Peperone di Senise IGP

Zona di produzione: numerosi comuni delle province di Potenza e Matera, nelle valli del Sinni e dell’Agri

Descrizione: Il Peperone di Senise ha uno spessore sottile e un basso contenuto in acqua, per cui può essere facilmente essiccato, esponendolo ai raggi solari. Il picciolo non si separa dalla bacca neanche a essiccazione avvenuta, per cui diventa possibile legare i peperoni essiccati tra di loro per la realizzazione delle caratteristiche “collane”

Riferimenti normativi: Prodotto IGP, Registrazione europea con regolamento CE n. 1263/96 pubblicato sulla GUCE L163/96 del 2 luglio 1996

Rafano

Area di produzione: Intera regione

CaratteristicheIl prodotto consiste in un tubero di pianta che cresce in prossimità di torrenti, corsi d’acqua, canali e fiumi. E’ considerato da sempre il “tartufo dei poveri”. La radice viene scavata, ripulita del terreno, scorticata, tagliata in pezzi più o meno uniformi. Questi verranno posti in contenitori di vetro e riempiti con olio extra-vergine di oliva. Le radici fresche e così conservate, verranno poi grattugiate.Le radici devono essere di buona consistenza e sono utilizzate grattugiate, come condimento sulla pasta, nei sughi, nelle frittate, e nelle pastelle.

Olive di Ferrandina

Materia prima: olive nere mature varietà Maiatica.

Tecnologia di lavorazione: le olive si fanno appassire per una settimana su ripiani di legno, quindi vengono scottate nell’acqua bollente per un minuto e messe, dopo averle fatte asciugare, in vasi di vetro o di terracotta con sale e origano. Per una settimana vengono periodicamente rigirate prima di essere messe al forno non troppo caldo per un ulteriore avvizzimento. Riposte in anfore di terracotta si conservano al fresco per un anno e più.

Maturazione: 3 o 4 mesi.

Area di produzione: zona di Ferrandina e Pisticci (MT).

Calendario di produzione: autunno, inizio inverno.

Note: oggi in Italia si stimano in produzione diverse centinaia di varietà di piante di olivo, ma le più diffuse sono solo una trentina. Mentre nel ‘500 Costanzo Felici, collaboratore di Ulisse Aldrovandi, vissuto in provincia di Pesaro, nei suoi scritti naturalistici si lamentava che già all’epoca le piante di olivo erano ridotte a poco più di quattro varietà e invidiava gli antichi romani che ne potevano contare un numero maggiore. Rispetto ai romani, nel ‘500, la tecnica di conservazione delle olive si era raffinata includendo il lavaggio quotidiano per alcuni giorni in acqua corrente delle olive destinate alla salamoia. Mentre non si fa più ricorso a sapa, mosto cotto e aceto, secondo la ricetta di Columella, né tanto meno al pestaggio delle olive.

Pomodori secchi

Materia prima: pomodori.

Tecnologia di preparazione: i pomodori (meglio scegliere i San Marzano) vengono lavati e tagliati in due parti in senso verticale. Si mettono su un asse pulito con le parti tagliate verso l’alto. Si espongono al sole quotidianamente coprendoli con garze per evitare le molestie degli insetti, fin tanto che non siano completamente disidratati. Si conservano in vasi di vetro tal quali con foglie di alloro e basilico, oppure si mettono sott’olio aromatizzandoli a piacere. Ma in questo caso è opportuno salare i pomodori prima di farli essiccare.

Maturazione: qualche settimana.

Area di produzione: in tutto il Mezzogiorno.

Calendario di produzione: luglio, agosto, settembre.

Note: i pomodori essiccati vengono utilizzati per salse e per altre preparazioni. Inoltre una quantità non indifferente viene commercializzata sott’olio aromatizzata all’origano, all’aglio, al prezzemolo, ai semi di finocchio, al timo, al peperoncino, ecc. Originario dell’America Latina, il consumo del pomodoro si è diffuso in Europa con la coltura italiana come punto centrifugo. Questo perché nell’area mediterranea il pomodoro ha migliorato sia il suo aspetto che il suo sapore.

Lampascioni sott’olio

Materia prima: lampascioni.

Tecnologia di lavorazione: i bulbi, dopo essere stati ben lavati, vengono fatti cuocere in acqua e aceto o vino e aceto in parti uguali per alcuni minuti. Si scolano, si lasciano asciugare per alcune ore, si mescolano con gli aromi e si mettono sott’olio.

Maturazione: 40 giorni circa.

Area di produzione: in tutto il meridione, Puglia, Calabria (Morano Calabro), Basilicata soprattutto.

Calendario di produzione: estate-autunno.

