Ossa di morto

Nome dialettale: OSSA I MORTU

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, zucchero, estratto di chiodi di garofano, uovo.
FORMA: Tibie incrociate.
DIMENSIONI MEDIE: Lunghi 5 cm.
PESO MEDIO: 25 gr.
SAPORE: Friabile e dolce.
ODORE: Essenza di chiodi di garofano.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Impastare farina, acqua e l’estratto di chiodi di garofano, amalgamare il tutto con le chiare d’uovo solidificate al forno. Una volta ottenuto un impasto omogeneo dare la forma di tibie incrociate ed infornare.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Laboratorio di pasticceria conforme alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Dolci tradizionali legati alla festività della Commemorazione dei morti, da cui le tipiche forme di tibie incrociate, teschi, piccoli scheletri.
Citati su “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta n. 58 – anno XVI, 1993.
TERRITORIO INTERESSATO DALLA PRODUZIONE: Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Butirro

Nome dialettale: BURRINO

Territorio interessato alla produzione: Tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte vaccino, burro, caglio, sale.
FORMA: A pera con testina foggiata a tricorno.
DIMENSIONI MEDIE: 20-25 cm. di lunghezza, 4-5 cm. di diametro.
PESO MEDIO: 200-300 grammi.
SAPORE: Cremoso dolce.
ODORE: Burro.
COLORE: Giallo paglierino.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il latte viene fatto coagulare alla temperatura di 36-38°C mediante utilizzo di caglio in pasta di vitello o di capretto. Quando la cagliata raggiunge la consistenza voluta si procede alla sua rottura sino a far raggiungere ai grumi le dimensioni di una noce. Dopo una fermentazione lattica che varia dalle 4 alle 10 ore, la pasta può essere filata in modo che costituisca un involucro, di circa un centimetro di spessore, ad una sfera di burro. Quest’ultima viene ripetutamente lavata per eliminare i residui di acidità mettendola ripetutamente in acqua freddissima per 12 ore. Il prodotto filato si presenta con tradizionale forma a pera. La maturazione avviene in 7 giorni in locali freschi.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Avviene in una settimana in locali freschi ed aerati.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli spersori, caldaie, attrezzo per la rottura della cagliata, recipienti per la filatura.
STRUMENTI UTILIZZATI: Lira, pentoloni di acciaio.
LOCALI: Si possono distinguere caseifici avente struttura e capacità produttiva industriale e caseifici non aventi tali strutture e capacità produttive. E’ quest’ultimo il caso dei laboratori artigianali annessi agli allevamenti. Tali caseifici rispondono ai requisiti igienico sanitari e strutturali minimi individuati dal DPR 327/80 integrati in parte da quanto disposto nel DPR 54/97 relativamente alle condizioni generali degli stabilimenti di trasformazione (per quelle parti applicabili ai laboratori di limitate capacità produttive), nonché per la parte riguardante l’igiene del personale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il butirro, detto anche burrino, può considerarsi una variante del caciocavallo. Particolarmente pregiati sono quelli prodotti nell’Altopiano Silano, nella zona del Pollino e nella piana di Sibari, per la presenza di pascoli ricchi di essenza odorosa. E’ consumato a fette.

Riferimenti storici:
– AA.VV. – Atlante deiprodotti tipici: i formaggi – A cura dell’INSOR – Milano 1990 – Angeli ed.;
– CNR – I prodotti caseari del Mezzogiorno – Progetto strategico – Milano 1992 – ARSSA.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Giuncata

Nome dialettale: JUNCATA – SCIUNCATA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte vaccino proveniente da razze miste alimentate principalmente da pascoli estensivi, sale, caglio.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: Da 15 a 20 cm., scalzo di 3-5 cm.
PESO MEDIO: Da 200 gr. a 400 gr.
SAPORE: Dolce-acidulo.
ODORE: Dolce-acidulo aromatizzato.
COLORE: Bianco porcellanata.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La coagulazione è compresa tra 36 e 38°C, utilizzando caglio in pasta di capretto. Dopo un tempo variabile tra i 45 e 60 minuti, il coagulo viene rotto delicatamente con le mani producendo pezzi grossi quanto una noce.
La messa in forma è effettuata riempiendo gli stessi canestri usati per il “Crotonese”, senza effettuare alcuna pressatura. Seguono alcuni rivoltamenti e successiva asciugatura, eventualmente seguita da affumicatura su appositi graticci di canne dette “cannizzi”. La salatura è a secco.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: La stagionatura è di una o due settimane, in qualche caso si prolunga fino ad un mese o due (da grattugia). Nel caso in cui le formette di juncata vengono affumicate, si utilizza fumo caldo e le stesse vengono conservate sui “cannizzi”.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Steli di giunco o di felce.
STRUMENTI UTILIZZATI: “Caccamo”, “Caccavo”: caldaie in rame stagnato. Fuoco diretto a legna a gas. “Miscu”: bastone in legno di fico. Canestri di giunco. Tavoli spersori in legno. Sciumarola.
LOCALI: Si possono distinguere caseifici aventi struttura e capacità produttiva industriale e caseifici non aventi strutture e capacità produttive. E’ quest’ultimo il caso dei laboratori artigianali annessi agli allevamenti. Tali caseifici rispondono ai requisiti igienico sanitari e strutturali minimi individuati dal DPR 327/80 integrati in parte da quanto disposto del DPR 54/97 relativamente alle condizioni generali degli stabilimenti di trasformazione (per quelle parti applicabili ai laboratori di limitate capacità produttive), nonché per la parte riguardante l’igiene del personale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La normativa vincente non consente la commercializzazione del prodotto tradizionale, da parte dei caseifici, dovuto al caratteristico utilizzo di steli di giunco o di felce per il confezionamento. La giuncata viene prodotta quasi esclusivamente da mastri casari per autoconsumo.
Riferimenti storici:
– CNR – I prodotti caseari del Mezzogiorno, Progetto strategico – Milano 1992 ARSSA;
– AA.VV. – Atlante dei prodotti tipici: i formaggi, a cura dell’INSOR – Milano 1990, Angeli ed.
Inoltre presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari esiste documentazione sulla tradizionalità del prodotto.

AREA DI PRODUZIONE: Province di Cosenza e Catanzaro.
Pur essendo un formaggio prodotto durante l’intero anno, ha una maggiore richiesta durante il periodo natalizio. E’ prodotto tipico della zona pre-pollinica, dell’Altopiano Silano e della Piana di Sibari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Caciocavallo di Ciminà

Nome dialettale: U CASUCAVALLU

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte intero crudo vaccino per il 90-95% proveniente da vacche della razza “Podolica” tipica delle zone pedomontane dell’Aspromonte, latte caprino per il restante 5-10%. Caglio naturale del capretto (stomaco del capretto).
FORMA: Forma classica del caciocavallo a sfera.
PESO MEDIO: Dai 2 ai 3 chilogrammi.
SAPORE: Salato tendente al piccante, sempre più piccante con l’avanzare del tempo.
COLORE: La crosta è bianco-giallognola con la superficie rugosa lasciata dalla forma, la pasta è bianca o paglierina con occhiatura scarsa.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICA DI LAVORAZIONE: Il caciocavallo di Ciminà viene prodotto con tecniche tradizionali. Il latte vaccino di una o due mungiture, assieme al late di capra, coagula nel pentolone di rame grazie all’immersione nel latte del caglio di capretto; la temperatura del latte affinché avvenga la cosidetta cagliata deve raggiungere la “temperatura dell’acqua di sole” (ovvero 25-30°C, la temperatura ambiente che si ha subito dopo la mungitura). Una volta che il latte “quagliau” (cioè si forma la tuma) si rompe la stessa tuma (ci si rende conto che la tuma è pronta quando il bastone di legno usato per il procedimento, il cosiddetto “ugliastru” e cioé un bastone di ulivo selvatico, viene immerso nel latte e sta dritto senza la necessità di tenerlo con le mani) fino a che i grumi abbiano raggiunto la dimensione di una nocciola.
Una volta rotta la tuma la si ricompone con le mani, la si toglie dal siero e la si mette a fermentare, la fermentazine non ha un tempo predefinito, ma segue el condizioni ambientali e climatiche contigenti (in genere dalle 4 alle 10 ore), nonché le condizioni relative all’acidità del latte, alla tempertura ambientale, alla massa della tuma.
Quando la tuma ha raggiunto la giusta fermentazione/maturazione (che la si evince dal fatto che a pasta si trova nelle condizioni di essere filata, ed il controllo dei tempi di maturazione si effettua mediante prelievi, a breve intervalli, di campioni che vengono immessi in acqua bollente per verificare se si allungano in fibre elastiche, lunghe e resitenti, cioé “filano”), la stessa tuma viene tagliata a fette ed immersa in una tinozza di legno in acqua bollente; ciò consente alla tuma di raggiungere una temperatura tale da iniziare a filare.
Una sapiente manipolazione del casaro a questo punto, da la forma classica di caciocavallo ovale o tronco-conica con la testina; l’operazine caratteristica consiste nella formazione di una specie di cordone che viene plasmato fino a raggiungere la forma voluta, mentre la modellazione della forma si ottiene con movimenti energici delle mani, per cui la pasta viene compressa in modo tale da avere la superficie esterna liscia, senza sfilature né pieghe e la parte interna senza vuoti. Le forme di caciocavallo così plasmato vengono quindi immerse in un recipiente di acqua a tempertura ambiente per qualche minuto per poi essere passate in un altro recipiente di acqua e sale (la cosiddetta salamoia – 1 Kg. di sale ogni 5 litri di acqua), dopo vengono lasciate riposare il tempo necessario (vengono messe in salamoia per un periodo indeterminato che varia dalla 2/3 ore all 5/6 ore dipende dal peso della forma di caciocavalli).
Una volta tolta dalla salamoia, la forma di caciocavallo viene appesa ad asciugare nel classico sistema “a calalcioni”. La durata minima del periodo di stagionatura è di due/tre giorni (dipende dalle condizioni climatiche) ma può anche protrarsi più a lungo a seconda del gusto di stagionatura che si vuole dare. Non ci sono particolari condizioni ambientali da rispettare per la stagionatura del caciocavallo se non quella di avere un ambiente asciutto, fresco e ventilato.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI E ATTREZZETURE UTILIZZATI: Tino in rame stagnato, Bastone di legno (cosiddetto ugliastru, bastone di olivo selvatico), tavoliere di legno.
LOCALI: Locali freschi, asciutti e ventilati.

Elementi che comprovano la tradizionalità:
Il caciocavallo viene prodotto nei territori di due comuni limitrofi (Ciminà e Antonimina) con lo stesso procedimento. Storicamente il nome si pensa possa derivare dall’asciugatura a cavalcioni (“u casu a cavaddu”). Le famiglie che ancora oggi producono il caciocavallo ricordano che la tradizione risale ad almeno tre generazioni (100 anni circa), ma essendo un prodotto tipico delle famiglie povere di campagna, la tradizione potrebbe risalire anche più in là nel tempo. Il latte utilizzato è quello delle vacche di razza “Podolica” delle zone pedemontane dell’Aspromonte che utilizzano, al pascolo, la microflora di questo territorio del Versante del Basso Ionio Reggino (a base di sulla e avena, e con integrazini in stalla di foraggi e concentrati in quantità variabile rispetto alla stagione foraggera).
Veniva anticamente consumato con salame, capicollo e soppressata locali e pane; era il pasto della gente che lavorava in campagna e che pascolava capi bovini, ovini e caprini.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Caciotto di Cirella di Platì

Sinonimo: CACIOCAVALLO

Nome dialettale: CASUCAVALLU

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte vaccino, sale, caglio naturale.
FORMA: Rotonda/ovale.
DIMENSIONE MEDIE: Varie:
PESO MEDIO: 300 gr. – 1 Kg.
SAPORE: Salato – dolce.
ODORE: Tipico.
COLORE: Giallo chiaro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Viene fatto coagulare il latte vaccino a 35°C (caglio naturale del capretto), quindi viene rotta la tuma, viene raccolta, messa a lievitare e al momento giusto si prova nell’acqua bollente, la pasta, e quando si allunga si rimette nell’acqua bollente e si lavora.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di marzo al mese di dicembre.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Da 1 a 4 mesi.
CONSERVAZIONE: A volte, dopo stagionati, vengono conservati sott’olio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Legna per il fuoco.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentolone di rame, mestolo di legno.
LOCALI: Caseifici artigianali annessi agli allevamenti.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Tipica produzione, secondo tradizione familiare, nel territorio del Comune di Cirella di Platì.
AREA DI PRODUZIONE: Comune di Cirella di Platì (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Mozzarella Silana

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte vaccino, caglio, sale.
FORMA: Rotondegiante.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro 10 cm.
PESO MEDIO: Circa 250-300 grammi.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Di latte fresco.
COLORE: Di madreperla a giallo bruno.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La coagulazione del latte viene effettuata ad una temperatura compresa tra i 36 e 38°C, utilizzando caglio in pasta di capretto. Dopo circa un’ora il coagulo viene rotto fino ad ottenere granuli della dimensione di un chicco di riso. Quindi la cagliata viene raccolta facendola sedimentare sul fondo della caldaia con l’aiuto di un limitato innalzamento termico, fino a 40-42°C. La cagliata dopo essere raccolta viene posta ad acidificare, una volta affettata e sbriciolata, a temperatura ambiente in un recipiente di legno per una mezza giornata. Raggiunto il giusto grado di acidificazione, le fette di cagliate vengono immesse in acqua corrente fredda per circa 24 ore, quindi si effettua la filatura in appositi recipienti o tini di legno. La salatura è effettuata in salamoia.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: “Caccamo”, “Caccavo”: caldaie in rame stagnate, “Miscu”: bastone in legno di fico, canestri di giunco, tavoli spersori in legno, sciumarola in latta forata.
STRUMENTI UTILIZZATI: Lira, pentoloni in acciaio.
MACCHINARI UTILIZZATI: Pastorizzatori.
LOCALI: Si possono distinguere caseifici aventi struttura e capacità produttiva industriale e caseifici non aventi strutture e capacità produttive. E’ quest’ultimo il caso dei laboratori artigianali annessi agli allevamenti. Tali caseifici rispondono ai requisiti igienico sanitari e strutturali minimi individuati dal DPR 327/80 integrati in parte da quanto disposto del DPR 54/97 relativamente alle condizioni generali degli stabilimenti di trasformazione (per quelle parti applicabili ai laboratori di limitate capacità produttive), nonché per la parte riguardante l’igiene del personale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il tipo di lavorazione si tramanda nell’ambito familiare o più comunemente tra “caporale e caporale” (capo di un gruppo di lavoratori agricoli, responsabile della trasformazione del latte nei grandi allevamenti del crotonese).
Riferimenti storici:
– AA.VV. – Atlante dei prodotti tipici: i formaggi, a cura dell’INSOR – Milano 1990, Angeli Ed.;
– CNR – I prodotti caseari del Mezzogiorno, Progetto strategico – Milano 1992 ARSSA.

AREA DI PRODUZIONE: Provincia di Cosenza e di Catanzaro.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Provola

Territorio interessato alla produzione: Tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte fresco vaccino, caglio, sale.
FORMA: Allungata e affusolata alle estremità.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro 20 cm. e lunghezza 6 cm.
PESO MDIO: D 500 gr. a 1 Kg.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Di latte fresco.
COLORE: Giallo paglierino.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il latte utilizzato è di provenienza vaccina, munto per metà la sera precedente e per metà la mattina della lavorazione. Al latte pastorizzato viene aggiunto del caglioliquido. Dopo la rottura della cagliata ed un breve riposo si procede all’estrazione del siero. Si lascia maturare la pasta tagliata a pezzi per tre-quattro giorni a temperatura ambiente. La filatura avviene con acqua a 80°C, durante la quale si da alla provola la tipica forma lunga affusolata, mentre la salatura si effettua in salamoia per circa 12 ore. Terminata questa fase, la provola viene inserita in retine contenitrici ed appesa a coppie su bastoni orizzontali. Matura in pochi giorni in ambiente fresco ed aerato.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: 4-5 giorni in ambienti freschi ed aerati.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavolo in acciaio, retine contenitrici.
STRUMENTI UTILIZZATI: Lira, pentoloni in acciaio.
LOCALI: Si possono distinguere caseifici aventi struttura e capacità produttiva industriale e caseifici non aventi strutture e capacità produttive. E’ quest’ultimo il caso dei laboratori artigianali annessi agli allevamenti. Tali caseifici rispondono ai requisiti igienico sanitari e strutturali minimi individuati dal DPR 327/80 integrati in parte da quanto disposto del DPR 54/97 relativamente alle condizioni generali degli stabilimenti di trasformazione (per quelle parti applicabili ai laboratori di limitate capacità produttive), nonché per la parte riguardante l’igiene del personale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il nome provola è sinonimo in Calabria di “caciocavallo”. Provola è denominata nelle zone del Catanzarese e del Reggino, “caciocavallo” nelle zone del Crotonese e del Cosentino.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Rasco

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte vaccino di razza podolica allevata al pascolo, sale, caglio.
FORMA: Cilindrica leggermente schiacciata.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MESIO: 500-700 gr,
SAPORE: Dolce di latte appena munto.
ODORE: Delicato.
COLORE: Bianco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Al latte intero di podolica filtrato e riscaldato a 36-38°C, si aggiunge caglio di capretto in pasta (circa 30 gr./q.le) e, quando la cagliata raggiunge la giusta consistenza, si procede alla rottura con un bastone di legno (miscu) o con le mani.
Si tratta quindi di una rottura poco energica e molto grossolana, effettuata a freddo ed al termine della quale devono coesistere grani della grandezza della fava e del granturco. Se necessario al momento della raccolta della cagliata si da la “calda”, cioé la giusta temperatura, per consentire l’ottimale coesione dei grani. L’incremento di temperatura è ottenuto mediante aggiunta, direttamente in caldaia, di acqua a 85-90°C. Segue il riempimento delle fiscelle senza alcuna operazione di “frugatura” ma con una lieve pressatura eseguita con le mani. Le forme vengono rivoltate dopo alcuni minuti e successivamente calate in siero caldo (circa 60°C) per favorire la chiusura della pasta. Dopo 8-10 ore dalla fine della lavorazione il formaggio viene tolto dalle fiscelle e cosparso con sale fino su tutta la superficie. Una seconda salatura viene eseguita dopo 24 ore dalla fine della lavorazione.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da marzo a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Legno e vimini.
STRUMENTI UTILIZZATI: Fiscelle, “miscu”, caldaia e strumenti vari.
MACCHINARI UTILIZZATI: Legna per il fuoco.
LOCALI: Caseifici artigianali annessi agli allevamenti.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il rasco ha antiche origini individuabili nel caseificio vaccino delle grosse mandrie di podolica (vaccarizzi), dove era prodotto in alternativa alle paste filate quali il caciocavallo, i butirri ed il fior di latte. Questo formaggio era considerato un prodotto di pregio da dare in omaggio in particolari occasioni quali le festività natalizie.
I proprietari delle mandrie, rappresentati in Calabria da nobili proprietari terrieri, ordinavano ai propri “caporali”, un certo quantitativo di raschi ottenuti in più lavorazioni successive.
Poichè si usava “rascare la caldaia” o “fare la rascata”, il prodotto che si otteneva era il Rasco, cioè quella parte di coagulato che veniva raschiato, nel senso di tolto via, mentre la rimanente cagliata veniva normalmente lavorata a pasta filata. Da qui l’origine del nome che troverebbe la sua radice dal verbo “rado-radere” che diventava “rascolare” in latino volgare.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto in testi calabresi di storia delle tradizioni popolari.
AREA DI PRODUZIONE: Crotonese e Comune di Borgia (CZ).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pecorino con il pepe

Materia prima: latte ovino e/o caprino, da razze miste. Alimentazione: pascolo estensivo naturale.

Tecnologia di lavorazione: la stessa del Pecorino. Nel momento della messa in forma della cagliata viene aggiunto il pepe nero in grani. Matura in un mese, in ambiente fresco e buio.

Stagionatura: da 3-4 mesi, fino ad un anno circa, in ambiente a temperatura costante. Resa 18%.

Caratteristiche del prodotto finito: peso: Kg 1-2,5; forma: cilindrica; crosta: dura, rigata, di colore bianco crema o giallo paglierino; pasta: compatta, morbida, di colore bianco o giallina cosparsa di grani di pepe nero; sapore: pieno, sapido, fortemente aromatizzato.

Area di produzione: in tutta la Regione; rinomato quello prodotto nel Crotonese (CZ).

Calendario di produzione: dicembre, giugno-luglio.

Furmaggiu du quagliu

Materia prima: latte 70% ovino, 30% caprino, da razze miste. Alimentazione: pascolo estensivo naturale integrato da mangimi.

Tecnologia di lavorazione: la stessa del Pecorino, varia solo la qualità del caglio in pasta il cui eccesso, durante la stagionatura (secondo il parere degli intervistati) favorirà la comparsa di piccoli vermi bianchi. In realtà il formaggio viene attaccato dalla “Piophila Casei” o mosca del formaggio. Matura in un mese circa, in ambiente fresco. Resa 18%.

Stagionatura: 4-5 mesi circa.

Caratteristiche del prodotto finito: peso: Kg 1-3; forma: cilindrica, scalzo dritto; crosta: dura, colore giallo oro con macchie scure, se pressata con il dito fuoriescono piccoli vermetti bianchi saltellanti; pasta: disseminata di fori procurati dal verme; sapore: marcatamente piccante, che dà un senso di bruciore al palato.

Area di produzione: tutta la Calabria, soprattutto fatto dai pastori.

Calendario di produzione: da novembre a giugno.

Pecorino primo sale

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte di pecora, latte di capra, caglio in pasta di capretto, sale.
FORMA: Rotonda.
DIMENSIONI MEDIE: 20-25 cm. di diametro.
PESO MESIO: 1-1,5 chili al pezzo.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Tipico.
COLORE: Bianco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO. Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si ottiene la coagulazione del latte alla temperatura di 36-38 gradi con caglio in pasta di capretto, in modo che la coagulazione si concluda in un tempo totale di 40-50 minuti. Successivamente la cagliata si rompe in granuli di dimensioni del chicco di riso e, agitando continuamente la massa la si sottopone a cottura alla temperatura di 42-44°C e per 5-6 minuti. La cagliata si lascia depositare sul fondo, dopodicché viene estratta a pezzi, messa nelle fuscelle e pressata con le mani per eliminare il siero. Dopo tre giorni di sgrondo le forme vengono salate a secco. Il prodotto matura dopo 15 giorni in ambiente fresco.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da ottobre a luglio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto, riposto su scaffali in ambienti umidi ed a una temperatura sui 4-8 gradi, matura dopo 15 giorni.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Canestri contenitori, tavole dilegno.
STRUMENTI UTILIZZATI: Mestoli, colini, caldaie di rame stagnato.
LOCALI: Laboratori maiolicati e rispondenti alla normativa igienico-sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il pecorino rappresenta un tipico prodotto calabrese. E’ un formaggio che si ottiene dalla lavorazione del latte di pecora e di capra miscelato, quest’ultimo in aggiunta fino ad un massimo del 20%. Il latte va utilizzato subito dopo ogni mungitura, eccetto che nei mesi invernali quando al latte del mattino può essere aggiunto quello della sera. Notizie documentabili sul pecorino si hanno a partire dal 1500, ma risale al 1759 il documento più interessante che testimonia l’arte antica di trasformare il latte. Quest’ultimo descrive in poche righe molte caratteristiche del particolare e gustoso formaggio a coagulazione presamica, rotto in piccoli grani con il bastone, semi-cotto e del peso poco inferiore ai 2 Kg.: “primo, che detto formaggio deve essere d’ogni bontà e qualità, non rotto, non buffato, non crepato, ma sano ed intero, e che il latte sia rotto tenerello, e di mestolo e di quaglio e di collasolita vampata, e di peso di libbre 5,5 a pezza.”
Riferimenti storici:
– Achille Bruni – Nuova Enciclopedia Agraria, VOL III – Napoli, 1859;
– CNR – I prodotti caseari del Mezzogiorno, Progetto strategico – Milano 1992 ARSSA.

AREA DI PRODUZIONE: Provincia di Catanzaro e di Crotone.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pecorino crotonese

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte di pecora, latte di capra (non superiore al 20%), caglio in pasta di capretto, sale.
FORMA: Rotonda.
DIMENSIONI MEDIE: 20-35 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Dai 2 ai 3 chili al pezzo.
SAPORE: Piccante.
ODORE: Tipico.
COLORE: Bianco-giallognolo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si ottiene la coagulazione del latte alla temperatura di 36-38 gradi con caglio in pasta di capretto, in modo che la coagulazione si concluda in un tempo totale di 40-50 minuti. Successivamente la cagliata si rompe in granuli di dimensioni del chicco di riso e, agitando continuamente la massa la si sottopone a cottura alla temperatura di 42-44°C e per 5-6 minuti. Una volta che la cagliata si è unita in un unico aggregato si estrae in pezzi e la si deposita nelle tipiche forme a canestro, che successivamente devono essere pressate per favorirne la fuoriuscita del siero in eccesso. Le forme così ottenute, infine si immergono nuovamente nel siero caldo (a 50-55°C), in maniera tale da favorire la perfetta chiusura delle forme stesse. Per quanto riguarda la salatura, questa si può fare sia a secco che in salamoia: nel primo caso, si protrae per diversi giorni, che variano a secondo delle dimensioni e della forma; nel secondo caso si ha per immersione delle forme in salamoia.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da ottobre a luglio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto, riposto su saffali in ambienti umidi ed a una temperatura sui 4-8 gradi in cantine o magazzini non condizionati. Viene stagionato per un periodo variabile dai due ai sette mesi. Nel pecorino da grattugia la stagionatura dura oltre un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Canestri contenitori, tavole in legno.
STRUMENTI UTILIZZATI: Mestoli, colini, caldaie di rame stagnato.
LOCALI: Si possono distinguere caseifici aventi struttura e capacità produttiva industriale e caseifici non aventi strutture e capacità produttive. E’ quest’ultimo il caso dei laboratori artigianali annessi agli allevamenti. Tali caseifici rispondono ai requisiti igienico sanitari e strutturali minimi individuati dal DPR 327/80 integrati in parte da quanto disposto del DPR 54/97 relativamente alle condizioni generali degli stabilimenti di trasformazione (per quelle parti applicabili ai laboratori di limitate capacità produttive), nonché per la parte riguardante l’igiene del personale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il pecorino rappresenta il principale prodotto lattiero-caseario ottenuto in tutta la provincia di Crotone. E’ un formaggio a pasta dura, semi-cotto, che si ottiene dalla lavorazione del latte di pecora e di capra miscelato, quest’ultimo in aggiunta fino ad un massimo del 20%. Il latte va utilizzato subito dopo ogni mungitura, eccetto che nei mesi invernali quando al latte del mattino può essere aggiunto quello della sera. Notizie documentabili sl pecorino si hanno a partire dal 1500, ma risale al 1759 il documento più interessante che testimonia l’arte antica di trasformare il latte. Quest’ultimo descrive in poche righe molte caratteristiche del particolare e gustoso formaggio a coaugulazione presamica, rotto in piccoli grani con il basone, semi-cotto e del peso poco inferiore ai 2 Kg.: “primo che detto formaggio deve essere d’ogni bontà e qualità, non rotto, non buffato, non crepato, ma sano ed intero, e che il latte sia rotto tenerello, e di mescolo e di quaglio e di collasolita vampata, e di peso di libbre 5,5 a pezza”.

