Gorgonzola DOP

Materia prima: latte intero di una sola mungitura.

Tecnologia di lavorazione: si porta il latte previa pastorizzazione a 28-34 gradi, aggiungendovi fermenti lattici (streptococchi), muffe (penicillium) più caglio liquido. Coagula in 15 minuti. Dopo la rottura della cagliata (a dimensione di guscio di noce) si lascia riposare per 10-15 minuti. Dopo queste operazioni, la massa viene raccolta in teli di canapa e messa a sgocciolare per 10-12 ore a 15-18 gradi e umidità del 90-95%. Si effettua quindi la stufatura durante 5-6 giorni rivoltando le forme ogni giorno. La salatura si effettua a secco, a giorni alterni durante due-tre settimane. Matura in 20-30 giorni in ambiente a 6-l0 gradi e umidità del 75-80%, dove le forme vengono forate prima sull’una e poi sull’altra faccia con aghi di rame o di acciaio ad intervallo di 4-5 giorni per favorire lo sviluppo delle muffe. Resa 11,5%.

Stagionatura: variabile.

Caratteristiche del prodotto finito: altezza: cm 16-20; diametro: cm 25-30; peso: Kg l0-13; forma: cilindrica; crosta: dura, ruvida, di colore rossiccio; pasta: unita, tenera, di colore bianco o appena paglierino, non opaca, erborinata (dal dialetto erborin = prezzemolo, per via dell’aspetto); grasso: 48%; sapore: dolce.

Area di produzione: dalla Lombardia (Gorgonzola é circa a metà strada tra Milano e l’Adda) essa si é andata spostando verso la pianura piemontese.

Calendario di produzione: tutto l’anno.

Note: il Piemonte rappresenta un po’ più di metà della produzione. L’aggiunta di muffe artificialmente coltivate venne introdotta per la prima volta all’inizio del secolo su indicazione dello studioso O. Josan Olsen. Riconosciuto Doc con Dpr del 30.10.1955, è ora tutelato da un apposito Consorzio che ha sede in Novara, nuovo epicentro produttivo.

Quartirolo DOP

Materia prima: latte intero.

Tecnologia di lavorazione: si porta il latte a circa 33-34 gradi, aggiungendovi caglio liquido di vitello (20-30 cc per ettolitro). Coagula in 30-45 minuti. Dopo la rottura della cagliata (a dimensione di guscio di noce) la massa viene lasciata riposare per 10 minuti, quindi viene messa a gocciolare avvolta in tele di canapa appese a dei cavalletti per 15 minuti. Viene poi posta in fascere di legno. Dopo 10 ore viene tolta la tela e dopo 24 ore la fascera. La salatura si effettua dopo tre giorni a secco, per 10 giorni, oppure per bagno in salamoia (18%) per 10 ore. Matura in 30-45 giorni, su scalere con letto di paglia di segale; le forme vengono trattate con colorante per formaggi; vengono altresì quotidianamente strofinate e rivoltate. Additivi: colorante per formaggi. Resa 13-14%.

Stagionatura: non si effettua.

Caratteristiche del prodotto finito: altezza: cm. 5-7; lato di lunghezza: variabile; peso: Kg. 2-2,5; forma: quadrata; crosta: bianco giallognola con macchie rossicce; sapore: amarognolo quando il prodotto è autunnale.

Area di produzione: provincia di Milano e Pavia. Lodi, Melegnano, Casalpusterlengo, Codogno, Melzo, Abbiategrasso (MI).

Calendario di produzione: da settembre a ottobre e da marzo ad aprile.

Note: il nome deriva dall’alimentazione della bovina nel periodo della sua produzione, e cioè con erbe del quarto taglio o quartirolo. In origine si chiamava stracchino quartirolo della Val Taleggio nome che ha poi caratterizzato un’altra tipica produzione. È caratteristico poiché in estate diventa duro e in inverno molle. La produzione qualitativamente migliore è quella autunnale.

Grana Padano DOP

Materia prima: latte di due mungiture, di cui una scremata per affioramento o centrifugazione. Alimentazione: erba verde e mangimi in primavera-estate; insilati, fieno e mangimi in autunno-inverno.

Tecnologia di lavorazione: si porta il latte crudo a 32-35 gradi, aggiungendovi siero-innesto più caglio liquido. Dopo la coagulazione e la rottura della cagliata (a dimensione di chicco di mais) si aggiunge dello zafferano e si cuoce in due fasi: prima a 45 gradi, si spurga e poi si riscalda fino a 55 gradi. Dopo queste operazioni, la massa viene estratta con tele, previa eliminazione di gran parte del siero, e messa in mastelli di legno a spurgare per trenta minuti. Si deposita poi nelle fascere e si sottopone a pressione per 8-10 ore. La salatura si effettua a secco, ad intervalli di due giorni per 15 giorni, oppure in salamoia per 30-40 (tipo lombardo) o 15-20 giorni (tipo emiliano). Matura in circa 60 giorni, durante i quali le forme vengono periodicamente unte con olio di lino. Resa 7%. Additivi: formaldeide, nei limiti consentiti dalla legge.

Stagionatura: da 12 mesi fino a tre anni. Resa 6%.

Caratteristiche del prodotto finito: altezza: cm 16-20; diametro: cm 40-45; peso: Kg 35-40; forma: cilindrica; crosta: dura, spessa, di colore giallo scuro; pasta: granulosa, a volte umida e attaccaticcia, di colore giallo chiaro.

Area di produzione: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, nelle provincie definite dal Decreto 30.10.1955 numero 1269.

Calendario di produzione: tutto l’anno, nelle sorti maggengo (primavera-estate) e invernengo (autunno-inverno).

Note: il Consorzio di tutela nasce il 18.6.1954. Da testimonianze del XIV secolo si deduce che la tecnica migliore per produrre il grana fosse appannaggio di Piacenza e dei piacentini. Benvenuto da Imola annotava che gli esperti mercanti, durante i loro lunghi viaggi per mare, si rifornivano di grana piacentino perché “più serbevole e resistente a tutte le malattie”. Il primo documento che parla di questo formaggio risale al 1184, mentre le prime fabbriche di formaggio detto “di grana” si localizzarono all’epoca del XII secolo nel quadrilatero compreso tra il Po, il Ticino, l’Adda e la latitudine di Milano. Dai ritagli delle forme del grana si ottiene il cosiddetto “tosello”, che consiste in fettuccine quasi gommose, di colore grigio paglierino tenue, dal gusto leggermente salato. I caseifici lo regalano, in quanto non ha mercato. Si consumava un tempo come “complimento” ammorbidito sulle fette di polenta abbrustolite sulle braci. Altro sottoprodotto del Grana è il “balon”, ossia formaggio grana mal riuscito, con sapore molto piccante provocato da particolari alterazioni fermentative. La maggior parte dei “balon” viene rilavorata per ottenere vari formaggi molli industriali o formaggi fusi. Va citato infine il “formaggio nisso”, costituito da Grana o formaggelle di montagna andate a male. In alcuni casi si accelerava il processo di fermentazione lasciandolo al sole spalmato di olio. E’ ricercato dai bevitori ed ha un gusto molto piccante. Nel Cremonese viene chiamato “tara”, ma è conosciuto, prodotto e consumato soprattutto in Emilia, nel Piacentino, in una quantità stimata di circa 50 quintali annui.

Taleggio DOP

Materia prima: latte intero.

Tecnologia di lavorazione: si porta il latte, solitamente crudo, a 30-36 gradi, aggiungendovi latte fermento selezionato più caglio liquido di vitello. Coagula in 20-25 minuti. Dopo la rottura della cagliata svolta in due fasi (a dimensione di guscio di nocciola), con intervallo e sosta finale di 5-10 minuti, la massa viene estratta e sistemata nelle fascere, o in teli per favorire lo spurgo. Si effettua poi la stufatura in locali a 22-25 gradi e umidità del 90% in cui le forme vengono spesso rigirate, per 18 ore. La salatura si effettua tolte le fascere, a secco o per bagno in salamoia, in locali a 10°C. Matura in 4-7 giorni, durante i quali le forme vengono rigirate e spolverate.

Stagionatura: da 25 a 50 giorni, in ambiente a temperatura di 4-6 gradi e umidità 85-90%. Durante questo periodo, le forme vengono ripulite e infine avvolte in carta pergamenata. Resa 13%.

Caratteristiche del prodotto finito: altezza: cm 4-7; lato: cm. 20-25; peso: Kg 1,7-2,2; forma: quadrangolare; crosta: sottile, morbida, asciutta, giallognola o rosata; pasta: molle, un po’ filante, con leggera occhiatura, di colore paglierino; sapore: burroso, tendente al piccante con l’invecchiamento.

Area di produzione: province di Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Milano, Pavia. Sono comprese inoltre la provincia di Novara in Piemonte e la provincia di Treviso in Veneto.

Calendario di produzione: tutto l’anno.

Note: i maggiori produttori si sono costituiti in Consorzio che si è dotato di un marchio, ed ha compiti di vigilanza. (Decreto ministero Agricoltura e foreste e Industria del 13.1.1981 G.U. n. 89 del 31.3.1981). Originariamente compreso tra i formaggi tipici – producibile ovunque purché con norme leali – è stato riclassificato a denominazione d’origine con Dpr del 15.9.1988. Sono molto rinomate le forme stagionate nelle grotte naturali della Valsassina.

Crescenza

Formaggio molle a pasta cruda, la Crescenza è un prodotto a breve stagionatura appartenente alla famiglia degli stracchini, ottenuto solo con il latte intero di vacca.Il nome crescenza pare derivi dal termine lodigianocarsenza con cui s’indica la focaccia, poiché pane e formaggio erano prodotti negli stessi stampi o in stampi di forma simile.Altra spiegazione per la radice etimologica è legata alla caratteristica per cui, se tenuta in ambiente caldo, la Crescenza fermenta e si gonfia spaccandosi come il pane durante la lievitazione.

Area di produzioneOggi prodotta quasi esclusivamente a livello industriale, la Crescenza è originaria della pianura Padana a sud di Milano, nelle province di Lodi e Pavia, note per la lavorazione dei formaggi molli.

CaratteristicheLa Crescenza è priva di crosta, anche se in superficie risulta più asciutta. La pasta è omogenea, compatta, di colore bianco, butirrosa e fondente in bocca. Le forme sono parallepipedi con lati di 20 centimetri e scalzo alto 4,5 centimetri; il peso di ogni singola forma può variare tra 250 grammi e 1 chilogrammo. Per garantirne la freschezza è prodotta a seconda della stagione in due tipi leggermente diversi: la Crescenza a pasta molle e cremosa (tipo invernale) e la Crescenza a pasta sostenuta (tipo estivo).

Cenni storici e curiositàLa Crescenza appartiene alla famiglia degli stracchini cioè di quei formaggi prodotti, secondo la tradizione, quando le vacche rientravano in autunno dalle alpi alla pianura, stanche.In dialetto lombardo stracche vuol proprio dire stanche, da cui la denominazione di stracchino.Il latte ottenuto in quelle condizioni era considerato particolarmente adatto alla produzione di questi formaggi molli. Inoltre, quando si parla di formaggi molli non ci riferisce solo alla consistenza, ma anche al colore che ricorda quello del latte. Caratteristica principale della lavorazione è la stagionatura molto breve. Di gran lunga preferibili nelle diete a basso regime calorico, i formaggi molli sono meno calorici e meno grassi.