Note: il nome scientifico dei lampascioni è Muscori monstruosum, detti in volgare “cipollaccio col fiocco” e “Pan di cuculo”, termine quest’ultimo più adoperato nell’Italia centrale. Questa liliacea è molto rustica e in primavera la si trova, spontanea, nelle radure dei boschi, nei prati, nelle scarpate, ecc. rallegrando la vista col suo colore blu. Un tempo il suo consumo era diffuso ovunque; oggi l’area si è ristretta solo ad alcune regioni meridionali.

Melanzane sott’olio

Materia prima: melanzane.

Tecnologia di lavorazione: le melanzane, tagliate a fette, vengono messe sotto sale per almeno 24 ore. Eliminata l’acqua si fanno asciugare per altre 24 ore; successivamente vengono sbollentate per due minuti in acqua e aceto e di nuove messe ad asciugare per un altro giorno al termine del quale saranno collocate nei barattoli e aromatizzate a seconda delle tradizioni regionali. Ricoperte di olio si chiudono ermeticamente i barattoli conservandoli in luogo buio e fresco.

Maturazione: 4-5 mesi.

Area di produzione: rinomata la produzione di Puglia, Calabria, Basilicata, Campania e Sicilia.

Calendario di produzione: estate, inizio autunno.

Note: la tecnica di preparazione di base non cambia se non per dettagli insignificanti. In alcune regioni, per esempio, dopo essere state sotto sale per 24 ore, le melanzane non vengono sbollentate in acqua e aceto o vino e aceto, ma semplicemente condite con solo aceto e poi imbarattolate e aromatizzate. Gli aromi che accompagnano questa conserva sono: origano, aglio, prezzemolo, peperoncino, semi di finocchio selvatico, basilico, alloro. Quest’ortaggio, originario dell’Estremo Oriente, rimase pressocché sconosciuto ai greci e ai romani, arrivando in Europa solo nel XIV secolo e da qui è passato poi in America. Queste preparazioni di tipo artigianale, molto richieste dal mercato, vengono acquistate da grossisti i quali etichettano e commercializzano i prodotti nei vari negozi di gastronomia specializzata.

Scapece

Materia prima: ortaggi vari.

Tecnologia di lavorazione: gli ortaggi vengono tagliati a strisce sottilissime e messi sotto sale in un recipiente con un peso per 24 ore. Si scolano, si strizzano e si scottano in acqua e aceto in parti uguali. Si scolano, si strizzano ancora e si mettono ad asciugare per altre 24 ore in un panno bianco con un peso sopra. Si condiscono con olio, aglio, menta e si mettono ben premute in vasetti ricoprendoli d’olio.

Maturazione: 2-3 mesi.

Area di produzione: Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Sicilia, Sardegna.

Calendario di produzione: estate-autunno.

Note: con questo sistema vengono conservate: melanzane, zucchine, fagiolini, carote, sedano, cavolfiore, pomodori verdi, carciofini, ecc.

Fichi essiccati

Materia prima: fichi freschi varietà “dottato”.

Tecnologia di preparazione: i fichi, dopo raccolti, vengono fatti essiccare al sole per circa sei o sette giorni a seconda del clima. Una volta essiccati vengono messi nelle cassette e commercializzati. Possono anche subire ulteriori lavorazioni, come la farcitura con mandorle, noci o la copertura con cioccolato. Prima di ogni ulteriore lavorazione, dopo essere stati essiccati, i fichi vengono sterilizzati con varie tecniche.

Maturazione: 7-10 giorni.

Area di produzione: tutto il Mezzogiorno; rinomati quelli del Cilento, Salento, Calabria e Monsampolo (Ap).

Calendario di produzione: settembre, ottobre, novembre, dicembre.

Note: attualmente la produzione del fico si ottiene con impianti arborei di vecchia costituzione, per lo più consociati con olivo o formati da piante sparse, ubicati nei terreni impervi in cui è difficile razionalizzare le operazioni colturali. Questa situazione comune in tutto il Mezzogiorno rende difficile la raccolta del prodotto e la sua commercializzazione verso mercati più remunerativi. In Calabria, i frutti vengono ancora lavorati in modi diversi con le noci, con le mandorle, a “tortonilli”, con il mirto, a spinopesce infilati nelle canne e a “crocetta”, sistema adoperato anche dagli antichi romani che a loro volta lo avevano appreso dagli africani e dagli spagnoli.

Marmellata d’arancio

Materia prima: arance (agrumi).

Tecnologia di preparazione: le arance vengono forate con una forchetta e messe a bagno in una bacinella per 3 giorni cambiando l’acqua 3 volte al giorno. Si tagliano poi a fette molto sottili, togliendo la calotta e aggiungendo lo zucchero ed i limoni a fette altrettanto sottili. Si fa cuocere quanto basta a fuoco basso evitando di mescolare. Si mette nei barattoli quando la confettura è ancora bollente.