AREA DI PRODUZIONE: Province di Crotone, Catanzaro e Cosenza.
Oltre che nella provincia di Crotone, il pecorino viene prodotto in quasi tutta la provincia di Catanzaro e buona parte di quella di Cosenza (tutta la zona silana e le aree contigue).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Canestrato

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte crudo caprino, ovino e vaccino, caglio in pasta di capretto, sale.
FORMA: Rotonda.
DIMENSIONE MEDIE: 10-15 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Circa un chilogrammo.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Tipico.
COLORE: Bianco, tendente al giallo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La temperatura di coagulazione è compresa tra i 30 e 38°C, utilizzando caglio di capretto o agnello in pasta. In una particolare area di produzione, sul verante tirrenico dell’Aspromonte, si utilizza un caglio liquido di capretto ricavato dalla manipolazione dei caglioli tenuti in salamoia.
Una volta ottenuto il coagulo della giusta consistenza si attua la rottura fino ad ottenere granuli della dimensione di un chicco di riso.
La messa in forma è effettuata con una pressatura molto spinta ed una leggera frugatura. La salatura è a secco. Al principiare dell’estate, il sale viene aggiunto già al momento della rottura della cagliata.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da ottobre a luglio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Generalmente è molto breve (qualche settimana), ma può essere portata a qualche mese. La stagionatura è attuata in magazzini e cantine non condizionate.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli spersori, caldaie, attrezzo per la rottura della cagliata, recipienti per la filatura.
STRUMENTI UTILIZZATI: Mestoli, colini, caldaie di rame stagnate.
LOCALI: Si possono distinguere caseifici aventi struttura e capacità produttiva industriale e caseifici non aventi strutture e capacità prdoduttive. E’ quest’ultimo il caso dei laboratori artigianali annessi agli allevamenti. Tali caseifici rispondono ai requisiti igienico sanitari e strutturali minimi individuati dal DPR 327/80 integrati in parte da quanto disposto del DPR 54/97 relativamente alle condizioni generali degli stabilimenti di trasformazione (per quelle parti applicabili ai laboratori di limitate capacità produttive), nonché per la parte riguardante l’igiene del personale.

Elementi che comprovano la tradizionalità:

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Musulupu dell’Aspromonte

Nome dialettale: MUSULUCU

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte di pecore e capre allevate al pascolo, sale, caglio.
FORMA: Di stampe varie.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Da 700 gr. a 4 Kg.
SAPORE: Dolce di latte appena munto.
ODORE: Tradizionale.
COLORE: Eburneo avorio.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La lavorazione prevede l’uso di latte di due mungiture e di caglio in pasta o liquido, aggiunto alla temperatura di 26-30°C e lasciato agire per 1 ora. Avvenuta la coagulazione, ed al termine della fase di rassodamento, si procede alla rottura del coagulo fino alle dimensione di un chicco di riso. Dopo la sedimentazione la cagliata viene trasferita direttamente negli stampi, attuando una leggera pressatura manuale per garantire lo spurgo attraverso i fori di cui essi sono dotati.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da marzo a settembre.
CONSERVAZIONE: Il musulupo è un prodotto che può essere conservato solo pochi giorni. Non subisce alcuna salatura.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli, spersori.
STRUMENTI UTILIZZATI: Musulupara (stampo), caldaia e strumenti vari.
MACCHINARI UTILIZZATI: Fornello a gas e/o legna per il fuoco.
LOCALI: Caseifici artigianali annessi agli allevamenti.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il termine Musulupu o Musuluco deriverebbe secondo alcuni studiosi alla lingua romanza latina dialettale usata in loco, mentre per gli altri avrebbe origine dalla lingua grecanica o, addirittura dall’arabo, e significherebbe “boccone del lupo”.
La particolarità è rappresentata dalla “Musulupara”, cioè lo stampo di legno, spesso gelso, in ui viene collocato il coaugulo. Essa si presenta sotto varie forme, dalla coppa semisferica rappresentante il seno di una donna, al profilo in miniatura di una figura femminile. Sono utilizzate anche altre forme riccamente intarsiate a loro interno. Fino a pochi anni fa i pastori producevano il “Musulupu” soprattutto in concomitanza della Pasqua per regalarlo, come segno di riguardo, ai padroni (i gnuri). Ancora oggi, con il termine Musulupu, si indica una piccola porzione di cagliata che, durante il trasferimento dalla caldaia alla fascella, il pastore manipola e offre, come segno di benvenuto, agli astanti.
La tradizionalità è comprovata presso testi calabresi di storia delle tradizioni popolari.

AREA DI PRODUZIONE: Comuni interni del versante jonico reggino (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pecorino della Locride

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATO: Latte di pecora, latte di capra, caglio in pasta di capretto, sale.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: 20-25 cm. di diametro.
PESO MEDIO: 1-1,5 chili al pezzo.
SAPORE: Forte burroso.
ODORE: Tipico.
COLORE: Bianco-giallognolo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si ottiene la coaugulazione del latte alla temperatura di 36-38 gradi con caglio in pasta di capretto, in modo che la coagulazione si concluda in un tempo totale di 40-50 minuti. Successivamente la cagliata si rompe in granuli di dimensioni del chicco di riso e, agitando continuamente la massa la si sottopone a cottura alla temperatura di 42-44°C e per 5-6 minuti. La cagliata si lascia depositare sul fondo, dopodicché viene estratta a pezzi, messa nelle fuscelle e pressata con le mani per eliminare il siero.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da ottobre a luglio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto, riposto su scaffali in ambienti umidi ed a una temperatura sui 4-8 gradi, inizia a maturare dopo 15 giorni.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Canestri contenitori, tavole di legno.
STRUMENTI UTILIZZATI: Mestoli, colini, caldaie di rame stagnate, fuscelle.
LOCALI: Caseifici artigianali annessi agli allevamenti.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il pecorino rappresenta un tipico prodotto calabrese. E’ un formaggio che si ottiene dalla lavorazione del latte di pecora e di capra miscelato, quest’ultimo in aggiunta fino ad un massimo del 20%. Il latte va utilizzato subito dopo ogni mungitura, eccetto che nei mesi invernali quando al latte del mattino può essere aggiunto quello della sera. Notizie documentabili sul pecorino si hanno a partire dal 1500, ma risale al 1759 il documento più interessante che testimonia l’arte antica di trasformare il latte. Quest’ultimo descrive in poche righe molte caratteristiche del particolare e gustoso formaggio a coagulazione presamica, rotto in piccoli grani con il bastone, semi-cotto e del peso poco inferiore ai 2 Kg.: “primo, che detto formaggio deve essere d’ogni bontà e qualità, non rotto, non buffato, non crepato, ma sano ed intero, e che il latte sia rotto tenerello, e di mescolo e di quaglio e di collasolita vampata, e di peso di libbre 5,5 a pezza.”
Riferimenti storici:
– Achille Bruni – Nuova Enciclopedia Agraria, Vol. III – Napoli, 1859;
– CNR – I prodotti caseari del Mezzogiorno, Progetto strategico – Milano 1992 ARSSA.

AREA DI PRODUZIONE: Locride (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pecorino della vallata “Stilaro Allaro”

Territorio interessato alla produzione: Provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte ovi-caprino proveniente da razze locali alimentate principalmente da pascoli.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: 1-2 Kg.
SAPORE: Burroso delicato.
ODORE: Equilibrato e gradevole.
COLORE: Bianco-giallognolo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il latte ovi-caprino crudo e di due mungiture (sera e mattino), una volta filtrato viene coagulato ad una temperatura di 30-35°C utilizzando caglio artigianale in pasta ottenuto solo dalla gemma di latte che si trova nell’abomaso dei capretti senza l’ausilio delle pellette. Detta gemma di latte viene addizionata con sal o aceto. Di questo caglio se ne utilizza una quantità tale da avere la coagulazione in un’ora circa. La rottura della cagliata, che viene eseguita con un rudimentale attrezzo di legno di erica (u minaturu), è piuttosto spinta. Infatti, la cagliata viene rotta finemente e raccolta a freddo sul fondo della caldaia, e da qui, dopo una lunga ed accurata pressatura, viene trasferita nelle fiscelle. Successivamente, la forma, viene salata a secco e poi trasferita nel locale di stagionatura.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Gennaio-luglio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: 8 – 10 mesi.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Legno, vimini.
STRUMENTI UTILIZZATI: U minatutu, fiscelle, mestoli di legno.
MACCHINARI UTILIZZATI: Attrezzatura da caseificio.
LOCALI: Caseifici artigianali annessi agli allevamenti.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Le origini del pecorino della vallata “Stilaro-Allaro” si collocano in un passato piuttosto remoto, come d’altronde la maggior parte dei formaggi prodotti nell’alto jonio reggino.
L’area, da sempre vocata alla pastorizia (si allevano razze locali di pecore e capre), trova nella trasformazione del latte ovi-caprino la principale fonte di sostentamento per le famiglie contadine.
Le tecniche sono rimaste pressocché invariate nel tempo, ma sono migliorati i sistemi di produzione che rendono questo formaggio tra i più graditi al palato.
Le condizioni ambientali della zona di produzione sono quelle tipiche del clima mediterraneo, caratterizzato da estati caldo asciutte e da stagioni autunno-invernali miti e piovose. Esse determinano lo sviluppo di una vegetazione spontanea tipica dell’area mediterranea, che costituisce la base pascolativa nel peiodo primaverile estivo e che è particolarmente ricca in graminacee come gramigna e avena, e di leguminose quali ginestrino e trifoglio.
AREA DI PRODUZIONE: Alto jonio reggino.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Caprino dell’Aspromonte

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte di capra, caglio, sale.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro circa 20 cm., altezza circa 7 cm.
PESO MEDIO: 1-1,5 Kg.
SAPORE: Dolce e acidulo per i formaggi fino a 20-30 giorni di stagionatura; Piccante per i formaggi stagionati a 4-5 mesi.
ODORE: Lattico nel fresco ed intenso nello stagionato.
COLORE: Bianco per i formaggi fino a 30 giorni e giallo paglierino per quelli di 4-5 mesi.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
TECNICHE DI PRODUZIONE: Il formaggio, viene prodotto in allevamento, da latte crudo.
– La mungitura è manuale e viene eseguita nell’ovile la mattina e la sera.
– Il latte viene conservato, a temperatura ambiente, nei locali adibiti alla trasformazione oppure viene lasciato per tutta la notte nei secchi appesi all’esterno dell’olivo.
– La filtrazione del latte avviene tramite colino a maglie fitte nel momento in cui viene versato nella caldaia di caseificazione.
– La lavorazione avviene dopo aver miscelato in caldaia il latte della mungitura della sera precedente con il latte del mattino e riscaldato a fuoco diretto (27-34°C). Dopo 30-40 minuti dall’aggiunta del caglio in pasta di capretto preparato dagli stessi pastori (preventivamente diluito in acqua tiepida), la cagliata viene rotta manualmente, con un bastone tondo, per 2-4 minuti fino alle dimensioni di un chicco di riso. La cagliata viene lasciata spontaneamente sedimentate esercitando, di tanto in tanto, una leggera pressione con le mani per favorire il compattamento sul fondo della caldaia. Il tempo complessivo di lavorazione in caldaia è di circa 60-70 minuti.
– La cagliata viene manualmente posta nelle fiscelle (canestri) di giunco, poste su tavolati con una lieve pendenza per favorire lo spurgo e la raccolta del siero, per poi essere pressata manualmente. La cagliata della fiscella viene rivoltata più volte al fine di prendere forma e consistenza per poi disporci sopra dei pesi per facilatare un ulteriore spurgo.
– La salutara avviene a secco, subito e dopo 24 ore strofinando la forma con sale fino.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da gennaio , dopo la vendita dei capretti, alla fine di giugno, momento in cui le capre vanno in asciutta.
STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Le forme vengono stagionate su ripiani in canne o in legno, con frequenti rivoltamenti e pulitura delle stesse. La stagionatura è breve (20-30 giorni), per il prodotto venduto allo stato fresco, mentre una piccola parte di produzione viene stagionata 4-5 mesi come prodotto da grattugia.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Caldaia di rame stagnato o di alluminio, contenitori in acciaio e/o plastica adibiti al trasporto del latte, fiscelle per modellare la cagliata, scodelle piatte e cave, tavola (delimitata da una canaletta per la raccolta del siero) sulla quale si pone il formaggio ancora in fiscelle, diversi tipi di spini, ritella.
LOCALI: L’allevatore per la caseificazione utilizza strutture nei pressi dell’ovile e talvolta locali annessi alle abitazioni.

Elementi che comprovano la tradizionalità:
AREA DI PRODUZIONE: La maggior parte degli allevamenti sono presenti nel comprensorio aspromontano della fascia jonica della provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Formaggio caprino della Limina

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Il formaggio caprino della Limina si ottiene esclusivamente al latte di capra di razza indigena.
FORMA: Rotonda.
PESO MEDIO: Mezzo Kg.
SAPORE: Forte tendenzialmente piccante, varia di intensità con il mutare delle stagioni.
ODORE: Il profumo è intenso e persistente.
COLORE: Il colore esterno è giallo chiaro, l’interno è bianco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si versa il latte caprino appena munto in un pentolone. Si scioglie il caglio (prodotto ottenuto nell’ambito dell’azienda stessa, ricavato dallo stomaco dei capretti e messo a stagionare) in poca acqua e lo si versa nel latte ancora crudo. Si mescola il tutto e lo si lascia cuocere un’ora circa. Quando il contenuto si addensa, si mescola con un cucchiaio di legno, fino a che non diventa di nuovo liquido.
Piano piano si estrae il formaggio separato dalla “lacciata” (latte sgrassato) con le mani e lo si mette dentro le forme di giunco comprimendolo fino a quando non è ben scolato. Dopo di che si rimette nella forma per un giorno ancora, quindi la si toglie e la si lascia stagionare. Hanno inizio, a questo punto, le oparazioni di cura e di protezione del formaggio, cospargendo un velo d’olio di oliva sull’intera superficie. Queste particolari tecniche di produzione fanno del formaggio caprino della Limina un prodotto tipico di grande pregio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: 8-12 mesi nelle cantine e nei bassi dove viene costantemente curato attraverso l’emulsione di olio di oliva e di aceto.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI E ATTREZZATURE UTILIZZATE: Pentoloni di acciaio e cucchiai di legno di erica, contenitori del formaggio che si chiamano “fasceji” (fatte di giunco) di forma rotonda, “masterja” (tavola usata a mò di gocciolatoio per la premitura del formaggio, “culaturi” (scolino in acciaio per filtrare il latte), “minatori” (bastoncino di legno a punta ramificata).

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il formaggio caprino della Limina si ottiene dal latte della capre di varie razze indigine raggruppate in mandrie e condotte giornalmente in pascoli col sistema brado, allevate nelle zone montane e collinari. Questi animali si adattano bene al clima locale, hanno un’ottima resa e, grazie anche alla grande varietà di erbe presenti nei pascoli, il latte prodotto è di alta qualità. La commercializzazione del caprino viene fatta direttamente dai produttori e attraverso i negozi locali. Essendo molto richiesto non riesce a soddisfare la domanda.
Negli ultimi anni la produzione di caprino è diminuita in quanto alcuni allevatori hanno sostituito le capre con le vacche da latte, perché ritenute più redditizie. E’ tradizione che i pastori, così come veniva fatto nel passato, paghino il fitto dei pascoli con adeguata quantità di formaggio. Il caprino, considerato il più antico dei formaggi, deve essere conservato per circa 8-12 mesi, al fine di essere stagionato, nelle cantine e nei bassi dove viene costantemente curato attraverso l’emulsione di olio di oliva e di aceto. Alle volte si aggiunge un pò di pepe macinato.
Il formaggio caprino della Limina viene utilizzato nei piatti tipici calabresi: in particolare per la realizzazione delle melanzane ripiene (ricetta tipica del territorio), grattugiato sulle paste casereccie, nella preparazione delle polpette, nelle frittate e nei ripieni in genere.
Il formaggio varia di sapore a seconda della durata della stagionatura. Viene usato anche come antipasto e a fine pasto degustato con vini calabresi locali.
AREA DI PRODUZIONE: Il territorio interessato dalla produzione è quello dei comuni appartenenti alla Comunità Montana della Limina: Mammola, Grotteria, San Giovanni di Gerace, Martone, Gioiosa Jonica, Canolo, Gerace, ed i comuni limitrofi di Marina di Gioiosa Jonica, Siderno e Agnana Calabra.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Ricotta affumicata

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Siero di latte ovino, caprino, vaccino (proveniente da razze miste alimentate dal pascolo estensivo naturale), sale, latte (dal 10 al 20%).
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONE MEDIE: 20 cm. di lunghezza, 10 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Dai 250 ai 300 gr.
SAPORE: Latte affumicato.
ODORE: Affumicato.
COLORE: Bianca all’interno, sui toni del marrone la crosta.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si riscalda il latte portato alla temperatura di circa 80-90 gradi, in una caldaia di rame stagnato (detta caccamo) aggiungendo il siero e il sale. Si mescola il tutto con un bastone di legno fino a fare emergere i fiocchi di lattalbumina. Gli stessi vengono messi nelle fuscelle di giunco intrecciato e lasciati spurgare per un’intera giornata.
La pasta nei contenitori viene poi salata e messa su graticci ad essiccare ed affumicare per cicli di almeno 3 giorni. L’affumicatura e l’essiccazione si prolungano per qualche settimana. La stagionatura minima è di 2 mesi ed avviene in un ambiente fresco al buio.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Le ricotte vengono leggermente salate e poste sopra i “cannizzi” ed affumicate per qualche giorno utilizzando preferibilmente legna di arancio. La riduzione del peso può raggiungere il 40-50%. Si stagionano da 1 a 2 mesi per utilizzarli da grattugia.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Fuscelle di vimini, graticci o ceste.
STRUMENTI UTILIZZATI: Bastoni di ferla o mestoloni, colino, caldaia di rame stagnato.
LOCALI: Si possono distinguere caseifici aventi struttura e capacità produttiva industriale e caseifici non aventi strutture e capacità produttive. E’ quest’ultimo il caso dei laboratori artigianali annessi agli allevamenti. Tali caseifici rispondono ai requisiti igienico sanitari e strutturali minimi individuati dal DPR 327/80 integrati in parte da quanto disposto del DPR 54/97 relativamente alle condizioni generali degli stabilimenti di trasformazione (per quelle parti applicabili ai laboratori di limitate capacità produttive), nonché per la parte riguardante l’igiene del personale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Tradizionalmente una parte della ricotta ottenuta dalla lavorazione del latte viene consumata fresca o sottoposta ad affumicatura e stagionatura. Tale consuetudine nasceva dall’esigenza di conservare la parte di prodotto fresco che non si riusciva a collocare tempestivamente sul mercato. E’ un prodotto calabrese di largo uso e consumo la cui quantità di produzione, nelle sue diverse varianti, è di difficile stima perché spesso lavorata dagli stessi allevatori e venduta direttamente.
Le modalità di consumo variano secondo la stagionatura del prodotto: se è poco stagionata (morbida) viene tagliata a fette e consumata come antipasto o contorno; se stagionata (dura) viene grattugiata su piatti tipici di pasta.
Riferimenti storici:
– Achille Bruni – Nuova Enciclopedia Agraria, VOL. III – Napoli, 1859;
– CNR – I prodotti caseari del Mezzogiorno, Progetto strategico – Milano 1992;
– G. Rohlfs – Dizionarlo dialettale della Calabria – Longo Editore, Ravenna Ultima edizione 1990;
– R. Cerchiara – Il caseificio nella provincia di Cosenza – Tipografia La Veloce, Cosenza 1931.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Ricotta

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Siero di latte ovino, caprino, vaccino (proveniente da razze miste alimentate dal pascolo estensivo naturale), sale, latte (dal 10 al 20%).
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONE MEDIE: 20 cm. di lunghezza, 10 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Dai 300 ai 500 gr.
SAPORE: Latte.
COLORE: Bianca.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La ricotta si ottiene per coagulazione termoacida del siero addizionato del latte. La temperatura di “coagulazione” è in funzione della quantità di latte aggiunto e dell’acidità della miscela. In ogni caso essa è compresa tra 78°C e 90°C. La ricotta si consuma fresca.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Fuscelli di vimini, graticci e ceste.
STRUMENTI UTILIZZATI: Bastoni di ferla o mestoloni, colino, caldaia di rame stagnato.
LOCALI: Si possono distinguere caseifici aventi struttura e capacità produttiva industriale e caseifici non aventi strutture e capacità produttive. E’ quest’ultimo il caso dei laboratori artigianali annessi agli allevamenti. Tali caseifici rispondono ai requisiti igienico sanitari e strutturali minimi individuati dal DPR 327/80 integrati in parte da quanto disposto del DPR 54/97 relativamente alle condizioni generali degli stabilimenti di trasformazione (per quelle parti applicabili ai laboratori di limitate capacità produttive), nonché per la parte riguardante l’igiene del personale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Tradizionalmente una parte della ricotta ottenuta dalla lavorazione del latte viene consumata fresca o sottoposta ad affumicatura e stagionatura. Tale consuetudine nasceva dall’esigenza di conservare la parte di prodotto fresco che non si riusciva a collocare tempestivamente sul mercato. E’ un prodotto calabrese di largo uso e consumo la cui quantità di produzione, nelle sue diverse varianti, è di difficile stima perché spesso lavorata dagli stessi allevatori e venduta direttamente.
Le modalità di consumo variano secondo la stagionatura del prodotto: se è poco stagionata (morbida) viene tagliata a fette e consumata come antipasto o contorno; se stagionata (dura) viene grattugiata su piatti tipici di pasta.
Riferimenti storici:
– Achille Bruni – Nuova Enciclopedia Agraria, VOL. III – Napoli, 1859;
– CNR – I prodotti caseari del Mezzogiorno, Progetto strategico – Milano 1992;
– G. Rohlfs – Dizionarlo dialettale della Calabria – Longo Editore, Ravenna Ultima edizione 1990;
– R. Cerchiara – Il caseificio nella provincia di Cosenza – Tipografia La Veloce, Cosenza 1931.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Ricotta di pecora

Nome dialettale: RICOTTA FRISCA ‘I PIACURA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Latte di pecora proveniente da razze miste alimentate da pascolo estensivo naturale, sale, siero di latte di pecora.
FORMA: Cilindrica o a tronco di cono di consistenza cremosa.
DIMENSIONE MEDIE: 20-25 cm. di lunghezza, 10-15 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Da 500 gr. a 1 Kg.
SAPORE: Dolce cremosa.
ODORE: Tipico.
COLORE: Bianco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si riscalda il siero portato alla temperatura di circa 80-90 gradi, in una caldaia di rame stagnato (detta caccamo) aggiungendo il latte e il sale. Si mescola il tutto con un bastone di legno fino a fare emergere i fiocchi di lattalbumina. Gli stessi vengono messi nelle fuscelle di giunco intrecciato o foglie di fico e lasciati spurgare per un’intera giornata. In alternativa, dopo il coagulo, si aggiunge acqua fresca con immersi rametti di fico appena tagliati.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da ottobre a luglio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Fuscelle di vimini, foglie e rametti di fico.
STRUMENTI UTILIZZATI: Bastoni di ferla o mestoloni, colino, caldaia di rame stagnato.
LOCALI: Si possono distinguere caseifici aventi struttura e capacità produttiva industriale e caseifici non aventi strutture e capacità produttive. E’ quest’ultimo il caso dei laboratori artigianali annessi agli allevamenti. Tali caseifici rispondono ai requisiti igienico sanitari e strutturali minimi individuati dal DPR 327/80 integrati in parte da quanto disposto del DPR 54/97 relativamente alle condizioni generali degli stabilimenti di trasformazione (per quelle parti applicabili ai laboratori di limitate capacità produttive), nonché per la parte riguardante l’igiene del personale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Tradizionalmente una parte della ricotta ottenuta dalla lavorazione del latte viene consumata fresca o sottoposta ad affumicatura e stagionatura. Tale consuetudine nasceva dall’esigenza di conservare la parte di prodotto fresco che non si riusciva a collocare tempestivamente sul mercato. E’ un prodotto calabrese di largo uso e consumo la cui quantità di produzione, nelle sue diverse varianti, è di difficile stima perché spesso lavorata dagli stessi allevatori e venduta direttamente.
Riferimenti storici:
– Achille Bruni – Nuova Enciclopedia Agraria, VOL. III – Napoli, 1859;
– CNR – I prodotti caseari del Mezzogiorno, Progetto strategico – Milano 1992;
– G. Rohlfs – Dizionarlo dialettale della Calabria – Longo Editore, Ravenna Ultima edizione 1990;
– R. Cerchiara – Il caseificio nella provincia di Cosenza – Tipografia La Veloce, Cosenza 1931.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Ricotta di Capra affumicata

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Siero di latte caprino (proveniente da razze miste alimentate dal pascolo estensivo naturale), sale, latte.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONE MEDIE: 20 cm. di lunghezza, 10 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Dai 300 ai 500 gr.
SAPORE: Tipico.
ODORE: Affumicato.
COLORE: Bianca all’interno, sui toni del marrone la crosta.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si riscalda il latte portato alla temperatura di circa 80-90 gradi, in una caldaia di rame stagnato (detta caccamo) aggiungendo il siero e il sale. Si mescola il tutto con un bastone di legno fino a fare emergere i fiocchi di lattalbumina. Gli stessi vengono messi nelle fuscelle di giunco intrecciato e lasciati spurgare per un’intera giornata.
La pasta nei contenitori viene poi salata e messa su graticci ad essiccare ed affumicare per cicli di almeno 3 giorni. L’affumicatura e l’essiccazione si prolungano per qualche settimana. La stagionatura minima è di 2 mesi ed avviene in un ambiente fresco al buio.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da ottobre a luglio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: L’affumicatura e l’essiccazione si prolungano per qualche settimana. La stagionatura minima è di 2 mesi ed avviene in un ambiente fresco e buio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Fuscelle di vimini, graticci o ceste.
STRUMENTI UTILIZZATI: Bastoni di ferla o mestoloni, colino, caldaia di rame stagnato.
LOCALI: Caseifici artigianali annessi agli allevamenti.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Tradizionalmente una parte della ricotta ottenuta dalla lavorazione del latte viene consumata fresca o sottoposta ad affumicatura e stagionatura. Tale consuetudine nasceva dall’esigenza di conservare la parte di prodotto fresco che non si riusciva a collocare tempestivamente sul mercato. E’ un prodotto calabrese di largo uso e consumo la cui quantità di produzione, nelle sue diverse varianti, è di difficile stima perché spesso lavorata dagli stessi allevatori e venduta direttamente.
Le modalità di consumo variano secondo la stagionatura del prodotto: se è poco stagionata (morbida) viene tagliata a fette e consumata come antipasto o contorno; se stagionata (dura) viene grattugiata su piatti tipici di pasta.
Riferimenti storici:
– Achille Bruni – Nuova Enciclopedia Agraria, VOL. III – Napoli, 1859;
– CNR – I prodotti caseari del Mezzogiorno, Progetto strategico – Milano 1992;
– G. Rohlfs – Dizionarlo dialettale della Calabria – Longo Editore, Ravenna Ultima edizione 1990;
– R. Cerchiara – Il caseificio nella provincia di Cosenza – Tipografia La Veloce, Cosenza 1931.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

‘Nduja

Nome dialettale: ‘NDUJA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Parti grasse del suino (lardo, grasso e pancetta) peperoncino rosso piccante e sale.
FORMA: Irregolare (in budelli di muletta cieca o crespone).
DIMENSIONI MEDIE: Variabili.
PESO MEDIO: Da 600 gr. a 2 kg.
SAPORE: Molto piccante.
ODORE: Intenso.
COLORE: Rosso scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Mista.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le parti del suino, tagliuzzate finemente, vengono mescolate con il peperoncino ed il sale. Generalmente ogni 2 kg. di carne si mescola 1 kg. di peperoncino. Il sale viene aggiunto con una percentuale del 3% sul totale. Il prodotto viene insaccato in budello naturale di maiale dopo essere stato triturato finemente tanto da ottenere una consistenza cremosa. Dopo l’insaccamento, il prodotto si modella con una forma cilindrica. La ‘nduja viene affumicata con legna resinosa ed aromatica, generalmente ulivo e robinia, in appositi locali per circa 10 giorni. Una volta affumicato, il prodotto viene trasferito in locali areati per circa 150 giorni dove la ‘nduja perde gradualmente peso e si asciuga.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Viene affumicata in appositi locali per circa 10 giorni. Successivamente, il prodotto, viene trasferito in altri locali aerati dove si stagiona per circa 5-6 mesi.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Budello, spago.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, tritacarne.
MACCHINARI UTILIZZATI: Impastatrice, insaccatrice, celle di stagionatura.
LOCALI: Locali a norma di legge.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il termine ‘nduja è probabilmente di origine francese. Infatti in questa lingua la parola “andouille” significa salsiccia di trippa francese. La sua introduzione in Calabria probabilmente si deve ai francesi durante il periodo napoleonico. Altre fonti ritengono che nel ‘500 siano stati gli spagnoli ad introdurre il consumo della ‘nduja in Calabria. Il prodotto è storicamente un alimento povero destinato al consumo delle classi sociali meno abbieti e di afferma, oltre che per il suo valore nutritivo, anche per quello terapeutico dovuto all’abbondante presenza di peperoncino. Inoltre il suo abbondante contenuto ha proprietà antisettiche ed antiossidanti.
La ‘nduja è un salame tipico in quanto si spalma invece che essere affettato. Generalmente si degusta come antipasto spalmato su pane o su crostini o in alternativa costituisce l’elemento fondamentale di alcuni piatti tradizionali calabresi come “la fileja alla ‘nduja” ed i “fagioli con la ‘nduja”.