Cacioreale

Materia prima: latte intero.

Tecnologia di lavorazione: si porta il latte crudo a circa 18 gradi, aggiungendovi pochissimo caglio. Coagula in 20 ore. Dopo queste operazioni, la massa viene posta su tela e adagiata in una cassa forata, ove rimane per 15 ore a spurgare. La salatura si effettua a secco, per spargimento, durante lo spurgo. Successivamente la pasta viene modellata a mano. Matura in 15 giorni, in cantina, su assi o su paglia.

Stagionatura: fino a 45-50 giorni circa.

Caratteristiche del prodotto finito: peso: variabile; forma: variabile; pasta: grassa, di colore leggermente paglierino.

Area di produzione: Lomellina ed aree limitrofe (PV).

Calendario di produzione:

Note: la zona tipica era quella di Robbio in Lomellina ed era molto ricercato. Ora con questo nome viene commercializzato un prodotto industriale che si trova a mezza strada fra scamorza e fontina.

Caprino vaccino

Il Caprino Vaccino è un formaggio ottenuto da latte vaccino, con aggiunta di fermenti lattici; ha consistenza molle ed è consumato fresco.

Area di produzioneIl Caprino Vaccino è prodotto in tutta la Lombardia.

CaratteristicheIl Caprino Vaccino ha forma cilindrica, peso compreso tra 80 e 160 grami e lunghezza di 10 centimetri. La pasta è di colore bianco latte, con consistenza morbida e spalmabile.

Cenni storici e curiositàIl Caprino Vaccino, chiamato anche Robiolino, Formaggino o Formaggella è prodotto in tre versioni: light, stagionato, fresco.

Fontal

Con la denominazione di Fontal, nata nel 1955 dalla contrazione di Fontina ed Emmental s’indica un formaggio che riassume le caratteristiche degli altri due in una produzione che ha origini trentine. Nella consolidata versione lombarda, il Fontal è un formaggio di consistenza abbastanza morbida prodotto con latte intero vaccino.

Area di produzioneOriginario della Val di Non in Trentino Alto Adige, il formaggio Fontal è ormai prodotto a livello industriale in tutto il territorio lombardo.

CaratteristicheIl Fontal è un formaggio a media maturazione, ottenuto con latte vaccino pastorizzato.Di forma cilindrica con facce del diametro di 30-40 centimetri, ha scalzo concavo alto 8-10 centimetri e peso che oscilla fra gli 8 e i 12 chilogrammi. La pasta ha una consistenza elastica, tenera e compatta, di color bianco paglierino, con scarsa occhiatura. La crosta è sottile, chiara e colorata con cere plastiche.

Cenni storici e curiositàLa produzione del Fontal è iniziata in Val di Non presso una società che produceva burro negli anni ’60 e ’70. Accanto alla lavorazione delle panne, uno dei soci della società aveva introdotto la produzione di un formaggio di tipo danese, il cui siero era utilizzato per la fusione dei pani di burro. Dopo qualche anno, questa produzione è stata sostituita con quella similare del Fontal. Verso gli anni ’70 tale formaggio è stato prodotto dai grossi caseifici cooperativi trentini che disponevano dell’attrezzatura necessaria. Nella produzione trentina, il Fontal Fiavè e il Fontal Sav sono formaggi che presentano caratteristiche organolettiche particolari, legate soprattutto alla freschezza e alla qualità del latte utilizzato e rappresentano ancora oggi una valida alternativa alimentare rispetto ai formaggi di tipo Nostrano.

Formaggella di Menconico

La Formaggella di Menconico è una tipica produzione dell’area montana e della collina pavese, di un territorio che presenta caratteristiche quasi frontaliere: incuneato fra Piemonte, Liguria ed Emilia, con un clima mitigato dalla vicinanza del mare. Come le numerose formaggelle prodotte in Lombardia, anche quella di Menconico risponde alla necessità di produrre formaggi a pasta morbida, di pezzatura abbastanza ridotta, dal gusto delicato e facili da conservare. Questi formaggi soddisfano le moderne esigenze di consumo e richieste di mercato sempre più inclini a produzioni di nicchia.

Area di produzioneLa Formaggella di Menconico è prodotta nell’omonimo paese della provincia di Pavia e in tutta l’area montana dell’Oltrepo pavese.

CaratteristicheCon il termine formaggella s’indica una serie molto numerosa di prodotti, al punto che ogni località potrebbe distinguere la propria formaggella dalle altre, solo per piccoli particolari o aromi utilizzati nella preparazione. Prodotto originario delle aree montane, ottenuto con latte intero vaccino, fermenti lattici e sale, la Formaggella di Menconico è un piccolo formaggio dalla forma bassa e rotonda del diametro di 20 centimetri e con un peso variabile fra 600 grammi e un chilogrammo. La pasta ha la consistenza molle dei formaggi a breve stagionatura.

Formaggio d’Alpe grasso

Il Formaggio grasso d’alpe è un formaggio stagionato a pasta cotta, prodotto in alpeggio con latte intero.

Area di produzioneIl Formaggio d’alpe grasso è prodotto in tutto il territorio montano della Regione e in particolare nelle province di: Brescia, Bergamo, Sondrio, Como, Varese, Pavia e Lecco.

CaratteristicheIl Formaggio grasso d’alpe ha forma cilindrica, con peso variabile tra gli 8 e i 10 Kg; a volte è possibile trovare forme più grandi fino a 18 Kg di peso.La crosta ha colore paglierino, più scura se strofinata con l’olio di lino, mentre la pasta risulta di colore giallo-paglierino, che scurisce con la stagionatura.

Cenni storici e curiositàIl Formaggio grasso d’alpe è un prodotto molto ricercato perché le vacche sono alimentate esclusivamente al pascolo e il prodotto ne viene influenzato molto positivamente. Ovviamente è più facile riscontrare difetti produttivi rispetto alla produzione invernale, per carenze strutturali e igieniche che vi possono essere in alpeggio.

Formaggio d’alpe semigrasso

Il Semigrasso d’alpe è un formaggio a pasta cotta, stagionato, ottenuto in alpeggio con latte parzialmente scremato.

Area di produzioneIl Semigrasso d’alpe viene prodotto esclusivamente nel periodo estivo, negli alpeggi dislocati su tutti i teritori montani della regione, nelle province di Bergamo, Brescia Como, Lecco, Pavia, Sondrio e Varese.

CaratteristicheLe forme di Semigrasso d’alpe, una volta stagionate, hanno peso variabile tra gli 8 e i 12 Kg, in funzione della disponobilità di latte in alpeggio, diametro compreso tra i 30 e i 40 cm e scalzo tra gli 8 e i 13 cm.Il colore della crosta è solitamente giallognolo, la pasta presenta micro occhiature e colore paglierino.

Cenni storici e curiositàIl Semigrasso d’alpe rientra nella categoria dei formaggi nostrani e quindi la metodologia produttiva è preticamente identica al nostrano semigrasso invernale. Da quest’ultimo si differenzia tuttavia per l’aroma caratteristico, dato dall’alimentazione delle bovine al pascolo.

Italico

Tipico delle province di Lodi e Pavia, l’Italico è un formaggio a pasta semi-dura e finissima ottenuto con latte intero pastorizzato e innestato con fermenti dal limitato potere acidificante.Più conosciuto con il nome commerciale di Bel Paese, in omaggio al libro di Antonio Stoppani intitolato appunto “Il Bel Paese”, l’Italico è un formaggio molto delicato dal sapore dolce.

Area di produzioneProdotto in tutta la pianura lombarda, l’Italico ha le sue zone d’elezione nelle province di Lodi e Pavia.

CaratteristicheDi forma cilindrica, con un diametro di circa 15-20 centimetri e uno scalzo leggermente concavo variabile fra i 7 e gli 8 centimetri, l’Italico ha un peso di circa 2 chilogrammi. La crosta è liscia e sottile, di color giallo pallido. La pasta è compatta e senza occhiatura, di un colore che oscilla fra il bianco e il giallo tenue.

Cenni storici e curiositàLa denominazione di Italico è stata introdotta per la prima volta nel 1941, con decreto ministeriale.L’intento era quello di uniformare le numerose definizioni commerciali di tutti i formaggi qualitativamente simili, presenti sul territorio.Tra i prodotti storici del Carosello televisivo degli anni’70, il Bel Paese occupava un posto d’onore, tanto da essere conosciuto anche dai bambini.

Nostrano Grasso

Il Nostrano Grasso è un formaggioa pasta semicotta, ottenuto con latte vaccino intero, prodotto anche in alpeggio e stagionato.

Area di produzioneIl Nostrano Grasso viene prodotto in tutto il territorio montano della Regione, e precisamente nelle province di Brescia, Bergamo, Como, Lecco, Pavia, Sondrio e Varese.

CaratteristicheIl Nostarno Grasso, conosciuto anche con il nome di Nostarno conca, è un formaggio a pasta semicotta, prodotto anche in alpeggio e stagionato; è prodotto con latte vaccino intero, crudo o pastorizzato. Le forme hanno un diametro di 32-33 cm, scalzo di 8 cm e un peso medio a maturazione di 7-8 Kg. La pasta si presenta compatta, di colore giallo paglierino, mentre la crosta assume una colorazione via via più scura man mano che procede la stagionatura.
CuriositàIl nome Nostarno Grasso è stato inventato dal caseificio per distinguerlo dagli altri nostrani sul mercato.

Nostrano semigrasso

Il Nostrano Semigrasso, conosciuto anche comeNostrano Val Sabbia, è un formaggio ottenuto da latte parzialmente scremato, a pasta semicotta, prodotto in alpeggio e stagionato.

Area di produzioneIl Nostrano Semigrasso viene prodotto esclusivamente in alpeggio, durante il periodo estivo, su tutto il territorio montano della Regione e percisamente nelle province di Bergamo, Brescia, Como, Lecco, Pavia, Sondrio, Varese.

CaratteristicheIl Nostrano Semigrasso è un formaggio d’alpe, prodotto con latte parzialmente scremato, cui vengono aggiunti in fase di lavorazione fermenti lattici, caglio e sale. Le forme hanno un diametro di 32-33 cm, scalzo alto 7 cm e un peso variabile tra i 6 e i 7 chilogrammi a maturazione. La pasta ha colore paglierino, con una piccola occhiatura sparsa.

Cenni storici e curiositàIl nome Nostrano Semigrasso è stato inventato dal caseificio per distinguerlo dagli altri nostrani sul mercato.

Mascarpone Artigianale

Prodotto caseario tipico del lodigiano, detto anche Mascherpa o Mascherpone, il Mascarpone è un formaggio cremoso, morbido e al contempo consistente, ottenuto dalla coagulazione della panna fresca precedentemente riscaldata.

Area di produzioneIl Mascarpone artigianale è prodotto in tutta la Pianura padana, ma in particolare in provincia di Lodi.

CaratteristicheIl Mascarpone artigianale ha consistenza delicata e cremosa, ed è prodotto con panna e acido citrico. La pasta è di color bianco o paglierino.