Maturazione:

Area di produzione: con qualche variante in tutta l’Italia agrumicola.

Calendario di produzione: durante la stagione degli agrumi, ma il mese consigliato è gennaio.

Note: un tempo questa marmellata veniva fatta più di frequente dalle famiglie italiane e non solo da quelle che vivono nella zona produttiva di agrumi. Il trattamento al depenile a cui vengono sottoposte oggi le arance e gli altri agrumi scoraggia le massaie dal prepararla, a meno che non si abbia la fortuna di trovare frutti non trattati col depenile né tanto meno con la paraffina utilizzata al solo scopo di renderli lucidi, anche se quest’ultima sostanza non è tossica per l’uomo.

Pizza con i cigoli di maiale

Area di produzione: Montagna e collina lucana.Materie prime: Farina, cigoli di maiale, sale, lievito, strutto.Materiali e attrezzature per la preparazione, condizionamento e imballaggio: Tavolo in legno, paletta di ferro, forno a legna.Tecnica di lavorazione e conservazione: Dopo aver preparato una pasta lievitata con farina e strutto si dispone il tutto in una teglia unta di strutto. Quindi si farcisce la pasta con cigoli di maiale e si mette a cuocere nel forno a legna. La pizza con i cigoli può essere consumata nel giro di 4-5 giorni.Locali di stagionatura e/o conservazione: Locale fresco.Caratteristiche del prodotto finito: Si presenta di colore dorato.Periodo di produzione: Periodi freddi che vanno da fine autunno a tutto l’inverno.Riferimenti storici: I.N.S.O.R. Atlante dei prodotti tipici: Salumi, 1989.

U’ pastzzott di Nova Siri – Il Pastizzotto di Nova Siri

Territorio di produzioneComune di Nova Siri (MT)Materie primeFarina tipo “00”, uova, strutto, zucchero, liquore bianco, agrumi, ceci, mandorle, miele, cannella, cacao amaro, acqua.Caratteristiche del prodotto finitoIl prodotto finito è un calzoncello di colore giallo dorato, farcito con un ripieno di mandorle o di ceci, con delle dimensioni comprese tra 10-11 centimetri di lunghezza e 5-6 centimetri di larghezza. La superficie presenta delle tipiche bollicine dovute agli ingredienti utilizzati e alle tecniche di lavorazione.PreparazionePer la pasta: 1 kg di farina di grano tenero “00”, 3 uova, 3 cucchiai di zucchero, 50 ml di liquore bianco (tipo sambuca, anice, vermouth, maraschino), 125 gr di strutto, un pizzico di sale, acqua o succo di due limoni per impastare.Disporre la farina a fontana sopra una spianatoia o sul piano di lavoro (possibilmente in legno) e praticare un buco centrale. Unire le uova, lo zucchero, il liquore, lo strutto (sciolto a temperatura ambiente) e un pizzico di sale. Lavorare l’impasto aggiungendo il succo dei due limoni (spremuti precedentemente) o dell’acqua. Una volta che l’impasto è pronto, occorre dargli la forma di un panetto e lasciarlo riposare per qualche minuto coprendolo con un piatto o con un canovaccio.Per la farcitura alle mandorle: 1 kg di mandorle, scorza grattugiata di qualche agrume a scelta (arancia, limone e mandarino), 50 ml di liquore bianco (tipo sambuca, vermouth, anice o maraschino), miele o zucchero q.b., cannella macinata q.b.Lessare, spellare e tritare finemente le mandorle, versarle in una ciotola e condire con la scorza grattugiata degli agrumi. Aggiungere un po’ di miele o zucchero e cannella macinata (q.b.) e mescolare fino ad ottenere un composto morbido. Se il composto risulta troppo asciutto si può aggiungere dell’acqua miscelata con un po’ di zucchero.Per la farcitura ai ceci: 1 kg di ceci secchi, la scorza grattugiata di qualche agrume a scelta (arancia, limone e mandarino), 50 ml di liquore bianco (tipo sambuca, vermouth, anice o maraschino), miele o zucchero q.b., cannella macinata q.b., cacao amaro q.b.Prendere dei ceci secchi e metterli in ammollo in acqua fredda (massimo per 12 ore). Una volta pronti immergerli in una pentola d’acqua e lasciarli cuocere fino a quando risulteranno morbidi. Appena cotti scolarli e ridurli in crema con l’ausilio di un passatutto (facendo attenzione a lasciare da parte le bucce). Versarli in una ciotola e condire con la scorza grattugiata degli agrumi. Aggiungere un po’ di miele o di zucchero, la cannella macinata e un po’ di cacao amaro (q. b.) e mescolare fino ad ottenere un composto morbido.Procedimento: Una volta pronta la pasta e gli ingredienti per il ripieno si può procedere con la stesura e la farcitura del pastizzotto.Prendere l’impasto e stenderlo con un mattarello o con l’ausilio di una macchina da pasta. Passarlo più volte tra i rulli fino a quando la sfoglia non avrà raggiunto uno spessore di 1-2 millimetri. Una volta stesa la sfoglia, creare dei piccoli dischi del diametro di 10-11 cm. Per velocizzare l’operazione ci si può servire di un piattino da caffè. Farcire una metà del disco con il ripieno di ceci o mandorle, chiuderlo facendo combaciare i due lati ed esercitando un po’ di pressione con le dita in modo da impedire al ripieno di uscire dai bordi. Sigillare il pastizzotto con l’aiuto di un tagliapasta dentato a una lama (oppure taglia e chiudi pasta dentato). Per decorare il bordo del pastizzotto si può utilizzare un timbro. In una pentola versare dell’olio e mettere sul fornello. Quando l’olio sarà caldo si potrà cominciare ad immergere i pastizzotti girando di tanto in tanto fino a quando non avranno una bella doratura. Scolarli bene, adagiarli in un contenitore e spolverizzare con lo zucchero a velo.Periodo di produzioneMese di dicembre, nel periodo dell’avvento.Cenni storici e curiositàA seguito di una ricerca condotta attraverso lo studio di alcuni testi e le interviste sul campo (donne con fascia d’età dai 60 ai 100 anni) si è riusciti a risalire alla ricetta originaria che dimostra di avere una larga base popolare ed essere ancorata allo specifico contesto culturale. La ricetta è stata tramandata oralmente già dall’ottocento e molte donne la preparano seguendo gli insegnamenti che hanno ricevuto dalle loro mamme o nonne e la trasmettono, a loro volta, alle generazioni successive. A dare notizie sulla preparazione di questo dolce tipico lo storico locale Nicola Cirigliano che in “Nova Siri. Storia e folclore” scrive: «Alcuni giorni prima di Natale, le donne preparavano, aiutandosi le une con le altre, delle leccornie, come ad esempio i “crispi” e i “pastezzotte” che si consumavano durante le festività e si portavano in regalo agli amici e ai parenti in lutto». (Nicola Cirigliano, “Nova Siri. Storia e folclore”. Tipografia Sossio, Torino, 1988)