AREA DI PRODUZIONE: Province di Catanzaro, Vivo Valentia, Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Soppressata di Calabria DOP

Tecnologia di preparazione: le parti magre del maiale (coscia, spalla filetto) vengono tagliate a pezzetti e a mano, salate, pepate, mescolate sempre a mano e insaccate in budelli larghi e corti. La pasta della soppressata viene ancora mescolata nella madia. L’insaccatura viene effettuata a livello artiginale con un piccolo imbuto di legno. La quantità di sale e di peperoncino variano nelle diverse aree della Calabria a seconda del clima, delle altitudini, dei paesi e dei diversi regimi alimentari. Una volta insaccati e legati con lo spago, i salami vengono bucati in più parti con un ago affinché fuoriesca l’aria creatasi durante l’insaccatura. La pressatura di soppressate viene fatta in ceste di vimini con dei grossi pesi per tre o quattro giorni.

Composizione:
a) Materia prima: carne di suini allevati localmente, parti di spalla, filetto, rifilatura del prosciutto o, dove non si fa il prosciutto, parte della coscia.
b) Coadiuvanti tecnologici: sale, pepe, peperoncino, finocchio nella zona di Catanzaro.
c) Additivi:

Maturazione: quaranta giorni circa appese con grosse canne in cucina, in ambiente ventilato e riscaldato: nei primi giorni si fa una leggera affumicatura con fuoco a legna.

Periodo di stagionatura: da sei mesi in poi. Se non vengono consumate immediatamente, appena mature si conservano in diversi modi: a) sott’olio di oliva in un recipiente di creta; b) nello strutto del maiale sempre in recipienti di creta; c) nella cenere di legna in recipienti di terracotta o in grossi sacchi o casse di legno; d) nell’avena contenuta in grandi casse di legno (ma è un metodo poco usato). In tutti questi modi le soppressate si conservano almeno due anni.

Area di produzione: in provincia di Cosenza (Acri, Serra San Bruno) nella Sila e nella Presila. Le soppressate sono comunque un prodotto tipico di tutta la Calabria.

Buccularu

Nome dialettale: BUCCULARU

Territorio interessato alla produzione: Provincia RC

Descrizione prodotto: INGREDIENTI – Taglio di carne corrispondente a parte della guancia e del collo del maiale, sale, pepe nero e rosso.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Varie.
SAPORE: Sapido.
ODORE: Ricco di aromi.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Cospargere di sale il buccularu (costituito per la maggior parte di grasso con sottili striature di magro), e conservare in vasi di terracotta smaltata all’interno (u baunu). Questo viene girato diverse volte, anche durante la giornata, per facilitare la penetrazione del sale, il tempo di stagionatura varia anche in funzione delle dimensioni del pezzo e delle usanze familiari da 2 a 7 giorni. Completata la salatura viene tolto dal vaso, nuovamente cosparso di sale, pepe nero e rosso e appeso in un locale asciutto e ben arieggiato.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di Dicembre al mese di Gennaio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Vaso di terracotta smaltato all’interno.
LOCALI: Locale adibito alla lavorazione del maiale, ambienti asciutti e ben arieggiati per la conservazione.

Elementi che comprovano la tradizionalità: “… nella cucina popolare calabrese il maiale ebbe, assieme alle melanzane, un ruolo di primissimo piano, sia pure sotto il profilo simbolico che sotto quello rituale. Il maiale ha da sempre costituito la “banca contadina”, da qui il detto “cu’ si marita e cuntentu un jornu cu’ ‘mmazza ‘u porcu è cuntentu ‘n ‘annu”; dalla prima lavorazione della carne si facevano le salsicce e le soppressate, venivano quindi preparate le carni per gli altri insaccati: capicolli, pancette, bucculari (guanciale), lardo. Debitamente messi in infuso nel vino, venivano quindi asciugati, cosparsi di pepe nero o rosso, e poi arrotolati e cuciti nelle vesciche precedentemente seccate ed appese al soffitto. Dopo, questi salami, venivano stretti in stecche di canne spaccate e pressati, con una forte legatura di spago rosso”. Tratto da “La festa del maiale” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta – anno XVII – n. 61.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Carne di maiale nero calabrese

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto: La carne di maiale nero calabrese, sia fresca che destinata alla trasformazione in salumi tipici e tradizionali, è un prodotto le cui qualità e caratteristiche, sono riconducibili alla combinazione di fattori genetici, ambientali, tradizionali e di particolari tecniche di allevamento.
Il peso vivo ottimale al macello si aggira intorno ai due quintali. La carne dei soggetti migliori risulta particolarmente sapida, soda, compatta con buona colorazione del muscolo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Il sistema di allevamento tradizionale, sia per il carattere estensivo della suinicoltura calabrese sia per le caratteristiche intrinseche della razza in oggetto, era quello brado o semibrado. La razza Nera Calabrese è una razza molto rustica, eccellente pascolatrice, di facile ingrassamento ma scarsamente precoce e poco prolifica. Questi suini venivano interamente trasformati. Con il cambiare dei gusti dei consumatori, la caduta dei prezzi del mercato del grasso e la successiva introduzione di razze più produttive e precoci, il patrimonio suinicolo autoctono è andato contraendosi ed i pochi capi rimasti sono comunque ancora oggi allevati secondo lo schema dell’allevameno semibrado.

Elementi che comprovano la tradizionalità: AREA DI PRODUZIONE: Areali circoscritti in cui è ancora presente l’allevamento del suino nero calabrese (es. Acri prov. di Cosenza; Motta S. Lucia in prov. di Catanzaro; Catanzaro loc. Barone).
La razza “Nera Calabrese” ha origini antiche e probabilmente si tratta di una razza intermedia tra quella Europea e Indocinese. Il suino nero, perfettamente adattato agli ambienti poveri della Calabria, nel corso degli anni ha subito un forte decremento numerico che, dagli anni ’70 in poi, ha fatto rischiare la sua totale estinzione. In merito a questo l’ARSSA, Agenzia Regionale per lo Sviluppo dei Servizi in Agricoltura, ha intrapreso un’aziona di recupero e salvaguardia della razza con buoni risultati.
Le caratteristiche tipiche del suino nero sono: la rusticità, la capacità di valorizzare gli alimenti poveri, il forte istinto al pascolamento, l’elevata attitudine materna, il forte vigore sessuale del verro. Tali caratteristiche, oltre a permettere la sopravvivenza di questa razza in ambienti impossibili per altre, determina l’ottenimento di una carne ben “predisposta” alla trasformazione a cui si deve la fragranza e la rinomanza dei salumi tipici regionali. La carne di maiale è stata per secoli una vera protagonista dell’alimentazione dei calabresi. Basterebbe ricordare quanto rilevano le “Statistiche murattiane” relativamente al “cibo ordinario” della Calabria Citeriore (regione un pò più estesa dell’odierna Provincia di Cosenza) nei primi anni dell’Ottocento. “La classe dei contadini si ciba rare volte di carne nelle sole domeniche e di frequente nel tempo di carnevale. L’industria de’ neri – suini neri – è mantenuta dai villici anche i più miseri, e per ragioni di negozio, e pel provvedimento della sugna necessaria al condimento dei loro cibi giornalieri”.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Ciccioli

Nome dialettale: SCARAFUAGLI – SPRINZULI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDINETI UTILIZZATI: Scarti del maiale (orecchie, muso, piedi, parti della testa, ossa), sale.
FORMA: Semisolida.
PESO MEDIO: Variabile.
SAPORE: Grasso.
COLORE: Bianco sporco tendente al grigio.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Gli scarti vengono fatti bollire nell’acqua con il sale in modo che si sciolga il grasso, dopodicché si elimina il liquido ottenuto e si raccolgono i residui magri rimasti sul fondo della pentola. Quest operazione può essere ripetuta più volte fino ad ottenere un prodotto più o meno denso che viene posto in vasi (di vetro o terracotta) a raffreddare.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da dicembre a febbraio.
CONSERVAZIONE: Si pongono in recipienti di terracotta smaltati o di vetro.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati: STRUMENTI UTILIZZATI – Recipienti di terracotta e di vetro, pentoloni di rame.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I prodotti suini lavorati in Calabria hanno origini risalenti al periodo Magno-Greco. Le prime documentazioni certe risalgono al 1600 grazie all’opera di Padre Giovanni Fiore da Cropani.
I tempi di consumo sono piuttosto brevi essendo un prodotto tipicamente invernale. Solitamenti gli scarafuagli si spalmano sul pane e sui crostini; rappresentano anche l’ingrediente fondamentale per la preparazione di altri prodotti tradizionali quali: “la pitta ccu scarafuagli” e la “pitta untata”.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Cotenne di maiale

Nome dialettale: FRITTULE – CURACCHIE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Cotenne di maiale e sale.
FORMA: Strisce rettangolari.
DIMENSIONI MEDIE: 10 – 15 cm. di lunghezza x 4 – 5 cm. di larghezza.
PESO MEDIO: Variabile.
SAPORE: Grasso.
COLORE: Bianco sporco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le cotenne del maiale private del grasso e delle setole vengono tagliate in strisce di 10-15 cm., lavate con acqua calda, bollite in pentoloni di rame (chiamate quadare) per circa un’ora in acqua e sale. Si tolgono dal fuoco quando sono ancora al dente, si fanno raffreddare, si mettono in recipienti di terracotta smaltati e si ricoprono con strutto fatto liquefare precedentemente.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da dicembre a febbraio.
CONSERVAZIONE: Si tengono in recipienti di terracotta smaltati e si ricoprono con strutto fatto liquefare precedentemente. I tempi di conservazione possono arrivare anche ad un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Recipienti di terracotta.
STRUMENTI UTILIZZATI: Rasoi, coltelli, recipienti di terracotta, pentoloni di rame.
LOCALI: Locali asettici e arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I prodotti suini lavorati in Calabria hanno origini risalenti al periodo Magno-Greco. Le prime documentazionicerte risalgono al 1600 grazie all’opera di Padre Giovanni Fiore da Cropani. L’abitudine di consumare insaccati è storicamente riscontrabile in tutte le classi sociali. Le frittule si consumano fredde o riscaldate, sciolte nel ragù o nelle frittate o nelle minestre.
AREA DI PRODUZIONE: Province di Cosenza e Catanzaro.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Culatta

Territorio interessato alla produzione: Provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Coscia di maiale, pepe, sale, finocchio.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: 30 cm. x 15 cm.
SAPORE: Semidolce.
ODORE: Tipico.
COLORE: Roseo vivo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La coscia di maiale viene allacciata stretta, cucita nel velo peritoneo dello stesso maiale, con le canne e poi viene appesa per la maturazione.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: La stagionatura dura 13 – 14 mesi.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Filo per alimenti.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelleria varia.
LOCALI: Laboratori artigianali.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La culatta viene da sempre prodotta nella locride secondo tradizioni familiari. Rappresenta il prodotto migliore che si ottiene dalla lavorazione del maiale e per questo viene, di solito, consumato nelle ricorrenze importanti.
AREA DI PRODUZIONE: Comuni della Locride (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Frittole

Sinonimo

Nome dialettale: FRITTULE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Cotenne con grasso di maiale e sale.
FORMA: Strisce rettangolari.
DIMENSIONI MEDIE: 10 – 15 cm. di lunghezza x 4 – 5 cm. di larghezza.
PESO MEDIO: Variabile.
SAPORE: Grasso.
ODORE: Tipico.
COLORE: Bianco sporco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le cotenne di maiale non private del grasso vengono tagliate in strisce di 10-15 cm., lavate con acqua calda, bollite in pentoloni di rame (chiamati quadare) per circa un’ora in acqua e sale.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto in testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolare.
I prodotti suini lavorati in Calabria hanno origini risalenti al periodo Magno-Greco. Le prime documentazioni certe risalgono al 1600 grazie all’opera di Padre Giovanni Fiore da Cropani. L’abitudine di consumare insaccati è storicamente riscontrabile in tutte le classi sociali. Le frittule si consumano fredde o riscaldate, sciolte nel ragù o nelle frittate o nelle minestre.
AREA DI PRODUZIONE: Province di Cosenza e Catanzaro.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Gelatina di maiale

Nome dialettale: GNALATINA – SUZU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Parti di maiale (cotiche, cartilagini e carne della testa), alloro, aceto e sale.
FORMA: Semisolida.
PESO MEDIO: Variabile.
SAPORE: Grasso.
ODORE: Aceto.
COLORE: Bianco sporco tendente al grigio.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuali.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La testa del maiale viene posta intera ed in acqua fredda per circa 24 ore, lavata e sottoposta a bollitura, viene disossata e la polpa messa a bollire in un calderone di rame stagnato (detto quadara) per molto tempo, aggiungendovi, nel frattempo, qualche foglia di alloro. Una volta cotta, diviene un miscuglio gelatinoso al quale vi si aggiunge aceto (in quantità che varia, secondo i gusti) e si ripone in recipienti di terracotta (detti terzaluru).
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da dicembre a febbraio.
CONSERVAZIONE: Si pongono in recipienti di terracotta smaltati. I tempi di conservazione possono arrivare anche ad un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Recipienti di terracotta, pentoloni di rame.
LOCALI: Locali asettici e arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I prodotti suini lavorati in Calabria hanno origini risalenti al periodo Magno-Greco. Le prime documentazioni certe risalgono al 1600 grazie all’opera di Padre Giovanni Fiore da Cropani.
Questa specialità, si può conservare per molto tempo, se ben custodita in luogo fresco e si consuma a freddo in pezzi.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Guanciale

Nome dialettale: VUJULARU – VIJILARU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZZATI: Parte scelta tra la testa e il collo del maiale (vijularu), sale, pepe rosso, pepe nero.
FORMA: Varia.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
SAPORE: Delicato.
ODORE: Speziato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si sezionano le parti sopra descritte, poi si ripongono in recipienti di legno (maiddrre) aggiungendovi tanto sale quanto serve a coprire uniformemente le parti, per un periodo di 15/20 giorni. Dopo di che, le parti devono essere ripulite dal sale e cosparse uniformemente con abbondante pepe rosso ed, in alcuni casi, anche con pepe nero. A questo punto sono pronte per la stagionatura, che deve avvenire sulle “pertiche” in locali a temperatura costante (magazzini interrati – grotte), da tre a sei mesi.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da dicembre a febbraio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: In locali areati.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Spago, pertiche di canna.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli.
LOCALI: Laboratori maiolicati in bianco con pavimenti in klincker, lavelli e tavoli in acciaio inossidabile.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Quella calabrese è una cucina genuina a fantasiosa, dai sapori forti e decisi, in cui hanno trovato mirabile mescolanza le varie culture che nel corso dei secoli hanno pervaso la regione. Sono tutti prodotti rustici che risalgono alla tradizione greca, in particolare quelli nuziali e delle feste patronali.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pancetta arrotolata

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Carne magra e grassa suina, sale, pepe, aceto di vino.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONE MEDIA: Varie.
PESO MEDIO: Circa due chili.
SAPORE: Delicato.
ODORE: Intenso.
COLORE: Bianco e rosato all’interno.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il prodotto si ottiene utilizzando pancetta di suino macellata fresca e completamente sgrassata. Si procede alla squadratura e scotennatura della pancetta quindi si sala nelle marne d’acciaio e si spezia con una miscela di aromi tra i quali, peperoncino calabrese piccante e pepe nero dolce, atti ad esaltare la fraganza della carne durante la stagionatura ed a sprigionare il caretteristico aroma. Viene quindi lasciata riposare per circa dieci giorni rigirandola ogni due o tre giorni. Infine, finito tale periodo, si procede ad arrotolare, insaccare all’interno del budello naturale e legare cone le caretteristiche canne. Il prodotto così lavorato viene, in seguito, appeso nelle celle di stagionatura per un tempo di 60 giorni.
PERIODO DI LAVORAZIONE:Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: La stagionatura è di almeno 60 giorni, in locali con umidità relativa e temperatura controllate.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Spago.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, ganci.
MACCHINARI UTILIZZATI: Legatrici.
LOCALI: Locali con pannelli in vetroresina, pavimenti antisdrucciolo.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I salumi di Calabria hanno origini risalenti al periodo Magno-Greco. Le prime documentazioni certe risalgono al 1600 grazie all’opera di Padre Giovanni Fiore da Cropani.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Prosciutto di maiale nero calabrese

Nome dialettale: PRUSUTTU NIRU

Territorio interessato alla produzione: Tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Coscia di maiale, sale grosso. Per la stuccatura: pepe nero, strutto e farina.
FORMA: Triangolo ovoidale.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: 10/15 Kg.
SAPORE: Morbido e dolce.
ODORE: Delicato e persistente.
COLORE: Rosso pallido.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La materia prima ricavata dai maiali di razza nera calabrese, alimentati naturalmente e il suo peso si aggira tra i 160 e 210 Kg.. Le cosce subiscono innanzitutto un’accurata pressatura in modo che dall’arteria femorale esca tutto il sangue residuo. Segue la rifilatura, che serve a dare al prosciutto la sua forma caratteristica oltre a eliminare il grasso in eccesso. La salatura è effettuata rigorosamente a mano, massaggiando vigorosamente le cosce in modo che il sale sia assorbito uniformemente. Trascorrono così 90 giorni, in cui i prosciutti sono posti a riposate a temperatura e umidità controllata. Segue la stuccatura delle scapolature e della polpa scoperta col classico impasto di pepe nero e strutto e farina.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: 13/15 mesi.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli vari, tavolo di lavorazione.
LOCALI: Laboratori rispondenti alle normative igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La razza “Nera Calabrese” ha origini antiche e probabilmente si tratta di una razza intermedia tra quella Europea e Indocinese.. Il suino nero, perfettamente adattato agli ambienti poveri della Calabria, nel corso degli anni ha subito un forte decremento numerico che, dagli anni ’70 in poi ha fatto rischiare la sua totale estinzione. In merito a questo l’ARSSA, Agenzia Regionale per lo Sviluppo ed i Servizi in Agricoltura, ha intrapreso un’azione di recupero e salvaguardia della razza con buoni risultati. Le caratteristiche tipiche del suino nero sono: la rusticità, la capacità di valorizzare gli alimenti poveri, il forte istinto di pascolamento, l’elevata attitudine materna, il forte vigore sessuale del verro. Tali caratteristiche, oltre a permettere la sopravvivenza di questa razza in ambienti impossibili per altre, determinano l’ottenimento di una carne ben “predisposta” alla trasformazione a cui si deve la fragranza e la rinomanza dei salumi tipici regionali. La carne di maiale è stata per secoli una vera protagonista dell’alimentazione dei calabresi. Basterebbe ricordare quanto rilevano le “Statistiche murattiane” relativamente al “cibo ordinario” della calabria Citeriore (regione un po’ più estesa dell’odierna provincia di Cosenza) nei primi anni dell’Ottocento. “La classe dei contadini si ciba rare volte di carne nelle sole domeniche e di frequente nel tempo di carnalevare. L’industria de’ neri – suini neri – è mantenuta dai villici anche i più miseri, e per ragion di negozio e pel provvedimento della sugna necessaria al condimento dei loro cibi giornalieri”.

AREA DI PRODUZIONE: Acri (CS) – Motta Santa Lucia (CZ) – Melissa (KR).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Salsiccia pezzente

Nome dialettale: SAZIZZA DU PIZZENTE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
FORMA: Allungata.
DIMENSIONE MEDIE: Da 15 a 25 cm. di lunghezza.
PESO MEDIO: da 300 a 500 gr.
SAPORE: Piccantino.
COLORE: Rosso mattone.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Una volta avvenuta la macellazione del maiale, si prepara un impasto di carne a base di: polmone, cuore, animelle, stomaco pulito e lessato e poche parti grasse. La carne va tagliata a mano e resa a pezzetti piccoli più o meno della stessa grandezza, alla quale si aggiungono sale e pepe rosso, pepe nero in grani e finocchio selvatico, in porzioni pretabilite (30 gr. di sale ogni Kg. di carne). Il tutto si impasta energicamente e si lascia per circa 8 ore. Si lavano bene e più volte gli intestini più stretti con acqua calda, sale e succo di arancia, che servono a contenere la carne preparata. Una volta pronto l’impasto, si prendono gli intestini, si riempiono e si legano utilizzando dello spago. Alle salsiccie vengono praticati dei piccoli fori, mediante spilloni, per far si che le parti di aria presenti nell’impasto fuoriescono. A questo punto, le salsiccie sono pronte per essere appese alla “pertica” ove rimangono per un periodo più o meno lungo.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da dicembre a febbraio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Se il prodotto è destinato ad un immediato consumo si lascia stagionare per poche giorni appeso ad una pertica in locali ben aerati.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALE UTILIZZATO: Spago, intestini, spilloni.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, tritacarne.
MACCHINARI UTILIZZATI: Impastatrice, insaccatrice.
LOCALI: Laboratori artigianali.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I salumi di Calabria hanno origini risalenti al periodo Magno-Greco. Le prime documentazioni certe risalgono al 1600 grazie all’opera di Padre Giovanni Fiore da Cropani. Presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari esite la documentazione comprovante la tradizionalità del prodotto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Sazizzunu

Nome dialettale: SAZZIZZUNU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGRESIENTI UTILIZZATI: Carne di maiale (pancetta, spalla, grasso e parti tendinose), budella di maiale, pepe rosso casereccio, vino rosso e sale.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: Da 20 a 30 cm.
PESO MEDIO: Da 250 a 500 gr.
SAPORE: Dolce-salato.
ODORE: Speziato.
COLORE: Marrone.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La carne va tagliata a mano e resa a pezzetti piccoli più o meno della stessa grandezza, alla quale si aggiungono sale e pepe inporzioni prestabilite (30 gr. ogni Kg. di carne e pepe rosso in quantità tale da rendere l’impasto che se ne dovrà trarre piuttosto rosato). Il tutto si impasta energicamente con il vino e si lascia riposare per circa 8 ore. Dopo aver pulito le budella più grosse con acqua calda, sale e succo d’arancia, si riempiono con la carne tagliata. A questo punto, il prodotto viene legato ed appeso alla “pertica” ove rimangono per un periodo più o meno lungo in un locale ben aerato.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da dicembre a febbraio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: In locali aerati.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Budelli, spago, pertiche di canna.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, insaccatrice.
LOCALI: Laboratori maiolicati in bianco con pavimenti in klincker, lavelli e tavoli in acciaio inossidabile.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I salumi di Calabria hanno origini risalenti al periodo Magno-Greco. Le prime documentazioni certe risalgono al 1600 grazie all’opera di Padre Giovanni Fiore da Cropani.
Questo prodotto veniva consumato, soprattutto, nelle occasioni e nel periodo della mietitura, poiché essendo più grasso, rispetto alle normali salsicce ed avendo l’intestino utilizzato maggiore spessore, garantisce un maggiore periodo per la sua maturità e stagionatura.
La tradizionalità del prodotto viene comprovata da testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

AREA DI PRODUZIONE: Provincia di Catanzaro e Crotone.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Capocollo di Calabria DOP

ASPETTO DEL PRODOTTO: Salume prodotto in tutta la regione a partire da suini nati e allevati in Calabria, Basilicata, Sicilia, Puglia e Campania. Si ottiene utilizzando la parte superiore del lombo. E’ prodotto crudo di forma cilindrica, insaccato in budello, stagionato per almeno 100 giorni. Presenta peso variabile tra circa 2,5 e 3,5 chilogrammi. Appare all’esterno con superficie irregolare per le solcature della corda e delle stecche, di colore da nocciola a rosso mogano. Al taglio appare di colore rosso vivo con le striature tipiche del lombo.

INGREDIENTI: Porzione superiore del lombo, Sale, Pepe nero in grani, peperoncino, Budello naturale: diaframma di maiale, Aceto di vino

FASI DI PROCESSO: Sezionamento della parte muscolare, Disossamento, Rifilatura con sagomatura, Salatura a secco sotto sale per 4-8 giorni, Lavaggio acqua, Immersione in aceto di vino, Massaggio manuale, Pressatura a torchio, Aggiunta del pepe,
Avvolgimento in budello, Legatura a mano con spago, Foratura del budello, Asciugatura per 4-5 giorni a 18-20 °C, Stagionatura a 14-16 °C per almeno 100 giorni.

Fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia Romagna.

Pancetta di Calabria DOP

Zona di produzione: Si ottiene dalla lavorazione di carni di suini nati nel territorio delle regioni Calabria, Basilicata, Sicilia, Puglia e Campania e allevati nella regione Calabria dall’età massima di quattro mesi. La lavorazione avviene nell’intero territorio della regione Calabria

Descrizione: Il colore della parte esterna è rosso, marcato dalla presenza di polvere di peperoncino; l’aspetto al taglio è roseo, con striature sottili alternate di magro e di grasso

Note: Le origini dei salumi di Calabria si fanno risalire al periodo della colonizzazione greca delle coste ioniche e ai fasti culturali della Magna Grecia. Le testimonianze storiche descrivono lavorazioni di carni suine fin dal secolo XVII. In tale epoca si colloca il primo riferimento scritto inserito in un’opera intitolata ‘Della Calabria Illustrata’, dove si fa menzione di un ampio utilizzo della specifica tecnica di lavorazione della carne suina. In epoca più recente la produzione di insaccati in Calabria è attestata da statistiche pubblicate a seguito di censimenti dell’epoca di Gioacchino Murat (primi anni del XIX secolo). In tali documenti si evidenzia anche l’utilizzo di spezie e aromi, derivati da piante locali, per dare maggiore sapidità alle carni. Tra gli illustri testimoni della bontà dei salumi calabresi vi è Giacomo Casanova. Egli narra, nelle sue memorie, di aver pranzato, durante un suo viaggio in Calabria, presso la mensa del vescovo Francescantonio Cavalcanti. Qui assaggiò i salumi della Calabria, giudicandoli i migliori che avesse mai mangiato.

Riferimenti normativi: Prodotto DOP, Registrazione europea con regolamento CE n. 134/98 pubblicato sulla GUCE L 15/98 del 21 gennaio 1998

Salsiccia di Calabria DOP

Zona di produzione: La Salsiccia di Calabria deve essere ottenuta dalla lavorazione di carni di suini nati nel territorio delle regioni Calabria, Basilicata, Sicilia, Puglia e Campania e allevati nel territorio della regione Calabria dall’età massima di quattro mesi. Le fasi di macellazione e lavorazione devono aver luogo nel territorio calabrese

Descrizione: Ha forma cilindrica ed è intrecciato nella caratteristica forma a catenella; la lunghezza varia da 70 a 80 centimetri. Al taglio risulta a grana media, con il grasso ben distribuito, di colore rosso naturale o rosso vivace, a seconda che nell’impasto sia utilizzato il pepe nero o il peperoncino rosso, quest’ultimo dolce o piccante

Note: L’origine della tradizione salumiera calabrese risale, probabilmente, all’epoca della colonizzazione greca delle coste ioniche e ai fasti della Magna Grecia. Le testimonianze storiche descrivono lavorazioni di carni suine fin dal secolo XVII. In tale epoca si colloca il primo riferimento scritto, inserito in un’opera intitolata ‘Della Calabria Illustrata’, dove si fa menzione di un ampio utilizzo della specifica tecnica di lavorazione della carne suina. In epoca più recente la produzione di insaccati in Calabria è attestata da statistiche, pubblicate a seguito di censimenti dell’epoca di Gioacchino Murat, risalenti ai primi anni del XIX secolo. In tali documenti si evidenzia anche l’utilizzo di spezie e aromi derivati da piante locali per dare maggiore sapidità alle carni. Tra gli illustri testimoni della bontà dei salumi calabresi c’è Giacomo Casanova. Egli narra, nelle sue memorie, di aver pranzato, durante un suo viaggio in Calabria, presso la mensa del vescovo Francescantonio Cavalcanti. Qui degustò i salumi della Calabria giudicandoli i migliori che avesse mai mangiato.

