Chiudi gli occhi e immagina un puntino di roccia dolomitica in mezzo al Mediterraneo, dove l’acqua cambia venti sfumature di turchese tra una cala e l’altra, i sentieri odorano di erbe selvatiche e la sera, in piazzetta, il tempo si misura a colpi di passito e ricci di mare.
Benvenuti a Marettimo, la più distante e selvaggia delle Egadi, 45 minuti di aliscafo da Favignana e un intero universo di autenticità che resiste alle sirene del turismo di massa. Qui il cellulare perde tacche, la mente guadagna ossigeno e il palato trova pane per i suoi denti – meglio, trova pane cunzato con bottarga di tonno.
Marettimo, cosa vedere
Il borgo dei pescatori è un mosaico bianco e azzurro affacciato sul porto naturale di Scalo Nuovo: case a un piano, persiane color pastello, panni stesi che sventolano come bandierine. Da qui si parte alla scoperta dell’isola, rigorosamente a piedi o in barca. Il giro completo via mare – must assoluto – svela una costellazione di grotte abbaglianti: la Grotta del Cammello (con l’arco scolpito dal vento), la Grotta della Bombarda (il nome dice tutto) e la segreta Grotta del Presepe ricamata di stalattiti.
Chi ama il trekking troverà pane per le scarpe: dal sentiero per Punta Troia si sale al castello aragonese (ex carcere borbonico) che domina dall’alto un mare blu cobalto, mentre il percorso verso Case Romane regala un salto nella storia tra cisterne, mosaici tardo-imperiali e – sorpresa – una piccola chiesetta bizantina incastonata nella roccia. D’obbligo portare acqua e scarpe buone: qui l’ombra è un lusso.
Se la superficie strega, il fondale rapisce: pareti verticali, canyon, gorgonie rosse e cernie curiose. I diving center locali organizzano uscite verso siti come Cathedral Cave o Secca del Cretazzo, dove la visibilità supera i 30 metri e la biodiversità fa impallidire un documentario BBC. Per chi preferisce lo snorkeling, basta infilare maschera e pinne a Cala Nera o Scalo Maestro per nuotare tra stelle marine e banchi di occhiate.
Qui il menu lo decide ancora Poseidone. Al mattino, i pescherecci rientrano e scaricano tonno, ricci, aragoste e murene; nel pomeriggio, i ristoranti imbandiscono tavoli che profumano di salsedine.
Tapas siciliane, ma in versione isolana. Ordina un antipasto misto e arriveranno: polipo alla “carrettera” (lesso e condito con cipolla, peperoncino, prezzemolo e aceto), bottarga grattugiata su crostini caldi, insalata di aragosta con sedano e agrumi, sarde allinguate marinate nell’agro di limone dell’orto e, se sei fortunato, cicirello fritto (un mini pesce azzurro croccante più delle chips).
Primi piatti? Il re è il “pasta ca muddica” alla marettimina: spaghetti tirati al dente con mollica tostata, acciuga, uvetta sultanina, pinoli e un’ombra di finocchietto selvatico raccolto lungo i sentieri. Da lacrimuccia anche la couscousata di cernia e neonata di pesce: incrocio tra la tradizione trapanese e la filosofia zero‑miglio dell’isola.
Secondi iconici: tagliata di tonno rosso scottato 30 secondi per lato, frittura di murena (carne bianca, sapore deciso), aragosta alla catalana nella stagione giusta. Tutto con un filo di olio evo Valli Trapanesi Dop e una spolverata di origano di montagna che su quest’isola cresce rigoglioso.
I forni del borgo sfornano pane nero di tumminia e, la sera, ci reggiano con spinci di ricotta (frittelline bollenti cosparse di miele locale). A chiudere, un bicchierino di rosolio di finocchietto selvatico o il più insolito passito di zibibbo di Pantelleria – perché i venti isolani si fanno compagnia.
Marettimo ti insegna a rallentare, ti ricorda che il pesce migliore è quello che sbircia il sole al mattino e finisce nel piatto a pranzo. Perché, mentre sorseggi un bianco salino guardando il faro accendersi, capisci che l’eccellenza gastronomica non vive solo nei ristoranti stellati, ma anche in una cucina di casa dove la nonna spadella “pasta ca muddica” senza bilancia. E perché, quando riparti con la salsedine tra i capelli e un mazzetto di origano nello zaino, sai già che tornerai: l’isola ti ha preso la mano, il cuore e – ça va sans dire – lo stomaco.
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