Una città millenaria dove la cultura si respira, si mangia e si beve: anche la buona tavola è tradizione d’eccellenza, tra strucchi, gubane e vini d’autore
L’antica Forum Iulii venne fondata nel 50 a.C. da Giulio Cesare, oggi è nota come una gemma di longobarda memoria, non a caso fu capitale del primo ducato di questa popolazione germanica in Italia, per opera del re Alboino. Cividale del Friuli spunta incantevole a pochi chilometri da Udine, situata ai piedi dei Colli Orientali del Friuli e adagiata sul Natisone, il fiume attraversato dal leggendario Ponte del Diavolo, due ardite arcate alte 22 metri e lunghe 50, poggianti su un masso, secondo la leggenda, scagliato dallo stesso Belzebù. Se questa vertiginosa infrastruttura è il simbolo della città sin da metà del ‘400 (nonostante le attuali campate risalgono al 1918), potreste stupirvi di quanti altri gioielli artistici Patrimonio Mondiale dell’UNESCO la impreziosiscono.
Così come i monumenti e le testimonianze del passato, anche la cucina è parte integrante dell’identità e della cultura di Cividale. I piatti friulani sono schietti e genuini, mai scontati, frutto di un felice incontro tra tradizioni regionali, mitteleuropee, venete e slave con quel tocco unico di sapore e sapere popolare. Anche qui, come in tantissime altre incantevoli località della regione Friuli Venezia Giulia, non è solo cosa si mangia, ma come e dove, un atto di condivisione sentito ed esperienziale. Provate ad entrare in un’osteria: oltre alle risate di un ben stare e a qualche brindisi, vi accoglie un profumo che sa di casa, incipit non scritto di un menù fatto con amore.
Ogni pietanza rispecchia la geografia del territorio e a prevalere è ancora la stagionalità delle proposte, a conferma di una gastronomia consapevole, che valorizza ed incentiva il chilometro zero. Ci sono però alcuni piatti che rientrano di diritto nella consuetudine della buona tavola quotidiana: dalla Brovada e Muset, dagli strucchi alla gubana, delizie che mixano note di confine, a partire dal nome. Bontà da accompagnare ai vini della vicina zona Doc Friuli Colli Orientali, fiore all’occhiello del territorio, omaggiato da un appuntamento da non perdere: Borgo diVino in Tour farà tappa in città il 6, 7 e l’8 giugno, un’occasione speciale per scoprire le sue bellezze e l’eccellenza della sua enogastronomia. Cividale del Friuli è un richiamo per i sensi e per la cultura, ecco cosa non perdere.
La storia sembra parlarvi a Cividale del Friuli, una città che custodisce affascinanti atmosfere longobarde, e rientra nella triade dei centri urbani altomedievali del Friuli-Venezia Giulia (assieme ad Aquileia e Grado). Non a caso, dal 568 d.C. fu capitale del primo ducato longobardo, e oggi, il Comune di Cividale del Friuli, omaggia l’antico passato come socio fondatore dell’Associazione Italia Langobardorum. Un patrimonio inestimabile, tanto che il sito seriale “I Longobardi in Italia. I luoghi del potere (568-774 d.C.)” è stato inserito nella prestigiosa lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO.
Tempietto Longobardo. Foto di Ulderica Da Pozzo
Proprio da questa meraviglia corale, un insieme di più strutture, può iniziare la visita in città. Prima tappa al Monastero di Santa Maria in Valle, conosciuto come la Gastaldaga, e del Tempietto Longobardo situato all’interno del complesso architettonico. Questa piccola chiesa, più precisamente indicata come cappella di S. Maria in Valle, è una straordinaria testimonianza dell’architettura e dell’arte altomedievale, costruita nell’VIII secolo, un tempo cappella palatina della corte regia. La leggenda narra che sorga proprio nel sito di un antico tempio di Vesta, uno spazio di piccole dimensioni e grandi capolavori, più volte danneggiato da terremoti e alluvioni, oggi uno scrigno dell’arte altomedievale unico nel suo genere: soffermatevi sugli affreschi bizantineggianti sbiaditi dal tempo e sugli stucchi figurati che rappresentano sei donne, quattro con abiti regali, due con vesti da monaca, dettagli che non passano inosservati nella parte alta dell’abside.
Dopo aver ammirato questo piccolo gioiello di arte longobarda, proseguite la visita alla scoperta del monastero, che un tempo ospitava le monache benedettine, alle quali successero le Suore Orsoline, per poi diventare collegio dedicato all’istituzione femminile a inizio Ottocento, riservando una piccola parte della struttura alle monache di Clausura. Oggi è un importante polo culturale nonché Vetrina del Territorio, un vero e proprio spazio che porta questo nome, inaugurato nel 2021. Si tratta di una sala espositiva all’interno del percorso, dedicata alla promozione e alla valorizzazione dei prodotti enogastronomici e artigianali di Cividale.
Tappa successiva al Complesso Episcopale, opera del Patriarca Callisto (737- 757 d.C.). In età longobarda, era un importante nucleo episcopale costituito da un insieme di edifici comunicanti tra loro: la Basilica di Santa Maria Assunta, il Battistero di San Giovanni Battista e il Palazzo Patriarcale. Gran parte dei resti delle strutture vennero sepolti durante la costruzione dell’attuale Duomo di Cividale, a metà ‘400, mentre quelli del Palazzo Patriarcale sono conservati nel Museo Archeologico Nazionale. Imperdibile anche il Museo Cristiano e Tesoro del Duomo, dove sono custoditi il tegurio di Callisto e l’altare di Ratchis, tra le testimonianze più importanti dell’età altomedievale emerse da questo complesso.