Riferimenti normativi: Prodotto DOP, Registrazione europea con regolamento CE n. 134/98 pubblicato sulla GUCE L 15/98 del 21 gennaio 1998

Lardo

Nome dialettale: LARDU

Territorio interessato alla produzione: Province RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Taglio di carne delle costate, sale, pepe nero e rosso.
FORMA: Trapezio.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Varie.
SAPORE: Delicato, quasi dolce, finemente sapido.
ODORE: Fragrante e ricco di aromi.
ALTRE CARATTERISTICHE: Colore bianco-rosato, con una particolare striscia rosa più scura.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Togliere le costole, tagliare in pezzi grandi, cospargere i pezzi di sale e conservare in vasi di terracotta smaltata all’interno (u baunu). I pezzi vengono girati varie volte durante la giornata per facilitare la penetrazione del sale, il tempo di stagionatura varia anche in funzione delle dimensioni del pezzo e delle usanze familiari da 2 a 7 gg. Completata la salatura i pezzi vengono tolti dalla salamoia, nuovamente cosparsi di sale, pepe nero e rosso e appesi in un locale asciutto e ben arieggiato.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di dicembre al mese di gennaio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Vaso di terracotta smaltato all’interno.
LOCALI: Locale adibito alla lavorazione del maiale.
CONSERVAZIONE: In ambienti asciutti e ben arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: “….nella cucina popolare calabrese il maiale ebbe, assieme alle melanzane, un ruolo di primissimo piano, sia pure sotto il profilo simbolico che sotto quello del rituale. Il maiale si sa ha da sempre costituito la “banca contadina”, da qui il detto “cu’ si marita è cuntentu un jornu cu’ ‘mmazza ‘u porcu è cuntentu ‘n ‘annu”; dalla prima lavorazione della carne si facevano le salsicce e le soppressate venivano quindi preparate le carni per gli altri insaccati: capicolli, pancette, bucculari (guanciale), lardo. Debitamente messi in infuso nel vino, venivano quindi asciugati, cosparsi di pepe nero o rosso, e poi arrotolati e cuciti nelle vesciche precedentemente seccate ed appese al soffitto. Dopo questi salami venivano stretti in stecche di canne spaccate e pressati, con una forte legatura di spago grosso”. Tratto da “La festa del maiale” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta –anno XVII – n.61.
Secondo tradizione il lardo deve essere consumato con le prime fave.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

‘Ndura

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto: INGREDIENTI – Lingua, cuore, polmone, trippa, guanciale, pancetta, semi di finocchio, sale e pepe.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: 20 cm.
PESO MEDIO: 700 gr.
SAPORE: Piccante.
ODORE: Di spezie.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Tagliare finemente tutte le parti, aggiungere il sale, i semi di finocchio e pepe, amalgamare il tutto fino ad ottenere un impasto omogeneo; riempire a mano il budello cieco precedentemente pulito, quindi mettere ad essiccare.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di dicembre al mese di gennaio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Coltelli di varie dimensioni, contenitori.
LOCALI: Locale adibito alla lavorazione del maiale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il maiale pare sia stato introdotto dai Fenici in Sicilia, Calabria e Spagna, l’uso della sua carne ebbe una certa demonizzazione nel periodo arabo. La religione islamica, infatti, considerava impura la carne e quindi la vietava; probabilmente alla base di tale credenza c’erano i principi delle scuole mediche, secondo i quali la carne suina era fonte di malattie nei paesi a clima caldo.
Tuttavia il maiale, nel tempo, diventa protagonista gastronomico nei pranzi del Carnevale: i maccheroni di casa dovevano essere conditi con ragù di carne suina (rassu e mariu); gli attori delle farse carnascialesche sovente portavano lunghe collane di salsiccia, così come faceva Re Carnevale quando, a cavallo di un porco, veniva solennemente portato al rogo conclusivo. Anche nella cucina popolare calabrese il maiale ebbe, assieme alle melanzane, un ruolo di primissimo piano, sia pure sotto il profilo simbolico che sotto quello del rituale. Il maiale, si sa, ha da sempre costituito la “banca contadina”, da qui il detto “cu’ si marita è cuntentu un jornu cu’ ‘mmazza ‘u porcu è cuntentu ‘n ‘annu”; da esso infatti si ricavano: salsicce, soppressate, capicolli, pancette, bucculari, lardo.
AREA DI PRODUZIONE: Comune di San Pietro di Caridà (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Salsiccia con Finocchietto Selvatico

Nome dialettale: SATIZZA

Territorio interessato alla produzione SCEGLI CZ CS KR RC VV TUTTE

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Quarto anteriore e posteriore di maiale, sale, pepe nero, peperoncino in polvere, semi di finocchio.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONE MEDIE: 8 cm. per nodo di salsiccia.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Sapido ed aromatizzato.
ODORE: Fragrante.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Pulitura delle budella:
1. eliminazione manuale del grasso e raschiatura dello stesso con il rovescio di un coltello fino ad ottenere un velo sottile;
2. lavaggio con acqua calda;
3. si lascia il budello in acqua, aceto, bergamotto (o altri agrumi);
4. si risciacqua in acqua.
Triturare con il coltello la carne finemente privata dei tendini, mescolarla con sale, pepe nero e peperoncino, semi di finocchio; la procedura viene ripetuta fino ad ottenere un impasto omogeneo.
Riempire il budello pulito con l’impasto e legare con spago grosso; si conserva appesa nelle tradizionali pertiche.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di novembre al mese di febbraio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Coltelli di diverse misure per sminuzzare la carne, insaccatrice.
LOCALI: Locale rispondente alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: “….il maiale, si sa, ha da sempre costituito la “banca contadina”, da qui il detto “cu’ si marita è cuntentu un jornu cu’ ‘mmazza ‘u porcu è cuntentu ‘n ‘annu”; per prima cosa, secondo tradizione, si lavorava la carne per le salsiccie e le sopressate. Si tagliavano i pezzi di carne a punta di coltello più piccoli per le salsiccie e più grossi per le soppressate. Immessi poi in un grosso contenitore di terracotta smaltato (u bauru o vavunu) venivano salati ed insaporiti con semi di finocchio (la salsiccia), pepe nero e rosso, vino ed un poco di sangue. Dopo, la carne, servendosi di uno speciale imbuto di legno, si pressava nelle budella del maiale, scrupolosamente pulite con acqua calda, sale, limone e….dorso di coltello (venivano sfruciate)”. Tratto da “La festa del maiale” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta –anno XVII – n.61
AREA DI PRODUZIONE: Comune di Reggio Calabria, in particolare la zona Mosoroffa, Cataforio, Cardeto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Soppressata affumicata

Nome dialettale: SUPPRIZZATA ‘FFUMICATA

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Quarto anteriore e posteriore di maiale, sale, pepe nero, peperoncino in polvere, semi di finocchio.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: 25 – 30 cm.
PESO MEDIO: 500 gr.
SAPORE: Affumicato.
ODORE: Di spezie.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Pulitura delle budella:
1. eliminazione manuale del grasso;
2. lavaggio con acqua tiepida;
3. si lascia il budello in acqua, aceto, bergamotto (o altri agrumi);
4. si risciacqua in acqua.
Triturare la carne privata dei tendini in modo grossolano, mescolarla con sale, pepe nero e peperoncino, semi di finocchio; la procedura viene ripetuta fino ad ottenere un impasto omogeneo.
Riempire il budello con l’impasto e legare con spago grosso; per l’affumicatura viene utilizzato legno d’ulivo (per 4-5 gg.).
Si lascia stagionare (3-4 mesi) appesa alle tradizionali pertiche.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di novembre al mese di febbraio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI E MACCHINARI UTILIZZATI: Coltelli di diverse misure per sminuzzare la carne, insaccatrice.
LOCALI: Locale adibito alla lavorazione del maiale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: “….il maiale, si sa, ha da sempre costituito la “banca contadina”, da qui il detto “cu’ si marita è cuntentu un jornu cu’ ‘mmazza ‘u porcu è cuntentu ‘n ‘annu”; per prima cosa, secondo tradizione, si lavorava la carne per le salsiccie e le sopressate. Si tagliavano i pezzi di carne a punta di coltello più piccoli per le salsiccie e più grossi per le soppressate. Immessi poi in un grosso contenitore di terracotta smaltato (u bauru o vavunu) venivano salati ed insaporiti con semi di finocchio (la salsiccia), pepe nero e rosso, vino ed un poco di sangue. Dopo, la carne, servendosi di uno speciale imbuto di legno, si pressava nelle budella del maiale, scrupolosamente pulite con acqua calda, sale, limone e….dorso di coltello (venivano sfruciate)”. Tratto da “La festa del maiale” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta –anno XVII – n.61.
Il prodotto è citato nel “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Mursia editore – 1979
AREA DI PRODUZIONE: Comune di Reggio Calabria, in particolare la zona di Mosoroffa, Cataforio, Cardeto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

‘Nnuglia

Nome dialettale: ‘NDUGLIA – FINNICULA – STROSCIA – AGLIATA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Parti di carne di maiale di terza scelta, parti del rene, lingua, cuore, polmone, stomaco bollito, sale, pepe nero, semi di finocchio e di anice, aglio.
FORMA: Ad “U”.
DIMENSIONI MEDIE: Da 20 a 40 cm.
SAPORE: Speziato.
COLORE: Scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Alle parti di carne di maiale di terza scelta (le migliori vengono invece utilizzate per la soppressata e per la salsiccia) vengono aggiunte parti tagliuzzate di rene, lingua, cuore, polmone, stomaco bollito.
La carne viene macinata nella macchina o tagliuzzata a mano. Si impasta il tutto con il sale, pepe nero, semi di finocchio. Il tutto si insacca nel budello di suino e si lascia stagionare. Può essere anche affumicata.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da dicembre a febbraio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: In ambienti freschi ed aerati, appese a pertiche in coppia.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Budelli, spago, pertiche di canna.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, insaccarice.
LOCALI: Locali a norma di legge.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I salumi di Calabria hanno origini risalenti al periodo Magno-Greco. Le prime documentazioni certe risalgono al 1600 grazie all’opera di Padre Giovanni Fiore da Cropani. L’abitudine di consumare insaccati è storicamente riscontrabile in tutte le classi sociali. La ‘nnuglia è la versione meno nobile della ‘nduja.
Esiste documentazione comprovante la tradizionalità presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Carne caprina calabrese

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto: I capretti vengono macellati all’età di 45-50 giorni, ad un peso medio di 10-15 Kg., si tratta quindi di capretti non ancora svezzati. Le caratteristiche della carne sono: la particolare tenerezza, il sapore inconfondibile, deciso e particolarmente sapido, il profumo “di latte” come si definisce in gergo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Il sistemo di allevamento più diffuso è quello estensivo caratterizzato da una base alimentare costituita da pascolo naturale, cespuglieti, bosco.
La qualità del pascolo disponibile varia in maniera considerevole nel corso dell’anno e il carico di bestiame è generalmente basso.
In questi sistemi agro-pastorali viene ancora oggi praticata la transumanza.

Elementi che comprovano la tradizionalità: L’offerta della carne caprina è fortemente condizionata in Calabria dall’andamento del mercato del latte e dei suoi derivati in quanto gli allevamenti sono attualmente indirizzati quasi esclusivamente verso tale specializzazione. La produzione di carne viene considerata quindi come un sottoprodotto dell’allevamento caprino ad indirizzo da latte.
Fin dall’antichità l’allevamento dei caprini è stato legato a quello degli ovini ed ha rappresentato da sempre una risorsa dei sistemi agro-silvo-pastorali.
Riguardo le consistenze, dopo un calo incessante a partire dalla I Guerra mondiale, in coincidenza con la bonifica delle pianure, l’allevamento caprino (insime a quello ovino) negli anni ’80 diventa protagonista dell’attività produttiva italiana e calabrese in particolare.
Il consumo della carne di capretto è, nella tradizione calabrese, legato al periodo delle festività pasquali. Il capretto rappresenta un piatto tipico della civiltà contadina. Le frattaglie e le interiora dei capretti lattanti si utilizzano per la preparazione del “suffritto e caprettu” (soffritto di capretto), i capretti interi venivano arrostiti alla brace. Famosa è anche la “Stijjholata”, pietanza in cui i budelli di capretto vengono avvolti attorno ad un rametto di origano e cotti nel sugo di pomodoro.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Carne ovina calabrese

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto: Gli agnelli vengono macellati all’età di 45-50 giorni, ad un peso medio di 10-15 Kg., si tratta quindi di agnelli lattanti non ancora svezzati. Le macellazioni hanno un carattere occasionale durante tutto l’anno e solo in occasione delle festività pasquali e natalizie toccano punte elevate. Le caratteristiche della carne sono la particolare tenerezza, il sapore inconfondibile, deciso e particolarmente sapido, il profumo “di latte” come si definisce in gergo. Queste caratteristiche non si riscontrano nell’ovino adulto che rappresenta all’incirca il 20% della produzione di carne ovina. Le caratteristiche organolettiche dipendono dallo stato di nutrizione e dall’età dell’animale e le carni possono risultare con odori poco graditi.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Il sistema di allevamento più diffuso è quello estensivo caratterizzato da una base alimentare costituita dal pascolo naturale con possibili integrazioni fornite da foraggere coltivate e da concentrati quali l’orzo, il favino, il mais. La qualità del pascolo disponibile varia in maniera considerevole nel corso dell’anno e il carico di bestiame è generalmente basso. In questi sistemi agro-pastorali viene ancora oggi praticata la transumanza.

Elementi che comprovano la tradizionalità: “Le pregiate pecore calabresi, Apule e di Melito …” sono menzionate nel “De re rustica” di Columella. Nel passato i consumi di carne ovina variavano da zona a zona ed erano relativamente elevati. Nella tradizione la carne di agnello rappresentava la carne della domenica ed essendo un prodotto della festa rientrava più nei riti della memoria che nella compilazione di un menù.
I consumatori calabresi hanno da sempre preferito l’agnello leggero; le motivazioni di questa tendenza sono comunque da ricercare nelle radici della pastorizia: la pratica della transumanza non permetteva di allevare l’agnello fino a tre mesi poiché l’erba era destinata alle sole pecore e comunque nelle grandi migrazioni non si potevano trasportare animali piccoli.
Riguardo le consistenze, dopo un calo incessante a partire dalla I Guerra mondiale, in coincidenza con la caduta delò prezzo della lana e la bonifica delle pianure, l’allevamento ovino (insieme a quello caprino) negli anni ’80 diventa protagonista dell’attività produttiva italiana e calabrese in particolare. Attualmente la consistenza ammonta a circa 380.000 capi e le razze più rappresentate sono la Comisana e la Sarda, ad indirizzo da latte, delle quali si sfrutta anche la produzione della carne. I piatti tradizionali in cui compare l’agnello sono, tra gli altri, il sugo d’agnello, u cosciuni (il cosciotto) d’agnello, le costolette alla catanzarese la famosa “Tiana”. A Tiana prende il nome dal tegame in cui viene preparata che era in origine di terracotta. La pietanza è composta da pezzi di carne di agnello o di capretto ricoperti da uno strato di patate, piselli e carciofi. Si prepara tradizionalmente sia nel giorno di Natale che il lunedì Santo.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Uova e curcuci

Nome dialettale: OVA CHI CURCUCI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Curcuci, cotenne, uova e pepe nero.
FORMA: Varia.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Deciso.
ODORE: Intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lasciare sciogliere in una padella le curcuci, il grasso sciogliendosi fa da condimento per la frittura delle uova strapazzate e le cotenne. Durante la cottura le uova vanno irrorate con il grasso sciolto in modo che il tuorlo si copra di una pellicola bianca. Il tutto si cosparge con il pepe nero.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da dicembre a febbraio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: “….in fondo alla caldaia rimanevano i curcuci (ciccioli), dette anche frisali o frisulimiti, che venivano conservati nei tiani, recipienti cilindrici di terracotta più bassi dei salaturi:sarebbero stati usati come saporito condimento per le uova fritte o per i piatti di legumi secchi” tratto da “La festa del maiale”di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta -anno XVII – n. 61.
Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Calabria 1847” di Edward Lear (1812-1888), pubblicato per la prima volta a Londra nel 1852.
La ricetta è riportata da Ottavio Cavalcanti su “Panza chjina fa cantari – cucina e vini di calabria” P. Perri Editore.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Biscotto di grano

Composizione:
a. Materia prima: farina integrale di grano, acqua, lievito naturale, lievito di birra, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: la farina viene impastata con il lievito, l’acqua e il sale. Dopo la lievitazione, che si protrae per diverse ore (oltre 8), si formano dei pani ovoidali con le estremità arrotondate a mezzaluna. Dopo una sosta di un’oretta si inforna una prima volta, si toglie dal forno lasciandolo evaporare e si reinforna per la biscottatura.

Area di produzione: Reggio Calabria.

Note: parente povero, tecnologicamente parlando, delle friselle, questo pane era il “Panis navalis” (biscotto delle navi) di cui parlano gli storiografi del ‘600. A Reggio, per decisione del vicerè di Napoli, c’era un opificio che produceva questo pane biscottato, del quale si approvvigionavano le galee del viceregno. La stessa tradizione si riscontra in altre città marinare tra le quali Messina, Genova e Fano (Ps). (Informazione personale del prof. Franco Masino, glottologo, di Reggio Calabria). Oggi il pane viene anche detto “biscotto e caponata” perché abitualmente si consuma con olio, aglio e origano, dopo averlo rapidamente passato nell’acqua.

Pane a cuddhura

Composizione:
a. Materia prima: farina di grano tenero, acqua, lievito naturale, lievito di birra, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: la farina e gli altri ingredienti vengono lavorati insieme. L’impasto omogeneo si lascia lievitare per diverse ore. Si formano dei pani circolari, a forma di ciambella, con piccolo foro centrale, del peso variabile da 1 a 3 kg. e decorati con piccoli rilievi di stile barocco. Si cuoce in forno ben caldo.

Area di produzione: provincia di Reggio Calabria.

Note: viene fatto solo durante le feste di Natale e per rifornire di pane le famiglie quando i fornai si astengono dal lavoro per il riposo estivo. Il termine “cuddhura” deriva dal greco e significa ciambella. Cudduraci (piccola ciambella) invece, sempre in provincia di Reggio Calabria, designa un dolce pasquale decorato con le uova sempre in numero dispari. (Informazione personale del prof. Franco Masino).

Pane di Pellegrina

Nome dialettale: I PANI DI PELLEGRINA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina tipo “00”, acqua, sale, lievito naturale (pasta acida), cruschello.
FORMA: Varie.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Compatto e sapido.
ODORE: Deciso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICA DI LAVORAZIONE: Lavorare a mano la farina tipo 00 e la “cranza” (cruschello) aggiungendo l’acqua, il sale ed infine il lievito (in parte di pasta acida ed in parte lievito di birra), lasciare lievitare e cuocere nel forno a legna. La cranza conferisce un colore più scuro, maggiore sofficità ed allunga i tempi di conservazione.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Locale conforme alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La sagra del pane di grano si tiene a Pellegrina, frazione di Bagnara Calabra, il 2 di Agosto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pane con la giuggiulena

Nome dialettale: PANI ‘I GIUGGIULENA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina di grano duro, acqua, sale, lievito naturale e di birra, semi di sesamo.
FORMA: Circolare.
DIMENSIONI MEDIE: Varie, intorno ai 25-35 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Da 1 a 2,5 chili.
ODORE: Di legna.
COLORE: Tendente al marrone (la crosta).

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Alla farina si aggiunge l’acqua tiepida e salata ed il lievito disciolto in essa. Si impasta il tutto e si lascia a lievitare per diverse ore. Si impasta una seconda volta e si formano dei pani di circa un chilo di peso. Dopodicché si cosparge la superficie dei pani con semi di sesamo, si lascia lievitare nuovamente e si cuoce nei forni a legna. A volte, ai semi di sesamo si sostituiscono quelli di finocchio.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Tavole di legno.
MACCHINARI UTILIZZATI: Forno a legna.
LOCALI: Laboratorio di panificazione.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il pane casereccio, come è facile intuire, ha una lunghissima tradizione regionale. La peculiarità risiede nell’uso di lievito naturale frutto delle produzioni precedenti e nella lavorazione manuale fatta in vasche di legno.
E’ un prodotto di derivazione araba e siciliana.
Presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari esiste documentazione in grado di dimostrare la tradizionalità del prodotto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Crostini di grano

Nome dialettale: U VISCOTTU

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina integrale di grano duro, lievito naturale, sale e acqua.
FORMA: I crostini di grano hanno forma ovoidale/cilindrica (cm. 10 di lunghezza per 4 cm. di altezza) dovuta la fatto che vengono prima realizzati delle forme di panino che poi vengono tagliati a metà;
PESO MEDIO: 25-30 gr. ciascuno.
COLORE: Hanno colore giallo dorato non molto intenso all’esterno e giallo leggermente più chiaro all’interno.
SAPORE: Sono friabili e croccanti e non hanno un sapore molto intenso di farinacei.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le metodiche di lavorazioni sono molto semplici e seguono sostanzialmente le caratteristiche della produzione del pane. La farina integrale viene infatti miscelata con l’acqua, il sale e con lievito naturale quindi quando l’impasto raggiunge la densità desiderata lo si divide secondo la classica forma del panino e lo si taglia in due (ciò dà la forma propria del crostino). Quindi lo si inforna nel forno a legna ad una temperatura di 180-200°C facendolo cuocere per circa 1 ora.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: L’impasto può essere lavorato sia a mano che con l’aiuto di una impastatrice; gli strumenti utilizzati sono molto semplici e sono teglie e coltelli di acciaio e filtri di acciaio ( i cd colini);
LOCALI: Locali dove avviene la lavorazione del prodotto sono generalmente laboratori artigianali o cucine di casa. I forni utilizzati possono essere sia forni a legna (se si tratta di case e aziende agricole) che forni industriali se si tratta di aziende di produzione.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La funzionalità storico del prodotto trova la sua principale motivazione nel fatto che il pane, fino a qualche decennio fa non si faceva tutti i giorni ma una o al massimo due volte al mese; per questo motivo vi era la necessità quando si faceva il pane di fare anche dei boscotti di grano che potessero essere conservati anche più a lungo del pane.
La produzione di tale prodotto era quindi molto diffusa nei decenni passati più per una questione di comodità che di altro; con il passare del tempo si è persa un pò l’abitudine di fare il pane di casa e con essa anche quella di fare i crostini. La ricetta però è tramandata nel tempo ed è arrivata fino ai nostri giorni tanto è che ancora oggi esiste qualche laboratorio artigianale nella Locride che produce i crostini di grano.
AREA DI PRODUZIONE: Il territorio interessato alla produzione comprende la Locride, in particolare i Comuni di Antonimina, Platì, Ciminà, Gerace, Ardore, Bovalino, Canolo, Siderno, Locri, Gioiosa Jonica, Roccella Jonica.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pane casereccio

Nome dialettale: PANI ‘I CASA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina di grano duro, preferibilmente di tipo “Cappelli” oppure del tipo “Creso”, lievito naturale, sale e acqua.
FORMA: Circolare.
DIMENSIONI MEDIE: Varie, intorno ai 25-35 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Da 1 a 2,5 chili.
ODORE: Di legna.
COLORE: Bianco scuro all’interno, tendente al marrone la crosta.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si dispone la farina in un grande contenitore di legno detto “maiddra” (usato anche per la lavorazione delle carni di maiale) aggiungendo gli altri ingredienti. Se ne ottiene un impasto omogeneo, che lavorato molto a lungo e meticolosamente, dà un impasto che poi assume le varie forme del pane locale. Sul pane di forma rotonda, quello più diffuso, è praticata sulla faccia superiore un’incisione che aiuta a capire la giusta lievitazione dello stesso. Dopo di che, va cotto nel forno a legna. La preparazione del forno è svolta con molta cura: si accende il fuoco possibilmente alimentato con piccoli rami secchi sottili (le “frasche”) e, quando il forno ha raggiunto una temperatura adeguata si bagna con uno straccio il fondo. Il lievito che serve per la preparazione del pane, si ottiene in casa mettendo insieme la farina, l’acqua calda ed il sale, lasciando poi inacidire il tutto in uno strofinaccio di lino. Uguale risultato si può ottenere conservando una piccola porzione dell’impasto del pane.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
CONSERVAZIONE: Il pane casereccio ha la particolarità di potersi conservare anche per un mese se custodito in ceste di vimini o disposto su ripiani di legno in locali non areati.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Maiddra, strofinacci di lino.
MACCHINARI UTILIZZATI: Forno a legna.
LOCALI: Laboratorio per panificazione.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il pane casereccio, come è facile intuire, ha una lunghissima tradizione regionale. La peculiarità risiede nell’uso di lievito naturale frutto delle produzioni precedenti e nella lavorazione manuale fatta in vasche di legno.
Presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari esiste documentazione in grado di dimostrare la tradizionalità del prodotto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pane di segale di Canolo

Nome dialettale: U JERMANU

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina di segale, acqua, sale e lievito naturale.
FORMA: Circolare.
DIMENSIONI MEDIE: L’altezza del pane è di circa 5/10 cm.
PESO MEDIO: Le pezzature variano da 500 gr. a 1,5 Kg.
COLORE: Ha un colore dorato scuro; la mollica è alveolata in maniera non regolare, di colore bianco sporco; ha una crosta friabile e croccante, di colore scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: L’elemento caratterizzante del prodotto in questione è la segale (un’erba annua delle graminacee molto simile al grano di cui ha all’incirca le stesse norme colturali e modalità di raccolta e con il quale si coltiva spesso in consociazione); la segale viene coltivata in larga misura nel territorio del Comune di Canolo (RC) e dei comuni limitrofi (soprattutto perché trova, rispetto al grano migliori condizioni pedoclimatiche nei territori montani come è nello specifico il territorio di Canolo Nuova con i suoi 900 mt. di altitudine sul livello del mare) e viene utilizzata come perfetto surrogato del grano per fare il pane. Per fare la farina di segale (più scura rispetto a quella del grano) è necessaria una lavorazione più complessa: una volta raccolta la segale viene fatta essiccare al sole (di solito vengono usati i panni di ginestra chiamate in dialetto calabrese “pezzare”, e quando i chicchi di segale hanno raggiunto la giusta durezza (la segale crescendo in montagna è più molle e umida del grano) viene portata al mulino per la macina (i chicchi di segale vengono tastati con le mani e quando resistono alla forza delle mani senza sbriciolarsi sono considerati pronti).
Realizzata la farina di segale il procedimento è identico a tutti i procedimenti di produzione del pane: la farina di segale si impasta con l’acqua, sale e lievito naturale. Raggiunta la giusta densità viene infornata a 200°C circa (in special modo in forni a legna molto utilizzati a Canolo tanto è che ve ne sono di proprietà del Comune a disposizione della collettività) e lasciata cuocere per un’ora circa.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Tavoliere di legno per l’impasto, pezzare.
MACCHINARI UTILIZZATI: Forno a legna.
LOCALI: Panificio realizzato secondo la corretta prassi igienica prevista dalla normativa vigente.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il pane di segale è un prodotto che viene quasi esclusivamente realizzato nel territorio del Comune di Canolo (RC) in virtù del fatto che la segale è presente in maniera più significativa rispetto al grano. Attualmente la produzione è limitata alle famiglie, ad un panificio e a due esercizi di ristorazione di Canolo. Il prodotto ha una sua tradizionalità molto forte nelle famiglie del Comune di Canolo, poiché una volta il pane veniva fatto soltanto con la farina di segale essendo quest’ultima più facilmente coltivabile rispetto al grano.
AREA DI PRODUZIONE: Comune di Canolo (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pane di castagne

Nome dialettale: PANI ‘I CASTAGNE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina di frumento (due parti), farina di castagne (una parte), acqua, lievito naturale e di birra, sale, un pizzico di zucchero.
FORMA: Circolare.
DIMENSIONI MEDIE: Varie, intorno ai 20-30 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Da 1 a 1,5 chili.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Di castagne.
COLORE: Giallo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La farina di castagne si ottiene lessando questi frutti in acqua e passandoli a purea. Si mescola con la farina di frumento ed il lievito sciolto nell’acqua tiepida insieme con il sale e lo zucchero. Si impasta bene l’elaborato fino ad ottenere una massa omogenea di media consistenza. Dopo una lievitazione di un paio d’ore si rimpasta il tutto, si formano dei piccoli pani a forma di pagnotta e si inforna.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Periodo invernale.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Tavole di legno.
MACCHINARI UTILIZZATI: Forno a legna.
LOCALI: Laboratorio per panificazione.