Cenni storici e curiositàIl nome Mascarpone deriva probabilmente da “mascherpa”, termine dialettale lombardo che significa crema di latte. A differenza degli altri formaggi, il mascarpone infatti non si ottiene dal latte ma dalla crema di latte. Ma le origini del nome di questo formaggio lodigiano sembrano essere due: pare infatti che il termine Mascarpone corrisponda alla forma italiana dell’espressione spagnola màs que bueno (più che buono) pronunciata da un alto dignitario di corte durante la dominazione spagnola della Lombardia.A Milano si usa dire: “È rimasto come quel della mascherpa!” per indicare una persona che è rimasta molto delusa per un particolare avvenimento.Si racconta che un garzone di Lodi, incaricato di portare il formaggio appena prodotto a Milano per venderlo al mercato, quando giunse in città aveva la sua cesta di vimini completamente vuota.Per il caldo, infatti, e per il fatto di essersi fermato più volte il formaggio si era completamente sciolto colando via attraverso le maglie della cesta.

Formaggio di Menconico

Materia prima: latte di vacca e di pecora interi, puri o miscelati.

Tecnologia di lavorazione: come per il Grasso d’Alpe. Matura in 15 giorni.

Stagionatura: 20-40 giorni. Resa 13-14%.

Caratteristiche del prodotto finito: peso: Kg 1-2; forma: tondeggiante; pasta molle, grassa, quasi filante.

Area di produzione: Val Staffora (PV), al confine con il Piemonte, la Liguria e l’Emilia Romagna.

Calendario di produzione: tutto l’anno. Eccelle il prodotto d’alpeggio (estivo).

Note: il paese di Menconico era un tempo la culla di questo prodotto.

Formaggio d’alpe misto

Il Formaggio d’Alpe Misto è un formaggio a pasta semicotta, stagionato, prodotto in alpeggio durante il periodo estivo, con latte vaccino e caprino.

Area di produzioneIl Formaggio d’Alpe Misto negli alpeggi delle province lombarde di Brescia, Bergamo, Como, Sondrio, Lecco, Pavia e Varese.

CaratteristicheLe forme del Formaggio d’Alpe Misto hanno dimensioni variabili, tra i 5 e gli 8 chilogrammi a stagionatura.La crosta è di un bel giallo paglierino, più chiara rispetto ad un formaggio stagionato di solo latte vaccino, la pasta è quasi bianca, con occhiatura solitamente fine e abbastanza regolare.

Cenni storici e curiositàIl Formaggio d’Alpe Misto è’ un prodotto non facile da reperire per la difficoltà di trovare allevatori che monticano sia con vaccine sia con capre. Vi è ancora una certa insopportabilità tra le due categorie di allevatori.

Caprino a coagulazione lattica

Formaggio fra i più diffusi, il Caprino a coagulazione lattica è un formaggio fresco a breve stagionatura, come gran parte dei formaggi ottenuti con il latte di capra. Le proteine del latte di capra, infatti, contengono meno caseina, la proteina che forma la cagliata, determinando una maggior difficoltà nella caseificazione. È per questo che il latte di capra produce cagliate meno consistenti di quelle ottenute con il latte vaccino, poco adatte ai processi di lavorazione ad alte temperature, più difficili da spurgare, impossibili da filare (la mozzarella di capra non esiste). Queste caratteristiche non consentono di produrre formaggi adatti a lunghe stagionature: i formaggi di capra sono quasi sempre freschi a pasta molle o al massimo semidura proprio come il Caprino a coagulazione lattica.

Area di produzioneCaprino a coagulazione lattica è prodotto in tutte le province lombarde.

CaratteristicheIl Caprino a coagulazione lattica ha la forma di un cilindro con 5 cm di lunghezza e 2 cm di larghezza, peso variabile tra i 100 e i 200 grammi, è privo di crosta e ha la pasta color latte.Bianco e di consistenza cremosa, per il suo ridotto contenuto di colesterolo il Caprino ha conosciuto una diffusione ragguardevole, conquistando le tavole dei più attenti nutrizionisti.

Cenni storici e curiositàIl Caprino è prodotto facendo coagulare le proteine e i grassi del latte, ovvero facendoli passare dallo stato liquido a quello semisolido, chiamato cagliata. Quando questo processo avviene grazie agli enzimi del caglio (soprattutto la chimosina) si parla di coagulazione presamica; viceversa, se la formazione della cagliata avviene con l’aumento dell’acidità del latte si parla di coagulazione lattica o acida. Nel primo caso si ottiene una cagliata piuttosto tenace ed elastica, che ben si presta a essere spurgata dal siero e quindi a produrre formaggi a pasta semidura e dura, che possono essere stagionati anche a lungo. Nel secondo caso la cagliata è poco compatta, impalpabile, con una consistenza simile allo yogurt.

Caprino a coagulazione presamica

Detto anche caciotta o stracchino di capra, il Caprino a coagulazione presamica è uno dei più noti prodotti caseari ottenuti con latte intero di capra. Come gran parte dei formaggi prodotti con questo tipo di latte, si tratta di un formaggio fresco o a breve stagionatura.Il latte di capra, infatti, contiene meno caseina (la proteina che forma la cagliata) aspetto che è all’origine di cagliate meno corpose e consistenti di quelle ottenute con il latte vaccino.Grazie all’elevata quantità d’acqua che contiene, il Caprino ha soltanto 200-230 calorie per 100 g di prodotto. È dunque particolarmente indicato in regimi ipocalorici, che prevedono un ridotto apporto di grassi.

Area di produzioneIl Caprino a coagulazione presamica è prodotto in tutte le province lombarde.

CaratteristicheFormaggio a pasta molle di colore bianco, il Caprino a coagulazione presamica è coperto da una sottile crosta grigia. Ha forma cilindrica o a parallelepipedo e un peso di 200-250 grammi per forma. Il Caprino a coagulazione presamica è un formaggio molle, ottenuto da latte di capra, cui sono aggiunti, durante la lavorazione, caglio e sale. La crosta è grigia e sottile, mentre la pasta si presenta bianca e morbida. In commercio lo si trova avvolto da carta di pergamena o confezionato in vaschette di plastica.

Cenni storici e curiositàIl formaggio Caprino è prodotto facendo coagulare le proteine e i grassi del latte, ovvero facendoli passare dallo stato liquido di sospensione a uno stato semisolido e gelatinoso, detto cagliata.Questo processo può avvenire grazie agli enzimi del caglio (soprattutto la chimosina) e in questo caso si parla di coagulazione presamica; oppure tramite l’aumento dell’acidità del latte fino a un livello tale da causare la precipitazione della caseina e la formazione della cagliata.

Ricotta artigianale

Più che un vero formaggio, la Ricotta artigianale deve essere considerata un latticino poiché è ottenuta lavorando il siero di latte che si libera dalla cagliata, durante la produzione del formaggio, e non il latte stesso come avviene per i formaggi propriamente detti.La Ricotta aritigianale è anche nota come Pruina o Mascherpa.

Area di produzioneOltre a quella prodotta con il latte vaccino, tipica di tutto il territorio lombardo, sono in commercio diversi altri tipi di Ricotta prodotta con il latte di pecora, di bufala o di capra, solitamente originari di altre regioni italiane. Si ricordano ad esempio: la ricotta sarda fresca di forma cilindrica, quella romana dalla caratteristica forma a tronco di cono e pasta solida e asciutta, quella toscana con gusto asciutto e delicato. E ancora, esistono altre varietà trattate con spezie o altri ingredienti: la schianta pugliese prevede l’aggiunta di sale e peperoncino piccante; la calabra condita è essiccata in forno e insaporita con il peperoncino; l’infornata siciliana è salata e cosparsa di pepe nero macinato.

CaratteristicheA seconda del tipo di siero utilizzato e del formaggio da cui è prodotta le caratteristiche della Ricotta artigianale possono essere differenti. La sua composizione, infatti, può essere più o meno cremosa, compatta o granulosa, soda o molle.La crosta è assente, il colore è bianco latte. La forma cambia in base al contenitore in cui è confezionata.

Cenni storici e curiositàÈ uno dei formaggi più antichi e diffusi anche per via del suo basso costo. Nonostante si ottenga dalla parte più povera del latte, risultando quindi un sottoprodotto, possiede un elevato valore nutritivo.

Salame di filzetta

Il Salame di Filzetta è un insaccato di carne suina a stagionatura medio-lunga da consumarsi crudo.

CaratteristicheIl Salame di Filzetta è un salame a macinatura medio-fine, con pasta di colore rosa chiaro; ha forma cilndrica regolare, consistenza morbida, diametro di circa 560 mm, lunghezza di 45 cm e peso compreso tra 0,7 e 1 kg.E’ messo in vendita con sigillo in alluminio e etichetta di carta.

Area di produzioneIl Salame di Filzetta viene prodotto in tutto il territorio lombardo.

Cenni storici e curiositàIl Salame di Filzetta si differenzia dagli altri salami per il tipo di budello utilizzato nell’insaccatura.

Salame di Varzi DOP

Tecnologia di preparazione: le carni magre di prima qualità, vengono tritate a mano a grana piuttosto grossa. Vengono poi insaccate in budello animale, tradizionalmente il cresponetto.

Composizione:
a) Materia prima: carni suine di prima scelta (spalla, coscia, filetto), grasso corposo, talvolta anche (contro le regole) carne di manzo o di bue. Se nell’impasto sono comprese tutte le parti nobili del suino, la qualità è ovviamente migliore.
b) Coadiuvanti tecnologici: sale, pepe in grani, infuso di vino vecchio e corposo, aglio, noce moscata e altri aromi naturali.
c) Additivi: salnitro e polvere di latte.

Maturazione: circa dieci giorni in cucina riscaldata, più di novanta giorni in solaio areato e riscaldato.

Periodo di stagionatura: sei-sette mesi in cantine umide, preferibilmente sotto terra.

Area di produzione: provincia di Pavia, nella Valversa e sull’Appennino ai confini con la Liguria da Ponte Nizza a Valle Staffora.

Salame Milano

Uno tra i più conosciuti salumi italiani, il Salame Milano è anche noto come Crespone.Deriva da un impasto di carne suina e bovina macinato fine a grana di riso e insaccato in crespone di suino o, data la produzione su larga scala ormai estesa a tutto il territorio nazionale, in budello sintetico.È un prodotto di dimensioni notevoli, insaporito semplicemente con sale e aromi quali pepe e aglio.La stagionatura è tra le più lunghe e varia dalle 3 alle 9 settimane in relazione al diametro del salume, allo scopo di raggiungere una buona compattezza della parte grassa e magra.

Area di produzioneIn origine prodotto solo a Codogno e a san Colombano al Lambro, oggi il Salame Milano è prodotto in tutto il territorio lombardo.

CaratteristicheMolto simile sia per l’aspetto che per il gusto al salame ungherese, il Salame Milano presenta però un procedimento di lavorazione diverso, in cui si utilizzano una maggior varietà di spezie.Il colore è sempre di un rosso acceso, quasi rubino nella sua tonalità, la pasta con aspetto tipico a grana di riso è compatta, ma non elastica.Prodotto con lunghezza variabile dai 20 ai 60 centimetri, il salame presenta un diametro compreso tra i 6 e gli 11 centimetri. Il peso dipende dalle dimensioni ed è tra i 2 e i 3 chilogrammi.

Cenni storici e curiositàIn Italia e in particolare nella zona di Milano, la parola salame appare per la prima volta in un documento del 1475.Il 27 maggio dello stesso anno, infatti, furono celebrate le nozze fra Costanzo Sforza, nipote di Ferdinando, e Camilla d’Aragona; in occasione del banchetto nuziale si narra di “salami de più ragione in piattelli del paese”. Per indicare lo stesso prodotto, comunemente si utilizzavano i termini: salziozone o cervellato. Alla fine del ’700, invece, queste definizioni scomparvero per lasciare il posto all’attuale denominazione di salame.Si deve poi all’inziativa di un boemo, tale Francesco Peck, la diffusione di questa golosa leccornia grazie all’apertura di una prestigiosa salumeria nel cuore di Milano.Pare che Peck avesse intenzione di vendere specialità tedesche, ma la produzione del Salame Milano e di svariati altri salumi lombardi fu affidata alla maestria di artigiani locali.

