Non sempre tutte le tradizioni culinarie sono alla portata dei gusti di tutti i palati, alcuni piatti hanno gusti un po’ forti ma non per questo risultano meno amati. Questo è il caso del Cibreo, un piatto molto amato da Caterina de’Medici e ancora oggi servito, anche se più raramente, a Firenze.
Creste di gallo, fegatini: no non stiamo introducendo gli ingredienti di una pozione magica ma del Cibreo, un piatto tipico del Rinascimento arrivato sulle nostre tavole. Una ricetta così famosa da essere riportata anche dall’Artusi su “La Scienza in cucina” dove lo definisce “un intingolo semplice, ma delicato e gentile, opportuno alle signore di stomaco svogliato e ai convalescenti” probabilmente adattato ai gusti dell’epoca, oggi il pensiero comune è l’opposto.Il nome deriva dal latino cibarius e a sua volta da cirbus ovvero rete intestinale.
“Prendete fegatini (levando la vescichetta del fiele) creste e fagiuoli di pollo; le creste spellatele con acqua bollente, tagliatele in due o tre pezzi e i fegatini in due. Mettete al fuoco in proporzione, prima le creste, poi i fegatini e per ultimo i fagiuoli e condite con sale e pepe, poi brodo se occorre per tirare queste cose a cottura. A tenore della quantità, ponete in un pentolino un rosso o due d’uova, con un cucchiaino, o mezzo soltanto, di farina, agro di limone e brodo bollente frullando onde l’uovo non impazzisca. Versate questa salsa sulle rigaglie quando saranno cotte, fate bollire alquanto ed aggiungete altro brodo, se fa d’uopo, per renderla più sciolta, e servitelo”
All’interno del libro Pinocchio si può leggere una citazione a questa ricetta, Collodi scrive “Dopo la lepre si fece portare per tornagusto un cibreino di pernici, di starne, di conigli, di ranocchi, di lucertole e d’uva paradisa; e poi non volle altro […] Quello che mangiò meno di tutti fu Pinocchio”.
Sono un cuoco e un giornalista enogastronomico, cucino e parlo di cibo praticamente tutto il giorno. Vino e cibo sono le due vie migliori per conoscere una cultura, in modo gustoso.
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