Elementi che comprovano la tradizionalità: E’ un pane “residuale”, consumato dalle classi più povere nei periodi di magra quando scarseggiavano gli altri tipi di farina.
Presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari esiste documentazione in grado di dimostrare la tradizionalità del prodotto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Lestopitta

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, acqua, olio e sale.
FORMA: Circolare.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro di 15 cm.
PESO MEDIO: 30 gr.
SAPORE: Farinaceo.
ODORE: Di fritto.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Impastare la farina ed un pizzico di sale, con l’acqua tiepida e qualche goccia d’olio fino ad ottenere una sfoglia piuttosto sottile; staccare dei pezzetti di pasta e fare delle palline di media grandezza, lavorarle bene e con il matterello spianarle, con un coperchio tagliare dei dischetti del diametro di 10-15 cm. Ungere una padella di ferro con poco olio e quando è ben calda mettere le pitte e farle cuocere prima da un lato e poi dall’altro. Servirle calde con olio nuovo o con salami e formaggi.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Lestopitta è un prodotto tradizionale di Bova che ricorda il pane azzimo di cultura ebraica; un insediamento ebraico è storicamente provato nella toponomastica della città di Bova.
La lestopitta può essere consumata al posto del pane, spaccata e condita con olio e sale, o farcita con cicciole di maiale e pepe rosso.
In origine era una focaccia rituale, decorata o dipinta (picta: dipinta), che gli antichi popoli italici ed i Romani offrivano alle divinità. Secondo il Rohlfs il nome deriva dal greco volgare pitta, che significa, focaccia.
TERRITORIO INTERESSATO: Comune di Bova in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pizza alla Reggina

Nome dialettale: PITTA A RIGGITANA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, ricotta fresca, salame, uova, strutto, prezzemolo, sale e pepe nero.
FORMA: Rotonda.
DIMENSIONI MEDIE: 20 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Sostanzioso.
ODORE: Gradevole.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Con la farina, acqua e un po’ di strutto preparare una sfoglia, con la quale foderare una teglia. Versare in essa un ripieno costituito da tutti gli ingredienti, meno lo strutto, amalgamati. Ricoprire con un disco di pasta, cospargere la superficie, bucherellata con un ferro da calza, con fiocchetti di strutto e cuocere in forno.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: La ricetta è riportata da Ottavio Cavalcanti su “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” – Mursia 1979.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pizza di Maggio

Nome dialettale: PITTA DI MAJU

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Per la pizza: acqua, farina, sale, lievito e curcuci.
Ripieno: ricotta fresca, salame, uova, pepe nero.
FORMA: Rotonda.
DIMENSIONI MEDIE: 20 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Ricco.
ODORE: Intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Impastare la farina con acqua, sale e lievito energeticamente, aggiungere le curcuci e lasciare lievitare.
Una volta lievitata stendere la sfoglia della pasta e successivamente farcirla con la ricotta, salame, uova sode, pepe nero, ricoprire con altra sfoglia e cuocere in padella con poco olio d’oliva.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Pietanza che storicamente i pellegrini usano portare in occasione, fra l’ultima decade di aprile e la prima di maggio, della visita alla Madonna di Bobile (borgata del comune di Ardore). In origine la pitta era una focaccia rituale decorata o dipinta (“picta”=dipinta) che gli antichi popoli italici ed i romani offrivano alle divinità secondo il Rohlfs il nome deriva dal greco “pitta” che significava focaccia.
Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Calabria 1847” di Edward Lear (1812-1888), pubblicato a Londra per la prima volta nel 1852.
AREA DI PRODUZIONE: Comune di Ardore (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Crispelle salate

Nome dialettale: CRISPEDDHE

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, acqua, lievito e sale, farcite con acciuga o ricotta fresca.
FORMA: Sferica.
DIMENSIONI MEDIE: 4-5 cm. di diametro.
PESO MEDIO: 30-40 gr.
SAPORE: Morbido e/o sapido.
ODORE: Acuto.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si lavora la farina con l’acqua fino ad ottenere un impasto morbido si aggiunge il lievito e si lascia lievitare. A lievitazione completata si prende un pò di impasto con un cucchiaino da tavola, si farcisce l’impasto con acciughe o ricotta fresca, si friggono in olio caldo abbondante.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Dolce tradizionale legata alla festività natalizia diffusa in tutta la provincia di Reggio Calabria.
Esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto: citata su “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta n. 58 anno XVI (1993).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Frese bianche

Nome dialettale: FRESE IANCHE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina tipo “00”, acqua, sale, lievito naturale.
FORMA: Rotonda con foro centrale.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro circa 15 cm.
PESO MEDIO: 70 g. (singola fresa).
SAPORE: Gradevole.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Dorato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Con la pasta del pane lievitato si formano dei pezzi a forma di cilindro o, più solitamente, delle forme circolari schiacciate con foro al centro. Si infornano una prima volta a 300°C per 20 minuti circa per favorire la cottura degli amidi. Appena sfornati i pezzi vengono lasciati raffreddati per poi essere tagliati in due longitudinalmente. Successivamente vengono riposti nuovamente in forno per la biscottatura.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Bilancia, spatoletta, tavolo con superficie in marmo.
MACCHINARI UTILIZZATI: Impastatrice, spezzatrice, filonatrice, tagliafreselle, forno e macchina termoretraibile.
LOCALI: Laboratorio per panificazione.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questo alimento è ancora oggi molto diffuso in tutta la Calabria, in particolare nei ristoranti dove viene consumata come antipasto. Storicamente, però, la fresa nasce come alimento di lunga conservazione che si consumava quando era terminata la scorta di pane o come “merenda” dei contadini. Era, infatti, bagnata con il vino e su di essa si strofinavano i pomodori.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Frese integrali

Nome dialettale: FRESE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Acqua, sale, lievito naturale, 50% di farina tipo “00” e 50% di farina integrale.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro circa 15 cm.
PESO MEDIO: 70 g. (singola fresa).
SAPORE: Gradevole.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Dorato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Con la pasta del pane lievitato si formano dei pezzi a forma di cilindro o, più solitamente, delle forme circolari schiacciate con foro al centro. Si infornano una prima volta a 300°C per 20 minuti circa per favorire la cottura degli amidi. Appena sfornati i pezzi vengono lasciati raffreddati per poi essere tagliati in due longitudinalmente. Successivamente vengono riposti nuovamente in forno per la biscottatura.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Bilancia, spatoletta, tavolo con superficie in marmo.
MACCHINARI UTILIZZATI: Impastatrice, spezzatrice, filonatrice, tagliafreselle, forno e macchina termoretraibile.
LOCALI: Laboratorio per panificazione.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questo alimento è ancora oggi molto diffuso in tutta la Calabria, in particolare nei ristoranti dove viene consumata come antipasto. Storicamente, però, la fresa nasce come alimento di lunga conservazione che si consumava quando era terminata la scorta di pane o come “merenda” dei contadini. Era, infatti, bagnata con il vino e su di essa si strofinavano i pomodori

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Frise al peperoncino

Nome dialettale: FRISE VRUSCENTI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina di grano duro e tenero, acqua, sale, lievito naturale, peperoncino piccante.
FORMA: Rotonda con foro centrale.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro circa 15 cm.
PESO MEDIO: 70 g. (singola fresa).
SAPORE: Piccante.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Rossastro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Con la pasta del pane lievitato si formano dei pezzi a forma di cilindro o, più solitamente, delle forme circolari schiacciate con foro al centro. Si infornano una prima volta a 300°C per 20 minuti circa per favorire la cottura degli amidi. Appena sfornati i pezzi vengono lasciati raffreddati per poi essere tagliati in due longitudinalmente. Successivamente vengono riposti nuovamente in forno per la biscottatura.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
CONSERVAZIONE: Conserva bene le caratteristiche organolettiche per alcune settimane.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavolo con superficie in marmo.
STRUMENTI UTILIZZATI: Bilancia, spatoletta.
MACCHINARI UTILIZZATI: Impastatrice, spezzatrice, filonatrice, tagliafreselle, forno e macchina termoretraibile.
LOCALI: Laboratorio per panificazione rispondente alla norma igienico-sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questo alimento è ancora oggi molto diffuso in tutta la Calabria, in particolare nei ristoranti dove viene consumata come antipasto. Storicamente, però, la fresa nasce come alimento di lunga conservazione che si consumava quando era terminata la scorta di pane o come “merenda” dei contadini. Era, infatti, bagnata con il vino e su di essa si strofinavano i pomodori.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Taralli morbidi

Nome dialettale: TARADDRI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina tipo “00”, acqua, sale, olio di oliva o strutto, miele, uova.
FORMA: Rotonda con foro centrale.
DIMENSIONI MEDIE: Diamestro da circa 2 cm.
PESO MEDIO: Pacchetti da 300 a 400 gr.
SAPORE: Gradevole secondo il tipo di seme.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Dorato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si lavora la pasta del pane con le uova, aggiungendo lo strutto e il miele. Il composto si modella a cannelli formando con essi delle ciambelle che vengono immersi per pochi istanti, una per volta, in una pentola d’acqua in ebollizione. Si sistemano i taralli sulla placca del forno leggermente unta d’olio e si fanno cuocere finché non risultano ben dorati.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Bilancia, tagliastrisce, tavolo con superficie in marmo.
MACCHINARI UTILIZZATI: Raffinatore, impastatrice, tarallatrice, bollitore e forno.
LOCALI: Laboratorio per panificazione.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questi prodotti venivano preparati in Calabria dalle contadine in occasione delle feste patronali. Durante le processioni ed i pellegrinaggi ai santuari, i taralli, decoravano le statue dei santi patroni. Le fanciulle vergini vestite di bianco le infilavano alle braccia come se fossero dei bracciali, ciò spiega la loro forma. I taralli, quindi, erano offerte votive di grande valore simbolico che nel tempo hanno perso il loro stupendo significato.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Tarallini ai semi di anice

Nome dialettale: TARADDUZZI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina tipo “00”, acqua, sale, olio di oliva, vino bianco, semi di anice.
FORMA: Rotonda con foro centrale.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro circa 2 cm.
PESO MEDIO: Pacchetti da 300 e 400 gr.
SAPORE: Gradevole di anice.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Dorato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si prepara la pasta lavorando la farina con acqua salata, aggiungendo poco a poco l’olio mescolato nel vino bianco. Successivamente si aggiungono i semi di anice. L’impasto ottenuto viene lavorato fino ad ottenere delle lunghe strisce tonde che vengono tagliati in piccoli pezzi. Questi vengono, quindi, chiusi a forma circolare e messi in acqua bollente per alcuni minuti. Lasciati raffreddare vengono successivamente infornati per circa 20 minuti.
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Sacchetti trasparenti in plastica, cartoni.
STRUMENTI UTILIZZATI: Bilancia, tagliastrisce, tavolo con superficie in marmo.
MACCHINARI UTILIZZATI: Raffinatore, impastatrice, tarallatrice, bollitore e forno.
LOCALI: Laboratorio per panificazione.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questi prodotti venivano preparati in Calabria dalle contadine in occasione delle feste patronali. Durante le processioni ed i pellegrinaggi ai santuari, i taralli, decoravano le statue dei santi patroni. Le fanciulle vergini vestite di bianco le infilavano alle braccia come se fossero dei bracciali, ciò spiega la loro forma. I taralli, quindi, erano offerte votive di grande valore simbolico che nel tempo hanno perso il loro stupendo significato.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Tarallini ai semi di finocchio

Nome dialettale: TARADDUZZI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina tipo “00”, acqua, sale, olio di oliva, vino bianco, semi di finocchio.
FORMA: Rotonda con foro centrale.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro circa 2 cm.
PESO MEDIO: Pacchetti da 300 e 400 gr.
SAPORE: Gradevole di finocchio.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Dorato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si prepara la pasta lavorando la farina con acqua salata, aggiungendo poco a poco l’olio mescolato nel vino bianco. Successivamente si aggiungono i semi di finocchio. L’impasto ottenuto viene lavorato fino ad ottenere delle lunghe strisce tonde che vengono tagliati in piccoli pezzi. Questi vengono, quindi, chiusi a forma circolare e messi in acqua bollente per alcuni minuti. Lasciati raffreddare vengono successivamente infornati per circa 20 minuti.
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Sacchetti trasparenti in plastica, cartoni.
STRUMENTI UTILIZZATI: Bilancia, tagliastrisce, tavolo con superficie in marmo.
MACCHINARI UTILIZZATI: Raffinatore, impastatrice, tarallatrice, bollitore e forno.
LOCALI: Laboratorio per panificazione.

Elementi che comprovano la tradizionalità:
Questi prodotti venivano preparati in Calabria dalle contadine in occasione delle feste patronali. Durante le processioni ed i pellegrinaggi ai santuari, i taralli, decoravano le statue dei santi patroni. Le fanciulle vergini vestite di bianco le infilavano alle braccia come se fossero dei bracciali, ciò spiega la loro forma. I taralli, quindi, erano offerte votive di grande valore simbolico che nel tempo hanno perso il loro stupendo significato.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Tarallini al peperoncino

Nome dialettale: TARADDUZZI PICCANTI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina tipo “00”, acqua, sale, olio di oliva, vino bianco, peperoncino rosso piccante macinato, semi di finocchio o di anice.
FORMA: Rotonda con foro centrale.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro circa 2 cm.
PESO MEDIO: Pacchetti da 300 e 400 gr.
SAPORE: Gradevole.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Dorato tendente al rosato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si prepara la pasta lavorando la farina con acqua salata, aggiungendo poco a poco l’olio mescolato nel vino bianco. Successivamente si aggiungono i semi di anice o di finocchio ed il peperoncino. L’impasto ottenuto viene lavorato fino ad ottenere delle lunghe strisce tonde che vengono tagliati in piccoli pezzi. Questi vengono, quindi, chiusi a forma circolare e messi in acqua bollente per alcuni minuti. Lasciati raffreddare vengono successivamente infornati per circa 20 minuti.
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Sacchetti trasparenti in plastica, cartoni.
STRUMENTI UTILIZZATI: Bilancia, tagliastrisce, tavolo con superficie in marmo.
MACCHINARI UTILIZZATI: Raffinatore, impastatrice, tarallatrice, bollitore e forno.
LOCALI: Laboratorio per panificazione.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questi prodotti venivano preparati in Calabria dalle contadine in occasione delle feste patronali. Durante le processioni ed i pellegrinaggi ai santuari, i taralli, decoravano le statue dei santi patroni. Le fanciulle vergini vestite di bianco le infilavano alle braccia come se fossero dei bracciali, ciò spiega la loro forma. I taralli, quindi, erano offerte votive di grande valore simbolico che nel tempo hanno perso il loro stupendo significato.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Stroncatura

Nome dialettale: STRUNCATURA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Per la pasta: farina integrale di frumento. Per il condimento: olio, acciughe, aglio, olive nere, formaggio, mollica grattugiata di pane biscotto.
FORMA: Linguine.
DIMENSIONI MEDIE: Lunghezza di circa 40 cm.
SAPORE: Deciso e piccante.
ODORE: Rustico.
COLORE: Colore scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Preparare un condimento a base di olio abbondante, aglio, acciughe e olive, aggiungere la pasta al condimento, spolverare con formaggio e mollica di pan grattato.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: “La stroncatura” è un tipo particolare di pasta, di fattura antica, che oggi si trova solo nella Piana di Gioia Tauro, essa contribuì moltissimo ad arricchire la storia dell’alimentazione presso i ceti più bassi di questo territorio.
Questa pasta veniva prodotta in casa utilizzando le “scopature” di magazzino, cioè raccogliendo da terra i residui misti di farina e crusca durante le operazioni di molitura del grano. Il colore era ovviamente scuro e la stroncatura veniva messa in vendita a prezzi molto bassi.
Talvolta risultava di sapore fortemente acido e veniva data in pasto a maiali e galline.
Le classi sociali meno abbienti ne facevano grande uso per l’economicità e per correggere il sapore o per attenuare il grado di acidità, usavano condirla con salse molto piccanti o con acciughe salate ed aglio.
Oggi l’uso della stroncatura è ancora vivo, naturalmente essa è stata migliorata: il colore scuro viene determinato dall’utilizzazione di farine integrali, mentre la “callosità” è dovuta non più a difetti di pastificazione, bensì all’uso di grano duro ed alla grossolana crivellazione della farina.
Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Provincia di Reggio Calabria 1847”di Edward Lear (1812-1888), pubblicato a Londra per la prima volta nel 1852.
TERRITORIO INTERESSATO DALLA PRODUZIONE: Piana di Gioia Tauro (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Taglierini e Ciciri

Sinonimo: LAGANELLE E CICIRI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Ceci, farina, acqua, alloro, prezzemolo e sale.
SAPORE: Gustoso e leggermente dolciastro.
ODORE: Aromatico.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lavorare la farina con l’acqua a mano fino ad ottenere una sfoglia morbida. Tirarla con il laganature o schianaturi (antesignano del moderno matterello), avvolgerla su se stessa e tagliarla con un coltello ricavando le laganelle (tagliatelle), larghe circa 5 mm.
Mettere a bagno i ceci dalla sera precedente e cuocerli, in un tegame di terracotta direttamente sul fuoco, in abbondante acqua salata senza alcun condimento, ma con l’aggiunta di due foglie di alloro. A cottura ultimata aggiungere le tagliatelle già lessate e amalgamare il tutto con olio crudo e prezzemolo tritato.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: E’ il piatto rituale del due novembre, commemorazione dei defunti.
La ricetta è riportata da Ottavio Cavalcanti su “Panza chjina fa cantari – cucina e vini di Calabria” P. Perri Editore.
AREA DI PRODUZIONE: Area greacanica della Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Maccheroni con il sugo di capra

Nome dialettale: MACCARUNI ‘I CASA CU SUGU I CAPRA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pasta: Farina e acqua. Sugo: carne di capra, vino bianco, cipolla, olio, basilico, alloro, sale. Condimento: Ricotta salata.
Dati relativi al maccherone:
FORMA: Filiforme.
DIMENSIONI MEDIE: Lunghezza pasta circa 10 cm.
PESO MEDIO: 5 gr.
SAPORE: Deciso e pieno.
ODORE: Forte.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Pasta: lavorare la farina con l’acqua, l’impasto ottenuto viene tagliato in cilindretti di 4-5 cm, all’interno di ciascun cilindretto viene inserito uno stelo di giunco o un ferro da calza.
La pasta viene poi allungata per rotolamento e quindi sfilata.
Sugo: sfumare la carne con vino bianco per 15-20 minuti, allontanare man mano la schiuma che si forma durante la sfumatura. A parte preparare il sugo con olio, abbondante cipolla, alloro, basilico. Aggiungere la carne sfumata e lasciare cuocere a fuoco lento per circa 2 ore.
Servire con ricotta salata grattugiata.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese diluglio al mese di agosto.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Stelo di giunco “Cannici” o ferro di calza.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La pasta fece la sua prima apparizione sulle mense calabresi già nel VII sec. a.C., la sua presenza si è consolidata, anche in senso quantitativo, con la dominazione araba e nei successivi momenti storici. Nella sua evoluzione dinamica essa si arricchì di forme e sapori. L’uso più tradizionale rimane, comunque, quello dei maccaruni ‘ì casa.
Il termine maccherone è di origine greca (macarios) e significa “cibo divino” o meglio “cibo che dà la felicità”. Si deve ai bizantini l’introduzione nella gastronomia calabrese della carne di capra, di maiale e delle verdure.
AREA DI PRODUZIONE: Costa jonica della Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Riso di Magro

Sinonimo: GRANU MARIU

Nome dialettale: U RISU MARIU

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Riso, pesce misto, carota, sedano, cipolla, olio d’oliva, vino bianco secco, aglio, prezzemolo, sale e pepe.
SAPORE: Gustoso.
ODORE: Delicato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Fare bollire il pesce con la carota, il sedano e l’aglio. Quando il pesce è cotto spinarlo e passarlo al setaccio con le verdure, conservare l’acqua di cottura.
In un tegame a parte fare soffriggere la cipolla tritata con olio e aggiungere il riso. Rimestare e sfumare con vino bianco secco. Salare, pepare e fare cuocere a fuoco lento aggiungendo a poco a poco il brodo del pesce. A questo punto versate nel tegame il pesce e le verdure passati al setaccio e fate cuocere.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Periodo estivo.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Calabria 1847” di Edward Lear (1812-1888), pubblicato per la prima volta a Londra nel 1852, dove si scrive: ”Questo piatto a base di grano aveva in quel lontano 1847 già due secoli di storia e solo negli anni successivi il grano venne sostituito con il riso….. un’esplosione di colori ed una combinazione inedita tra pesci ed ortaggi…che riporta alla mente la paella valenziana…è un’emulazione della paella spagnola o è questa ultima che copiò il nostro piatto di magro? La primogenitura è un dilemma ancora irrisolto…..” .
La ricetta è riportata su “Colazione, pranzo, cena” di Luigi Ugolini – Edizioni Meschina, Milano 1969.
AREA DI PRODUZIONE: Bovalino (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Farina di castagne

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDINETI UTILIZZATI: Castagne secche.
FORMA: In polvere.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Tipico.
COLORE: Nocciola chiaro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Tecniche manuali o meccanizzate.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le castagne essiccate vengono intaccate sulla parte esterna eliminando accuratamente il pericarpo e l’episperma.
Successivamente, il prodotto viene macinato e insacchettato sotto vuoto ed avviato alla commercializzazione.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Invernale.
CONSEVAZIONE: In luogo fresco ed asciutto, a temperatura ambiente sottovuoto.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Sacchetti plastificati.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, pestelli.
MACCHINARI UTILIZZATI: Insaccatrice, mulino, inscacchettatrice e macchina per conservazione sotto vuoto. Le operazioni possono essere eseguite tutte manualmente, tranne che per la creazione del sottovuoto.
LOCALI: Laboratori a norma.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Durante la peste nera il castagno era denominato anche albero del pane perché la farina del frutto veniva utilizzata per la produzione del pane. Dal ‘900 è utilizzato come ingrediente per le produzioni dolciarie e non va dimenticato che la farina è indicata per le persone affette da morbo-celiaco.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Acciughe e sarde al peperoncino

Materia prima: acciughe e sarde fresche.

Tecnologia di preparazione: le acciughe e le sarde vengono salate con la stessa tecnica delle acciughe salate (vedi scheda) solo che al sale si addiziona un’abbondante dose di peperoncino che può essere dolce, piccante o tutte e due.

Maturazione: 2 mesi circa.

Area di produzione: Calabria. Particolarmente rinomate quelle di Gioiosa Jonica (RC), Diamante (CS).

Calendario di produzione: primavera-estate.

Note: la versione delle sarde e delle acciughe al peperoncino destinate al mercato viene fatta solo in Calabria da piccoli produttori in quantità limitate. I pesci vengono adagiati nei tradizionali “cugnitti”, vasetti di terracotta internamente smaltati, in genere da un chilogrammo, venduti al pubblico anche ad un prezzo di L. 50.000 ciascuno. Altrove (Sicilia, Costa ligure, Costa adriatica e Sardegna) la tecnica è diffusa solo a livello familiare.