Piazza Paolo Diacono. Foto di Mario Verin
Arrivati a Piazza del Duomo, non resta che visitare questa imponente Cattedrale del 1457, che troneggia sull’area con la sua candida facciata. Ad un passo, l’entrata del Museo Archeologico Nazionale e il quattrocentesco Palazzo Comunale. Un suggerimento per scoprire altri bellissimi scorci del centro storico è quello di raggiungere il delizioso Borgo Brossana, abitato altomedievale capeggiato dalla Chiesetta di San Biagio di origini gotiche quattrocentesche, impreziosita da una facciata affrescata.
Dopo un’idilliaca passeggiata in questo angolo di Cividale affacciato sullo scorrere del fiume, è giunto il tempo di un pizzico di mistero: tappa all’enigmatico Ipogeo Celtico. Si tratta di un sistema di cavità sotterranee scavate nella roccia, con una camera centrale da cui si dipartono tre corridoi molto bassi dove spuntano loculi, nicchie, piccole mensole e tre suggestivi mascheroni. Non vi è certezza se questo luogo fosse una necropoli celtica o un carcere romano o longobardo, forse è proprio questo alone di ignoto che aleggia tra i suoi spazi ipogei a renderlo così affascinante.
Ultima imperdibile tappa al vicino Ponte del Diavolo, anch’esso intriso di mistero e leggende arcane che favoleggiano la sua origine. Nonostante il nome e la vertiginosa altezza, il panorama che offre all’alto delle sue arcate è paradisiaco, e descrive tutta la bellezza e poesia di questa città affacciata sullo scorrere del Natisone.
L’appetito vien visitando, e considerata la cucina una testimonianza delle tradizioni locali a tutti gli effetti, non c’è che da sedersi in qualche ristorante locale, o magari in una tipica osteria, per apprezzare tutto il bello di una luculliana esperienza culturale. Carni, latticini, insaccati (preparati come una volta, veri e propri saperi antichi da tutelare), verdure e legumi sono alla base della cucina regionale che si contraddistingue per la semplicità, ma allo stesso tempo per l’incontro delle sue genti, una fantasia di squisiti ingredienti del territorio e di sapori d’oltreconfine.
Partiamo dall’immancabile frico, che si dice sia stato inventato in Carnia ma è diffuso e molto apprezzato in tutta la regione: un tortino preparato con patate, cipolla e formaggio Montasio DOP di varie stagionature, da accompagnare con la polenta. Fra gli antipasti, si può optare un tagliere a base di prosciutto San Daniele DOP e prosciutto di Sauris, prodotti d’eccellenza delle vicine località, molto amati anche qui. Per i primi piatti, avrete l’imbarazzo della scelta tra le tante proposte di paste ripiene, alcune con vezzi agrodolci come i cjarsons, tipici della Carnia. Per i secondi, da provare la Brovada e Muset, ovvero il cotechino accompagnato da rape fatte macerare nella vinaccia.
La tradizionale gubana. Foto di Gianpaolo Scognamiglio
Per dessert, o per una piccola pausa di gusto in pasticceria, deliziatevi con il dolce tipico delle Valli del Natisone, la famosa gubana, inconfondibile per la forma a chiocciola (lo stesso nome sembra derivare dallo sloveno “guba”, che significa “piega”). Questa sublime regina è orgoglio e delizia a base di frutta secca e uva passa, impreziosita dal cedro candito che le dona una nota agrumata, così gli strucchi, fagottini ripieni con lo stesso ben di dio, a base di pasta frolla se fritti, oppure a base di pasta di patate se bolliti, da gustare insaporiti con burro, zucchero e cannella.
Bontà per il palato da annaffiare con qualche calice di vino locale. Tra i migliori vitigni del territorio Friuli Colli Orientali DOC ci sono il Friulano, Ribolla Gialla, Pinot Grigio, Chardonnay, Sauvignon, Schioppettino, Refosco e i DOCG Ramandolo e Picolit, quest’ultimo un vero e proprio fiore all’occhiello, considerato un “vino da meditazione”. A Cividale la tradizione vitivinicola affonda le radici nel passato, sino al tempo degli antichi Romani, coltivata dai Longobardi e tramandata sino a noi, cultura da vivere e assaporare.
Per vivere al meglio l’essenza culturale e storica di Cividale e del FriuliVenezia Giulia, è possibile dotarsi della FVG Card, lo strumento digitale (che vale 48 ore o 1 settimana) che include l’ingresso gratuito ai musei e ai luoghi della cultura sia a Cividale del Friuli che nel resto della regione. E per i più golosi, la tessera comprende anche Dolci à la card, che consente di assaggiare gratuitamente i dolci della tradizione regionale come gli strucchi, i biscotti ai vini friulani, il pan, fics e coculis o i cjapiei di predi nelle pasticcerie e panifici che aderiscono all’iniziativa.
Per saperne di più su Cividale del Friuli, invece, lo IAT cittadino, situato presso Palazzo de Nordis (Piazza Duomo, 5) è a disposizione dei visitatori con tanto materiale informativo e utili consigli per la visita alla cittadina e al territorio.
Immagine di copertina: Cividale del Friuli, di Fabrice Gallina.
Articolo di Elena Bittante.
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