Le Dolomiti offrono paesaggi di straordinaria bellezza, ma sono anche luoghi dove trovare ricette alpine della tradizione e incredibili prodotti d’eccellenza.
Tra questi, uno dei migliori da provare è sicuramente la patata di Cesiomaggiore. Il territorio di produzione comprende una vasta area e comuni quasi tutti adagiati ai piedi delle cime più belle delle Dolomiti bellunesi. Cesiomaggiore, Feltre, Pedavena, Santa Giustina Bellunese, San Gregorio nelle Alpi: sono tutti in provincia di Belluno in Veneto, e sono i luoghi dove nasce questa patata unica nel suo genere.
Tubero appartenente alla famiglia delle Solanacee, si presenta di forma tondeggiante o allungata, liscia o solcata e buccia di colore variabile dal giallognolo al rossastro-violaceo. Con “patata di Cesiomaggiore”, si fa riferimento ad una specifica area di produzione, ad una consolidata tradizione nella tecnica di coltivazione e ad un utilizzo di ben precise varietà.
I fattori qualitativi della “patata di Cesiomaggiore” sono strettamente legati all’ambiente di coltivazione montano (tra i 350 e 600 m di altitudine) che influisce notevolmente sulle caratteristiche chimico-nutrizionali ed organolettiche del tubero.
L’attuale coltivazione fa riferimento a tecniche tradizionali, codificate con specifico disciplinare di produzione, che prevedono l’utilizzo di opportune rotazioni colturali, abbondanti fertilizzazioni a base di letame, ripetute operazioni di sarchiatura e rincalzatura, il divieto di trattamenti con erbicidi ed insetticidi di sintesi chimica a favore dell’utilizzazione del Bacillus thuringiensis un insetticida biologico.
Dopo la raccolta, il tubero non subisce alcun tipo di condizionamento particolare, se non l’accurata pulizia da terra e residui di vegetazione; è vietato l’impiego di prodotti chimici antigerminello.
Importanza rilevante riveste la temperatura di conservazione della patata, infatti questa non dovrà scendere al di sotto dei 5 °C, oltre la quale la polpa subisce gravi e compromettenti cambiamenti.
La storia della patata di Cesiomaggiore dalla fine dell’800 agli inizi del XIX secolo è caratterizzata da diversi elementi. Pressioni padronali volte ad estendere tale coltura, a scapito del granoturco. Sperimentazioni da parte degli organismi preposti per individuare gli aspetti tecnici e agronomici atti a migliorarne la coltivazione. Impulsi di natura ideologica, legati alla politica autarchica del regime fascista, mirati allo sviluppo della produzione di patate da seme e all’incremento della produzione nazionale con patate di “gran reddito” (non importa se straniere). Sono proprio le prime sperimentazioni condotte a Feltre e a Belluno ad indicare, nelle zone vicine a queste città, rispettivamente Ponte nelle Alpi e Cesiomaggiore, possibili aree per la coltivazione della patata.
La “Patata di Cesiomaggiore” dunque ben si adattava sia alla vocazionalità del territorio, sia alla coltivazione di varietà di “gran reddito”. I produttori, oltre un centinaio, si sono riuniti in gruppo e propongono e promuovono il famoso tubero in maniera organizzata.
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