Zampone di Modena IGP

Tecnologia di preparazione: le carni suine magre derivanti dalla mondatura di altre preparazioni, le cotenne di pancia e di schiena, più il grasso di gola vengono triturate, salate, condite e insaccate nella zampa anteriore.

Composizione:
a) Materia prima: carni suine magre, cotenne e grasso corposo in proporzioni uguali.
b) Coadiuvanti tecnologici: sale, pepe, aromi naturali, spezie, concia in vino rosso corposo.
c) Additivi: sodio o potassio nitrato, polvere di latte, glutammato monosodio.

Maturazione: in cucina con stufa a legna accesa per tre-quattro giorni, nella produzione artigianale.

Periodo di stagionatura: gli zamponi prodotti artigianalmente vengono appesi in solaio per 30-40 giorni.

Area di produzione: la zona tipica rimane Modena e provincia, anche se l’industria lo produce un po’ dovunque. Proprio la grande produzione industriale ne ha fatto perdere quasi completamente la tipicità, per cui anche nel modenese si usa insaccare l’impasto dello zampone nel cresponetto, trattandolo come un cotechino.

Ciccioli

Piatto povero e semplice tipico dei tempi in cui la penuria aguzzava l’ingegno, i Ciccioli sono piccoli bocconcini fritti ricavati da una particolare lavorazione delle carni e del grasso del maiale.Prodotti utilizzando tutto il grasso del maiale, dal prosciutto alla spalla, i Ciccioli sono la testimonianza di una tradizione alimentare che prevedeva la lavorazione di ognuna delle parti dell’animale, rendendo così la gastronomia varia e caratteristica.

Area di produzioneI Ciccioli sono una lavorazione originaria del territorio della provincia di Pavia e della Lomellina anche se ormai sono prodotti anche in altre zone sia della Lombardia, che del resto d’Italia.

CaratteristicheI Ciccioli sono un salume ricavato dalle carni e dal grasso del maiale, che presentano la forma di noce e dimensioni variabili in base a quelle dei residui di grasso. Sono costituiti per oltre la metà da grasso e dunque fortemente calorici (523 calorie per 100 grammi di prodotto) inoltre, sono ricchi di sale e colesterolo. Già noti presso gli antichi egizi epoca in cui erano incorporati nel pane, i Ciccioli di maiale sono un alimento molto antico.

Cenni storici e curiositàI Ciccioli sono un’ulteriore testimonianza del fatto che la lavorazione dei maiale ha una ridottissima quantità di residui. Si dice, infatti, che di questo animale non si butta via nulla. Ciascuna delle parti che lo compongono è utilizzata: persino la pelle e le setole che hanno un impiego non alimentare. Inoltre, l’intensificazione degli allevamenti ha portato alla selezione di razze con elevate percentuali di tagli pregiati e con limitate quantità di grasso.

Cotechino pavese

Preparato già in tempi lontani per utilizzare tutte le parti del maiale, comprese quelle meno nobili come le cotenne, le orecchie e i nervetti, il Cotechino pavese è un insaccato di maiale aromatizzato con vaniglia, marsala e semi di anice.

Area di produzioneIl Cotechino pavese è prodotto in tutta la provincia di Pavia.

CaratteristicheDi forma cilindrica ad arco il Cotechino pavese è legato in filze da tre pezzi, ognuna del peso di 400 grammi.

Cenni storici e curiositàPer iniziativa di alcuni membri della Pro Loco di Spessa di Po in provincia di Pavia, nel 2000 nasce la Confraternita del Cotechino Magro. Si tratta di un’associazione senza fini di lucro sorta con l’intento di tutelare l’enogastronomia locale basata su tre cibi fondamentali del pavese: il maiale, il riso e il buon vino. All’origine dell’associazione pare ci sia una leggenda medievale. Si narra che due monaci pellegrini diretti a Roma, lungo il percorso della Francigena, stanchi e affamati si fermarono a riposare nei pressi di Spessa di Po, rifocillandosi con un pasto a base di cotechino ricavato da un maiale magro. Pare, inoltre, che i due monaci lasciarono uno scrigno in cui è custodita una pergamena che narra l’intera vicenda, con l’invito a continuare la tradizione da loro avviata.Fra cultura e convivialità, l’associazione propone iniziative, eventi e attività ricreative volti a diffondere cibi genuini e i buoni sapori di un tempo.

Pancetta pavese

Detta anche Panséta, la Pancetta pavese è un salume tipico della provincia di Pavia ottenuto dalla salatura e stagionatura dello strato adiposo situato nella parte ventrale della mezzena del suino, ovvero di ciascuna delle due parti dell’animale macellato che costituiscono la carcassa.Le carni del maiale devono provenire da femmine e maschi castrati. Sono questi quelli chiamati propriamente maiali, mentre la denominazione corretta per il maschio riproduttore è verro.

Area di produzioneLa Pancetta pavese è prodotta in tutta la provincia di Pavia, zona in cui le sapienti tecniche di lavorazione già utilizzate in passato permettono ancor oggi di godere di salami, coppa, lardo, strutto e prosciutto.

CaratteristicheDi forma cilindrica e del peso variabile fra 1,5 e 3,5 chilogrammi la Pancetta pavese ha consistenza morbida e colore rosso intenso al centro, piuttosto bianco invece verso l’esterno.

Cenni storici e curiositàNel caso della Pancetta pavese la caratteristica qualitativa che la rende più prelibata è la morbidezza.Inoltre, deve esser valutato con attenzione l’aspetto del grasso: più è bianco, migliore risulta la qualità complessiva della pancetta. Un altro elemento da considerare è quello della maggiore o minore presenza di sale, quantità eccessive, infatti, rischiano di compromettere il sapore e la qualità del salume. Il problema più frequente, invece, è quello delle fessurazioni determinate da una scarsa coesione tra grasso e magro e presenti soprattutto nella testa e nella coda della pancetta. Se lavorata senza vuoti e cuscinetti d’aria, oltre che stagionata nell’ambiente giusto, la Pancetta diviene un salume eccellente in cui la sapidità e l’aroma particolare sovrastano la sensazione di grasso.

Salame da cuocere

Dall’allevamento tradizionale del maiale, presente in ogni famiglia contadina, nasce la cultura dei salumi della tradizione lombarda di cui il Salame da cuocere fa degnamente parte.Chiamato anche salam da cos o salam cot, il Salame da cuocere è un insaccato tipico della provincia di Pavia ottenuto con carne di maiale poco grassa, pancetta di maiale, aglio macerato nel vino e spezie.

Area di produzioneGioiello dell’arte culinaria lombarda, il Salame da cuocere è ormai presente in tutti i grandi centri. Per gustarlo in tutta la sua tipicità, però, è necessario raggiungere le suggestive colline pavesi, per esempio durante la fiera che si svolge nei primi giorni di giugno in cui si vendono i salumi prodotti nell’autunno precedente.

CaratteristicheIl Salame da cuocere ha una caratteristica forma cilindrica ad arco della lunghezza di 20 centimetri e del peso variabile fra 3,5 e 4 chilogrammi. Il colore è roseo, caratteristico della miscela di carni impiegate. La consistenza è turgida, soda e plastica alla compressione.

Cenni storici e curiositàI maiali sono stati allevati e sfruttati a fini alimentari e sacrificali nel bacino del Mediterraneo, almeno dal III millennio a. C. Come diceva la saggezza popolare, il fatto che del maiale non si buttasse via niente, unito alla sostanziale gratuità del suo allevamento (le bestie onnivore erano lasciate libere al pascolo e, in ambiente domestico, consumavano i rifiuti organici), rendeva i suini insostituibili rispetto alle necessità di apporto proteico e lipidico delle società tradizionali basate sull’autoconsumo.Inoltre, più di quelle bovine per l’abbondanza di grasso, le carni suine si prestavano alla conservazione. Infatti, se solitamente i tagli più deperibili e le interiora, erano consumati nei giorni successivi al rito agricolo della macellazione del maiale, la maggior parte delle carni era trasformata e conservata per il fabbisogno di tutto l’anno.

Verzini

Chiamati anche Verzin o Salamella fresca, i Verzini sono un prodotto tipico di tutto il territorio lombardo.Si tratta di un insaccato fresco di puro suino, da consumarsi previa cottura.

Area di produzioneI Verzini sono prodotti tradizionali di tutta la Regione Lombardia.

CaratteristicheI Verzini sono prodotti con carne e grasso di suino macinati insieme, cui sono aggiunti in fase di lavorazione, sale, pepe e spezie.Hanno una pasta di color rosa chiaro, una lunghezza di 5-6 centimetri e vengono legati a filze da tre pezzi

Cenni storici e curiositàLa denominazione di Verzini è legata all’uso di questo prodotto con la verza, insieme ad altri tagli di suino, per la preparazione della Cassoeula piatto tipico lombardo.

Ciccioli d’oca

Chiamati anche grasin d’oca, i Ciccioli d’oca sono una produzione tipica della Lomellina in provincia di Pavia, zona da sempre dedita all’allevamento e alla lavorazione delle carni d’oca.Nella famiglia contadina l’oca era molto apprezzata e ogni sua parte aveva un uso specifico, così come accadeva con il suino.Le piume erano utilizzate per imbottire cuscini e coperte, il grasso per ungere le scarpe e renderle impermeabili alla pioggia e alla neve, la carne per la tavola nei giorni di festa.

Zona di produzioneCome tutte le produzioni a base d’oca, anche i Ciccioli d’oca sono tipici della Lomellina in provincia di Pavia.

CaratteristicheI Ciccioli d’oca sono piccoli pezzi di pelle, grasso e frustoli di carne d’oca di consistenza morbida e di color giallo paglierino. Poiché prevalentemente costituiti di grasso, hanno un contenuto proteico piuttosto elevato (500 calorie per 100 grammi di prodotto) e sono poco indicati nei regimi ipocalorici.

Cenni storici e curiositàLa Lomellina, in provincia di Pavia, è la patria dei prodotti a base d’oca.La numerosa comunità ebraica presente in Lomellina nel corso del XVII secolo è all’origine della tradizione gastronomica che utilizza l’oca al posto del maiale per la produzione di salumi e derivati. Rispetto alle specie selvatiche, l’oca domestica è stata resa più feconda e pingue in modo da sostituire il maiale, inutilizzabile per l’alimentazione a causa dei divieti religiosi. Gli ebrei osservanti infatti si alimentano solo con cibo puro detto kosher: la carne deve essere completamente dissanguata e non va mai mischiata con i latticini; non sono ammessi consumi di carni di maiale, coniglio e cavallo.Si utilizzano, inoltre, servizi separati di piatti e posate per la carne e i latticini.Per tale ragione, e per superare il sacro divieto che impedisce il consumo di carne di maiale, la popolazione installatasi in Lomellina ha iniziato a produrre salumi, insaccati e paté, con lo stesso procedimento di lavorazione del suino.