Panella

Composizione:
a. Materia prima: farina di grano duro, acqua, sale, lievito.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: alla farina viene aggiunto il lievito acido, acqua e un pizzico di sale. Si impasta bene e si lascia lievitare per 5/6 ore. Poi si lavora ancora l’impasto formando tanti pezzi che vengono modellati a mano a forma rotonda. Si mettono al caldo a lievitare ancora per un’oretta e poi si infornano nel forno a legna.

Area di produzione: in tutta la Basilicata.

Note: da non confondere con la panella della gastronomia palermitana. Dice un vecchio proverbio lucano “Bone so’ li ffiche e pure li cerase, ma trist’a quera panza ca pane nun ge trase” (Buoni i fichi, buone le ciliege, ma triste quella pancia ove non entra il pane). Eppure ancora agli inizi del ‘900, nelle zone montuose della Basilicata, il pane di puro grano non era molto in uso presso la gran parte dei contadini. Spesso alla farina di grano si aggiungevano farine di legumi quali ceci, fave, cicerchie, fagioli, nonché patate. Nel potentino il granturco era usato in focacce azime chiamate nell’aviglianese “carchiole”, cotte dentro forme di ferro poste sulle braci. La polenta veniva consumata invece dalle popolazioni del Lagonegrese. Nella zona del Metaponto, così come in quella collinare e centrale, il grano era alla base dell’alimentazione e in casa veniva cotto nei forni delle masserie o in quelli del paese. Nel melfese d’inverno si consumava la farina di granone per le schiacciate cotte su pietre larghe e sottili. Cfr. Aa.Vv, Porco e Aglianico, Matera, 1984.

Burrino

Materia prima: siero da latte vaccino; eccelle quello da razza Podolica. Alimentazione: pascolo estensivo naturale.

Tecnologia di lavorazione: si porta il siero a circa 72 gradi. Man mano che il coagulo affiora, viene raccolto e messo in una tela a sgrondare per una notte in un luogo fresco. Dopo queste operazioni, la massa viene lavorata con le mani aggiungendovi acqua freddissima fino a che le particelle di grasso aggregandosi formino il burro, il quale viene subito messo a solidificare in frigo o in acqua ghiacciata. Esso viene quindi inserito nella sacca di pasta filata del Caciocavallo dello spessore di un centimetro scarso, strozzandola al collo e chiudendo l’apice immergendolo in acqua a 90 gradi. La salatura si effettua per bagno in salamoia per alcune ore; matura in 10 giorni in ambiente fresco dove le forme vengono legate a coppie, come per il Caciocavallo.

