C’è un borgo incastonato tra le dolci colline marchigiane, dove ogni pietra racconta una storia, ogni scorcio è una cartolina e ogni sorriso ha il sapore autentico dell’entroterra. È un luogo che sembra uscito da un racconto medievale, dove l’assurdo diventa folklore e la leggenda si fa festa.
Siamo a Corinaldo, nel cuore della provincia di Ancona, un borgo tra i più belli d’Italia che non si limita a custodire una delle cinte murarie meglio conservate d’Italia: Corinaldo è il paese dei matti, un luogo dove l’identità si costruisce anche attraverso l’autoironia e la celebrazione delle proprie storie più stravaganti. Ma c’è qualcosa che lo rende davvero unico nel panorama italiano: qui si trova l’unico Pozzo della Polenta d’Italia, simbolo di un’anima bizzarra e irresistibile che conquista ogni viaggiatore curioso.
Il Pozzo della Polenta si trova lungo Via la Piaggia, la scalinata di centro gradini dalla quale si ramificano i suggestivi vicoletti di Corinaldo, precisamente a metà percorso.
La storia del Pozzo della Polenta affonda le sue radici in una leggenda popolare che è diventata il cuore pulsante dell’identità corinaldese. Si racconta che un contadino, salendo le famose scalette della Piaggia con un sacco di farina di mais, inciampò e lo perse proprio dentro il pozzo.
Nel tentativo di recuperare il sacco, l’uomo si calò nel pozzo e le petteggole del paese, iniziarono a dire che stava mangiando la polenta nel pozzo e, addirittura, alcune dissero di averlo visto buttare delle salsicce nel pozzo! Da qui nacque la diceria che i corinaldesi usassero fare la polenta nel pozzo e che siano dei “polentari”, così come la rievocazione storica in costume del ‘500 “La Contessa del Pozzo della Polenta” che si svolge dagli anni ’70 la terza domenica di luglio: il borgo si anima con la rievocazione storica del Pozzo della Polenta: dame, cavalieri, mercati medievali e spettacoli di fuoco animano le vie del centro storico, riportando tutti indietro nel tempo. Il pozzo stesso, situato a metà della scenografica Piaggia, diventa protagonista di una celebrazione collettiva che è tanto ironica quanto sentita. Non è solo folklore: è memoria condivisa, è il segno di un’identità che sa prendersi in giro con eleganza e passione.
Passeggiare per Corinaldo è come attraversare un museo a cielo aperto. Il cuore del borgo è proprio la Piaggia, la scalinata monumentale di cento gradini che conduce al famoso pozzo. Salendo, si incontrano palazzi storici, botteghe artigiane e balconi fioriti, in un’atmosfera che profuma di altri tempi.
Tra le tappe imperdibili, c’è la Casa di Scuretto, altro simbolo della follia geniale di Corinaldo: si tratta della facciata di un’abitazione che non ha nulla dietro, costruita da un uomo per far credere al figlio emigrato in America di essere diventato ricco. E poi la Civica Raccolta d’Arte Claudio Ridolfi, il Santuario di Santa Maria Goretti (la santa è nata qui) e le varie chiese che punteggiano il borgo.
Da non perdere anche Teatro Goldoni, costruito tra il 1861 e il 1869, e Porta San Giovanni, dove sono conservati diversi elementi di difesa dell’epoca.
E a tavola? Corinaldo è un trionfo di sapori marchigiani. Da non perdere i vincisgrassi, una sorta di lasagna rustica e saporita, e i cresc’tajat, tagliolini di farina di mais e grano conditi con fagioli e pancetta. Ma è la polenta, ovviamente, la regina incontrastata, servita con sughi ricchi, funghi o cacciagione. Il tutto accompagnato da un bicchiere di Verdicchio dei Castelli di Jesi, per brindare a un borgo che ha fatto della follia una forma d’arte.
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