meno famoso ma non per questo meno buono è un piatto tradizionalmente preparato dai pescatori per la sua facilità di realizzazione, le alici alla piattella. Per preparare queste alici basta mettere in padella tutti gli ingredienti, quindi le alici, l’aglio, l’olio, il prezzemolo, il peperoncino e il limone, sia succo che scorza. Poi con l’aggiunta di un po’d’acqua si fanno cuocere le alici. Si completa il piatto con il pane raffermo che raccoglie il sugo.

Francesco Garbo
Francesco Garbo

Sono un cuoco e un giornalista enogastronomico, cucino e parlo di cibo praticamente tutto il giorno. Vino e cibo sono le due vie migliori per conoscere una cultura, in modo gustoso.



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