Il borlengo è un piatto tradizionale della cucina dell’Emilia-Romagna terra della celebre piadina, in particolare della zona dell’Appennino Modenese. Si tratta di una sorta di cialda sottilissima e croccante, simile a una crêpe ma molto più sottile, solitamente preparata con una pastella a base di acqua, farina e sale.
I borlenghi rappresentano una parte importante del patrimonio gastronomico dell’Appennino Modenese.
Borlengo, ricetta
La ricetta del borlengo è estremamente semplice, il che ne ha favorito la diffusione anche in tempi in cui le risorse alimentari erano scarse.
Alcune varianti includono un piccolo aggiunta di uovo nella pastella per aumentarne la resistenza durante la cottura, ma la versione più autentica rimane quella con solo farina, acqua e sale.
La preparazione del borlengo richiede una certa abilità, soprattutto nella cottura:
Il borlengo viene solitamente consumato caldo e appena fatto, spesso come snack o antipasto nelle sagre paesane o nelle feste di piazza. Può anche essere un pasto leggero se accompagnato da salumi e formaggi tipici della regione.
La sua preparazione è spesso un’attrazione durante eventi e mercati locali, dove la rapidità e la maestria dei cuochi nel preparare i borlenghi diventano parte dell’intrattenimento.
Borlengo, storia
La nascita del borlengo è avvolta in alone di mistero ed alcuni paesi ne rivendicano la paternità.
A Vignola appare per la prima volta nel 1936 quando le Truppe del condottiero Giovanni Conte da Barbiano di Aldalisio, alleato di Isacco e Gentile Grassoni, assediarono il Castello, allora governato da Iacopino Rangone.
Guiglia lo considera nato nel 1266 ai tempi di Ugolino da Guiglia, durante l’assedio che questo condottiero subì rinchiuso nel suo castello di Montevallaro ad opera dell’esercito della famiglia degli Algani, Guelfi modenesi, capitanato da Nisetta degli Osti, Ruffo dei Rossi, Pepetto dei Trenta e da Crespan Doccia.
Ugolino e la famiglia dei Grasolfi, che presidiavano il maniero, si arresero il 4 luglio 1266 e si racconta che riuscirono a resistere parecchi giorni in più grazie a certi impasti cotti di farina e acqua, insaporiti d’erbe, assomiglianti a grandi ostie. Divenendo sempre più piccoli, sottili e trasparenti, vennero considerati non più un cibo, ma una “burla”, da cui dovrebbero derivare la parola “Burlengo” che i pochi superstiti avrebbero diffuso in tutto l’Appennino.
Di avviso diverso sono in molti a Zocca, dove lo considerano derivante da Montese o da Moltealbano.
Quanto incerta è la nascita del borlengo, altrettanto certe sono invece le condizioni in cui nacque quale espressione della scarsità di mezzi di persone sconvolte da guerre, atrocità e tanta miseria.
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