Stagionatura: due mesi circa, in ambiente fresco a temperatura costante.

Caratteristiche del prodotto finito: forma: a pera; crosta: liscia, sottile, lucida, di colore bianco avorio o giallino. All’interno il burro è di colore giallo intenso; sapore: pronunciato.

Area di produzione: comuni di Forenza, Atella, San Fele, Calvello, Pescopagano. Pietrapertosa, Castelmezzano, Tolve, Lagonegro (PZ); Salandra, Accetura, Stigliano (MT) per quello prodotto con latte della razza Podolica. In tutta la Regione quello fatto con latte delle altre razze bovine.

Calendario di produzione: tutto l’anno; eccelle quello ottenuto in primavera.

Note: i dati statistici riguardano solo la produzione a base di latte da razza Podolica. Il prodotto presenta punti di contatto con il ghi (burro chiarificatore) dell’India.

Caciocavallo podolico

Materia prima: latte intero da razza Podolica. Alimentazione: pascolo brado.

Tecnologia di lavorazione: si veda il disciplinare di produzione.

Stagionatura: da 6 mesi fino a 2 anni circa, in cantina. Durante questo periodo, le forme vengono (se di produzione industriale) ricoperte di paraffina. Resa 8-9%.

Caratteristiche del prodotto finito: altezza: variabile; diametro: variabile; peso: Kg 2-3; forma: ovoidale con appendice strozzata chiusa all’apice; crosta: sottile, liscia, lucida, di colore bianco alabastro; pasta: friabile, scagliosa quando è ben stagionato, a volte porosa di un colore giallo intenso; sapore: decisamente piccante se fatto con caglio di capretto.

Area di produzione: comuni di Forenza, Atella, San Fele, Colvello, Pescopagano, Pietrapertosa, Catelmezzano, Tolve, Lagonegro in provincia di Potenza; Salandra, Accettura, Stigliano in provincia di Matera.

Calendario di produzione: da maggio a giugno.

Note: è il re dei formaggi bovini meridionali come il parmigiano lo è degli italiani.

Canestrato di Moliterno IGP

Materia prima: latte ovino (due terzi) più caprino (un terzo), da razze miste. Alimentazione: pascolo estensivo naturale.

Tecnologia di lavorazione: è come quella del Pecorino di Filiano, con la differenza che la cagliata appena messa nelle fascere viene pressata con le mani per almeno mezz’ora, mentre la scottatura nel siero dura da pochi istanti ad un massimo di 15 minuti. La salatura si effettua a secco sulle forme per 15-30 giorni. Matura in 15 giorni, in ambiente fresco, dove le forme vengono lavate con acqua o siero. Resa 18%.

Stagionatura: otto mesi circa, in ambiente fresco e asciutto per i primi due mesi. Durante questo periodo, le forme vengono periodicamente rivoltate e unte con olio e aceto per frenare il calo di peso. Sono poste (in estate) in soffitta calda e asciutta per fare la lacrima.

Caratteristiche del prodotto finito: altezza: variabile; diametro: variabile; peso: Kg da 1 a 8; forma: cilindrica a facce piane; crosta: dura, rigata, colore giallo-rossiccio; pasta: compatta, morbida e grassa, colore bianco grigio o leggermente paglierino; sapore: pieno tendente al piccante.

Area di produzione: Comunità Montana Alta Val d’Agri.

Calendario di produzione: da aprile a settembre.

Note: Moliterno, situata quasi a cavallo di tre Regioni (Campania, Basilicata e Calabria) è famosa da sempre come luogo di stagionatura dei formaggi, tanto quanto San Daniele e Langhirano lo sono per i prosciutti. Un tempo gli “invecchiatori” di formaggio andavano a dorso di mulo in varie località e ritiravano, per contratto, il pecorino di dieci giorni, portandolo a stagionare a Moliterno. Le consegne iniziavano a gennaio e terminavano a maggio, quando le greggi risalivano verso i monti per i pascoli estivi. Celebri, per l’aroma delle sue erbe, erano i pascoli del Monte Reparo, tra il Sinni e il lago del Pertusillo. D’inverno a Moliterno, si stagionava il formaggio pecorino dei pascoli marini, grasso e ricco di burro. D’estate quello della montagna, con una percentuale inferiore di grasso, ma più aromatico. Il primo, ritenuto più pregiato, “emigrava” in America e verso il Norditalia, il secondo era consumato localmente.

Caciocotto

Materia prima: latte ovino e/o vaccino, da razze miste. Alimentazione: pascolo estensivo naturale.

Tecnologia di lavorazione: è identica a quella già descritta per il pecorino, solo che il prodotto non viene salato; si pratica una scottatura di 20-30 minuti tenendolo sotto peso per alcune ore. Viene consumato fresco. Resa 15%.

Stagionatura: non si effettua.

