Materia prima: latte vaccino e/o ovino e/o caprino, da razze miste. Alimentazione: pascolo estensivo e mangimi.
Tecnologia di lavorazione: è identica a quella del pecorino, con una variante: la cagliata subisce una semicottura fino a 43-44 gradi. Resa 15%.
Stagionatura: da un minimo di 2 mesi a 6. Le forme vengono “calcate” per 8 giorni tra le foglie di noci e tenute ferme da pesi. Se consumate subito dopo la “calca” esprimono il massimo del potenziale gustativo.
Caratteristiche del prodotto finito: altezza: cm 4-7; diametro: cm 14-22; peso: Kg 0,7-2; forma cilindrica a scalzo convesso; crosta dura color avorio scuro maculata di bruno (per il contatto con le foglie). Pasta bianca o leggermente paglierina, compatta con rare fessurazioni. Odore aromatico che ricorda il mallo di noce. Sapore pastoso, dolcemente sapido.
Area di produzione: in tutto il Montefeltro (PS); pregiato quello prodotto nella zona di Piandimileto, Talamello, S.Agata Feltria, Pennabili, Macerata Feltria, Carpegna, Sant’Angelo in Vado.
Calendario di produzione: da marzo-aprile a settembre.
Note: un tempo, non molto lontano, per la messa informa della cagliata si usava la “fasciola” di coccio munita di due soli buchi. Ora è stata sostituita da quella di plastica, ma questa, a motivo dei tanti fori presenti, non consente più di ottenere una crosta liscia e levigata. È la sorella gemella della caciotta di Urbino, cara alle leggi dello Stato.
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