Rosamarina

Nome dialettale: SARDELLA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Neonata di sarda e/o acciuga, sale, pepe rosso. A volte si usa anche inserire finocchio selvatico.
FORMA: Impasto denso ed omogeneo.
PESO MEDIO: 500 gr. per la confesione.
SAPORE: Piccante o leggermente piccante.
ODORE: Forte e intenso.
COLORE: Rosso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I pesciolini appena pescati vengono lavati con acqua dolce e stesi su di un ripiano solitamente marmoreo. Si aggiunge il sale ed il peperoncino che, a scelta, può essere dolce o piccante. Si procede quindi a mescolare gli ingredienti esclusivamente con le mani. Dopo viene rimesso a sgocciolare per eliminare gli eccessi di sale per circa 2 giorni. Successivamente l’impasto viene posto in grossi mastelli di vetro lasciando che maturi naturalmente. Si conserva in frigorifero a 5°C. Il composto viene rimescolato e posto in commercio man mano che viene richiesto dal mercato. A seconda che si tratti di vendita diretta al consumatore o produzione per la vendita in altri punti vendita, il prodotto viene venduto o in vasetti di vetro sigillati o posto in vaschette di plastica trasparente.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da marzo a giugno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto una volta messo nei contenitori viene fatto stagionare in apposite celle frigorifere e zavorrate con speciali pesi a temperatura di 6-7°C per un periodo di circa 6 mesi – un anno.
CONSERVAZIONE: Il prodotto viene conservato in celle frigorifere alle stesse condizioni della stagionatura in attesa della vendita.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Piano di marmo, vasi di vetro, vaschette di plastica o di vetro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Celle frigorifere.
LOCALI: Locale di mq. 200, con porta d’ingresso, con finestre sia a destra che a sinistra. Serbatoio d’acqua potabile per la lavorazione e celle frigorifere.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Presso testi di cucina calabrese esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto.
AREA DI PRODUZIONE: Provincia di Cosenza e Catanzaro.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Sarde salate

Nome dialettale: SARDI SALATI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Sarde fresche, sale e finocchio selvatico.
FORMA: Allungata e affusolata.
DIMENSIONI MEDIE: 9-10 cm.
PESO MEDIO: 500 gr. a confesione.
SAPORE: Di pesce leggermente salato.
ODORE: Molto gradevole.
COLORE: Grigio.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il pesce fresco decapitato ed eviscerato è messo in salamoia dentro grossi contenitori di vetro. Successivamente viene lavato in acqua e sale è collocato a strati su ognuno dei quali viene messo del sale grosso. Dopo una settimana, durante la quale il pesce elimina acqua e grassi, le scatole vengono pressate e sistemate a torre una sopra l’altra. Inizia così la fase di definitiva spurgatura dei grassi, che la salamoia quotidinamente aggiunta, porta in superficie. Completato il ciclo, le scatole sono chiuse ermeticamente e messe in commercio. La stagionatura continua anche quando le scatole sono sigillate.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da marzo a giugno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto una volta messo nei contenitori viene fatto stagionare in apposite celle frigorifere e zavorrate con speciali pesi a temperatura di 6-7°C per un periodo di circa 6 mesi – un anno.
CONSERVAZIONE: Il prodotto viene conservato in celle frigorifere alle stesse condizioni della stagionatura in attesa della vendita.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Contenitori.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli.
MACCHINARI UTILIZZATI: Celle frigorifere.
LOCALI: Locali asettici ed arieggiati, celle frigorifere.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Tale conserva è nata come prodotto tipicamente realizzato dagli stessi pescatori. La produzione si è poi estesa anche ad altri soggetti operanti nel settore alimentare. Un tempo i pescatori serbavano il prodotto nelle cantine, luogo in cui la conservazione avviene a livelli ottimali, al pari dei salumi e dei formaggi.
Presso testi di cucina calabrese esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Acciughe salate

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Acciughe fresche, sale e finocchio selvatico.
FORMA: Allungata e affusolata.
DIMENSIONI MEDIE: 9-10 cm.
PESO MEDIO: 500 gr. a confesione.
SAPORE: Di pesce leggermente salato.
ODORE: Molto gradevole.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il pesce fresco decapitato è messo in salamoia dentro grossi contenitori di vetro. Successivamente viene lavato in acqua e sale è collocato a strati su ognuno dei quali viene messo del sale grosso. Dopo una settimana, durante la quale il pesce elimina acqua e grassi, le scatole vengono pressate e sistemate a torre una sopra l’altra. Inizia così la fase di definitiva spurgatura dei grassi, che la salamoia quotidinamente aggiunta, porta in superficie. Completato il ciclo, le scatole sono chiuse ermeticamente e messe in commercio. La stagionatura continua anche quando le scatole sono sigillate.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da marzo a giugno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto una volta messo nei contenitori viene fatto stagionare in apposite celle frigorifere e zavorrate con speciali pesi a temperatura di 6-7°C per un periodo di circa 6 mesi – un anno.
CONSERVAZIONE: Il prodotto viene conservato in celle frigorifere alle stesse condizioni della stagionatura in attesa della vendita.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Contenitori.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli.
MACCHINARI UTILIZZATI: Celle frigorifere.
LOCALI: Locali asettici ed arieggiati, celle frigorifere.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Tale conserva è nata come prodotto tipicamente realizzato dagli stessi pescatori. La produzione si è poi estesa anche ad altri soggetti operanti nel settore alimentare. Un tempo gli “acciugai”, coloro che lavoravano questo tipo di pesce, serbavano il prodotto nelle cantine, luogo in cui la conservazione avviene a livelli ottimali, al pari dei salumi e dei formaggi.
Presso testi di cucina calabrese esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Acciughe marinate

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Acciughe fresche, sale e aceto.
FORMA: Allungata e affusolata.
DIMENSIONI MEDIE: 9-10 cm.
PESO MEDIO: Da 100 a 250 gr. a confezione.
SAPORE: Di pesca leggermente agro.
ODORE: Molto gradevole.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: L’acciuga viene pulita, decapitata, sviscerata. Poi viene tolta la coda, la lisca e la parte dorata, quindi è posta nei contenitori (generalmente) di vetro con acqua corrente per ben tre volte. Fatta scolare, viene posta nel liquido di governo composto da: una parte di aceto ed una parte di sale e fatta marinare da 18 a 24 ore. Il pesce deve essere freschissimo e lavorato non oltre le 5 o 6 ore dalla pesca. Viene fatto sgocciolare e messo in barattoli.
Le acciughe possono essere variamente aromatizzate con oliva, capperi, pomodori secchi ed origano. La perdita di peso del prodotto lavorato, rispetto al fresco, arriva fino al 55% di cui il 45% nella fase di pulitura ed il restante 10% nella marinatura.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da marzo a giugno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Contenitori di vetro, barattoli.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli.
LOCALI: Locali asettici ed arieggiati, celle frigorifere.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La tecnica della marinatura viene detta anche scapece che, di origine spagnola (escabeche), qualcuno la attribuisce alla derivazione dal nome di Ex-Apicio, il leggendario gastronomo romano, ed indica un tipo di conservazione fatta con l’ausilio dell’aceto e riservata soprattutto al pesce.
Tale conserva è nata come prodotto tipicamente realizzato dagli stessi pescatori. Un tempo gli “acciugai”, coloro che lavoravano questo tipo di pesce, serbavano il prodotto nelle cantine, luogo in cui la conservazione avviene a livelli ottimali.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto preso testi di cucina calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Stocco di Mammola

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGRESIENTI UTILIZZATI: Stoccafisso.
FORMA: Caratteristica del merluzzo.
SAPORE: Corposo.
COLORE: Bianco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il merluzzo viene importato dai paesi nordici in Italia per essere trasformato, da prodotto duro e secco in alimento commestibile (pesce stocco o stoccafisso). La lavorazione è esclusivamente artigianale ed è suddivisa in varie fasi. Inizialmente si tranciano le pinne esterne e quindi il merluzzo essiccato viene immesso in acqua corrente nella prima di una serie di vasche comunicanti. Il giorno successivo viene aperto, con la roncola, nella parte inferiore e superiore. Il terzo giorno viene aperto completamente, il quarto vengono estratte le lische e le ventresche. il quinto giorno si rimuove il velo ed il giorno successivo, completamente spugnato, è pronto per essere venduto. E’ evidente che l’acqua assume una particolare rilevanza per la buona riuscita del prodotto finale. Le acque che sgorgano dalle numerose sorgenti montane della catena Aspromonte-Serre di Mammola hanno infatti una particolare composizione chimico-fisica. Sono ricche di sostanze oligominerali, che combinandosi tra loro. determinano una perfetta maturazione dello “stocco” in ammollo e ne esaltano il gusto inimitabile. E’ questa insieme alla professionalità artigianale di chi lavora lo stocco la ragione principale per cui si ottiene da secoli una produzione di ottimo stocco.
Analisi delle varianti: Lo stocco di Mammola è di colore bianco, ha sapore corposo ed ha forma caratteristica del merluzzo spugnato e aperto. E’ un alimento concentrato e custoso. Un chilogrammo di stocco ha un contenuto energetico equivalente a cinque chilogrammi di merluzzo fresco. E’ altamente digeribile e adatto a qualunque dieta. Povero di grassi, è ricco di proteine, vitamine e sali minerali.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Roncole artigianali e di forme particolari, costruite da abili mani di maestranze locali.
LOCALI: I locali sono rivestiti di marmo ed in mattonelle bianche e le vasche sono in granito ed acciaio.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Lo stocco di Mammola, che conta secoli di storia e di tradizione gastronomica, viene preparato secondo ricette tradizonali in svariati modi, diventanto nel tempo il piatto tipico del territorio di Mammola ed uno dei piatti più caratteristici dell’intero territorio calabrese. Anticamente era considerato il mangiare dei poveri. I contadini infatti lo consumavano e lo offrivano ai braccianti in occasione dei duri lavori della campagna dal momento che lo stocco, con il suo alto valore energetico, era considerato una alimento al quale non si poteva rinunciare. Ancora oggi viene conservata questa tradizione. E’ noto altresì che il consumo dello stocco da parte delle puerpere determina consistenti aumenti del prezioso latte materno, alimento primario per una sana alimentazione dei neonati.
La tradizione oramai radicata in tutta la Locride vuole, che quasi da precetto, le famiglie consumino lo stocco il venerdì santo e la vigilia di Natale.
Altra tradizione locale è quella di usare lo stocco come regalo. Infatti molti emigrati, al rientro dalle ferie, lo portano con se sia per regalarlo che come consumo personale.
Da ricordare è la tradizionale “Sagra dello stocco” giunta a più di venti edizioni e che si svolge ogni anno il 9 agosto nel borgo antico di Mammola, con la degustazione dello stocco che avviene in maniera tradizionale e servita in tegumi di terracotta (tianeji), in un clima di festa folcloristica con canti e balli tradizionali. La sagra per la sua tipicità è tra le più importanti manifestazioni di gastronomia della Calabria e d’Italia e richiama migliaia di tutisti estimatori.
Lo stocco viene venduto in molti negozi e mercati locali dei comuni della Comunità Montana della Limina e della zona ionica ed in viderse pescherie della fascia costiera da Catanzaro a Reggio Calabria. Lo stocco, importato da Mammola, viene venduto inoltre in alcuni supermercati in Belgio e Lussemburgo, in alcuni periodi dell’anno ed in particolar modo a Pasqua e Natale. Lo stocco di Mammola, viene inoltre preparato in alcuni ristoranti tipici calabresi di Roma, Milano e Bruxelles.
Il pesce stocco o stoccafisso venne importato in Italia (Genova, Venezia e Napoli) dai paesi nordici dal 1561 ed usato come merce di scambio. La Calabria, per l’importazione del merluzzo secco faceva riferimento al porto di Napoli (allora capitale del Regno delle due Sicilie), dal quale i battelli raggiungevano il porticciolo di Pizzo. A dorso di mulo, poi, attraverso le mulattiere del tempo, le balle di stocco arrivavano a Mammola. Qui il pesce stocco trova il suo habitat naturale per il felice matrimonio con la purissima acqua del luogo ricca di sostanze particolari (calcio, ferro, magnesio), che in breve tempo spungandolo lo rendeva commestibile. Notizie certe sulle prime importazioni e lavorazioni dello stocco a Mammola si hanno intorno al primo decennio del 1800. Altri storici affermano pure che il prodotto era noto già agli inizi del 1700. Successivamente si constatò che il trattamento con l’acqua di Mammola e la tipica lavorazione dava ottimi risultati ed il prodotto era sempre più richiesto. Si presume che proprio per questo di coniò lo slogan “Mammola paese dello Stocco” ancora oggi noto in tutta la Calabria.
AREA DI PRODUZIONE: Territorio del Comune di Mammola (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Sgombro sott’olio (I versione)

Materia prima: sgombro.

Tecnologia di lavorazione: gli sgombri decapitati ed eviscerati vengono lavati in soluzione di acqua e aceto leggermente salata. Si dividono a metà eliminando la spina dorsale. Si distendono su un panno pulito e su un piano inclinato cospargendoli di sale e altre spezie che variano da regione a regione (aglio, prezzemolo, ginepro, ecc.). Si lasciano in riposo per circa due ore al termine delle quali il pesce viene leggermente scottato in olio bollente, si lascia scolare e raffreddare; si ripongono nei vasi aromatizzando con grani di pepe, alloro, finocchio selvatico. Si copre d’olio e si sterilizza con il metodo Tyndal. Si conserva per lungo tempo se riposto in luogo fresco e buio, meglio se non umido.

Maturazione: 1 mese circa.

Area di produzione: costa marchigiana, Sicilia, Calabria, Sardegna, Toscana e Liguria.

Calendario di produzione: primavera, autunno, inverno.

Note: conserva ittica tipica dei pescatori che si è estesa anche ad altre famiglie, ma solo recentemente.

Sgombro sott’olio (II versione)

Materia prima: sgombro.

Tecnologia di lavorazione: gli sgombri eviscerati, essiccati e decapitati vengono lavati e lessati in acqua leggermente salata e acidula. Si lasciano asciugare per diverse ore. Poi si fa la toelettatura eliminando tutte le parti nere, le spine, le pinne, ecc. Si mettono i tranci interi nei barattoli, si aromatizza con i vari odori: aglio, prezzemolo, pepe, alloro, timo, ecc. Si copre d’olio e si sterilizza a lungo.

Maturazione: 1 mese circa.

Area di produzione: Sicilia, Sardegna, nei paesi costieri di Liguria, Toscana, Veneto, Marche, Abruzzo, Puglia e Campania.

Calendario di produzione: primavera-autunno, inverno.

Note: tra il pesce azzurro, lo sgombro è quello che è più ricco di quei grassi polinsaturi, gli omega 3, così utili alla salute del nostro apparato cardiocircolatorio.

Alici sott’olio

Nome dialettale: ALICI SUTT’UAGLIU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Alici, sale, olio di oliva, peperoncino piccante e dolce.
FORMA: Longilinea e piatta.
DIMENSIONI MEDIE: Intorno ai 10 cm.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Salato, appena piccante.
ODORE: Intenso.
COLORE: Argenteo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il pesce di provenienza locale viene riversato su un tavolo, decapitato e privato della parte terminale del corpo. Successivamente viene spruzzato con salamoia calda che lo libera dalle squame e dal sale. Dopodicché viene diliscato e confezionato in barattoli o vasetti di varia misura, condito con peperoncino e ricoperto di olio. Chiuso ermeticamente il prodotto è pronto per il consumo circa 3 mesi dopo.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da maggio a luglio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto viene posto in maturazione sotto un apposito peso per un periodo variabile dai 60 ai 90 giorni.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Tavoli di lavoro, vasche di lavaggio, contenitori per la salamoia, vasetti di vetro per il confezionamento.
LOCALI: Locali asettici ed arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Tale conserva è nata come prodotto tipicamente realizzato dagli stessi pescatori. La produzione si è poi estesa anche ad altri soggetti operanti nel settore alimentare. Un tempo i pescartori tenevano il prodotto nelle cantine, luogo in cui la conservazione avviene a livelli ottimali, al pari dei salumi e dei formaggi.
Presso testi di cucina calabrese esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Tonno sott’olio

Sinonimo: PESANTONO SOTT’OLIO

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Tonno piccolo o palamitu olio, sale.
FORMA: Filetti.
DIMENSIONI MEDIE: 10 * 1.5.
PESO MEDIO: 30 – 40 gr.
SAPORE: Sapido e consistente.
ODORE: Robusto.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lasciare il pesce per alcune ore sotto l’acqua corrente. Mettere a bollire in acqua salata, una volta cotto togliere la pelle e le spine, tagliare a filetti. Farli asciugare su un panno e raffreddare, conservarli in barattoli di vetro sott’olio.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di settembre al mese di ottobre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Anche per il pesce, come per alcuni ortaggi, è tradizione in Provincia di Reggio Calabria fare le conserve sott’olio per meglio conservare e quindi poter consumare la pietanza durante tutto l’anno.
La ricetta è riportata su “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Editore Mursia – 1979.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Sarde salate e pepate

Nome dialettale: SARDI PIPATE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Sarde fresche, sale, finocchi selvatici e peperoncino rosso.
FORMA: Allungata.
DIMENSIONI MEDIE: 12-13 cm.
PESO MEDIO: 500 gr. a confesione.
SAPORE: Ben piccante e saporito.
ODORE: Intenso.
COLORE: Rossiccio.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il pesce fresco messo in salamoia dentro grossi contenitori di vetro, è decapitato ed sviscerato. Lavato in acqua e sale è collocato a strati su ognuno dei quali viene messo del sale grosso e peperoncino che, a scelta, può essere dolce o piccante. Dopo una settimana, durante la quale il pesce elimina acqua e grassi, le scatole vengono pressate e sistemate a torre una sopra l’altra. Inizia così la fase di definitiva spurgatura dei grassi, che la salamoia quotidinamente aggiunta, porta in superficie. Dopo circa un periodo di 2 mesi, le sarde vengono di nuovo accuratamente lavate per eliminare il sale precedente e poi successivamente risalate e pepate con pepe rosso e finocchio selvatico. Completato il ciclo, le scatole sono chiuse ermeticamente e messe in commercio. Il prodotto viene stagionato in ambienti fressi per un periodo che varia dai 6 mesi ad un anno.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di marzo al mese di settembre.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto una volta messo nei contenitori viene fatto stagionare in ambienti freschi (cantine) o in apposite celle frigorifere e zavorrate con speciali pesi a temperatura di 6-7°C per un periodo di circa 6 mesi – un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Pesi, coltelli, contenitori di vetro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Celle frigorifere.
LOCALI: Locali asettici ed arieggiati, celle frigorifere.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Tale conserva è nata come prodotto tipicamente realizzato dagli stessi pescatori. La produzione si è poi estesa anche ad altri soggetti operanti nel settore alimentare. Un tempo i pescatori serbavano il prodotto nelle cantine, luogo in cui la conservazione avviene a livelli ottimali, al pari dei salumi e dei formaggi.
Il pesce lasciava le cantine annualmente. Attualmente la vesrione delle sarde ed acciughe al peperoncino destinate al mercato viene prodotta solo in Calabria da piccoli produttori in quantità limitate.
Presso testi di cucina calabrese esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Aguglie o Costardelle fritte

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Aguglie o costardelle, farina, olio, sale.
FORMA: Fusiforme.
DIMENSIONI MEDIE: 25 cm.
PESO MEDIO: 70 gr.
SAPORE: Asciutto e sapido.
ODORE: Intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Sventrare e pulite accuratamente le aguglie o costardelle, passatele nella farina; introducete il pungiglione delle aguglie o costardelle nella coda in modo da formare un cerchio, friggetele in abbondante olio bollente. Sgocciolatele bene, salate e servite con limone.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Padella.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La maniera di cucinare il pesce cambia anche da paese a paese e questo avviene per il pesce più originale…e volgare della gastronomia brucia, come le “costardelle”, le sarde, i “pisantuni”(della famiglia dei tonnidi), la “cicirella”, la “fravaglia” (miscuglio di piccoli pesci), la “spatola” (pesce sciabola o vela) e così via.
E’ una ricetta molto semplice, che è opportuno ricordare, tenuto conto che è una pietanza molto diffusa nella Calabria meridionale, tipica dei mesi estivi durante i quali la pesca delle aguglie e, soprattutto, delle costardelle, è abbondantissima.
Se ne ritrova citazione in “Reggio Calabria arcobaleno d’Italia” a cura dell’A.A.S.T. di Reggio Calabria.
La ricetta è riportata su “La buona cucina di Calabria” a cura di Carlo Baccellieri – Edizioni Reghion- Reggio di Calabria, 1976.
AREA DI PRODUZIONE: Costa Viola in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Frittelle di Neonata

Sinonimo: CICIRELLA

Nome dialettale: FRITTELLE DI NANATA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Neonata, acqua, farina, prezzemolo, olio, sale.
FORMA: Ovale.
DIMENSIONI MEDIE: 7*3 cm., alte circa 1 cm.
PESO MEDIO: 25 gr.
SAPORE: Consistente e pieno.
ODORE: Deciso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lavare con cura la neonata (pesciolini appena sgusciati dalle uova), passarle nella pastella fatta con acqua, farina, sale, prezzemolo tritato e pepe nero. Prendere l’impasto con il cucchiaio e versarlo in olio bollente.
PERIODO DILAVORAZIONE: Dal mese di giugno al mese di settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: La maniera di cucinare il pesce cambia anche da paese a paese e questo avviene per il pesce più originale…e volgare della gastronomia bruzia, come le “costardelle”, le sarde, i “pisantuni”(della famiglia dei tonnidi), la “cicirella”, la “fravaglia” (miscuglio di piccoli pesci), la “spatola” (pesce sciabola o vela) e così via.
Prelibata era l’”afia”, cioè la nostra nannata, che Virgilio chiamerà dopo bianco “liquamen” tratto da “Lineamenti storici della gastronomia calabrese” di Giuseppe Polimeri pubblicato su Calabria Sconosciuta – anno V- n.20 (ottobre-dicembre 1982).
La ricetta è riportata su “Panza china fa cantari – cucina e vini di calabria” di Ottavio Cavalcanti, P.Perri Editore.
AREA DI PRODUZIONE: Area della Costa Viola in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Involtini di Pesce Spada

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pescespada, mollica di pane bianco, capperi tritati, olive verdi, prezzemolo tritato, parmigiano grattugiato, olio d’oliva, salsa di pomodoro, sale e pepe.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: Lungo 7 cm., largo 3.5 cm.
PESO MEDIO: 35 gr.
SAPORE: Raffinato e gustoso.
ODORE: Gradevole.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICA DI LAVORAZIONE: Fare il ripieno impastando il pangrattato con il pescespada tritato, i capperi, le olive verdi macinate, prezzemolo, parmigiano grattugiato, salsa di pomodoro, olio d’oliva, sale e pepe.
Tagliare dell’altro pescespada in scaloppine e batterle. Mettere sopra un poco dell’impasto, arrotolare le scaloppine in modo da fare un involtino, passarlo nell’olio e cuocerle sul carbone mettendo appena del sale.
Può anche essere servito con una salsa di “salmoriglio”.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di maggio al mese di settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Definito come “il pinocchio della Costa Viola” è il pesce più richiesto e l’indiscusso protagonista della gastronomia calabrese. Non solo per la prelibatezza delle sue carni, bensì anche per il rituale folkloristico che ne caratterizza la pesca. Uno degli spettacoli più attraenti è l’assistere, nelle azzurre acque della costa viola (da Villa S. Giovanni a Palmi) alle battute di pesca delle “passarelle”, le curiose e veloci imbarcazioni specializzate nella caccia al pesce spada. Esse sono guidate da un timoniere-avvistatore che si pone in precario equilibrio su un alto pennone, dove vi è anche il cassero. Questo traliccio metallico è alto 15 a 25 metri. Dalla prua della barca fuoriesce un altro ponte metallico, la “passerella” appunto, dal quale il fiocinatore vibra con l’arpione alla preda.
La sagra del pescespada si tiene la seconda domenica di luglio a Bagnara Calabra.
“Dallo stretto partivano i pesce spada per Atene, pescati con tecniche ancora in uso ed introdotte dai fenici”, testimonianza di Archestrato (età classica) riportata su Calabria Sconosciuta in “Lineamenti storici della gastronomia calabrese” di Giuseppe Polimeri, anno V n. 20 (ottobre-dicembre 1982)
Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Calabria 1847” di Edward Lear (1812-1888), pubblicato per la prima volta a Londra nel 1852.
AREA DI PRODUZIONE: Area della Costa Viola in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Involtini di Spatola

Nome dialettale: ‘NVOLTINI I SPATULA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Spatola, mollica di pangrattato, capperi, pomodoro fresco, olio d’oliva, formaggio pecorino, sale.
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: Lungo 6 cm. e largo 4 cm.
PESO MEDIO: 30 gr.
SAPORE: Gustoso e leggero.
ODORE: Gradevole.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Aprire la spatola in due, togliere le spine e tagliare in filetti. Preparare il ripieno con il pan grattato, i capperi, prezzemolo tritato, formaggio pecorino pepato, pomodoro fresco, olio e sale. Mettere sopra i filetti di spatola dal lato della pelle un po’ di ripieno, arrotolare i filetti in modo da ottenere un involtino e mettere in una teglia, spolverare con del pangrattato e formaggio, cuocere in forno.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di maggio al mese di settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: E’ una pietanza molto diffusa nell’area della Costa Viola, tipica dei mesi estivi durante i quali la pesca della spatola è abbondantissima.
AREA DI PRODUZIONE: Area della Costa Viola in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pesce Spada alla Ghiotta

Nome dialettale: PISCI SPADA A GGHIOTTA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pescespada, olio d’oliva, capperi piccoli, prezzemolo, salsa di pomodoro, cipolla affettata, farina, sale e pepe.
FORMA: Fette irregolari.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Deciso e gustoso.
ODORE: Gradevole.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Tagliare il pescespada a fette infarinarlo e cuocerlo in una padella con olio. Toglierlo e metterlo in una pirofila. Nella stessa padella e nello stesso olio, rosolare la cipolla ed aggiungere i capperi, il prezzemolo, la salsa di pomodoro, sale e pepe, ed in un secondo tempo le olive. Fare cuocere per pochi minuti e versare sul pesce caldo.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di maggio al mese di settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Definito come “il pinocchio della Costa Viola” è il pesce più richiesto e l’indiscusso protagonista della gastronomia calabrese. Non solo per la prelibatezza delle sue carni, bensì anche per il rituale folkloristico che ne caratterizza la pesca. Uno degli spettacoli più attraenti è l’assistere, nelle azzurre acque della costa viola (da Villa S. Giovanni a Palmi) alle battute di pesca delle “passarelle”, le curiose e veloci imbarcazioni specializzate nella caccia al pesce spada. Esse sono guidate da un timoniere-avvistatore che si pone in precario equilibrio su un alto pennone, dove vi è anche il cassero. Questo traliccio metallico è alto 15 a 25 metri. Dalla prua della barca fuoriesce un altro ponte metallico, la “passerella” appunto, dal quale il fiocinatore vibra con l’arpione il colpo mortale alla preda.
Agli arabi si ascrive il merito della “gghiotta”.
La sagra del pescespada si tiene la seconda domenica di luglio a Bagnara Calabra.
“Dallo stretto partivano i pesce spada per Atene, pescati con tecniche ancora in uso ed introdotte dai fenici”, testimonianza di Archestrato (età classica) riportata su Calabria Sconosciuta in “Lineamenti storici della gastronomia calabrese” di Giuseppe Polimeri, anno V n. 20 (ottobre-dicembre 1982).
AREA DI PRODUZIONE: Area della Costa Viola in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pesce Spada arrosto con il salmoriglio

Nome dialettale: PISCI SPADA RUSTUTU C’U SARMURRIGGHIU

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Fette di pesce spada, “sarmurigghiu” (battuto di olio d’oliva, limone, origano, prezzemolo, aglio e sale).
FORMA: Fette irregolare.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Morbido ed appetitoso.
0D0RE: Intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Arrostire sulla brace le fette di pesce spada e ungerle con il sarmoriglio. Servire caldo.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di maggio al mese di settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Definito come “il pinocchio della Costa Viola” è il pesce più richiesto e l’indiscusso protagonista della gastronomia calabrese. Non solo per la prelibatezza delle sue carni, bensì anche per il rituale folcloristico che ne caratterizza la pesca. Uno degli spettacoli più attraenti per il turista è l’assistere, nelle azzurre acque della costa viola (da Villa S. Giovanni a Palmi) alle battute di pesca delle “passarelle”, le curiose e veloci imbarcazioni specializzate nella caccia al pesce spada. Esse sono guidate da un timoniere-avvistatore che si pone in precario equilibrio su un alto pennone, dove vi è anche il cassero. Questo traliccio metallico è alto 15 a 25 metri. Dalla prua della barca fuoriesce un altro ponte metallico, la “passerella” appunto, dal quale il fiocinatore vibra con l’arpione il colpo mortale alla preda.
Se grigliato sulla brace conserva intatti gusto e fragranza. Il “sarmurigghiu” è un intingolo introdotto dagli spagnoli durante la loro dominazione dal XVI al XVIII secolo.
La sagra del pescespada si tiene la seconda domenica di luglio a Bagnara Calabra.
“Dallo stretto partivano i pesce spada per Atene, pescati con tecniche ancora in uso ed introdotte dai fenici”, testimonianza di Archestrato (età classica) riportata su Calabria Sconosciuta in “Lineamenti storici della gastronomia calabrese” di Giuseppe Polimeri, anno V n. 20 (ottobre-dicembre 1982).
AREA DI PRODUZIONE: Area dello Stretto (da Capo d’Armi a Cannitello) ed Area della Costa Viola in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Stoccafisso, Stocco alla ghiotta

Nome dialettale: STOCCO ALLA GHIOTTA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Stoccafisso ammollato, patate, cipolla, olio d’oliva, pomodori freschi pelati, olive, prezzemolo, basilico, sale e peperoncino.
FORMA: Varia.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Deciso.
ODORE: Forte.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Fare un soffritto con olio, prezzemolo e cipolla tritata, bagnare con il concentrato di pomodoro. Allungare la salsa con un paio di bicchieri d’acqua, mettere lo stoccafisso a pezzi e farlo insaporire dalle due parti per pochi minuti. Salare, pepare e disporre le patate a fette. Versare acqua sufficiente a coprire tutto lo stoccafisso e cuocere a fuoco moderato. Quasi a fine cottura aggiungere le olive.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Una svolta decisiva si ebbe nella storia della Calabria e, conseguentemente nei settori della vita e della gastronomia, per i contatti con la civiltà araba. I cibi, in particolare, vennero fortemente aromatizzati. Si rafforzò l’uso del peperoncino rosso e del pepe nero. Si affermò il principio arabo del giusto incontro tra sapori contrapposti (lo zucchero e l’aceto, il cappero con il pinolo): ne sono caratteristiche le salse agrodolci e la “gghiotta”.
“La ghiotta di stoccafisso è un piatto tipico dell’area dello stretto forse il più antico ed il più diffuso della nostra tradizione culinaria”. Tratto da “Viaggiando mangiando mangiando viaggiando dal 1847 a tavola con Edward Lear nella Provincia di Reggio Calabria.
Lo stoccafisso ammollato, preparato in mille modi, da alimento senza pretese di un tempo, è divenuto oggi, protagonista anche nella cucina di èlite. A Cittanova, Polistena e Mammola lo “stocco” è ottimo, si dice per merito dell’acqua della zona.
Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Calabria 1847”di Edward Lear (1812-1888), pubblicato a Londra per la prima volta nel 1852;
La ricetta è riportata su “Vini e cibi della Calabria” di Italo Albani e Gianni Bonacina, edizioni effe emme – 1977.
AREA DI PRODUZIONE: Cittanova, Mammola in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Tortiera di Alici

