È il bacaro più antico di Venezia, e il suo bancone è uno dei più curiosi d’Italia

Marianna Di Pilla  | 22 Mag 2024  | Tempo di lettura: 3 minuti
foto di @calix, Shutterstock.com/solo uso editoriale

Solo in una città speciale e unica nel suo genere come Venezia può capitare di ritrovarsi a brindare e a mangiare tramezzini in un locale del Quattrocento.
In quel labirinto di calli e canali che costituiscono il centro storico di Venezia, si nasconde una delle più antiche e affascinanti osterie della città.
Fondata nel 1462, la Cantina Do Mori è il bacaro più antico di Venezia. Un luogo che non è solo fisico ma emotivo, è un’immersione profonda nella cultura veneziana. Dove sperimentare il gusto dei sapori tradizionali e muoversi in un’atmosfera che ha attraversato intatta i secoli e il trascorrere del tempo.
La Cantina Do Mori non è solo un luogo dove mangiare e bere, ma è parte integrante della cultura del bacaro veneziano, che consente di immergersi nella vita quotidiana di Venezia, scoprendo i suoi sapori e le sue tradizioni.

Cantina Do Mori, un luogo carico di storia

foto di @AlexandraFar, Shutterstock.com/solo uso editoriale
Cantina do Mori, Venezia, foto di @AlexandraFar, Shutterstock.com/solo uso editoriale
Seduti tra le mura di Cantina Do Mori, gli avventori possono vivere l’essenza più autentica e tradizionale di Venezia, assaporando cibi e vini che raccontano storie di mercanti, artisti e viaggiatori.
La Cantina Do Mori non è infatti solo un locale, ma è un pezzo di storia della città di Venezia. Con i suoi soffitti bassi, le travi in legno scuro e i recipienti in rame appesi al soffitto, entrare nella Cantina Do Mori è come fare un salto indietro nel tempo.
Si narra che fosse il rifugio prediletto di Casanova, che lo ha ampiamente frequentato durante le sue scorribande (amorose e non) a Venezia.
Situata nel sestiere di San Polo, in Calle Do Mori 429 e a pochi passi dal famoso Ponte di Rialto, la Cantina Do Mori è facilmente accessibile a piedi e rappresenta una tappa imperdibile per chiunque voglia scoprire l’autentica atmosfera veneziana. Essendo infatti molto popolare sia tra i locali che tra i turisti, è consigliabile visitare il locale nelle ore meno affollate per godere appieno della sua atmosfera unica. Ricorda che il locale apre alle 8 e chiude alle 19.30.
Uno dei suoi elementi più curiosi è indubbiamente il bancone, poiché è talmente lungo da attraversare tutto il locale collegandone i due ingressi (uno affacciato su calle Do Mori, l’altro su calle Galeazza).

Cosa mangiare e bere alla Cantina Do Mori

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La Cantina Do Mori è rinomata per i suoi cicchetti, la risposta veneziana alle tapas spagnole. I celebri e tipici stuzzichini di Venezia sono perfetti per accompagnare un bicchiere di vino o un assaggio di ombra, come si usa chiamare un bicchiere di vino locale. Dalle semplici olive alle sarde in saor a più elaborati crostini con baccalà mantecato o polpette, in fatto di cicchetti alla Cantina Do Mori di Venezia c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Un altro classico da non perdere è il francobollo, un piccolo tramezzino dalla forma quadrata ripieno di prosciutto, formaggio o tonno a seconda dei gusti e delle preferenze.
La Cantina Do Mori vanta inoltre una vasta selezione di vini, con focus sui bianchi e rossi veneti. Tra questi non può mancare il Prosecco perfetto come aperitivo, e il Valpolicella che, più corposo, risulta adatto a accompagnare i sapori intensi dei cicchetti a base di carne. Non meno importante è l’offerta di grappe e liquori locali, che rappresentano la conclusione ideale di un pasto tradizionale veneziano.
Naturalmente la Cantina do Mori serve anche il cocktail veneziano per eccellenza, quello spritz fatto dalla sapiente mescolanza di Prosecco, Aperol o Campari e una spruzzata di soda. Questa bevanda, con il suo colore vivace e il sapore rinfrescante, è l’ideale per rilassarsi dopo una giornata trascorsa alla scoperta di ogni angolo di Venezia. Sempre immersi nell’atmosfera unica offerta dal bacaro più antico e pittoresco della città lagunare!
[foto copertina @calix, Shutterstock.com/solo uso editoriale]

Marianna Di Pilla
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