Durelli d’oca

Detti anche Pardé d’oca, i Durelli d’oca sono un prodotto tipico della gastronomia pavese ottenuto con ventrigli d’oca.

Area di produzioneCome la maggior parte dei prodotti a base d’oca, i Durelli d’oca sono un prodotto tipico della Lomellina, in provincia di Pavia.

CaratteristicheDi forma per lo più irregolare, i Durelli d’oca sono di piccole dimensioni.Di solito, i Durelli d’oca sono usati per arricchire e render più gustose le insalate.

Cenni storici e curiositàI primi riscontri dell’allevamento delle oche risalgono al XV secolo: la fortuna del palmipede a Mortara e in Lomellina si deve alla sua versatilità. Dall’oca si ricavavano infatti non solo carne e grasso ma anche piumaggio, con il quale si confezionavano i piumini delle doti delle fanciulle benestanti.I prodotti confezionati artigianalmente con carne d’oca hanno ricevuto il primo riconoscimento ufficiale all’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1913.

Fegato d’oca grasso

Il Fegato grasso d’oca è preparato con oche adulte di 6 mesi fatte crescere allo stato libero, o più spesso con oche d’allevamento, nutrite con foraggio di pascolo e granturco e pronte in soli 2 mesi.Gli ultimi 21 giorni di vita le oche sono iperalimentate con frutta secca, fichi e granturco.Per effetto di quest’alimentazione eccessiva, il fegato delle oche passa dagli 80 grammi abituali a ben 500 grammi fino a un chilo, per effetto di un fenomeno chiamato steatosi epatica.

Area di produzioneIl Fegato d’oca Grasso è prodotto in Lomellina, provincia di Pavia. Questo territorio, compreso fra i fiumi Po, Ticino e Sesia è la zona d’elezione di tutte le produzioni a base d’oca.

CaratteristicheIl Fegato d’oca grasso assume l’aspetto di un vero e proprio fegato se confezionato in terrina, mentre assomiglia a un torcione se attorcigliato. Di consistenza morbida e compatta, ha un color avorio, leggermente rosato. Il peso oscilla fra i 500 grammi e il chilo.

Cenni storici e curiositàI prodotti confezionati artigianalmente con le carni dell’oca hanno ricevuto il primo riconoscimento ufficiale all’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1913.Molto apprezzata per la produzione del Fegato d’oca grasso è l’oca di Tolosa in grado di raggiungere i 15 chilogrammi di peso totale e di produrre un fegato di un chilo.Le oche del piacentino, invece, raggiungono di solito i 4 chilogrammi di peso e producono un fegato compreso fra i 500 grammi e il chilo. Sono allevate per la produzione di carne, uova, salumi e prosciutti in modo quasi esclusivo in Lomellina in provincia di Pavia. La carne d’oca, però, è circa tre volte più calorica di quella magra di bovino o di pollo.

Paté di fegato d’oca

Detto anche Pastis ad fidig d’oca, il Paté di fegato d’ocaè una deliziosa preparazione gastronomica, da non confondere con il pregiatissimo fegato grasso in terrina, che consente tuttavia di accostarsi a un prodotto straordinario con una spesa decisamente più ridotta.Il Patè di fegato d’oca, infatti, è un’emulsione cremosa a base di fegato grasso.

Area di produzioneIl Paté di fegato d’oca è prodotto in Lomellina, in provincia di Pavia, zona in cui è stato ideato il singolare accostamento tra palmipedi e suini grazie alla creatività dei macellai e alle comunità ebraiche insediatesi nella stessa zona sin XVII dal secolo. Se al principio l’oca era considerata un surrogato del maiale l’affinità delle preparazioni e la lavorazione delle due specialità ha ispirato i creatori, portando a un abbinamento unico al mondo.

CaratteristicheProdotto con fegato d’oca, guanciale di suino, sale, pepe e aromi naturali, il Patè di fegato d’oca si presenta come una crema dolce di colore scuro.

Cenni storici e curiositàI patè di fegato d’oca comunemente in commercio possono essere di tre tipi: il primo, composto principalmente da carne d’oca, deve essere denominato paté d’oca; il secondo, fatto con carne e fegato normale d’oca, si chiama paté di fegato d’oca. Il terzo, infine, è il paté di fegato grasso d’oca composto principalmente (almeno per il 60%) di fegato grasso d’oca e per questo il più pregiato.

Petto d’oca stagionato

Come gran parte dei prodotti a base d’oca, il Petto d’oca stagionato è tipico della Lomellina, in provincia di Pavia.

Area di produzioneIl Petto d’oca stagionato è un prodotto della provincia di Pavia e in particolare della zona della Lomellina.

CaratteristicheDi color rosso scuro, il Petto d’oca stagionato ha una forma simile a una piccola bresaola, con lunghezza pari a 25-30 centimetri e peso intorno ai 300 grammi.Si tratta di un prodotto asciutto, magro, facile da tagliare sia a mano che con l’affettatrice.

Cenni storici e curiositàDi tradizioni semplici, la tradizione culinaria della lomellina fonda le sue radici nell’economia agricola della zona. La cucina tradizionale lomellina ha fondato la sua semplicità nell’economia agricola della zona. Definibile come povera ed essenziale, un tempo era caratterizzata da abitudini alimentari poco ricercate e senza tante pretese. Con un’impronta nettamente autarchica ogni famiglia consumava quello che riusciva a produrre in proprio: verdure sia coltivate che selvatiche; più raramente carne (proveniente da animali da cortile come pollame, conigli o dalla cacciagione) ne pane perché ogni cascina disponeva di un forno proprio. Solo a partire dal Rinascimento, grazie all’introduzione operata dagli Sforza si diffuse l’uso del riso.

Salame d’oca di Mortara IGP

Denominazione: SALAME D’OCA CRUDO

Territorio: Lomellina

Provincia: PV

Definizione: Salame crudo di carne di suino e d’oca misti a grasso di suino.

Sinonimo: Salam crud d’oca

Materie Prime: Carne d’oca (33%), carne suina magra (33%), pancetta di suino (33%), sale, pepe, aromi naturali, Nitrati (E252).

Caratteristiche fisiche: Forma cilindrica allungata di 30/40 cm di lunghezza e 7/8 cm di diametro. Peso 600/900 gr.

Descrizione sensoriale: Gusto dolce e delicato con profumo di viola, colore rosso porpora.

Tecnica di produzione: Carne suina+carne d’oca-macinazione-insaporimento con sale, pepe e aromi- insaccatura -legatura- stagionatura 3 mesi.

Fonte: D.g.r. n. 8950 del 30/04/2002 Prima revisione dell’Elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Lombardia approvato con d.g.r. n. 6/49424 del 7 aprile 2000

Grasso d’oca

Chiamato anche Gras d’oca, il Grasso d’oca è un prodotto tipico della Lomellina zona in provincia di Pavia, ottenuto dal grasso intestinale dell’oca sciolto e posto in cottura per circa un’ora.

Area di produzioneLa Lomellina, in provincia di Pavia, è la patria dei prodotti a base d’oca.

CaratteristicheDi color bianco avorio, il Grasso d’oca presenta una consistenza cremosa e compatta.

Cenni storici e curiositàLa numerosa comunità ebraica presente in Lomellina nel corso del XVII secolo è all’origine della tradizione gastronomica che utilizza l’oca al posto del maiale per la produzione di salumi e derivati. Rispetto alle specie selvatiche, l’oca domestica è stata resa più feconda e pingue in modo da sostituire il maiale, inutilizzabile per l’alimentazione a causa dei divieti religiosi. Gli ebrei osservanti infatti si alimentano solo con cibo puro detto kosher: la carne deve essere completamente dissanguata e non va mai mischiata con i latticini; non sono ammessi consumi di carni di maiale, coniglio e cavallo. Si utilizzano, inoltre, servizi separati di piatti e posate per la carne e i latticini. Per tale ragione, e per superare il sacro divieto che impedisce il consumo di carne di maiale, la popolazione installatasi in Lomellina produsse salumi, insaccati e patè, con lo stesso procedimento di lavorazione del suino.

Salame d’oca ecumenico

È un salame d’oca crudo anche definito salame della pace, poiché privo di carne di maiale è l’unico compatibile anche con le regole alimentari d’islamismo ed ebraismo.La sua produzione iniziò tra le comunità ebraiche che risiedevano a Mortara ai tempi degli Sforza.

Area di produzioneIl Salame d’oca Ecumenico è tradizionalmente prodotto in Lomellina, in provincia di Pavia.

CaratteristicheIl Salame d’oca ecumenico è confezionato in forma conica sottile e allungata, somigliante a una pera rovesciata.Il suo impasto è esclusivamente di carne e grasso d’oca tagliato a mano in pezzi piuttosto grossi. È insaccato nella pelle del collo d’oca e cucito a mano.Il peso varia fra i 400 e gli 800 grammi. Il colore della fetta indica la natura delle carni: al bianco del grasso, fa da contrasto il rosso scuro delle carni d’oca.

Cenni storici e curiositàIn passato, l’oca era utilizzata dalle massaie rurali del pavese per due finalità: ottenere soffice piuma per i materassi da dare in dote alle figlie in età da marito; assicurare una pietanza succulenta durante il periodo invernale.Tagliata in quartini, la carne del palmipede era posta per un certo periodo sotto grasso, in appositi recipienti di terracotta chiamati olle come già si usava per la carne del maiale.La numerosa comunità ebraica presente in Lomellina nel corso del XVII secolo è all’origine di questa tradizione.Gli ebrei osservanti, infatti, si alimentano solo con cibo puro detto kosher: la carne deve essere completamente dissanguata e non va mai mischiata con i latticini; non sono ammessi consumi di carni di maiale, coniglio e cavallo.Si utilizzano, inoltre, servizi separati di piatti e posate per la carne e i latticini.Per tale ragione, e per superare il sacro divieto che impedisce il consumo di carne di maiale, la popolazione installatasi in Lomellina produsse l’insaccato di carne d’oca, ottenuto con lo stesso procedimento di lavorazione del salame di suino.

Prosciuttino d’oca stagionato

Denominazione: PROSCIUTTINO D’OCA STAGIONATO

Territorio: Lomellina

Provincia: PV

Definizione: Coscia e anca d’oca intere provenienti da animali con almeno 180 g di vita.

Materie Prime: Carne d’oca, sale, pepe, aromi naturali, nitrati (E252)

Caratteristiche fisiche: Forma del pezzo anatomico. Peso 300/400 gr.

Descrizione sensoriale: Gusto dolce, delicato, intenso; colore rosso scuro.

Tecnica di produzione: Sezionatura delle cosce di carne d’oca – insaporimento con sale, pepe e aromi per 15 g. – rivoltamento – asciugatura – stagionatura per 2 mesi – confezionamento sottovuoto – vendita.

Fonte: D.g.r. n. 8950 del 30/04/2002 Prima revisione dell’Elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Lombardia approvato con d.g.r. n. 6/49424 del 7 aprile 2000

Salame d’oca crudo

Salame crudo di carne di suino e d’oca misti a grasso suino.

Materie primeCarne d’oca (33%), carne suina magra (33%), pancetta di suino (33%), sale, pepe, aromi naturali e nitrati (E252).

Descrizione del prodottoSalame di forma allungata di 30-40 cm di lunghezza e 7-8 cm di diametro, con un peso che va dai 600 ai 900 gr.Il suo gusto è dolce e delicato con profumo di viola e colore rosso porpora.Per la sua preparazione si miscelano, dopo un’opportuna macinatura, la carne suina e quella d’oca, che vengono poi insaporite con sale, pepe e aromi, insaccate, legate e fatte stagionare per 3 mesi.