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Alici, pangrattato, capperi, olio d’oliva, aceto, aglio, prezzemolo e sale.
FORMA: Rotonda.
DIMENSIONI MEDIE: 20 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Sapido.
ODORE: Delicato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Pulire le alici, spinarle aprirle completamente e metterle a macerare per qualche ora nell’aceto. Intanto preparare il pangrattato con un po’ d’aglio tritato, prezzemolo, capperi e qualche goccia d’olio; ungere il fondo di una padella con olio e spruzzare un po’ di pangrattato.
Disporre nella padella uno strato di alici bene aperte e sopra uno strato di pangrattato, quindi un altro strato di alici e poi ancora un altro di pan grattato. Bagnare con un po’ d’olio e cuocere per circa 40 minuti.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di Giugno al mese di Settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: La maniera di cucinare il pesce cambia anche da paese a paese e questo avviene per il pesce più originale…e volgare della gastronomia bruzia, come le “costardelle”, le sarde, le alici, i “pisantuni”(della famiglia dei tonnidi), la “cicirella”, la “fravaglia” (miscuglio di piccoli pesci), la “spatola” (pesce sciabola o vela) e così via.
“Piatto dove predomina l’argento, accompagnato da sfumature rossastre prodotte dalla mollica abbrustolita e dal pomodoro”, commento riportato su “Viaggiando mangiando Mangiando viaggiando” dal 1847 a tavola con Edward Lear nella Provincia di Reggio Calabria.
La ricetta è riportata su “La buona cucina di Calabria” a cura di Carlo Baccellieri – Edizioni Reghion- Reggio di Calabria, 1976.
Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Calabria 1847” di Edward Lear (1812-1888), pubblicato per la prima volta a Londra nel 1852.
AREA DI PRODUZIONE: Area della Costa Viola della Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pesce Sciabola o Vela

Nome dialettale: SPATOLA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Spatola, olio, sale, farina.
FORMA: Rettangolare.
DIMENSIONI MEDIE: 7 x 5 cm.
PESO MEDIO: 25 gr.
SAPORE: Gustoso.
ODORE: Delicato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Tagliare la spatola in rettangoli, eliminare le spine, passarla nella farina, friggere in olio caldo, salare e servire.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di giugno al mese di settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: “La maniera di cucinare il pesce cambia anche da paese a paese e questo avviene per il pesce più originale…e volgare dalla gastromonia bruzia, come le “costardelle”, le sarde, “i pisantuni” (della famiglia dei tonnidi), la “cicirella”, la “fravaglia” (miscuglio di piccoli pesci), la “spatola” (pesce sciabola o vela) e così via.” (da “Il pesce spada in cucina” di Pasquale Conti, pubblicato su Calabria Sconosciuta anno IV-V n. 16-17 – ottobre 1981 – marzo 1982).
E’ una ricetta molto semplice, che è opportuno ricordare, tenuto conto che è una pietanza molto diffusa in Calabria meridionale, tipica dei mesi estivi durante i quali la pesca della spatola è abbontantissima.
AREA DI PRODUZIONE: Area della Costa Viola in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Asparago selvatico della Calabria

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
FORMA: Fusto eretto molto ramificato.
DIMENSIONI MEDIE: Altezza da 30 a 150 cm.
SAPORE: Amarognolo.
ODORE: Tipico.
COLORE: Verde intenso; bacche rosse e carnose con semi di colore nero.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Fioritura da maggio a giugno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: L’Asparagus acutifolius, è una specie diffusa nei pascoli, negli incolti, nei cespugli e nelle macchie delle zone di pianura, fino alle zone di montagna della Calabria.
E’ una pianta erbacea perenne, rizomatosa. Dal rizoma in primavera nascono i germogli commestibili che, se non raccolti daranno origine ai nuovi fusti. Le foglie sono ridotte a semplici scaglie e quelle che sembrano foglie in realtà sono rami.
L’Asparago selvatico in Calabria viene utilizzato come pianta commestibile ed in fitoterapia per le sue proprietà depurative. Le parti utilizzate sono i nuovi germogli primaverili per intero che freschi vengono lessati per la preparazione di frittate, contorni e antipasti. In alcune zone della Calabria vengono conservati sott’olio.
La presenza allo stato selvatico di questa pianta è testimoniata anche delle citazioni contenute nel “Dizionario etimologico del dialetto calabrese” di G.B. Marzano, 1928.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Broccoli di rapa

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il broccolo ramoso verde calabrese o broccolo di rapa costituisce una tipologia varietale. Appartenente alla famiglia del cavolo broccolo costituisce infatti il biotipo locale (cultivar meno resistene al freddo). La pianta ha un’altezza di 50-70 cm. foglie numerose, con lembo stretto e bordo crenato, produce un’infiorescenza principale di colore verde intenso, del diametro di 5-6 cm. e dopo la raccolta di questa anche numerosi getti ascellari di minore dimensione. Viene coltivato come produzione precoce nei mesi di novembre-dicembre e come produzione tardiva (più adatta alla lavorazione e conservazione) nel mese di febbraio. Si coltiva prevalentemente nelle aree di pianura e collinari, dove viene seminato entro luglio o trapiantato entro 40 giorni dalla semina. La densità di impianto è da 2 a 3,6 piante per mq. Fabbisogni nutritivi: indicativamente i rapporti di asportazione è di 1:0,1:1,5 tra azoto, fosforo e potassio. La Valle del Crati costituisce uno dei principali centri di produzione.

MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: è raccolto dopo circa 60 giorni dal trapianto nella varietà precoce, e dopo 100-120 giorni in quelle tardive, prima che l’infiorescenza cominci ad allentarsi e che i singoli fiori inizino ad evidenziarsi. Si raccolgono sia le infiorescenze che le foglie.
CONSERVAZIONE: avvolto in polietilene alimentare si conserva in frigo ad una temperatura di 0°C per alcune settimane. Per la lunga conservazione è preferibile la surgelazione. Il prodotto è conservato, previa lavorazione, anche sott’olio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Cesti e/o cassette in plastica traforate..
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli per la raccolta.
LOCALI: Locali di stoccaggio refrigerati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Particolarmente coltivato sin dai tempi antichi nella Valle del Crati, il suo utilizzo nella cucina tradizionale è molteplice.
Il prodotto è consumato fresco previa cottura prevalentemente come contorno a piatti tipici locali o in ripieni; conservato sott’olio (dopo essere stato sbollentato in acqua, sale ed aceto) è usato come antipasto o contorno.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Cicoria selvatica di Calabria

Nome dialettale: CICUORE – CICORE – CICORA – CICOJIRA – CICOINA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
FORMA: Fusto prostrato o eretto; capolini numerosi sessili o peduncolati.
DIMENSIONI MEDIE: Altezza da 20 a 120 cm., achenio di 2-3 mm.
SAPORE: Molto amaro.
ODORE: Tipico.
COLORE: Capolini con corolla azzurra, raramente rosata.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: In alcune zone della Calabria viene utilizzata per la preparazione di conserve sott’olio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il periodo di fioritura va da luglio a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: La Cicoria appartiene alla Famiglia delle Composite – Gen. Cicorium sp. Inthybus, cresce spontaneamente in tutta la regione ed è comune lungo le vie, negli incolti e rudereti ma si trova anche come infestante negli orti.
E’ una pianta erbacea perenne o annuale con fusto ispido per la presenza di peli rivolti verso il basso. Le foglie sono irregolarmente pennato-partite. I capolini sono numerosi, sessili o peduncolati. La corolla è azzurra e raramente rosata, il frutto è un achenio di 2-3 mm. con pappo formante una breve coroncina apicale. La Cicoria selvatica è da sempre utilizzata nell’alimentazione e in fitoterapia come depurativo. Le parti utilizzate sono le foglie e le radici.
La pianta è usata fresca per la preparazione di minestre insieme con altre verdure; l’acqua utilizzata per lessare le foglie è utilizzata come bevanda depurativa. In alcune zone della Calabria spesso questa pianta viene consumata da sola: una volta lessata si strizza bene e si salta in padella con olio, pan grattato e formaggio pecorino calabrese. In altre zone è utilizzata per conserve. Durante la II guerra mondiale, la radice arrostita forniva un surrogato del caffè.
La presenza allo stato selvatico di questa pianta è testimoniata anche dalle citazioni contenute nel “Vocabolario del dialetto calabrese” di Accattatis – Castrovillari, 1897 e nel “Vocabolario dialettale Reggino-Italiano” di Giovanni Malara del 1909.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Finocchietto selvatico di Calabria

Nome dialettale: FHINUACCHIO – BREFEDURUM – FINOCCHIAARA – SCIRRE – PAPAPICASTRU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
FORMA: Fusto eretto cilindrico e ramoso; foglie pennatosette, divise in lacinie capillari; infiorescenza ad ombrella.
DIMENSIONI MEDIE: Altezza da 40 a 150 cm.; frutto 4-7 mm.; ombrella 4-10 raggi.
SAPORE: Piccante.
ODORE: Aromatico, dolce ed intenso.
COLORE: Fusto verde scuro; foglie giallastre; ombrelle con petali gialli.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il periodo di fioritura va da giugno ad agosto; frutti da settembre ad ottobre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Pianta originaria dalle regioni Mediterranee con terreni ghiaiosi, è diffusa in Calabria neglli incolti fino a 1.000 m., allo stato spontaneo.
Pianta erbacea biennale perenne, con ombrelle senza involucro e petali di colore giallo è caratterizzata da un aroma dolce ed intenso. Fin dall’antichità è stata utilizzata come pianta alimentare e medicinale per le sue proprietà digestive, ricostituenti ed aromatiche. Le parti utilizzate sono i nuovi germogli e i semi. I nuovi germogli si usano per la preparazione di minestre; i semi crudi per aromatizzare gli insaccati e i sott’oli in genere e per la preparazione di un liquore stimolante e digestivo. Nei semi, infatti, è contenuta la più alta concentrazione dell’essenza di anetolo di cui è ricca tutta la pianta.
La presenza allo stato selvatico di questa pianta è testimoniata anche dalle citazioni contenute nel “Vocabolario Calabro italiano” di Raffaele Cotronei – Catanzaro, 1895, in cui sono riportati i termini dialettali Papapicàstru e Breferundum ad indicare una specie di finocchio selvatico molto amaro.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Confettura di pomodori rossi

Nome dialettale: MARMELLATA ‘I PIMMADUARI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pomodori dalla polpa consistente, zucchero, limone, vaniglia, liquore a piacere.
FORMA: Molle e gelatinosa.
SAPORE: Dolce e liquoroso.
ODORE: Pomodoro.
COLORE: Rosso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I pomodori rossi si tagliano in due parti uguali e si spremono per far si che elimini l’acqua di vegetazione ed i semi. Si aggiunge quindi del succo di limone e della scorza grattugiata. Si fa poi bollire il composto per qualche minuto, in appositi pentoloni, quindi si passa al setaccio la polpa dei pomodori, che viene poi unita allo zucchero ed alla vaniglia. A questo punto si riporta il composto in ebollizione finché non raggiunge la giusta consistenza. Terminata questa fase si procede ad unire alla confettura un liquore, si toglie poi dal fuoco e si versa, quando ancora bollente, nei barattoli destinati alla conservazione che vengono chiusi ermeticamente. I contenitori, solitamente di vetro, si conservano in luoghi freschi e bui.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, grattugia, pentoloni, setaccio, barattoli di vetro.

Elementi che comprovano la tradizionalità:

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Cannonata calabrese

Nome dialettale: ‘A CANNUNATA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pomodori secchi, ortaggi misti (sedano, carote, melanzane, carciofini, peperoncini piccanti e dolci, funghi (boletus edulis, tricoloma portentosum, lactarius delicious), olio di oliva, sale, aceto.
FORMA: (confetture) cilindrica di varie dimensioni.
PESO MESIO: (confetture) da 200 gr. a 4.700 gr.
SAPORE: Molto piccante.
ODORE: Intenso.
COLORE: Rosso forte.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La lavorazione della cannonata calabrese è simile alla lavorazione dei funghi e dei pomodori. La differenza è che essi vengono tritati. Dissalati i funghi e pomodori si aggiungono gli ortaggi misti tritati.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da luglio a novembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Salvaprodotto, vasi di vetro, capsule di chiusura.
STRUMENTI UTILIZZATI: Bilancia, coltelli, vaschette varie, mestoli, bollitore, etichette e scatole di cartone.
MACCHINARI UTILIZZATI: Tritaverdure.
LOCALI: Locali asettici, ben luminosi ed ampi.

Elementi che comprovano la tradizionalità: E’ un prodotto a base di peperoncino piccante. La ricetta è sostanzialmente un tritato di verdure, funghi e molto peperoncino. Importato dalla Americhe fù utilizzato come condimento dal medico spagnolo Chanca già nel 1494. Nel 1568 il Mattioli ne parla come una pianta comune. Solo con la Sistematica di Linneo, nel ‘700, assunse il nome scientifico di capsicum.
La cannonata, come la ‘nduja e la rosamarina è ottimo per crostini, per condire spaghetti, la pasta e fagioli, la pizza e soprattutto per “insaporire” le patatine fritte.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Olive in salamoia

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Olive, chiodi di garofano, semi di finocchio, alloro, altri aromi.
FORMA: Ovoidale.
DIMENSIONI MEDIE: 3-4 cm.
PESO MEDIO: 10-15 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Tipico.
COLORE: Verde o tendente al nero.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le olive vengono poste in acqua fredda, cambiandola più volte, per un paio di giorni almeno finché non perdono il sapore amaro. Si mettono quindi in salamoia aggiungendo chiodi di garofano, semi di finocchio, alloro ed altri aromi. Quindi vengono riposti in contenitori di vetro che una volta chiusi vengono conservati in luoghi freschi ed al riparo della luce.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Giare.
LOCALI: Locali asettici ed arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questo sistema di conservare le olive in salamoia era conosciuto anche dai romani, i quali oltre alla salamoia adoperavano con generosa abbondanza finocchio selvatico essiccato, semi di lentisco, foglie di ruta, mosto cotto e aceto. A volte lo pestavano prima di ricoprirle con gli ingredienti suddetti, altre volte le spaccavano con una canna tagliente.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Olive schiacciate

Nome dialettale: ALIVE MACCATE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Olive, olio di oliva, origano, semi di finocchio selvatico, sale, peperoncino.
FORMA: Ovoidale
PESO MEDIO: 15-25 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Aromatico.
COLORE: Verde.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le olive appena raccolte si lavano e si schiacciano con una pietra (o con un oggetto pesante), poi si lasciano in un contenitore pieno d’acqua per circa 10 giorni che serve a renderle dolci. A questo punto si ripongono definitivamente nel classico “tineddru” (recipiente di terracotta) o in un “boccaccio” coperti di acqua e sale. Dopo di che, ci si mette sopra un disco di legno con un grande peso, di solito costituito da una o più pietre.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: La maturazione avviene al naturale in recipienti di terracotta o vetro per un periodo minimo di 10 giorni.
CONSERVAZIONE: Invasamento in vasi di vetro con aggiunta di olio come liquido di governo.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Sassi, dischi di legno, recipienti.
LOCALI: Sale di lavorazione a norma H.A.C.C.P. e legge n. 626. Locali asettici ed arieggiati, celle frigorifere.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La storia dell’olivo è intimamente legata alla storia della civiltà, soprattutto di quelle che si sono succedute nel bacino del Mediterraneo. Dalla Siria e dalla Palestina l’olivo si diffonde in Anatolia e in Egitto attraverso le isole di Cipro e Creta. A partire dal VI secolo a.C. l’olivo si estende a tutto il bacino del Mediterraneo, dalle sponde africane a quelle italiane, dalla Francia meridionale fino alla penisola iberica. La colonizzazione della Magna Grecia (VII secolo a.C.) e l’Impero Romano diffusero poi la coltivazione dell’olivo in tutti i paesi del Mediterraneo. Perfino un’antica leggenda ellenica riporta che, Cecrope, semidio, alla fondazione della città di Atene, chiese per la sua città la protezione degli dei; tra questi nacque una competizione sotto gli auspici di Zeus, tra Poseidone, dio del mare e Atena, dea della saggezza; Poseidone col suo tridente colpì la roccia facendone scaturire acqua salata, ed un cavallo, come auspicio della dominazione sui mari. Atena più semplicemente creò l’olivo, che per millenni avrebbe offerto agli uomini un “succo prezioso” per la preparazione dei cibi, usato anche come alimento, per la cura, la bellezza ed il massaggio del corpo, fonte di luce. Atena ebbe la palma della vittoria, e divenne protettrice di quella città chiamata perciò Atene.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pomodori secchi

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pomodori secchi e sale.
FORMA: Ovoidale allungata.
DIMENSIONI MEDIE: 7 cm. per 4 cm.
PESO MEDIO: 90 gr.
SAPORE: Deciso.
ODORE: Pomodoro fresco.
COLORE: Rosso porpora.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si scelgono i pomodori migliori della varietà San Marzano, non eccessivamente maturi. Si lavano, si tagliano a metà in senso verticale e, dopo averli cosparsi di sale, si lasciano essiccare al sole, ponendoli su di un asse pulito con le parti tagliate verso l’alto. Fin tanto che i pomodori non siano completamente disidratati durante l’esposizione al sole, per evitare le molestie degli insetti, i pomodori vengono salati e coperti con garze a maglia larga. Quest’operazione dura all’incirca 15 giorni.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di agosto al mese di novembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Ceste di vimini o tavole di legno (spaselle o timpagni), garze di lino o di cotone.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli.
LOCALI: Sale di lavorazione a norma H.A.C.C.P. e legge n. 626.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Originario dell’america latina, il consumo del pomodoro si è diffuso in Europa e soprattutto in Italia diventando elemento basilare nella cucina.
In Calabria il pomodoro è coltivato in diverse qualità.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Collane di peperoni secchi

Nome dialettale: PIPI SICCATI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Peperoni rossi, generalmente piccanti.
FORMA: Tipico dell’ortaggio.
DIMENSIONI MEDIE: Di 15 ai 20 cm. di lunghezza.
PESO MEDIO: Variabile.
SAPORE: Piccante.
ODORE: Intenso.
COLORE: Rosso vivo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I peperoni rossi, interi e sani, vengono infilati per il picciolo in lunghe collane di filo, appesi ai muri esterni delle case al sole. L’essiccazione varia dai 10 ai 20 giorni.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Estivo.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Essiccazione solare.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Filo di cotone.
LOCALI: Locali asettici ed ariegiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso numerosi testi di tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Olive nere infornate

Nome dialettale: ALIVE ‘MBURNATE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Olive mature del tipo Carolea, Tonda di Strongoli, Cassanese, Borgese; acqua, sale.
FORMA: Ovoidale
DIMENSIONI MEDIE: 3 cm.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Tipico.
COLORE: Nero.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si scelgono le migliori olive mature, completamente invaiate. Si lavono e si mettono a mollo con acqua e sale per un giorno. Si lasciano asciugare al sole e si fanno essiccare in un forno a legna a temperatura bassa.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Ceste di vimini.
MACCHINARI UTILIZZATI: Forno a legna.
LOCALI: Locali asettici ed arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La storia dell’olivo è intimamente legata alla storia della cività, soprattutto di quelle che si sono succedute nel bacino del Mediterraneo. Dalla Siria e dalla Palestina l’olivo si diffonde in Anatolia e in Egitto attraverso le isole di Cipro e Creta. A partire dal VI secolo a.C. l’olivo si estende a tutto il bacino del Mediterraneo, dalle sponde africane a quelle italiane, dalla Francia meridionale fino alla penisola Iberica. La colonizzazione della Magna Grecia (VII secolo a.C.) e l’Impero Romano diffusero poi la coltivazione dell’olivo in tutti i paesi del Mediterraneo. Perfino un’antica leggenda ellenica riporta che, Cecrope, semidio, alla fondazione della città di Atene, chiese per la sua città la protezione degli dei; tra questi nacque una competizione sotto gli auspici di Zeus, tra Poseidone, dio del mare e Atena, dea della saggezza; Poseidone col suo tridente colpì la roccia facendone scaturire acqua salata, ed un cavallo, come auspicio della dominazione sui mari. Atena più semplicemente creò l’olivo, che per millenni avrebbe offerto agli uomini un “succo prezioso” per la preparazione dei cibi, usato anche come alimento, per la cura, la bellezza ed il massaggio del corpo, fonte di luce. Atena ebbe la palma della vittoria, e divenne protettrice di quella città chiamata perciò Atene.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto in testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pomodori secchi ripieni

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pomodori secchi, capperi, olio extra vergine di oliva, origano, aglio e sale.
FORMA: Ovoidale allungata.
DIMENSIONI MEDIE: 7 cm. per 4 cm.
PESO MEDIO: 90 gr.
SAPORE: Deciso.
ODORE: Pomodoro fresco.
COLORE: Rosso porpora.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si scelgono i pomodori migliori della varietà San Marzano, non eccessivamente maturi. Si lavano, si tagliano a metà in senso verticale e, dopo averli cosparsi di sale, si lasciano essiccare al sole, ponendoli su di un asse pulito con le parti tagliate verso l’alto. Fin tanto che i pomodori non siano completamente disidratati durante l’esposizione al sole, per evitare le molestie degli insetti, i pomodori vengono salati e coperti con garze a maglia larga. Dopo quest’operazione che dura all’incirca 15 giorni, si condiscono con capperi, basilico, menta, aglio, peperoncini rossi (anche piccanti) a pezzi. E’ necessario salare i pomodori prima di farli essiccare. Le confezioni dei pomodori destinati alla vendita sono sottoposte ad un processo di pastorizzazione.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di agosto al mese di novembre.
CONSERVAZIONE: Tramite pastorizzazione, si fa bollire il vasetto di vetro in appositi contenitori, fino ad una temperatura di 100 gradi. Nella produzione industriale i contenitori incellofanati vengono posti in celle frigorifere a circa 7 gradi.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Ceste di vimini o tavole di legno (spaselle o timpagni), garze di lino o di cotone.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, bilance e bacinelle, vassoi di polisterolo, pellicole termoretraibili.
MACCHINARI UTILIZZATI: Vasche di lavaggio, pannelli essiccatori, pastorizzatore, macchine termo-retraibili per il confezionamento.
LOCALI: Sale di lavorazione a norma H.A.C.C.P. e legge n. 626.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Originario dell’america latina, il consumo del pomodoro si è diffuso in Europa e soprattutto in Italia diventando elemento basilare nella cucina.
In Calabria il pomodoro è coltivato in diverse qualità.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Tritato di peperoncino

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Peperoncino.
FORMA: Fine.
DIMENSIONI MEDIE: Rotonda-tubolare.
PESO MEDIO: 180 gr. la confezione.
SAPORE: Piccante.
ODORE: Stuzzicante.
COLORE: Rossiccio.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I peperoncini vengono selezionati e lavati, vengono triturati tramite coltelli in acciaio in modo fine e posti nei contenitori di vetro.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
CONSERVAZIONE: I vasetti di vetro vengono lavati e posti in pentoloni ripieni di acqua e portati ad una temperatura di 100°C in modo che questi vengono sterilizzati. La sterilizzazione necessita per una buona conservazione del prodotto.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli in acciaio inox, coltelli, mestoli di legno.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentoloni d’acciaio.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto in testi di cucina calabrese essendo una conserva essenzialmente casalinga.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Cicorie selvatiche sott’olio

Nome dialettale: CICORIE SUTT’UAGLIU

Territorio interessato alla produzione: Tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Cicoria selvatica, olio, acqua, aceto.
SAPORE: Amarognolo.
COLORE: Verde.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le cicorie selvatiche, ripulite delle foglie avvizzite e dure, vengono lavate in abbondante acqua fresca, sgocciolate, e quindi sbollentate in acqua ed aceto. Si lasciano poi asciugare per qualche ora, quindi si mettono nei barattoli coprendole d’olio.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da marzo a giugno.
CONSERVAZIONE: In vasi di vetro tenuti in ambiente privi di luce.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Recipienti di vetro, pentole.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il poeta latino Orazio affermava che per ristorarsi gli occorrevano olive, malve leggere e cicoria. Essa ha proprietà toniche, diuretiche, lassative, depurative, rimineralizzanti, antianemiche quindi è indicata nella astenia, nella stipsi, insufficienze biliari, crisi urinarie, ecc. L’uso di questa erba è consigliata ai diabetici. Discendenti della cicoria sono: l’invidia, la scarola e la cicoria riccia.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Lampascioni sott’olio

Materia prima: lampascioni.

Tecnologia di lavorazione: i bulbi, dopo essere stati ben lavati, vengono fatti cuocere in acqua e aceto o vino e aceto in parti uguali per alcuni minuti. Si scolano, si lasciano asciugare per alcune ore, si mescolano con gli aromi e si mettono sott’olio.

Maturazione: 40 giorni circa.

Area di produzione: in tutto il meridione, Puglia, Calabria (Morano Calabro), Basilicata soprattutto.

Calendario di produzione: estate-autunno.

Note: il nome scientifico dei lampascioni è Muscori monstruosum, detti in volgare “cipollaccio col fiocco” e “Pan di cuculo”, termine quest’ultimo più adoperato nell’Italia centrale. Questa liliacea è molto rustica e in primavera la si trova, spontanea, nelle radure dei boschi, nei prati, nelle scarpate, ecc. rallegrando la vista col suo colore blu. Un tempo il suo consumo era diffuso ovunque; oggi l’area si è ristretta solo ad alcune regioni meridionali.