Caratteristiche del prodotto finito: forma: cilindrica, di piccole dimensioni; crosta: assente; pasta: compatta, con qualche occhiatura, colore bianco; sapore: dolce acidulo.

Area di produzione: tutta la regione.

Calendario di produzione: da aprile a settembre.

Note:

Casiello

Materia prima: latte caprino, da razze miste. Alimentazione: pascolo estensivo naturale.

Tecnologia di lavorazione: si porta il latte della munta serale,previa bollitura, a circa 38 gradi, aggiungendovi caglio in pasta. Coagula in 45 minuti circa. Dopo la rottura della cagliata (a dimensione di granuli molto sottili) si lavora con le mani facendole assumere una forma sferica della grandezza di un pugno. Dopo queste operazioni, i pezzi vengono pressati bene per 10-15 minuti per favorire la fuoriuscita del siero. La salatura si effettua a secco o per bagno in salamoia per mezza giornata. Matura in 7 giorni circa in ambiente fresco, su tavole di legno. Resa 18%.

Stagionatura: 4 mesi circa, in ambiente fresco di cantina.

Caratteristiche del prodotto finito: peso: Kg 0,4-0,6; forma: sferica; crosta: appena accennata, colore grigio-giallo; pasta: compatta, omogenea; sapore: dolce-salato, tipico del latte di capra.

Area di produzione: in tutte le zone interne della Basilicata, rinomati quelli prodotti nell’area della Comunità Montana Camastra Alto Sauro, nei comuni di Corleto Perticara, Guardia Perticara, Armento, Gallicchio, Missanello, Aliano.

Calendario di produzione: da luglio a settembre.

Note:

Formaggio di capra a pasta fresca

Materia prima: latte caprino, da razze miste. Alimentazione: pascolo estensivo naturale.

Tecnologia di lavorazione: si porta il latte previa pastorizzazione a circa 20-22 gradi, aggiungendovi fermenti lattici più caglio liquido. Coagula in 1-2 ore. Si lascia riposare la cagliata per 12-24 ore a temperatura di 20-23 gradi. Dopo queste operazioni, la massa viene trasferita tal quale negli stampi oppure in tele o fagotti a spurgare per 24 ore. Si rivoltano un paio di volte (se si trovano nelle forme) quindi alla fine dello spurgo la salatura si effettua per aspersione di sale fino. Al termine di questa operazione talvolta si aggiungono aromi. In alcuni casi l’impasto viene sistemato in vasetti di vetro e conservati al freddo. Resa 18%.

Stagionatura: non si effettua.

Caratteristiche del prodotto finito: peso: Kg 0,05; forma: cilindrica; pasta: bianca e morbida; sapore: gradevolmente acidulo.

Area di produzione: comune di Scanzano Jonico (MT), Comunità Montana Medio Agri Sauro (PZ), comune di Stigliano (MT).

Calendario di produzione: da marzo a settembre.

Ricotta dura salata

Materia prima: siero ovino e caprino.

Tecnologia di lavorazione: quando la ricotta a circa 72-90 gradi, affiora dal siero, la si lascia ancora sul fuoco badando bene di non farla bollire. Si mette nelle fuscelle lasciandola sgocciolare per 24 ore. Si sala a secco e si rimette ancora nel contenitore di vimini, avendo cura di rigirarla due volte al giorno. Dopo circa sette giorni; quando la ricotta è discretamente indurita, si toglie dalle fuscelle e si mette sul tavolo di legno. Matura in due mesi, in ambiente fresco a temperatura costante, dove le forme vengono sistemate su tavole di legno.

Stagionatura: 2-4 mesi, fino a un anno circa, in cantina. Durante questo periodo, la ricotta può subire un’affumicatura di qualche giorno. Resa 4%.

Caratteristiche del prodotto finito: peso: Kg 0,3-0,5; forma: tronco-conica; crosta: dura di colore grigio con zone brune; pasta: compatta e dura; sapore: intenso, gradevolmente saporito.

Area di produzione: in tutta la Basilicata.

Calendario di produzione: da marzo-aprile fino a settembre.

Note:

Pane a cuddura

Composizione:
a. Materia prima: semola di grano duro rimacinata, acqua, lievito acido, lievito di birra, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: la farina viene impastata con sale, lievito naturale e una parte di lievito di birra. Si lavora a lungo fino ad ottenere un impasto omogeneo. Si lascia lievitare per alcune ore e poi si riprende ancora la pasta lavorandola sulla spianatoia fino a darle una forma rotonda con foro centrale. Si cuoce nel forno a legna.

Area di produzione: in tutta la Basilicata durante tutto l’anno.