Maggiolino

Composizione:
a. Materia prima: farina di grano tenero, acqua, lievito acido e lievito di birra, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: l’impasto, lavorato a lungo e dopo lievitazione, viene diviso in tanti pezzi il cui peso varia dai 20 ai 60 grammi. Viene data la forma di barilotto schiacciato. Si cuoce al forno.

Area di produzione: in tutta la Lombardia e parte della Padania.

Note: il nome deriva dalla forma arrotondata, tipica del “maggiolino”, il piccolo insetto rosso a macchie nere. Sono forme di pane inventate recentemente, per soddisfare il mercato del cibo veloce.

Pavese

Composizione:
a. Materia prima: farina di grano tenero, acqua, lievito naturale, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: la pasta acida viene stemperata nell’acqua tiepida salata e unita alla farina. Si impasta a lungo nell’impastatrice e quando è della giusta consistenza si formano dei grossi pani. Si lasciano lievitare per la prima alzata. Si lavora ancora la pasta fintanto che non è tenera, poi si taglia in pezzi di un chilo circa cui si dà forma tondeggiante dal peso di un chilo, si incide trasversalmente la parte superiore e si lascia lievitare per alcune ore. Si inforna e si cuoce a forno caldo.

Area di produzione: nell’Oltre Po Pavese, a Stradella, Broni, Casteggio.

Note: appartiene alla famiglia dei pani, molto numerosa, fatti per durare più giorni. Si conserva infatti per oltre una settimana ed è molto più buono se si consuma un paio di giorni dopo averlo fatto. Secondo gli esperti il pane, ai primordi, nacque di grano tenero, e integrale, come si direbbe oggi. Quello bianco è invenzione abbastanza recente e all’inizio era solo per i ricchi, poi il suo consumo si è esteso a tutti gli strati sociali. Solo dal 1700 i mulini più organizzati iniziarono a produrre farine più raffinate prive di crusca e, straordinaria benché isolatissima anticipazione dei nostri tempi, di germe. (J.B. Dancer, Il triangolo culinario, Edagricole, Bologna 1984).

Stradella

Composizione:
a. Materia prima: farina di grano tenero tipo 0, acqua, lievito naturale e di birra, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: farina, lievito e acqua salata vengono impastati a lungo e lasciati lievitare. Si riprende l’impasto, si formano dei pani a forma di treccia che, una volta aumentati di volume, si cuociono al forno. A cottura ultimata pesano circa un chilo.

Area di produzione: nell’Oltre Po Pavese.

Note: la data di nascita di questo pane, morbido e saporito, gli storici la fanno risalire a oltre un secolo fa.

Banane di semola

Composizione:
a. Materia prima: farina di grano duro, acqua strutto, olio, lievito naturale, lievito di birra, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: farina, lievito sciolto in acqua, strutto fuso, olio e sale vengono impastati fino ad ottenere un elaborato morbido. Lo si lascia fermentare per diverse ore, poi si formano delle pagnottelle di pasta a cui vengono date forma di banana dal peso di 60/70 gr. Dopo breve pausa vengono cotte al forno.

Area di produzione: Lombardia.

Note: come attesta lo stesso nome, questa tipologia è recente ed appartiene alla numerosa famiglia dei piccoli pani che, soprattutto nelle aree metropolitane o industrializzate, trovano estimatori per la loro praticità d’uso.

Pane di riso

Chiamato anche Micon ad pan ad ris, il Pane di riso è un dolce tipico della Lomellina in provincia di Pavia, regione risicola che difficilmente avrebbe potuto resistere alla tentazione di panificare anche il cereale più coltivato nella zona.

Area di produzioneIl Pane di riso è un prodotto tipico della Lomellina, fertile pianura che si estende fra i fiumi Ticino, Po e Sesia.

CaratteristicheIl Pane di riso è di forma ovale con una spiga disegnata sulla parte superiore. Ha una lunghezza variabile fra 25 e 30 centimetri e un peso di 300 grammi circa. È ottenuto da un impasto di farina di grano tenero, farina di riso, olio extra vergine d’oliva, sale e lievito.

Cenni storici e curiositàIl riso completo della pellicina (pula) che riveste la parte esterna del chicco si definisce integrale ed è un componente essenziale nelle diete macrobiotiche.

Pane comune

Il Pane riunisce la terra che genera il grano, l’acqua per impastare la farina, l’aria che favorisce la lievitazione e il fuoco che lo cuoce.I quattro elementi primordiali in cui il filosofo Empedocle vide l’origine del mondo s’incontrano nel cibo forse più antico della storia umana: il pane.Citato nella Bibbia, ricordato dalla cristianità come panem nostrum nel sacramento della comunione e conteso nelle lotte popolari il pane è un alimento semplice, ormai modello e simbolo di bontà: si dice buono come il pane, infatti.

Area di produzioneIl Pane comune è prodotto nelle province di Milano e Pavia. La michetta o rosetta, per la forma di fiore quando la si osserva dall’alto è un simbolo della tradizione alimentare di Milano e delle zone circostanti.Dalle forme più ordinarie, sino a quelle più creative e tipiche delle diverse località, il pane oggi è prodotto in tantissime varianti, spesso aromatizzate o con l’uso di cereali, di farine integrali e soia.Fra le specialità di Milano e Pavia si ricordano le rosette, le michette, i filoncini.

Cenni storici e curiositàL’Italia conta ben 26.000 panificatori e 350 varietà di pane: il più antico ha 717 anni, l’ultimo nato è rigorosamente biologico. Le novità derivano sia dalla creatività dei panettieri che hanno introdotto prodotti al sesamo, all’aglio, ai cereali, ma anche e soprattutto dall’arrivo di stranieri e delle loro tradizioni, aspetto che rende oggi assolutamente familiare a Milano, ad esempio, il pane arabo. Quello della contaminazione è uno degli aspetti di maggior interesse: ogni città ha il suo modo di produrre il pane, le sue forme, le sue specialità, ma ogni forma di commistione è sempre spunto di arricchimento e di miglioramento qualitativo di questo alimento, segno distintivo della tradizione di ogni località.

Riso

Le varietà di riso diffuse in Lombardia sono numerose, ma le principali sono Carnaroli, Arborio, Vialone Nano, Baldo, Balilla, Loto, Gladio, Roma, Selenio, Volano, Nembo e altre. In particolare, negli ultimi tempi, grazie alla ricerca di nuove varietà adatte alla coltivazione biologica, è stata rivalutata da alcuni produttori la varietà Rosa Marchetti, perché particolarmente adatta alle pratiche agricole biologiche.

Area di produzioneParco Ticino, Lomellina, Lodigiano, Basso pavese, Basso Mantovano.

CaratteristicheIl chicco di riso è ellittico e ha un rapporto lunghezza/larghezza diverso a seconda della varietà: Carnaroli, Arborio, Baldo, Roma e Loto hanno chicchi con profilo semiaffusolato o lungo, mentre Vialone Nano e Balilla lo hanno più tondo. La varietà Gladio è quella con i chicchi più lunghi.

Cenni storici e curiositàOggi l’Italia è il maggior produttore europeo di riso e l’estensione della risaia italiana supera i 215.000 ettari dislocati in particolare nelle province di Vercelli, Pavia, Novara, Alessandria, Mantova, Milano e Verona.La risicoltura in Lombardia è da sempre legata a quella delle province di Milano, Lodi e Pavia: risalgono al 1200 i primi documenti che attestano l’esistenza del riso, scambiato come una spezia rara nei mercati della Lombardia.Tra il 1400 e il 1500 Galeazzo Sforza, Duca di Milano, incaricò il suo più importante ingegnere, Leonardo Da Vinci, di studiare la sistemazione dei terreni per garantire alla sua tenuta della cascina Sfrozesca di Vigevano il miglior utilizzo possibile delle acque di irrigazione. Il sistema inventato da Leonardo (ancora in uso oggigiorno) permise di iniziare la coltivazione su vasta scala del riso e della marcita Lombarda. La diffusione della lavorazione industriale del riso greggio risale invece al periodo tra il 1700 e il 1800.Quasi tutte le risaie mantovane sono destinate alla coltivazione del Vialone Nano, mentre nel Basso Pavese fin dagli anni 50 si è sempre più diffuso il Carnaroli.La coltivazione del riso era un tempo un lavoro molto faticoso, perché in assenza di macchine, l’intera lavorazione – l’impianto, la pulitura dalle infestanti, la raccolta – veniva fatta a mano: le mondine (dal nome della monda, la fase di pulizia delle risaie) erano le donne, per lo più giovani, che ogni anno si allontanavano da casa per i 40 giorni della stagione di lavorazione del riso.Anche la specialità mantovana con il riso, il risotto alla pilota, prende il nome dall’operaio nelle pile (stabilimenti di raffinazione del riso): il pilota si occupa della pulitura, del raffinamento e del confezionamento del riso. La rilevanza di questi pilarini o piloti, nell’economia risicola locale, è pari a quella dei casari nella produzione del formaggio.Le prime pile da riso comparvero nel mantovano all’inizio del ’600 ed erano destinate alla lavorazione del risone.Nell’800, invece, il numero delle pile cominciò a diminuire per effetto della diffusione di un sistema di raffinazione più moderno che permetteva una produttività ben più alta.

Trota affumicata

Materia prima: trote.

Tecnologia di lavorazione: le trote vanno eviscerate e lavate in acqua e aceto o acqua e limone. Metterle in salamoia aromatizzata con pepe, alloro, coriandolo, seme di finocchio, ecc. e lasciarle per 3-5 giorni, a seconda della grandezza, riguardandole almeno una volta al giorno. Tolte dalla salamoia, vanno appese all’aria per qualche giorno. Successivamente vengono affumicate esponendole al fumo per 3-4 giorni, ad intervalli di 4-5 ore. Conservare all’asciutto in luogo fresco.

Maturazione: 10-15 giorni.

Area di produzione: Trentino Alto Adige, Piemonte, Lombardia, Veneto,
Marche, Umbria.

Calendario di produzione: primavera, inizio estate, fine estate, inizio autunno.

Note: é un prodotto che si conserva bene per qualche tempo in zone non molto umide. Diversamente é meglio tenerlo in frigorifero. Si consuma in insalata, o sulle tartine come antipasto. La specie di trota più indicata per questo tipo di preparazione é quella salmonata.

Tartufo nero

Definito anche Trifola, il Tartufo nero è un fungo ipogeo che cresce spontaneamente sotto terra e in associazione simbiotica con alcune piante come il nocciolo o il rovere.Il cane da trifola è indispensabile per il ritrovamento, perché questo fungo cresce sotto terra anche a parecchi centimetri di profondità.

Area di produzioneIl Tartufo Nero cresce spontaneamente e viene coltivato nelle province di Bergamo, Brescia, Mantova, Pavia.

CaratteristicheIl Tartufo nero ha un colore nero brunastro, con piccole verruche.È di forma piuttosto irregolare, che dipende dalla resistenza incontrata nella fase di crescita. All’interno presenta venature chiare e biancastre.La polpa può assumere sfumature e colori diversi a seconda della tipologia e della fase di maturazione, e va da un color nocciola al nero violaceo.

