È il riconoscimento che meno di 100 ristoranti al mondo hanno ricevuto, e 6 sono in Italia: quali sono e dove si trovano i premiati del 2025 tra novità e conferme

Marianna Di Pilla  | 03 Lug 2025
Ristoranti Wine Spectator

Si trovano in zone dell’Italia lontanissime tra loro, e sono lontani anche per filosofia e caratteristiche specifiche. Quello che accomuna questi 6 indirizzi – pur così diversi tra loro – è il mantra del “vino come protagonista”, non semplice elemento accessorio.

Nel giugno 2025, ben 6 cucine italiane hanno fatto la loro comparsa nel Wine Spectator Grand Award, il prestigioso riconoscimento che premia le migliori cantine dei ristoranti in giro per il mondo.

Enoteca Pinchiorri a Firenze, La Pergola al Rome Cavalieri (Roma), Cracco a Milano, Ciau del Tornavento in Piemonte, Bottega del Vino a Verona e Poeta Contadino nelle Langhe. Questi i nomi che compaiono nella lunga lista che tocca tutti gli angoli del globo, e che nel Belpaese si è soffermata per più di una tappa.

I 6 premiati d’Italia

Nel centro storico di Firenze, in via Ghibellina, l’Enoteca Pinchiorri dal 1974 vede l’impegno dei coniugi Giorgio Pinchiorri e Annie Féolde (originaria della tradizione gastronomica francese). La struttura si è trasformata da solido riferimento enologico a ristorante pluristellato, conquistando la terza stella Michelin nel 1993 e riconfermandola nel 2004. Oggi la sua cantina custodisce oltre 100.000 bottiglie e 3.500 etichette. Le etichette vanno dalle grandi espressioni toscane – Brunello, Chianti Classico e Super Tuscan – fino alle preziose verticali francesi e californiane. In sala, la regia è affidata a Alessandro Tomberli, maître e sommelier, che guida con savoir-faire il dialogo tra piatto e bicchiere.

Altrimenti nota come il ristorante stellato del Rome Cavalieri, la Pergola rappresenta un gioiello nel panorama romano, guidata dalla mano elegante e modernissima dello chef Heinz Beck. Qui però l’attenzione si sposta anche alla wine list ideata dallo chef-sommelier Marco Reitano, che ha saputo assemblare una collezione d’alta classe, scegliendo bottiglie che sposano alla perfezione i menu raffinati e mediterranei dello chef. Anche La Pergola si distingue per il Grand Award, conquistando un posto nell’olimpo enoico fin dagli anni scorsi. Il vino è parte integrante di un’esperienza multisensoriale: eleganza visiva, estetica geometrica dei piatti e profondità del racconto nel bicchiere. Sorseggiare un Barolo pregiato o un’ostrica con Franciacorta alla Pergola vuol dire vivere un momento sospeso, calibrato con sapienza aristocratica ma senza fronzoli.

A pochi passi dal Duomo di Milano, Cracco (lo chef è Carlo Cracco) è un punto di dove sapore e design si incontrano costantemente. Lo spazio moderno e la cucina creativa convivono con una cantina che ha saputo farsi apprezzare proprio per questo mix: qui convergono grandi classici del vino italiano, ma anche sperimentazioni e scelte internazionali attente ai trend naturali e biodinamici. L’obiettivo è creare armonia tra piatto e bottiglia, senza mai sacrificare l’innovazione curriculare. Nel 2025 la lista vini di Cracco ha meritato – per l’ennesima volta – il Grand Award.

Immerso nel paesaggio unico delle Langhe, Ciau del Tornavento è un tempio piemontese guidato da Ezio Ceretta. Il locale, affacciato sui filari, ha da tempo conquistato la Grand Award grazie a una cantina che conta migliaia di referenze del Nebbiolo e delle migliori denominazioni di Langhe, Barolo e Barbaresco, ma anche etichette meno note – piccoli cru e sperimentazioni affascinanti. La sua selezione di annate è un viaggio nel tempo, dal tradizionale al contemporaneo, con dettagli tattili e tecnici su ogni singola bottiglia. Gustare un piatto a base di tajarin o carne cruda del posto, accompagnato da un Barolo di 30 anni, significa percepire l’anima più profonda del territorio. Qui la cantina fa da narratrice di un racconto millenario, fatto di sabbie, microclimi, passione e lungimiranza.

A Verona, città dell’amore e della convivialità, Bottega del Vino (nota localmente come “la Bottega”) incarna una filosofia che coniuga la passione per il vino e il rispetto della tradizione veronese. Non si tratta soltanto di una lista di bottiglie, ma di un’esperienza autentica. La cantina vanta etichette locali – Valpolicella, Amarone, Recioto – ma anche testimonianze dall’Italia centrale, meridionale e Francia. Tra i tavoli antichi e un’atmosfera intima, si beve quanto si respira, immersi nella storia stessa della città. Anche a Verona, la Bottega ha guadagnato il Grand Award. Degustare un Ripasso con un trancio di bollito alla piemontese o un risotto all’Amarone significa lasciarsi guidare in un racconto perfettamente equilibrato tra piatto e bicchiere, tra identità veronese e respiro nazionale.

Infine la sorpresa di questo gruppo d’élite: Poeta Contadino, ristorante immerso tra le colline di Monchiero, a breve distanza da Alba. Qui il gesto è semplice, autentico, ma la cantina è straordinariamente ricca. Nell’arco di pochi anni, grazie a scelte lungimiranti e una visione attenta, ha guadagnato il Grand Award, diventando uno dei più piccoli e autentici custodi della cultura del vino italiano. Una volta seduti, sembra quasi di essere in una vignetta di disegni: tovaglie casalinghe, pietanze genuine, profumo di campagna. Poi il sommelier apre il carrello e compare un mondo intero di bottiglie rare: bianchi d’alto profilo, interessanti rosati, vini naturali e rifermentazioni territoriali.

I motivi della vittoria

Ogni cantina di questi ristoranti racconta la storia del territorio, la cultura delle famiglie, la ricerca, ma anche l’ambizione di essere ambasciatrice di un made in Italy autentico, appassionato e globale. In questi luoghi il vino non è né mero complemento né ostacolo estetico, ma elemento chiave, al centro del progetto gastronomico e relazionale. L’esperienza in queste cucine diventa racconto: fegato grasso al tartufo con Barolo, cocktailetti strutturati con canyon di agrumi, miscele rosse in verticale raccontate attraverso la vigna. Il servizio sommelier spesso dialoga con gli chef, in piatti calibrati per raggiungere vette di sinergia. Il fascino di queste cantine – da Firenze all’Alto Adige, passando per Roma e Verona – sta nella loro capacità di far viaggiare attraverso la memoria del suolo. Ogni bicchiere parla di annate, uomini, vitigni, fatica e passione. È quasi un rituale: apri una bottiglia, scegli un’etichetta, e ti trovi catapultato in territori remoti, nelle mani di viticoltori eroici. In questi ristoranti, quello che si beve è cultura. E quello che si mangia diventa ancor più bello, profondo, memorabile.

Marianna Di Pilla
Marianna Di Pilla



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