Note: è una focaccia morbida. In Basilicata e in Calabria il pane fatto con farina bianca veniva somministrato alle partorienti e ai moribondi, tant’è che si era soliti dire, quando uno era allo stadio terminale, “è arrivato al pane di grano”, perché quello di tutti i giorni era scuro di colore e spesso fatto con granaglie meno nobili del frumento. Ma in nessun caso il pane poteva essere buttato, e se ciò era indispensabile perché avariato, lo si baciava prima di darlo agli animali. Nella prassi contadina lo si baciava anche quando finiva a faccia in giù sulla tavola, lo si custodiva in gabbie appese al soffietto e lo si lasciava sul tavolo fino al mattino perché le anime del Purgatorio potessero sfamarsi. Nelle brutte annate si aspettava con ansia la stagione del raccolto per risentire il sapore del pane nuovo. (cfr. Aa.Vv, Porco e Aglianico, Basilicata Editrice, Matera, 1984).

Cornetto

Composizione:
a. Materia prima: farina di grano duro rimacinata per panificazione, acqua, lievito acido, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: farina e pasta acida (6 parti di farina e 4 parti di pasta acida) vengono impastate e fatte lievitare per circa 18 ore. Si aggiunge altra farina, si impasta ancora lasciando alzare per altre 6/7 ore. Vengono formati dei pani a forma di ferro di cavallo o cornetto, il cui peso varia dai 500 gr. fino ai 20 kg. Dopo altre 2 ore di sosta si cuociono nel forno a legna.

Area di produzione: Materano.

Note: a motivo della lunga fermentazione è un pane di grande valore nutrizionale che si accompagna bene con ogni cibo. Ad onta del nome che sembra suggerire un manufatto di scarsa mole, i suoi pesi variano da 500 gr. ad un chilo, ma anche da 2-3-4 chili fino a 20 chili per quelli destinati alle esposizioni di carattere gastronomico e alle feste popolari. Un altro pane, la cui tecnica di lavorazione è uguale a questa, è il pane integrale di grano tenero. Con lo stesso impasto viene fatto anche il “pane a pezzo” di forma rotonda, inciso sopra con tagli trasversali che aumentano la superficie della crosta. Anche questo pane è disponibile in pezzature che vanno dai 0,5 ai venti chili.

U felattd

Composizione:
a. Materia prima: farina di grano tenero, acqua, olio, strutto, semi di finocchio,lievito madre, lievito di birra, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: la pasta acida, impastata con farina, viene fatta lievitare per circa 8 ore. Vengono poi aggiunti gli altri ingredienti e altra farina. Quando l’impasto è omogeneo si formano delle ciambelle rotonde che si fanno lievitare ancora per qualche ora. Si cuoce nel forno a legna riscaldato con fascine di macchia o di bosco.

Area di produzione: Materano.

Note: viene fatto una volta all’anno per la festa dell’Immacolata, l’8 dicembre. Viene venduto tagliato a pezzi o a fette.

Pannarella

Composizione:
a. Materia prima: farina di grano tenero, acqua, uova, olio, zucchero, lievito acido, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: la farina viene impastata con lievito madre e gli altri ingredienti. Si formano dei panetti dal peso di circa 400 gr. che dopo lievitazione di circa un’oretta e dopo averle cosparse con uovo sbattuto vengono cotte in forno.

Area di produzione: comprensorio di Matera.

Note: la pannarella si fa solo nel periodo pasquale. Fino a qualche decennio fa era considerata come un pane arricchito, oggi assomiglia più ad un dolce vero e proprio.

Oliva da forno di Ferrandina

Area di produzione: Ferrandina, Accettura, Aliano, Calciano, Cirigliano, Craco, Garaguso, Gorgoglione, Oliveto Lucano, Salandra, San Mauro Forte, Stigliano, Tricarico, in provincia di Matera – Gallicchio, Missanello e Santarcangelo in provincia di Potenza.

CaratteristicheOliva di varietà Maiatica di Ferrandina.

Cenni storici e curiositàProdotto di antica tradizione, storicamente legato alla cultura ed alla cucina del Ferrandinese, confermato dalla memoria storica degli anziani ma anche oggetto di studi e ricerche di autorevoli studiosi che hanno pubblicato molteplici scritti.

Miele lucano, r’miel

Area di produzione: Intero territorio della Basilicata

CaratteristicheMillefiori o uniflorali, o di melata, i mieli lucani sonocaratterizzati da una elevatissima qualità determinata dalla qualità dell’ambiente in cui pascolano le api. Sia esso un ecosistema sia esso un agroecosistemaColore variabile dal bianco all’ambra, odore dal delicato al mediamente intenso fino al caramellato fruttato, sapore delicato ma anche mediamente intenso.

Cenni storici e curiositàStoria del pane di San Severino Lucano a cura di Mario Severino

U’Pastizz Rtunnar

Area di produzione: Comune di Rotondella (MT).

