Che cos’è il cardillo? Cosa sapere sull’erba spontanea che trovi nelle ricette tradizionali di 3 province della Campania

Claudia Giammatteo  | 03 Ago 2025

C’è un’erba che sa di primavera e di tradizione contadina, un’erba che nasce selvatica tra i campi incolti, lungo i muretti a secco e nei terreni che profumano ancora di pioggia. Si chiama cardillo, e per molti potrebbe sembrare solo un’erbaccia, una pianta da strappare e dimenticare. Ma per chi è cresciuto nelle campagne dell’entroterra campano — tra le colline del Sannio, le valli dell’Irpinia e i pendii dell’Alta Valle del Sele — il cardillo è un tesoro, una presenza familiare, un sapore dell’infanzia. È la base di zuppe rustiche, frittate spesse e piatti poveri che oggi tornano sulle tavole più attente, quelle che cercano autenticità e stagionalità.

Il cardillo è la prova che la cucina più vera non nasce da ingredienti raffinati o rari, ma dalla conoscenza profonda del proprio territorio. Ed è proprio nei mesi tra marzo e maggio che lo si vede comparire nei mercatini rionali, legato a mazzetti da mani sapienti. Ma è nei racconti delle nonne e nelle cucine delle case di campagna che il cardillo diventa magia, trasformandosi da erba spontanea a regina della tavola.

Cardillo: cos’è, dove si trova e come viene raccolto

Conosciuto anche come “galantina” o “scarola di campo”, il cardillo è una pianta erbacea spontanea appartenente alla famiglia delle Asteraceae. Il suo nome scientifico è Scolymus hispanicus, anche se nelle province di Avellino, Benevento e Salerno viene chiamato semplicemente “cardillo”, con accento affettuoso e un tono di appartenenza. Cresce spontaneamente nei campi non coltivati, ai margini dei sentieri e tra i filari dei vigneti abbandonati, dove il terreno è ricco e l’esposizione è buona.

La raccolta del cardillo è un rito antico, che richiede pazienza e occhi allenati. Si va nei campi all’alba, con un coltello piccolo e la cesta di vimini, cercando i ciuffi più teneri, ancora giovani e privi di spine. Le foglie, verdi e frastagliate, hanno un sapore leggermente amarognolo, ma non invadente, perfetto per abbinamenti robusti. Non si coltiva: lo si prende dove nasce, come una benedizione della natura.

Le ricette tipiche con il cardillo

La zuppa stracciatella
In cucina, il cardillo diventa protagonista di ricette rustiche, spesso tramandate a voce, mai scritte. Una delle preparazioni più diffuse è la frittata di cardilli, spessa, cotta lentamente e arricchita con pecorino, uova fresche e, talvolta, un pizzico di peperoncino. Poi c’è la zuppa di patate e cardilli, povera ma incredibilmente saporita, che un tempo si preparava nelle sere d’inizio primavera, quando ancora l’orto offriva poco ma la terra iniziava a risvegliarsi.

In alcune zone del beneventano, il cardillo viene anche lessato e condito con olio nuovo, aglio e limone, come contorno o antipasto, mentre in Irpinia non è raro trovarlo abbinato alla salsiccia paesana, in un connubio perfetto tra l’amaro vegetale dell’erba e la sapidità del maiale.

Oggi, chef e ristoratori attenti alla riscoperta dei sapori antichi stanno riportando il cardillo al centro dell’attenzione, rivalutandolo come ingrediente identitario e stagionale. Ma per chi lo conosce da sempre, resta prima di tutto un sapore di casa: quello di un’erba raccolta a mano, cucinata con amore e servita in semplicità. Come si faceva una volta.

Claudia Giammatteo
Claudia Giammatteo

Giornalista pubblicista, laureta in lettere. Scrivo da sempre, prima per passione, poi anche per lavoro, prima sulla carta stampata e ora sul web per raccontare brand, luoghi ed esperienze.



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