Cenni storici e curiositàLa colorazione, il sapore e il profumo dei tartufi sono determinati dalle caratteristiche degli alberi con cui vive in simbiosi (quercia, nocciolo, rovere, pioppo, salice, tiglio).Sulla riva destra del Po, in una lunga fascia rivierasca si estende la valle del tartufo mantovano.La zona presenta varie qualità di tartufo e il più pregiato è di certo quello bianco, dal profumo straordinario utilizzato per esaltare molte delle ricette locali.Il Tartufo nero, che può superare le dimensioni di una grossa mela, predilige invece i terreni della zona collinare dell’alto mantovano.

Tartufo in salamoia

Materia prima: tartufo sia bianco che nero.

Tecnologia di preparazione: i tartufi vengono selezionati a mano, ripuliti
dalla terra con uno spuzzolino uno per uno, lavati, messi in barattoli. Si
aggiunge la salamoia e si sterilizza in autoclave. Si conservano in lungo
fresco e buio.

Maturazione:

Area di produzione: Piemonte, Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo.

Calendario di produzione: autunno, inizio inverno.

Note: oltre al tartufo hianco (Tuber magnatum pico) e a quello nero (Tuber
melanosporum) anche il tartufo estivo scorzone (Tuber aestivum) è oggetto
di trasformazione. Di colore blu-nerastro con cuticola verrucosa, si
distingue dal più pregiato tartufo nero di Norcia per la carne più chiara
tendente al bianco nocciola marmorizzato. Il melanosporurm è invece nero.
Un altro (Tuber mesentericum) è molto diffuso nella zona di Ariano Irpino
oltrechè nel Lazio, in Toscana e nel sud delle Marche e dell’Umbria, dove
viene consumato insieme a formaggi freschi di capra in insalata.

Persicata

Materia prima: pesche.

Tecnologia di lavorazione: le pesche ben mature, tenere di polpa, si immergono in acqua bollente per qualche minuto. Si sbucciano, si toglie l’osso e si riducono in purea con il passaverdure o altri attrezzi. La purea raccolta si porta ad ebollizione. Si aggiunge lo zucchero lasciando bollire ancora per 10-15 minuti. Si toglie il recipiente dal fuoco versando la purea di pesche su teglie bassissime foderate di carta oleata o stagnola, per uno spessore di un paio di centimetri. Si lascia asciugare il tutto per circa 24-48 ore o all’aria o a una fonte di debole calore. Una volta asciutta la persicata si taglia a pezzi e si cosparge di zucchero semolato.

Maturazione:

Area di produzione: Friuli, Trentino, Venezia Giulia, Lombardia e qualche altra regione.

Calendario di produzione: estate.

Note: é una variante della cotognata. Sembra che responsabile dell’abbandono di questa tradizione sia l’introduzione di pesche altamente selezionate, più ricche d’acqua che di fattori extranutrizionali, le quali non consentono una conservazione ottimale.

Agresto

Materia prima: uva non matura raccolta nel mese di luglio (lugliatica).

Tecnologia di lavorazione: i grappoli di uva acerba vengono mostati in un piccolo tino e il succo raccolto va messo in una botticella ed esposto al sole per un certo tempo. Un altro metodo consiste nel far bollire il mosto fino a ridurlo di due terzi. Oppure si passava il mosto al setaccio versandolo poi in piccoli recipienti esposti al sole per tre o quattro giorni. Il prodotto che ne risultava era denso e si conservava in vasi. Al momento dell’uso se ne stemperava una piccola quantità in acqua o brodo per dare carattere ai cibi o anche per preparare bibite rinfrescanti.

Maturazione:

Area di produzione: Area della Padania (solo a livello amatoriale).

Calendario di produzione: estate.

Note: nel Medio Evo era il condimento per eccellenza, sempre presente sia sulla mensa dei ricchi che su quella dei poveri. Dal gusto piacevolmente acidulo ma non aggressivo come l’aceto, è stato fino alla fine del secolo scorso il condimento più usato. Nel Nord Europa lo preparavano con le mele acerbe. Aveva anche proprietà terapeutiche e veniva indicato negli stati febbrili, nelle angine e nelle stomatiti. Il suo declino coincide con la diffusione della coltura del pomodoro, la cui salsa venne usata proprio sui piatti precedentemente insaporiti con l’agresto.

Sapore d’uva

Materia prima: mosto, acini d’uva, senape, aceto.

Tecnologia di lavorazione: al mosto si aggiungono gli acini d’uva. Si porta ad ebollizione e si lascia raffreddare. Si passa al setaccio, si invasa aggiungendo senape ed aceto. Viene usato per insaporire le vivande e per la preparazione di dolci.

Maturazione:

Area di produzione: area della Padania.

Calendario di produzione: autunno.

Note: molte erano le preparazioni a base di mosto, uva e spezie varie. Servivano per dare tono a piatti per lo più semplici e dal sapore monotono, quando ancora non c’erano dadi concentrati, salse di pomodoro e agrumi a buon mercato.

Pane di San Siro

Caratteristico della provincia di Pavia, il Pane di San Siroè un dolce preparato nelle pasticcerie pavesi il 9 dicembre, giorno dedicato a San Siro, primo vescovo e patrono della città di Pavia.

Area di produzioneIl Pane di San Siro è tradizionalmente prodotto in tutta la provincia di Pavia.

CaratteristicheIl Pane di San Siro è un ghiotto pan di spagna al cacao, leggermente imbevuto di rhum, farcito con crema di burro alla nocciola e ricoperto da una glassa di cioccolato con la scritta “San Siro”.

Cenni storici e curiositàSan Siro nacque in Palestina e, fin da fanciullo seguì Gesù e ne ascoltò la parola.Fu lui quel ragazzo che, secondo la tradizione, portò al Nazareno le ceste contenenti i cinque pani e i cinque pesci del miracolo della moltiplicazione. Il Santo è legato alla storia di Pavia perché dopo la morte di Gesù, suo maestro, egli seguì prima Pietro, poi Marco e infine Ermagora da cui fu inviato a Pavia, per portare la parola del Messia insieme al levita Invenzio.La leggenda narra che al loro arrivo, ancor prima di aver ascoltato la predica, il popolo si convertì alla notizia dei miracoli che il beato padre Siro aveva operato lungo il viaggio e corse a incontrarlo festoso.La presenza del Santo è dunque legata alla città di Pavia e alla sua tradizione culinaria, con la produzione del Pane di San Si ro, prodotto nella storica pasticceria Vigoni sin dal 1878.Quando Siro giunse a Pavia salutò così la città: “T’allegra, o gloriosa Pavia, a te verrà sino dai monti estremi esultazione. Tu non sarai minima fra le città ma bensì copiosa e abbondante d’ogni bene”.Mentre ciò avveniva, i sacerdoti pagani offesi per la loro diminuita autorità covavano desiderio di vendetta e impedirono a Siro d’insegnare la nuova religione in città; così che egli dovette stabilirsi in un luogo fuori porta Marenga. Il luogo, denominato la casa, era adiacente a una torre che fu il primo campanile di Pavia. In seguito, i sacerdoti pagani, lo accusarono presso il Tribunale dei Magistrati e dei Presìdi Romani d’insegnare una falsa religione. Tali accuse, però, furono vane. Il Tribunale liberò Siro e, in segno di omaggio, il popolo gli offerse quale luogo d’abitazione in città una casa chiamata Adunanza del Popolo, posta dove ora si trova la “Piazza Piccola”, luogo che da allora divenne il centro religioso della città.Per questo, in occasione della sua festa il 9 dicembre, a Pavia si prepara ancora il pane di San Siro per ricordare i sacri avvenimenti.

Torta del Paradiso

Area di produzioneLa Torta del Paradiso è prodotta a Pavia.

CaratteristicheFrutto di ingredienti semplici quali burro, farina, uova e zucchero, la Torta del Paradiso è un dolce morbido e profumato, aromatizzato con buccia di limone e ricoperto da una spolverata di zucchero a velo.

Cenni storici e curiositàLa versione originaria della Torta del Paradiso è legata a Pavia e al maestro pasticcere Enrico Vigoni che, dopo aver appreso l’arte dolciaria a Milano, inaugurò la sua pasticceria nel 1878 nel cuore culturale della città, proprio di fronte all’Università.Come gran parte dei prodotti tradizionali, anche la Torta del Paradiso ha la sua leggenda.Si racconta che un frate erborista della vicina Certosa di Pavia, eludendo le severe regole monastiche, spesso uscisse dal monastero per andare alla ricerca di erbe curative.Durante le sue segrete passeggiate, giunse fino a Parona dove incontrò una giovane sposa che gli diede la ricetta della torta.Una volta scoperto dal priore, il frate erborista fu rinchiuso dentro le mura della Certosa e qui, per consolarsi, non gli restò che dedicarsi alla preparazione della torta, che gli ricordava la cara signora.Il suo impasto soffice e delicato piacque immediatamente anche agli altri monaci, che la battezzarono “Torta del Paradiso”.

Grissini dolci

I Grissini dolci sono una particolare variante dolce dei grissini tradizionali. Tipici della provincia di Pavia, sono indicati per accompagnare le degustazioni dei vini dolci dell’Oltrepo.

Area di produzioneI Grissini dolci sono una specialità del comune di Broni, in provincia di Pavia.

CaratteristicheDi color dorato, i Grissini dolci hanno una lunghezza variabile fra i 30 e i 40 centimetri.Sono ottenuti con farina, zucchero, lievito, burro e sale. Più friabili e croccanti del pane per l’assenza di mollica, i grissini sono più digeribili. Non meno calorici, però, soprattutto se si pensa all’aggiunta di burro e alle moderne preparazioni industriali in cui spesso sono aggiunti anche olio o margarina. Il contenuto energetico, infatti, si aggira intorno alle 350 calorie per ogni 100 grammi di prodotto.

Cenni storici e curiositàNella loro versione più nota, quella salata, i grissini sono originari della cucina piemontese.Non a caso, infatti, sono torinesi i grissini più famosi caratterizzati dal fatto d’esser molto più sottili degli altri. Le testimonianze sulla loro origine risalgono alla corte dei Savoia intorno al 1668, a opera del fornaio torinese Antonio Brunero, fornitore ufficiale della casa reale.Pare che lo stesso Napoleone Bonaparte apprezzasse molto questa specialità.

Oltrepò Pavese DOC

Zona di produzione: la fascia viticola collinare dell’Oltrepo’ Pavese che comprende numerosi comuni in provincia di Pavia. Sono da condiderarsi idonei unicamente i vigneti posti su terreni di natura calcarea o calcareo-argillosa e su pendici collinari ben soleggiate, escludendo comunque i fondovalle ed i terreni di pianura.

Tipologie: Barbera, Bonarda, Buttafuoco, Cortese, Moscato, Pinot grigio, Pinot nero, Riesling italico, Riesling renano, Rosato, Rosso, Sangue di giuda

San Colombano al Lambro DOC

Zona di produzione: la zona collinare che comprende parte dei comuni di San Colombano al Lambro, Graffignana e Sant’Angelo Lodigiano in provincia di Milano; Mirandolo Terme e Inverno Monteleone in provincia di Pavia. Sono esclusi dalla Doc i vigneti di pianura e del fondovalle.

Vitigni: Croatina 30-45%, Barbera 25-40%, Uva rara 5-15%, con eventuali aggiunte di vitigni a frutto rosso raccomandati o autorizzati per le province di Milano e Pavia 15%.

Resa massima per ha: 110 qli.

Resa massima di uva in vino: 70%.