CaratteristicheCarne e grasso di suino, uova, formaggio, aromi vari (prezzemolo, sale e pepe), olio, farina di grano duro, sugna (strutto), acqua.Il prodotto finito è un calzone di dimensioni comprese tra i 10 ed i 20 cm di lunghezza e 10-12 nella massima larghezza di colore giallo-bruno con riflessi dorati.

Cenni storici e curiositàIn passato, considerando anche lo scarso utilizzo di carni da parte delle popolazioni per tutto il ‘700 e l’800, la sua preparazione era legata a pochi momenti particolari dell’anno: l’uccisione del maiale,la Pasqua e la festa di Santa Maria d’Anglona (‘A Maronna ‘RaGnone), agli inizi di settembre.A dare una notizia certa sulla particolarità del “pastizz” rotondellese (Rtunnar) è Giuseppe Nicola Molfese che lo cita nel volume “Ceneri di civiltà contadina in Basilicata”, uscito nella Collana di Cultura Lucana curata da Adalgisa e Pietro Borraro per Congedo editore (Galatina) nel 1978, al termine di una ricerca ultraventennale avviata intorno agli anni ’40.Il “pastizz” rotondellese indicato dal Molfese viene preparato con carne di agnello e si riferisce -in modo specifico- al periodo delle feste pasquali.

Carne podolica lucana

Area di produzione: Tutto il territorio della Regione Basilicata

CaratteristicheLa Carne Podolica Lucana proviene da bovini di età compresa tra 10 e 24 mesi, nati ed allevati in Basilicata, di razza pura o incroci ottenuti da vacche podoliche e tori di altre razze da carne.

Cenni storici e curiositàLe origini della podolica affondano nella storia dei tempi: discendente dall’antico Bos primigenius o Uro, sembra, secondo alcuni autori, che sia giunto nella nostra penisola proveniente dalla Podolia, antica regione russa da cui prende il nome, a seguito della grande migrazione dei popoli asiatici avvenuta verso il IV secolo d.C.. Ben presto il bovino podolico si diffuse in tutta la penisola, dall’Istria alla Pianura Padana orientale, discendendo lungo la dorsale appenninica fino in Calabria, differenziandosi ed adattandosi alle diverse realtà ambientali e socio – economiche. All’allevamento podolico sono legate particolari tradizioni (es. il “Maggio” di Accettura ed altri riti arborei), univoche della Regione Basilicata, proprie di quelle zone interne sui cui pascoli viene maggiormente allevata questa razza. La combinazione di questi fattori, razza – territorio – tradizione, conferisce al prodotto quelle caratteristiche uniche ed irripetibili che gli hanno attribuito una reputazione indiscutibile, anche da parte di consumatori e commercianti di altre regioni.

Agnello delle Dolomiti Lucane

Area di produzione: Tutto il territorio della Regione Basilicata

CaratteristicheCarne ottenuta da agnelli, maschi e femmine, nati da pecore e arieti di razza derivata merinos (merinizzata, gentile, sopravvisana).L’agnello viene allevato con sistema brado/semibrado, alimentato esclusivamente con latte materno, foraggi e materie prime (cereali e leguminose) prodotti nell’area di allevamento.

Cenni storici e curiositàL’“Agnello delle Dolomiti Lucane” ha, fin da tempi remoti, un forte legame con la ruralità regionale, dimostrato non solo dall’importanza che l’allevamento ovino ha nell’economia e nelle tradizioni dell’intera Basilicata, ma anche e soprattutto dalla reputazione che lo stesso ha da sempre dimostrato di possedere presso il consumatore. Il prodotto ha, infatti, una notevole influenza sulla gastronomia regionale, ricoprendo un ruolo fondamentale nella cucina lucana. A livello sociale il legame tra prodotto e territorio è dimostrato dalle numerose sagre, feste campestri e religiose, manifestazioni popolari che hanno come oggetto l’”Agnello delle Dolomiti Lucane” e che si svolgono su tutto il territorio regionale. Particolare è anche il termine “Dolomiti Lucane” che, univoco della Regione Basilicata, corrisponde a quelle zone interne sui cui pascoli viene maggiormente allevato l’ovino merino. La combinazione di questi fattori, razza – territorio – tradizione, conferisce al prodotto quelle caratteristiche uniche ed irripetibili che gli hanno attribuito una reputazione indiscutibile, anche da parte di consumatori e commercianti di altre regioni.
Numerosi sono i riferimenti storici riguardanti l’allevamento di ovini merino in Basilicata, risalenti anche a diversi secoli fa, sin da quando questa razza è stata introdotta in Italia dalla Spagna. Col passare dei secoli, gli ovini merino, in virtù delle loro caratteristiche di rusticità, che permettono di utilizzare al meglio le risorse alimentari anche in zone disagiate, si sono ben adattati all’ambiente collinare e montano della Basilicata.