Farina di castagne

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 2 minuti

zona di produzione: Tutto il territorio dell’entroterra ligure

curiosità: Nei menù delle trattorie e degli agriturismi dell’entroterra vengono riproposti sempre più frequentemente piatti locali a base di “farina nera”, quali picagge matte, friscio, castagnassu, panela, pan Martin… Alcune di queste preparazioni sono caratteristiche, oltre che per l’ingrediente principale che è rappresentato dalla farina di castagne anche dalla particolare tecnica di cottura che si esegue, in particolare nell’entroterra chiavarese, in testi sotto la cosiddetta campana. La parte inferiore delle seccatoio, infatti, fungeva anche da cucina: dal solaio pendeva un gancio al quale si applicava la campana, rustico forno sotto il quale tutt’ora si cuociono innumerevoli piatti.

caratteristiche: La farina derivante dalla macinatura di varietà locali di castagne, si presenta di colore crema-beige ed emana un inconfondibile profumo. Le vallate interessate a tale produzione sono dislocate praticamente su tutto l’entroterra. Il castagno infatti viene con ragione definito in dialetto erbo, l’albero per eccellenza, in quanto con il suo frutto ha sfamato intere generazioni.

preparazione: Nel periodo autunnale si esegue la raccolta delle castagne e successivamente si pratica la loro essiccazione, processo che avviene in tradizionali strutture, i seccatoi, generalmente posti in vicinanza dell’abitazione per facilitare le operazioni di alimentazione del fuoco che deve rimanere acceso per diversi giorni. Il seccatoio (secaeso seccaressu, grae) è un edificio a due piani divisi da un graticcio (gre) di asticelle di legno duro (ontano).
Al piano inferiore vi è il focolare (u fugua), appena rialzato dal suolo e posto in mezzo alla stanza. Il tempo di essiccazione varia a seconda della quantità di castagne, da 20 a 30-35 giorni, durante i quali bisogna rivoltarle, rimescolarle e girarle in modo che secchino bene: se occorre ravvivare il fuoco, si utilizzano le bucce delle castagne dell’anno precedente (pula) appositamente conservate nel seccatoio. Le castagne sono poste sulla grata in modo da formare uno strato di circa 20-30 cm; è importante che tale strato non sia né troppo alto in modo da permettere l’omogenea perdita di umidità dei frutti, né eccessivamente basso per non far passare troppo calore senza riuscire a trattenerlo. Raggiunto il grado ottimale di umidità, le castagne vengono “pestate”: si procede cioè all’eliminazione delle parti estranee (buccia e pellicina). Prima della molitura, si eliminano i frutti che presentano anomalie: questi ultimi e gli scarti precedenti costituiscono il “pestumme” che viene utilizzato per l’alimentazione del bestiame. Le castagne mondate sono quindi poste in una tramoggia di legno dalla quale, attraverso un distributore anch’esso in legno, scivolano tra le due macine in movimento (moe, more) costruite con pietra locale. Così sotto la macina del mulino, le castagne secche si trasformano in farina che lentamente scende nel bancà, spandendo un caratteristico profumo dolce e delicato

Fonte: La vetrina di Agriligurianet.it – Regione Liguria 2005

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