Area di produzione: La zona di produzione comprende le aree dei Comuni della provincia di Lucca di seguito elencati: Castelnuovo di Garfagnana, Castiglione Garfagnana, Pieve Fosciana, San Romano di Garfagnana, Sillano, Piazza al Serchio, Minucciano, Camporgiano, Careggine, Fosciandora, Giuncugnano, Molazzana, Vergemoli, Vagli, Villa Collemandina, Gallicano, Borgo a Mozzano, Barga, Coreglia Antelminelli, Fabbriche di Vallico, Bagni di Lucca.
Descrizione del prodotto e cenni storici: Il vocabolo “neccio” nella zona della Garfagnana assume il significato di “castagno” ed ha origini molto antiche. La coltivazione del castagno da frutto in Garfagnana ha inizio intorno all’anno mille quando, per far fronte al crescente incremento demografico, si misero a coltura vaste aree incolte e si ebbe così l’affermarsi del castagno, l’albero del pane. La coltura del castagno in lucchesia andò sempre più diffondendosi, grazie anche all’innesto delle cultivar più idonee alla produzione di farina, tanto che in Garfagnana ben presto il suo frutto divenne fonte principale di sostentamento per la popolazione.
L’essiccazione delle castagne è storicamente fatta nei metati cioè in strutture atte a contenere le castagne per l’essiccazione. A noi oggi i metati sono pervenuti come costruzioni in muratura, generalmente sparsi nei castagneti, di ampiezza variabile, a metà altezza divisi da un solaio a stecche di legno poste una vicino all’altra, il “canniccio”, sopra il quale vengono stese le castagne. Sotto si fa un fuoco leggero, senza fiamma, con ciocchi di castagno; il fumo salendo attraverso le castagne le asciuga lentamente, per circa 40 giorni, rendendole pronte per la sgusciatura e la macinatura. Nella sola Garfagnana sino agli anni ’50 i metati erano più di 7000, mentre i mulini, per la macinatura delle castagne secche, circa 250.
La coltivazione del castagno in Garfagnana interessa circa 5000 Ha, nella fasce altimetriche che vanno dal fondovalle fino a 900 m s.l.m., su terreni acidi o subacidi, utilizzando le seguenti varietà: Carpinese, Pontecosi, Mazzangaia, Pelosora, Rossola, Verdora, Nerona e Capannaccia; tutte varietà adatte ad essere trasformate in farina, conferendogli, ognuna di esse, particolari caratteristiche di sapore e gusto. La produzione massima ammessa è di 3500 Kg ad ettaro.
La Farina di Neccio della Garfagnana si presenta finissima al tatto e al palato, di colore variabile dal bianco all’avorio scuro e con odore tipico delle castagne. Tra le ricette tipiche troviamo infatti la polenta di farina di neccio, i manafregoli (farina di neccio cotta con il latte), il castagnaccio (pizza al forno ottenuta con farina di neccio, olio, noci e pinoli) e, per concludere, quello che potremmo definire il pane della Garfagnana che prende, appunto, il nome di “neccio” ed è prodotto con farina, acqua e sale.
Fonte: Regione Toscana – ARSIA – Agenzia Regionale per lo Sviluppo e l’Innovazione nel Settore Agricolo-forestale.
Se c’è una città capace di unire il clima mediterraneo alle tradizioni tirolesi, ...
È finalmente iniziata la magica stagione dei Mercatini di Natale, un’occasione ...
Nel bellissimo Trentino, incastonata tra le affascinanti e apprezzatissime Dolomiti, ...
Il pasticcio di maccheroni alla ferrarese è un piatto tradizionale ...
©
2024 Valica Spa. P.IVA 13701211008 | Tutti i diritti sono riservati.
Per la pubblicità su questo sito
Fytur