Un iconico Viale dei Cipressi che è cinque chilometri dritti come un invito, 2500 alberi svettanti come colonne verdi e, in fondo, l’arco rosso del castello che si apre sul borgo. Inizia all’Oratorio di San Guido, lambisce poderi e filari, s’infila in un profumo di resina e macchia mediterranea: non a caso Giosuè Carducci lo rese immortale nei versi di Davanti a San Guido. Oggi la strada è simbolo della Costa degli Etruschi e introduce a un microcosmo dove la Toscana si fa marina, luminosa, internazionale.
La Cena dei Mille sul Viale dei Cipressi a Bolgheri
Nel silenzio sospeso del viale, nel sibilo dei venti di mare tra le foglie, nel bicchiere che profuma di frutto scuro e macchia. Bolgheri è un luogo dove la semplicità è scenografica e la grandezza è discreta. Superato l’arco merlato, Bolgheri è una manciata di vie, pietra calda, botteghe minute e tavoli all’aperto. Il Castello di Bolgheri, documentato dal XIII secolo fra i beni dei Della Gherardesca e rimodellato nel 1895 con la torre-ponte d’ingresso, domina la scena come un fondale teatrale. L’interno è residenza privata, ma la porta ad arco gotico resta la soglia più fotografata della Maremma livornese.
C’è poi un’altra soglia, verde e silenziosa: l’Oasi WWF Padule di Bolgheri, 513 ettari di lamette d’acqua, boschi allagati di frassino ossifillo, canneti, praterie umide e campi, tra Marina di Bibbona, Marina di Castagneto e il viale dei cipressi. È un rifugio faunistico storico della Costa degli Etruschi, con percorsi guidati che portano a capanni, chiari e stagni – un atlante a cielo aperto di avifauna, daini, istrici.
Suoli variabili – sabbie, ghiaie, marne e “terre blu” – venti marini che asciugano e rinfrescano, luminosità generosa e colline basse che smorzano gli eccessi estivi: la firma balsamica e salina ricorre nei rossi, mentre i bianchi (soprattutto Vermentino, a volte Sauvignon Blanc o Viognier in taglio) cercano freschezza senza rinunciare a struttura. È questa identità – più di qualunque moda – ad aver garantito continuità alla zona, dall’apertura alle uve internazionali fino alla maturità agronomica dei vigneti.
Bolgheri non però è soltanto un mosaico di grandi firme; è un terroir riconoscibile. Il bello di questo posto incantato è che la cartografia dei vigneti coincide con una tavolozza di stili. Nelle annate migliori, le note di frutto scuro e macchia mediterranea – mirto, alloro, lentisco – si sommano a tannini setosi e a un finale sapido, figlio dei venti tirrenici. Nomi? Ornellaia, nata nel 1981, firma il suo Bolgheri DOC Superiore a base bordolese; Guado al Tasso (Antinori) interpreta il territorio con Cabernet Sauvignon, Merlot, Cabernet Franc e, a volte, Petit Verdot; Masseto (merlot in purezza, oggi con cantina dedicata) è la dimostrazione che qui la terra blu d’argilla può sfidare le grandi etichette del mondo. A inizio vendemmia, il Consorzio chiama a raccolta il territorio con Bolgheri DiVino: degustazioni diffuse, anteprime, una cena “evento” sul Viale (memorabile l’edizione di esordio nel 2021).
La denominazione Bolgheri DOC nasce nel 1983 e, all’inizio, è una storia di bianchi e rosati: solo nel 1994 il disciplinare accoglie i rossi e codifica Bolgheri Rosso e Bolgheri Superiore, riconoscendo ufficialmente l’attitudine del territorio ai vitigni bordolesi. Nel 2011 arriva la svolta che consente anche le versioni in purezza di Cabernet Sauvignon, Merlot e Cabernet Franc; nel 2013 Sassicaia – fino ad allora “sottozona” – diventa DOC autonoma (“Bolgheri Sassicaia”). Da allora, l’idea di Bolgheri come appellazione di costa, luminosa e ventilata, è una certezza mondiale. Bolgheri Rosso DOC: può nascere da 0–100% di Cabernet Sauvignon, Merlot o Cabernet Franc, con Syrah e Sangiovese fino al 50% e altri vitigni (es. Petit Verdot) entro il 30%. Affina almeno 1 anno; l’uscita è dal 1° settembre dell’anno successivo alla vendemmia. Bolgheri Superiore DOC: stesse varietà ammesse, resa più contenuta e almeno 2 anni di affinamento, di cui minimo uno in rovere. Bolgheri Sassicaia DOC: minimo 80% Cabernet Sauvignon (con Cabernet Franc a completare), 2 anni di maturazione (almeno 18 mesi in barrique): è l’unica DOC italiana ritagliata su un singolo nome.
La leggenda qui ha coordinate molto concrete. Sassicaia esce sul mercato per la prima volta con la vendemmia 1968 (imbottigliata nel 1971), dopo anni di prove domestiche in Tenuta San Guido: la storia ufficiale dell’azienda lo ribadisce. Quel vino “di casa” – in origine vino da tavola – avrebbe poi contribuito a riscrivere la geografia del vino italiano, fino alla DOC propria nel 2013. Ma la cifra resta quella iniziale: un taglio bordolese di costa, balsamico, luminoso, in cui si sente l’eco del mare.
Siamo in Toscana di mare e di bosco. La cucina di Bolgheri e Castagneto gioca su due tavoli – pesce e selvaggina – con l’olio come legante. La palamita del mare di Toscana è Presidio Slow Food: arrivi di stagione in primavera e in autunno, lavorazioni artigianali, filetti in olio o in carpione. In carta spesso compaiono polpo e stoccafisso alla piombinese, e nei porti tra Cecina e San Vincenzo il grande classico è il cacciucco livornese, che a Livorno vanta una ricetta certificata “5C”. Non è folklore: è la logica di una costa che ha imparato a valorizzare specie “povere” e pesca sostenibile. In collina dominano cinghiale, capriolo e, d’autunno, funghi: pappardelle al sugo di cinghiale, arrosti e cacciagione chiedono rossi di stoffa (Bolgheri Rosso sulle preparazioni più agili; Superiore quando entrano in campo le lunghe cotture). L’olio extravergine locale – figlio di oliveti secolari della Costa degli Etruschi – è compagno imprescindibile, a crudo, su fettunta o a rifinire la carne.
In treno, la stazione più comoda è Castagneto Carducci–Donoratico (linea tirrenica): da lì autobus o taxi per gli ultimi chilometri fino al borgo. In auto, uscite Donoratico o La California sulla SS1 Aurelia e seguite le indicazioni per San Guido/Bolgheri: il viale vi guiderà al portale del castello.
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