È qui che si nasconde la spezia più costosa al mondo: il balcone dello zafferano è in Abruzzo, ed è il vero borgo dell’oro rosso d’Italia

Francesco Garbo  | 17 Giu 2025
Navelli e lo zafferano

Se dovessi riassumere Navelli in un morso direi così: croccante come un cece tostato, prezioso come lo zafferano e lento come un tramonto sulle colline d’Abruzzo.

Questo minuscolo borgo dell’Aquila – a metà strada tra il massiccio del Gran Sasso e il Parco Sirente‑Velino – è uno di quei luoghi che i grandi flussi turistici sfiorano appena.

Meglio così: chi arriva sin quassù gode ancora di un’ospitalità genuina, di panorami vasti e di una cucina contadina che sa sorprendere anche il food‑lover più smaliziato.
Navelli è la prova che l’Italia dei piccoli borghi ha ancora carte da giocarsi: paesaggio puro, identità forte, cucina contadina elevata a bistrot senza perdere l’anima. Qui il chilometro zero non è slogan, ma necessità. Il turismo di massa? Non pervenuto: il silenzio della sera è rotto solo dal vento che passa tra i campi e dal tintinnio dei bicchieri nelle osterie.
In un’epoca di nomadismo digitale e city‑break bulimici, fermarsi a Navelli è un atto di resistenza lenta. È sedersi su un muretto a guardare il giochi di luce sui monti, sentire l’odore di legna delle cucine, parlare con chi lo zafferano lo raccoglie all’alba piegato tra i solchi. È portarsi a casa un barattolino di pistilli e, ogni volta che lo apri, ricordarti che la meraviglia sta nelle cose piccole.

Cosa vedere a Navelli: pietra, storia e silenzio

Navelli in Abruzzo e il suo zafferano
Navelli in Abruzzo

Il centro storico di Navelli è un ricamo di case in calcare chiaro, archi a tutto sesto e balconi in ferro battuto. Lasciata l’auto fuori dalle mura, infilati senza meta nei vicoli: il colpo d’occhio più fotogenico è la scalinata di via San Pelino, che sale a gradoni fino ai resti del Castello medievale. Sotto, la Loggia del Mercato con i suoi archi a ogiva racconta l’antico traffico di lane e spezie che, dal Medioevo, arricchì queste terre.

Scendendo verso sud si incontra la Chiesa di San Sebastiano (XV sec.), facciata barocca e interni sobri: occhio al pulpito ligneo del Seicento e all’affresco della Madonna del Latte. Poco distante c’è Palazzo Santucci, un elegante complesso signorile che nei secoli è stato dimora nobiliare, frantoio e, oggi, spazio espositivo dedicato proprio allo Zafferano dell’Aquila DOP.
Fuori dal borgo, la strada scivola nella Piana di Navelli, un altopiano che in autunno si tinge di lilla: è il crocus sativus in fiore – spettacolo effimero di pochi giorni che ripaga il viaggio. Da qui parte un reticolo di sentieri per trekking soft e pedalate fino ai borghi “cugini” di Civitaretenga (non perdere la Torre Civica) e Santo Stefano di Sessanio.

Cosa mangiare: la cucina dei campi (con un tocco di oro rosso)

“Chi semina zafferano raccoglie poesia”, dicono gli anziani del paese. Lo zafferano è in effetti ovunque a Navelli, che nel 2005 ha ricevuto il prestigioso marchio DOP.

Lo zafferano dell’Aquila DOP nasce qui, in queste terre pietrose e ventose, dove il clima secco e il terreno ben drenato creano le condizioni perfette per il crocus sativus. La raccolta avviene solo a mano, all’alba, per preservare la fragranza dei fiori ancora chiusi. I pistilli – tre per fiore – vengono poi essiccati con cura su brace di legna, secondo una tecnica tramandata da secoli. Il risultato è uno zafferano dal profumo intenso, con note di fieno, miele e fiori secchi, e una colorazione rosso vivo che tinge ogni piatto di poesia.

È perfetto nei risotti, ma anche nei dolci, nei liquori e perfino nel pane.

La cucina navellese non si limita a colorare il risotto di rosso zafferano. In trattoria inizia con un antipasto di pecorino semistagionato al miele di alta quota e salumi di maiale nero abruzzese. Arriva poi il cece di Navelli, presidio Slow Food, lessato al naturale e condito solo con olio evo locale, aglio rosso di Sulmona e rosmarino. Uno snack “povero” che crea dipendenza.
Anche i ceci sono infatti una specialità del luogo, che vengono spesso cotti aromatizzandoli appunto con lo zafferano. I ceci rossi dell’altopiano di Navelli sono una varietà pregiata con un sapore unico. La loro caratteristica è il colore insolito, il rosso. Sono ricchi di proteine e sali minerali ma anche vitamine del gruppo B. Le caratteristiche che li differenziano dai normali ceci sono una carnosità maggiore e un sapore delicato e aromatico.
I terreni dell’altopiano di Navelli si prestano alla coltivazione dei legumi grazie alla ricchezza di ferro e minerali e alle escursioni termiche e a un particolare microclima dovuto all’altitudine. Oltre ai ceci infatti si ottiene anche un’ottima Cicerchia, una misto tra ceci e piselli, con un elevato contenuto di ferro.

Questo legume che negli ultimi anni si sta riscoprendo è stato in realtà alla base dell’alimentazione dei contadini abruzzesi.

Da non sottovalutare l’olio, uno dei pochi extravergini della zona, e le mandorle.
Tra i primi piatti della cucina di Navelli domina la chitarra al ragù bianco di agnello e pistilli di zafferano: la carne cuoce lentamente nel vino Trebbiano d’Abruzzo, poi si manteca con pecorino di grotta e qualche filo di crocus che sprigiona note di fieno e miele. Più rustica – ed emozionante per chi cerca sapori antichi – la zuppa “sagne e ceci”, pasta fatta a mano spezzata in brodo denso di legumi: una scodella val bene la strada.
Secondi? Due nomi su tutti: agnello cacio e ova – spalla tagliata a tocchetti, scottata in padella, sfumata al Montepulciano e legata con uova e pecorino – e arrosticini di castrato cotti alla fornacella. Se chiedi, qualche oste aggiunge un tocco di zafferano anche al sale in crosta.

Siamo inoltre a un tiro di schioppo dalle colline di Tocco da Casauria, patria di un Montepulciano elegante e speziato che sposa bene le carni ovine. Ma spunta anche qualche micro‑produzione di pecorino IGT (il vitigno, non il formaggio), fresco e minerale. A fine pasto assaggia il Genepì d’Abruzzo o il più aromatico Ratafià di ciliegie.

Francesco Garbo
Francesco Garbo

Sono un cuoco e un giornalista enogastronomico, cucino e parlo di cibo praticamente tutto il giorno. Vino e cibo sono le due vie migliori per conoscere una cultura, in modo gustoso.




©  2025 Valica Spa. P.IVA 13701211008 | Tutti i diritti sono riservati.
Per la pubblicità su questo sito Fytur