Gradazione alcolica minima: 11%.

Acidita’ totale minima: 5 per mille.

Estratto secco netto minimo: 20 per mille.

Invecchiamento: nessuno.

Caratteristiche organolettiche: colore rosso rubino; profumo vinoso, caratteristico; sapore asciutto, sapido, di corpo, con retrogusto leggermente ammandorlato.

Qualificazioni: nessuna.

Tipologie: nessuna.

Abbinamenti :salumi contadini, carni bianche arrosto e alla griglia, involtini con sughi non troppo piccanti, trippe in umido.

Tartufo

Il Tartufo è un fungo a forma di tubero che vive sottoterra, costituito da una massa carnosa detta gleba e rivestito da una corteccia chiamata peridio.È classificato in diverse specie: il Magnatum pico più noto come tartufo bianco, il Melanosporum Vitconosciuto come tartufo nero, l’Albidum più noto come bianchetto, l’Aestivum comunemente detto scorzone, ilBrumale ovvero tartufo invernale.

Area di produzioneLe tartufaie sono localizzate nel territorio della Provincia di Pavia.

CaratteristicheIl Tartufo è costituito in alta percentuale d’acqua e sali minerali, assorbiti dal terreno tramite le radici dell’albero con cui vive in simbiosi. Nasce e si sviluppa vicino alle radici di pioppi, tigli, querce e salici, diventando dopo la formazione un vero e proprio parassita.Le caratteristiche di colorazione, sapore e profumo dei tartufi sono determinate dal tipo di albero presso il quale si sviluppa.Ad esempio, i tartufi che crescono nei pressi della quercia, hanno un profumo più pregnante, mentre quelli vicino ai tigli sono più chiari e aromatici.La forma, invece, dipende dal tipo di terreno: se soffice, il tartufo si presenta più liscio, se compatto, diventa nodoso e bitorzoluto per la difficoltà di farsi spazio.

Cenni storici e curiositàPlinio il Vecchio nel libro della Hystoria Naturale ci narra la storia di un pretore, tale Lartio Licinio, che si trovò nella situazione di emettere una sentenza che gli creava un enorme imbarazzo.Un ricco cittadino chiedeva un risarcimento da una persona che gli aveva donato un tartufo contenente una moneta che gli si rivelò solo quando addentato il tartufo gli si spezzarono i denti incisivi. L’opinione di Plinio nella sua veste di naturalista fu che il tartufo “sta fra quelle cose che nascono ma non si possono seminare”.

Pisello di Miradolo Terme

Il pisello di Miradolo, detto anche erbion in dialetto, è una vera e propria primizia primaverile. In passato era rinomato nei mercati Ortofrutticoli di Milano e Pavia dove veniva venduto e costituiva il principale reddito primaverile dei contadini di Miradolo.

Area di produzioneComune di Miradolo Terme, nel Basso Pavese

CaratteristicheIl pisello è un frutto, sferico e verde brillante, della pianta leguminosa rampicante.Nei terreni fertili e salini di Miradolo Terme le piante di piselli crescono molto bene grazie alla presenza di ferro, magnesio, fosforo e potassio e iodo.

Cenni storici e curiositàLa caratteristiche che rendono il pisello di Miradolo Terme particolarmente gustoso sono strettamente legate alla tempestività della raccolta: un giorno in più o in meno può fare la differenza!

Fagiolo borlotto di Gambolò

Area di produzioneVarietà antica di fagiolo borlotto a portamento rampicante, di produzione locale e lavorazione quasi esclusivamente manuale, tipico della zona della Lomellina, in Provincia di Pavia.

CaratteristicheIl Borlotto di Gambolò si presenta come un inconfondibile baccello rosso con screziature color crema contenente semi di media dimensione di color rosso arancio con sfumature rubino.

Cenni storici e curiositàQuesto legume, noto anche come Borlotto di Vigevano, ha per secoli rappresentato la fonte principale di proteine nell’alimentazione di tutti coloro che non si potevano permettere un consumo frequente di carne e per questo si è guadagnato la fama di “carne dei poveri”.In epoca recente è stato sull’orlo dell’estinzione, tanto da meritare un intervento di salvaguardia attuato dalla Coldiretti locale e dalla Pro-Loco di Gambolò tramite un progetto che prevedeva la riproduzione del seme originario e la sua diffusione a produttori interessati.Il Borlotto di Gambolò è ancora svincolato dai metodi e dalle quantità della grande distribuzione. Viene prodotto da alcuni coltivatori in poderi nei dintorni di Gambolò, seguendo metodi di coltura e raccolta tradizionali.Il Borlotto di Gambolò è un legume versatile, oltre che squisito, come dimostra questa antica leggenda. Una contadina di Gambolò ospitò un giorno un arrogante cavaliere e, per preparargli la cena, riunì quel poco che aveva in casa: farina bianca e gialla, un limone, un cucchiaio di zucchero, un po’ di burro e un sacchetto di fagioli borlotti. Dopo aver cotto i fagioli, mescolò tutti gli ingredienti e li mise nel forno: il risultato fu la “torta ariosa”, così buona che guadagnò alla donna ben tre scudi d’oro ed entrò nella storia gastronomica di Gambolò dove ancora oggi viene prodotta artigianalmente.

Cipolla rossa

Chiamata anche sigulla, la Cipolla rossa è una delle varietà tipiche coltivate a Breme in provincia di Pavia.Composta da vari strati detti tuniche, concentrici e carnosi, internamente di colorito bianco e con involucro esterno rosso, è coltivata in queste zone da lunghissimo tempo.

Area di produzioneLa Cipolla Rossa è coltivata in Lomellina e a Breme, in provincia di Pavia.

CaratteristicheLa Cipolla rossa si contraddistingue per la tunica di rivestimento esterno, di colore rosso scuro.La forma esterna è regolare, ovoidale o appiattita e di colore uniforme, con leggere striature rosse.

Cenni storici e curiositàLa storia della Cipolla rossa comincia circa dieci secoli fa: quando nel 906 d.C. i monaci della Novalesa giunsero a Breme e “videro che quel luogo era ubertoso, ameno e fruttifero” e lo elessero a sede della Congregazione, ritenendolo “la migliore di tutte le città costruite nel Contado di Lomellina”. Da allora ben poco è cambiato nelle tecniche di coltivazione e le sementi sono ancora preparate scegliendo una per una le cipolle migliori da mandare in fioritura.

Cipolla dorata di Voghera

Area di produzioneOltrepo vogherese.

CaratteristicheIl sapore e il profumo sono caratterizzati da una elevata, pungenza e sapidità.

Cenni storici e curiositàSecondo le fonti del Consorzio Produttori, la Cipolla dorata era già coltivata nell’800 nelle campagne del vogherese, grazie alla sua buona produttività e alla resistenza alle patologie più comuni.Queste nobili caratteristiche, unite alla sua decisa sapidità, fecero sì che essa venne trasferita in altre aree, dando origine a nuove varietà. Tra questa la più nota è la cipolla dorata arrivata a Parma intorno al 1890, denominata tuttora “Pavese” proprio in onore delle sue origini.Più recentemente, riferimenti a questo ortaggio si trovano nella rivista La Massaia del 1935 in cui la ricetta del “Caviale Sintetico” prevedeva appunto l’utilizzo della Cipolla dorata di Voghera.

Asparago di Cilavegna

Ortaggio appartenente alla famiglia delle Liliacee, l’Asparago è una pianta perenne con ciclo vegetativo che dura l’intero anno.La parte commestibile è costituita dai germogli chiamati turioni che possono assumere, a seconda delle varietà, colorazioni sfumate dal verde al bianco, al rosa sino al violetto.L’Asparago di Cilavegna è bianco, con punta rosa pastello.

Area di produzioneL’Asparago di Cilavegna è coltivato nel territorio della Lomellina, in provincia di Pavia.

CaratteristicheL’Asparago di Cilavegna ha una lunghezza di 20-30 cm, è stretto e sottile.Tipici della primavera, gli asparagi sono molto ricchi di fibra alimentare, vitamine e sali minerali, principalmente di calcio e fosforo. Per esser certi che il prodotto sia fresco il colore deve essere vivace, la polpa ben soda e croccante, il turione in grado di spezzarsi senza piegarsi, la punta dritta e chiusa.

Cenni storici e curiositàIn meno di un secolo, la zona fu “visitata” dagli eserciti franco-ispani, austro-sardi e austro-russi e solo a partire dal XIX secolo conobbe la pace meritata, passando ai Savoia.Il nucleo primitivo del castello sorgeva sull’antica rocca, che comprendeva anche la parrocchiale, il cimitero e la chiesa di San Rocco mentre, nelle mura oggetto di contesa, c’erano anche il palazzo del feudatario e le abitazioni civili.

Salame crudo del Basso Pavese

Area di produzioneL’Oltrepo Pavese, collocato a sud di Pavia, territorio celebre per le sue specialità enogastronomiche e una delle mete più frequentate da chi cerca relax e cultura.

DefinizioneSalame crudo di suino a stagionatura media, riconosciuto come prodotto tradizionale nel 2011.

Materie primeCarne suina, sale, vino, aglio, pepe, nitrato di sodio.

Descrizione del prodottoProdotto compatto e morbido al tatto. Sapore dolce e delicato.Macinatura con fori da 12 mm, aggiunta di sale, pepe nero, infuso d’aglio, vino rosso, nitrati, insaccatura in budello di suino, legatura con spago, stagionatura a 16 – 18°C per 60 – 90 giorni.

Prosciutto d’oca stagionato

Gustosa e delicata delizia d’oca, il Prosciuttino d’oca stagionato presenta una lavorazione molto simile a quella del prosciutto di suino. Le differenze consistono nei tempi di lavorazione e stagionatura, nel caso del prosciutto d’oca il periodo di stagionatura è più breve a causa di dimensioni molto ridotte: il suo peso, infatti, si aggira intorno ai 300 – 400 grammi. Il Prosciuttino è ottenuto da coscia e anca di oche con almeno 6 mesi di vita.

Area di produzioneCome tutte le produzioni a base d’oca, anche il Prosciuttino stagionato è tipico della Lomellina in provincia di Pavia.

CaratteristicheDi color rosso scuro, le fette hanno la larghezza di pochi centimetri, ma un gusto assolutamente di pregio, dovuto alla marezzatura del muscolo ossia al tipico aspetto striato che assume la superficie di taglio di un muscolo animale.Le sue modeste dimensioni, consentono una perfetta stagionatura e una completa eliminazione dell’acidità delle carni.

Cenni storici e curiositàNella famiglia contadina l’oca era molto apprezzata e ogni sua parte aveva un uso specifico, così come accadeva con il suino. Le piume erano utilizzate per imbottire cuscini e coperte, il grasso per ungere le scarpe e renderle impermeabili alla pioggia e alla neve, la carne per la tavola nei giorni di festa.

Mortadella di fegato

La Mortadella di fegato è un insaccato di carni miste di suino, da consumarsi crudo o bollito.

Area di produzioneLa Mortadella di Fegato è prodotta nelle province di Pavia, Mantova e Como.

CaratteristicheInsaccato di carni suine fra cui fegato, ritagli magri e pancetta di suino, la Mortadella di Fegato è un salume dalla consistenza morbida ottenuto con carni aromatizzate e salate; tipico delle province di Pavia, Mantova e Como. Ha la forma di una piccola zucca, impasto di colore scuro e peso di circa 700 grammi.