Melanzane sott’olio

Nome dialettale: SCAPICI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Filetti di piccolo spessore di melanzane, acqua, sale, aceto di vino bianco, limoni, olio extraverfine di oliva.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Si utilizzano varietà a buccia scura perché meno tenere. Non ci sono varietà specifiche locali alle quali il coltivatore è particolarmente affezionato. Si utilizzano quelle che si trovano disponibili sul mercato, anche ibridi.
Raccolta: le melanzane debbono essere raccolte quando hanno raggiunto una buona maturazione con il seme ancora nella fase di sviluppo iniziale (prima che incominci ad indurirsi) e prima che la pigmentazione violetta della buccia tenda a schiarirsi. Il periodo di raccolta, a partire da circa 60-70 giorni dopo il trapianto, è concentrato, per la produzione a pieno campo da giugno ad ottobre. La lavorazione delle melanzane raccolte deve avvenire entro le 36 ore successive al raccolto onde evitare eccessive perdite di umidità che conferirebbero una consistenza molliccia che generalmente compromette la buon tenuta alla cottura. Il prodotto va raccolto obbligatoriamente nelle prime ore del mattino perché il riscaldamento del prodotto al sole nella fase di stoccaggio comprometterebbe la consistenza per surriscaldamento. Per la raccolta si usano cassette di plastica forate, per favorire la respirazione del prodotto.
Le melanzane sono lavate in acqua corrente fresca, mondate (peduncolo e buccia) con un coltello, manualmente, e messe in acqua fresca. Successivamente una per una le melanzane vengono tagliate per lungo a filetti a sezione quadrata di circa 0,5 cm. di lato, o con un coltello o con una taglierina, e disposte in una soluzione composta da acqua, sale e limone (30 Kg. di melanzane, 20 lt. di acqua, 4 limoni di media grandezza a pezzi con la buccia, 1,5 Kg. di sale) per tre o quattro ore. Lavate nuovamente in acqua corrente per togliere l’eccesso di sale e la colorazione nerastra del succo, vengono, entro il più breve tempo possibile, sbollettante per 6-10 minuti in acqua ed aceto di vino bianco (tre parti di acqua e una di aceto). Scolate del liquido di cottura, i filetti di melanzana sono adagiati su appositi griglie in acciaio che permettono lo sgrondo e un rapido raffreddamento. Dopo circa 6-7 ore il prodotto freddo viene pressato in apposito torchio per privarlo dell’acqua e dell’aceto. Rimangono sotto pressatura per circa 12 ore: la pressatura deve essere lenta per evitare l’eccessivo insecchimento del prodotto. L’operazione di pressatura può essere fatta anche utilizzando come peso una grossa pietra che appoggiata su un pezzo di legno stagionato di quercia o di rovere e di forma sferica, posto sopra i filetti contenuti in vasi di terracotta smaltata all’interno. In questo caso l’operazione dura circa 3 o 4 mesi. Controllare ogni 15 giorni e verificare la consistenza superficiale , aggiungendo un filo di olio extravergine di oliva per favorire la separazione dell’acqua che salirà in superficie evitando così muffe. Prima dell’invasamento si rimescolano velocemente con olio extravergine di oliva e sono lasciati per 20-30 minuti a riposare. Condire successivamente con aglio, menta, peperoncino piccante e rimescolare per amalgamare il tutto, aggiungendo olio. Messi in grossi contenitori di vetro avendo cura di pressarli, sono coperti alla superficie di chiusura con olio di oliva. Si tappano e si lasciano riposare in luogo fresco e buio per circa 30 giorni.
Successivamente sono invasettati in contenitori di vetro di più appropriate dimensioni, coperti di olio, chiusi ermeticamente sotto vuoto.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Ceste e/o cassette di plastica forare, ceste o vasche chiuse, pentolone in acciaio con cestello per sgocciolatura, fornello di cottura, coltello, vasi di vetro, attrezzatura per sottovuoto.
LOCALI: Locali di lavorazione, stoccaggio.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La melanzana è una delle tante ortive particolarmente diffusa nell’area della Valle del Crati. Malgrado esigenze economiche hanno introdotto nella produzione nuove cultivar, resta tradizionale il procedimento e l’uso di aromi locali.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Cipolline sott’olio

Sinonimo: LAMPASCIONI SOTT’OLIO

Nome dialettale: CIPUDDRIZZE SUTT’UAGLIU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Lampascioni, acqua, aceto, aromi naturali, olio.
SAPORE: Agrodolce.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I bulbi, dopo essere stati lavati, vengono fatti cuocere in acqua ed aceto o, in alternativa, vino ed aceto, in parti uguali per alcune minuti. Si scolano, si mescolano quindi con gli aromi, e si conservano in appositi contenitori di vetro, ricoprendoli d’olio.
PERIODIO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.
CONSERVAZIONE: Contenitori di vetro.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Contenitori di vetro.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli.
LOCALI: Locali asettici ed arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il nome scientifico dei lampascioni è Muscori mostruosum, detti in volgare “cipollaccio col fiocco” e “pan di cuculo”, termine quest’ultimo più adoperato nell’Italia centrale. Questa liliacea è molto rustica ed in primavera la si trova spontanea, nelle radure dei boschi, nei prati, nelle scarpate, ecc. rallegrando la vista con il suo colore blu. Un tempo il suo consumo era diffuso ovunque; oggi l’area si è ristretta solo ad alcune regioni meridionali ed in particolare in Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Peperoncini sott’olio

Nome dialettale: PIPI SUTT’UAGLIU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Peperoncini rossi e verdi, generalmente piccanti; olio extra-vergine di oliva.
FORMA: Tipica dell’ortaggio.
DIMENSIONI MEDIE: Dai 15 ai 20 cm. di lunghezza.
PESO MEDIO: Variabile.
SAPORE: Piccante.
ODORE: Intenso.
COLORE: Rosso vivo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I peperoncini vengono posti in salamoia per circa 30 giorni e utilizzati come semilavorato, previo allontanamento del sale in eccesso, per la preparazine degli invasettati sott’olio.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Estivo.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Fermentazione sotto sale per circa 30 giorni.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Locali asettici e arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso numerosi testi di tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pomodori secchi sott’olio

Nome dialettale: PIMMADUARI SICCATI SUTT’UAGLIU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pomodori secchi, olio di oliva, sale, aceto, origano, menta, aglio, basilico.
FORMA: Ovoidale allungata.
DIMENSIONI MEDIE: Circa 8-9 cm. di lunghezza e 3-4 cm. di larghezza.
PESO MEDIO: da gr. 200 a gr. 4.700.
SAPORE: Delicato zuccherino.
COLORE: Rosso porpora.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I pomodori della varietà San Marzano vengono lavati e tagliati a metà in senso verticale e, dopo averli cosparsi di sale, si lasciano essiccare al sole, ponendoli su di un asse pulito con le parti tagliate verso l’alto. Fin tanto che i pomodori non siano completamente disidratati durante l’esposizione al sole, per evitare le molestie degli insetti, i pomodori vengono salati e coperti con garze a maglia larga. I pomodori vengono posti in contenitori di vetro e salati, per un tempo minimo di 20 giorni. Dopo di che verranno dissalati a circa il 70% e fatti bollire insieme all’aceto, origano, menta, aglio e basilico per circa 10 minuti ad una temperatura di circa 60°C per acquistare il gusto e il sapore. Dopo di che vengono pesati e sistemati negli appositi contenitori (già sterilizzati ad una temperatura di 90-95°C), proseguendo, vengono ricolmi d’olio e chiusi per poi passare alla pastorizzazione ad una temperatura di oltre 100°C per un tempo non superiore ai 30 minuti. Raffreddati i vari contenitori vengono etichettati e sistemati negli appositi cartoni e messi in magazzino.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da luglio a ottobre.
CONSERVAZIONE: Tramite pastorizzazione, si fa bollire il vasetto di vetro in appositi contenitori, fino ad una temperatura di 100° gradi. Nella produzione industriale i contenitori incellofanati vengono posti in celle frigorifere a circa 7 gradi.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Ceste di vimini o tavole di legno (spaselle o timpagni), garze di lino o di cotone.
STRUMENTI UTILIZZATI: Vasetti di vetro di varie dimensioni, coltelli, mestoli, capsule metalliche, salvaprodotti, etichette e scatole di cartone.
MACCHINARI UTILIZZATI: Bilancia.
LOCALI: Sale di lavorazione a norma H.A.C.C.P. e legge n. 626.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Originario dell’america latina, il consumo del pomodoro si è diffuso in Europa e soprattutto in Italia diventando elemento basilare nella cucina.
In Calabria il pomodoro è coltivato in diverse qualità.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Zucchini sott’olio

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Zucchine a buccia chiara, acqua, sale, aceto di vino bianco, olio extravergine di oliva, aglio, menta e peperoncino piccante.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: Si utilizzano varietà a buccia chiara perché tenere. Non ci sono varietà specifiche locali alle quali il coltivatore è particolarmente affezionato. Si utilizzano quelli che si trovano disponibili sul mercato anche ibridi.
Raccolta: le zucchine devono essere raccolte quando hanno raggiunto maturazione media con il seme ancora nella fase di sviluppo iniziale (prima che cominci ad indurirsi). Il periodo di raccolta, a partire da circa 25-30 giorni dopo la semina, è concentrato, per la produzione a pieno campo, da maggio a ottobre. La lavorazione delle zucchine raccolte deve avvenire entro 36 ore successive al raccolto onde evitare eccesive perdite di umidità che conferiscono una consistenza molliccia che generalmente compromotte una buona tenuta della cottura. Il prodotto va raccolto obbligatoriamente nelle prime ore del mattino perché il riscaldamento del prodotto al sole, nella fase di stoccaggio, comprometterebbe la consistenza per surriscaldamento. Per la raccolta si usano cassette di plastica forate per favorire la respirazione del prodotto.
Le zucchine sono lavate in acqua corrente fresca. Successivamente le zucchine una per una vengono tagliate per lungo a filetti a sezione quadrata di circa 0,5 cm. di lato, o con un coltello o con una taglierina, e riposte in una soluzione composta da acqua e sale (30 Kg. di zucchine, 20 lt. di acqua, 1,5 Kg. di sale) per 3 o 4 ore. Lavate nuovamente in acqua corrente, per togliere l’eccesso di sale, vengono, entro il più breve tempo possibile, sbollentate per 5-10 minuti in acqua ed aceto di vino bianco (3 parti di acqua e 1 di aceto). Scolate dal liquido di cottura, i filetti di zuchine sono adagiati su apposite griglie in acciaio che permettono lo sgrondo e un rapido raffreddamento. Dopo circa 6-7 ore il prodotto freddo viene passato in apposito torchio per privarlo dell’acqua e dell’aceto. Rimangono sotto pressatura per circa 12 ore: la pressatura deve essere lenta per evitare l’eccessivo insecchimento del prodotto. L’operazione di pressatura può essere fatta anche utilizzando come peso una grossa pietra che si appoggia su un pezzo dilegno stagionato di quercia o di rovere e di forma sferica posta sopra i filetti contenuti in vasi di terracotta smaltati all’interno. In questo caso l’operazione dura circa 3 o 4 mesi. Controllare ogni 15 giorni e verificare la consistenza superficiale, aggiungendo un filo diolio extravergine per favorire la separazione dell’acqua che salirà in superificie evitando così muffe. prima dell’invasettamento si rimescolano velocemente con olio extravergine di oliva e sono lasciati per 20-30 minuti a riposare. Condire successivamente con aglio, menta, peperoncino piccante e rimescolare per amalgamare il tutto, aggiungendo olio. Messi in grossi contenitori di vetro avendo cura di pressarli, sono coperti alla superficie di chiusura con olio di oliva. Si tappano e si lasciano riposare in luogo fresco e buio per circa 30 giorni.
Successivamente sono invasettati in contenitori di vetro di più appropriate dimensioni, coperti d’olio, chiusi ermeticamente sotto vuoto.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Ceste o cassete di plastica forate, ceste o vasche chiuse.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentolame in acciaio con cestello di sgociolatura, coltello, vasi di vetro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Fornello di cottura, attrezzatura per sottovuoto.
LOCALI: Locali di lavorazione, di stoccaggio.

Elementi che comprovano la tradizionalità:

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Germogli di pungitopo sott’olio

Nome dialettale: VRUSCULA SOTT’OLIO

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Olio, aceto, sale, germogli di pungitopo.
FORMA: Varia.
DIMENSIONI MEDIE: Varia.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Amarognolo.
ODORE: Acre.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Sbollentare in acqua, aceto e sale il pungitopo; lasciare asciugare e conservare sott’olio.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di aprile al mese di maggio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: E’ una specie (Ruscus aculeatus) tipica del sottobosco delle faggete e dei cedui di castagno predominanti nel territorio interessato (San Pietro di Caridà) in Provincia di Reggio Calabria).
AREA DI PRODUZIONE: San Pietro di Caridà (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Olive sotto sale

Nome dialettale: ALIVE MACCATE SALATE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Olive, olio di oliva, origano, semi di finocchio selvatico, sale, peperoncino.
FORMA: Ovoidale
PESO MEDIO: 15-25 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Aromatico.
COLORE: Verde.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le olive appena raccolte si lavano e si schiacciano con una pietra (o con un oggetto pesante), poi si lasciano in un contenitore pieno d’acqua per circa 10 giorni che serve a renderle dolci. A questo punto si possono mettere sotto sale a strati nel “tineddru”, insieme a peperoncini rossi piccanti a pezzettini, aglio e finocchio selvatico, olio.
Dopo di che, ci si mette sopra un disco di legno con un grande peso, di solito costituito da una o più pietre.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: La maturazione avviene al naturale in recipienti di terracotta o vetro per un periodo minimo di 10 giorni.
CONSERVAZIONE: Invasamento in vasi di vetro con aggiunta di olio come liquido di governo.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Sassi, dischi di legno, recipienti.
LOCALI: Sale di lavorazione a norma H.A.C.C.P. e legge n. 626. Locali asettici ed arieggiati, celle frigorifere.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La storia dell’olivo è intimamente legata alla storia della civiltà, soprattutto di quelle che si sono succedute nel bacino del Mediterraneo. Dalla Siria e dalla Palestina l’olivo si diffonde in Anatolia e in Egitto attraverso le isole di Cipro e Creta. A partire dal VI secolo a.C. l’olivo si estende a tutto il bacino del Mediterraneo, dalle sponde africane a quelle italiane, dalla Francia meridionale fino alla penisola Iberica. La colonizzazione della Magna Grecia (VII secolo a.C.) e l’Impero Romano diffusero poi la coltivazione dell’olivo in tutti i paesi del Mediterraneo. Perfino un’antica leggenda ellenica riporta che, Cecrope, semidio, alla fondazione della città di Atene, chiese per la sua città la protezione degli dei; tra questi nacque una competizione sotto gli auspici di Zeus, tra Poseidone, dio del mare e Atena, dea della saggezza; Poseidone col suo tridente colpì la roccia facendone scaturire acqua salata, ed un cavallo, come auspicio della dominazione sui mari. Atena più semplicemente creò l’olivo, che per millenni avrebbe offerto agli uomini un “succo prezioso” per la preparazione dei cibi, usato anche come alimento, per la cura, la bellezza ed il massaggio del corpo, fonte di luce. Atena ebbe la palma della vittoria, e divenne protettrice di quella città chiamata perciò Atene.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Scapece

Materia prima: ortaggi vari.

Tecnologia di lavorazione: gli ortaggi vengono tagliati a strisce sottilissime e messi sotto sale in un recipiente con un peso per 24 ore. Si scolano, si strizzano e si scottano in acqua e aceto in parti uguali. Si scolano, si strizzano ancora e si mettono ad asciugare per altre 24 ore in un panno bianco con un peso sopra. Si condiscono con olio, aglio, menta e si mettono ben premute in vasetti ricoprendoli d’olio.

Maturazione: 2-3 mesi.

Area di produzione: Calabria, Puglia, Basilicata, Campania, Sicilia, Sardegna.

Calendario di produzione: estate-autunno.

Note: con questo sistema vengono conservate: melanzane, zucchine, fagiolini, carote, sedano, cavolfiore, pomodori verdi, carciofini, ecc.

Ceci abbrustoliti

Nome dialettale: CALIA

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Ceci, acqua e sale.
FORMA: Sferica.
DIMENSIONE MEDIE: Diametro 0.80 cm.
PESO MEDIO: 1-2 gr.
SAPORE: Asciutto e farinoso.
ODORE: Abbrustolito.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Su un fornello rudimentale viene appoggiata una grossa pentola di ferro all’interno della quale vengono messi i ceci crudi, questi sono precedentemente ammollati per alcune ore in acqua e sale.
I ceci vengono asciugati mettendo una consistente quantità si sabbia di mare, dorata e pulita nella pentola, la sabbia viene rinnovata fino a cottura completata.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Pentola di ferro con il fondo bucherellato e fornita di robusti manici laterali per favorire l’operazione di scuotimento.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Presente nelle bancarelle più comuni e povere delle feste patronali.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Involtini di melanzane

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Melanzane, menta, peperoncino piccante, capperi, aglio, olio extra vergine di oliva, aceto, sale.
FORMA: Involtino.
DIMENSIONI MEDIE: 10×3 cm.
PESO MEDIO: 40 gr.
SAPORE: Gradevole.
ODORE: Di spezie.
COLORE: Verde chiaro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Pelare le melanzane, tagliarle a fette larghe, lasciarle macerare per 48 ore in sale, acqua e aceto, poi asciugarle ed imbottirle con capperi, aglio, menta, peperoncino, invasarle in recipienti di vetro e aggiungere olio extra vergine di oliva.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.
CONSERVAZIONE: Si conservano in barattoli di vetro con olio per circa 6 mesi.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavolo d’appoggio.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentoli e mestoli vari.
MACCHINARI UTILIZZATI: Fornelli a gas.
LOCALI: Laboratori artigianali.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Antica ricetta tradizionale calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Misi Misi affucati

Nome dialettale: AMAREDDI AFFUCATI

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Broccoletti, olio, peperoncino e aglio.
FORMA: Irregolare.
DIMENSIONE MEDIA: Variabile.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Amarognolo.
ODORE: Deciso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Pulire i broccoletti e saltarli in padella con olio, aglio e peperoncino.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Amareddi affucati altrimenti detti “misi misi affucati”, si tratta di broccoletti selvatici che crescono spontaneamente sotto gli alberi di aranci e mandarini della Piana di Gioia Tauro.
AREA DI PRODUZIONE: Piana di Gioia Tauro (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Frittelle di fiori di zucca

Nome dialettale: SCIURIDDI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Fiori di zucca, farina, uova, prezzemolo, formaggio pecorino pepato.
FORMA: Ovale.
DIMENSIONI MEDIE: 7*3 cm., alte circa 1 cm.
PESO MEDIO: 20 gr.
SAPORE: Delicato.
ODORE: Deciso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lavare ed asciugare i fiori di zucca, tagliarli in pezzetti. In un contenitore mettere i fiori a pezzetti, la farina, uovo, prezzemolo e formaggio pecorino, mescolare fino ad ottenere una pastella piuttosto densa, lasciare riposare. Prendere un po’ di pastella con un cucchiaio e lasciarla cadere in una padella in abbondante olio caldo. Mettere le frittelle su carta assorbente per eliminare l’olio in eccesso.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Pietanza tradizionale delle popolazioni poco abbienti, la cui condizione stimolava la fantasia delle massaie, che dovevano far fronte ad uno stato profondo di povertà sociale. Si spiega, così, la massiccia presenza di verdure e prodotti poveri utilizzati per fronteggiare l’indisponibilità di elementi pregiati o costosi come la carne, il pesce, ed il burro.
Citata su “Vini e cibi della Calabria” di Albani e Bonacina, edizione effemme – chiaravalle centrale, 1977.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Parmigiana

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Melanzane, pomodoro fresco, salame, uovo, provola, formaggio parmigiano, cipolla, olio, sale, basilico.
FORMA: Rotonda.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro 25 cm.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Appetitoso e pungente.
ODORE: gradevole.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Tagliare le melanzane a fette sottili nel senso della lunghezza, metterle in salamoia e sotto pressa per circa mezz’ora. A parte preparare la salsa con soffritto di cipolla. Scolare le melanzane, strizzarle bene e friggerle in olio abbondante, eliminare l’olio in eccesso e lasciarle raffreddare.
Preparare la parmigiana in una teglia da forno disponendo a strati alterni la salsa di pomodoro spolverata con pan grattato, le melanzane fritte, salame tagliato a fettine, formaggio e rondelle di uovo sodo, ricoprire con un po’ di pomodoro e foglioline di basilico. Cuocere in forno o, come da tradizione, in padella direttamente sul fuoco.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da maggio a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Teglia da forno o padella.
LOCALI: Cucina.

Elementi che comprovano la tradizionalità: “La diffusione di questa pietanza anche in sperduti paesini dell’entroterra calabrese la fa ritenere, giustamente, originaria della Calabria”. Veronelli.
La sua ricetta è riportata in diversi testi, tra i quali:
– “La cucina rustica regionale – 3 Italia meridionale”, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1974
– “L’aristocrazia dei cibi” di Luigi Veronelli, supplemento al n. 1072 di Epoca, Arnaldo Mondatori Milano, 1971.
– “Il Boccafina” di Riccardo Morbelli, Cassini Editore, Roma 1968.
Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Calabria 1847”di Edward Lear (1812-1888), pubblicato a Londra per la prima volta nel 1852.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Peperonata alla Calabrese

Nome dialettale: ‘NZIMBATO’

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Melanzane, peperoni, pomodori, basilico, sale.
FORMA: Listarelle irregolari.
DIMENSIONI MEDIE: varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Pieno e appetitoso.
ODORE: Penetrante.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Tagliare a dadini le melanzane, senza sbucciarle, e metterle in salamoia e sotto pressa per circa un’ora; sbollentare i pomodori pelarli, togliere i semi e tagliarli a pezzi; pulire i peperoni e tagliarli a pezzi. Sciacquare le melanzane, strizzarle e metterle a friggere in abbondante olio. Quando saranno dorate, ma non troppo, toglierle e metterle da parte. Friggere i peperoni, le patate e riporli insieme alle melanzane. Soffriggere i pomodori ed aggiungere le melanzane ed i peperoni. Si serve tiepida come contorno.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questa pietanza tipicamente siciliana, in Calabria ha trovato ampia diffusione nelle famiglie popolari e borghesi con l’introduzione di sostanziali varianti per cui ha acquistato diritto pieno di cittadinanza.
Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Calabria 1847” di Edward Lear (1812-1888), pubblicato per la prima volta a Londra nel 1852.
La ricetta è riportata su “La buona cucina di Calabria” a cura di Carlo Baccellieri – Edizioni Reghion- Reggio di Calabria, 1976.
AREA DI PRODUZIONE: Area della Costa Viola, San Giorgio Morgeto, Polistena (Piana di Gioia Tauro), nella Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Polpette di Melanzana

Nome dialettale: PURPETTI I MULINGIANA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGRESDIENTI UTILIZZATI: Melanzane, mollica di pangrattato, uovo, formaggio pecorino, prezzemolo, aglio, sale e pepe nero.
FORMA: Rotonda appiattita.
DIMENSIONI MEDIE: 5 cm. di diametro ed alta 1 cm.
PESO MEDIO: 20 gr.
SAPORE: Appetitoso e pungente.
ODORE: Gradevole.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Scottare le melanzane in acqua bollente; tritarle grossolanamente e mescolarle con la mollica di pane, formaggio pecorino, prezzemolo, aglio, sale e pepe nero. Pressare il composto tra le mani e preparare le polpette; passarle nel pangrattato e friggerle in abbondante olio.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da giugno a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: “L’impronta più consistente che la civiltà araba lasciò nella gastronomia calabrese fu l’introduzione della melanzana (o petronciana, gli arabi la chiamavano badanzana).” da “Lineamenti storici della gastronomia calabrese” di Giuseppe Polimeni, su Calabria Sconosciuta anno V – n.20 (ottobre-dicembre 1982).
La ricetta è riportata su:
– “La buona cucina di Calabria” a cura di Carlo Baccellieri – Edizioni Reghion- Reggio di Calabria, 1976.
– “Panza china fa cantari – cucina e vini di calabria” di Ottavio Cavalcanti, P. Perri Editore.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pomodori Ripieni

Nome dialettale: PUMMARORO CHINI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pomodori, pangrattato, formaggio pecorino, prezzemolo, capperi, aglio, olio d’oliva, sale.
DIMENSIONI MEDIE: 7 cm. di lunghezza e 3 di larghezza.
PESO MEDIO: 30 gr.
SAPORE: Deciso e leggermente acidulo.
ODORE: Delicato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lavare i pomodori e svuotarli del loro interno facendo un foro sulla calotta. Preparare il pangrattato con abbondante formaggio pecorino, prezzemolo ed aglio tritati, capperi, un pizzico di sale e qualche goccia di olio. Riempire con il composto i pomodori, disporli in una teglia, cospargerli con olio e cucinare in forno.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Periodo estivo.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Tipico contorno della stagione estiva.
La ricetta è riportata su “La buona cucina di Calabria” a cura di Carlo Baccellieri – Edizioni Reghion- Reggio di Calabria, 1976.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Uova strapazzate con pomodoro

Nome dialettale: SURSUMINATA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Uova, olio, aglio, pomodori maturi.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Gustoso.
ODORE: Tenue.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Mettere l’olio in un tegame di ghisa, sbattere le uova a parte, buttare nella padella l’aglio e quando questo comincia a rosolarsi mettere i pomodori maturi tagliati a spicchi. Quando i pomodori giungono a cottura versare le uova battute e mescolare fino a cottura ultimata.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Se ne ha testimonianza nel “Diario di un viaggio a piedi – Calabria 1847” di Edward Lear (1812-1888), pubblicato per la prima volta a Londra nel 1852.
AREA DI PRODUZIONE: Bagaladi (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Funghi misti di bosco sott’olio

Nome dialettale: FUNGI MISCHATI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Funghi (boletus iuteus, tricholoma portentosum, tricholoma terreum, lactarius deliciosus, armillaria mellea), prezzemolo, olio d’oliva, sale, aceto, origano, menta, peperoncino, aglio e basilico.
FORMA: Sezioni di funghi tagliati longitudinalmente.
DIMENSIONE MEDIE: Variano a diversità del tipo di fungo.
PESO MEDIO: Da grammi 200 a grammi 4.700.
SAPORE: Gradevole e un pò piccante.
ODORE: Si sente l’odore dei funghi, aglio, menta e basilico.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I funghi raccolti, mondati dalle impurità manualmente in delle vasche di acciaio inox, vengono tagliati e posti in contenitori di vetro sotto sale per un periodo di circa 2 mesi per la fermentazione. Dopo di che verranno dissalati circa al 60% e bolliti con l’aggiunta di aromi naturali (aceto, origano, menta e peperoncino) per circa 15 minuti. Così pronti i funghi vengono sistemati in vasetti, e ricolmi di olio e chiusi. I vasetti chiusi sono pastorizzati ad una temperatura oltre i 100°. Raffreddati vengono etichettati e posti nelle apposite scatole di cartone.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da settembre a novembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Ingredienti, salvaprodotto, boccacci, capsule metalliche.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, mestoli vari, contenitori vari in plastica, vasetti in vetro di varie misure, etichette, scatole di cartone, vasche in acciaio inox per lavaggio.
MACCHINARI UTILIZZATI: Sterilizzatori in acciaio inox, bilancia.
LOCALI: Laboratorio asettico ben luminoso.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Da settembre fino a novembre e, più limitatamente, in agosto, si ha in Sila la maggiore produzione di funghi. I principali, mangerecci, che si trovano nei boschi silani sono i gallinacci (Cantharellus cibarius), i porcini (Boletus edulis), i rositi (Lactarius deliciosus), l’ovulo (Amanita caesaria), i prataioli (Csalliota campestris). Sono funghi con cappello dapprima emisferico, poi più o meno piano, con tubuli dapprima bianchi o biancastri poi gialli o verdognoli, da pori piccoli e più o meno circolari. Il gambo dapprima tozzo e rigonfio, diviene allungato e cilindrico e può raggiungere la lunghezza di una quindicina di centimetri. I funghi raccolti vanno riposti in contenitori che ne permettano una buona aereazione per evitare che si deteriorino, e favorire il disperdersi delle spore sul terreno. La storia ci ha tramandato illustre vittime dei funghi: Agrippina vi avvelenò l’imperatore Claudio; alla ingestione di funghi velenosi è attribuita la morte di Gioviano, del papa Clemente VII, dell’Imperatore tedesco Carlo VI, della vedova dello zar Alessio.
Esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Funghi porcini sott’olio

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Funghi (boletus iuteus, boletus aereus, boletus pinicola), olio d’oliva, sale, aceto, aglio, lauro e origano.
FORMA: Sezioni di funghi tagliati longitudinalmente.
DIMENSIONE MEDIE: 4-5 cm.
PESO MEDIO: Da grammi 200 a grammi 4.700 la confezione.
SAPORE: Gradevole.
ODORE: Fresco gradevole.
COLORE: Bianco-giallognolo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I funghi raccolti (del tipo boletus edulis, aereus e pinicola) mondati dalle impurità manualmente in delle vasche di acciaio inox (misure L. 120 cm. x P. 65 cm. x H. 50 cm.) vengono tagliati e posti in contenitori di vetro sotto sale per un periodo di circa 2 mesi per la fermentazione. Dopo di che verranno disalati circa al 60% e tagliuzzati a strisce. La preparazione continua con una bollitura aromatizzata per circa 20 minuti (con aceto, aglio, lauro e origano). Così pronti i funghi vengono sistemati in contenitori di vetro di vari dimensioni e peso, ricolmi di olio d’oliva e protetto da una retina di plastica per tenerli immersi (detta salvaprodotto). I vasetti chiusi, ermeticamente con capsule metalliche sono pastorizzati ad una temperatura oltre i 100° per un tempo non superiore ai 26 minuti, asseccando le loro dimensioni. Raffreddati in vari contenitori verranno etichettati e posti nelle apposite scatole di cartone.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da maggio a ottobre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Ingredienti, salvaprodotto, boccacci, capsule metalliche.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, mestoli vari, contenitori vari in plastica, vasetti in vetro di varie misure, etichette, scatole di cartone, vasche in acciaio inox per lavaggio.
MACCHINARI UTILIZZATI: Sterilizzatori in acciaio inox, bilancia.
LOCALI: Laboratorio asettico ben luminoso e arieggiato.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Da settembre fino a novembre e, più limitatamente, in agosto, si ha in Sila la maggiore produzione di funghi. I principali, mangerecci, che si trovano nei boschi silani son i gallinacci (Cantharellus cibarius), i porcini (Boletus edulis), i rositi (Lactarius deliciosus), l’ovulo (Amanita caesaria), i prataioli (Csalliota campestris). Sono funghi con cappello dapprima emisferico, poi più o meno piano, con tubuli dapprima bianchi o biancastri poi gialli o verdognoli, da pori piccoli e più o meno circolari. Il gambo dapprima tozzo e rigonfio, diviene allungato e cilindrico e può raggiungere la lunghezza di una quindicina di centimetri. I funghi raccolti vanno riposti in contenitori che ne permettano una buona aereazione per evitare che si deteriorino, e favorire il disperdersi delle spore sul terreno. La storia ci ha tramandato illustre vittime dei funghi: Agrippina vi avvelenò l’imperatore Claudio; alla ingestione di funghi velenosi è attribuita la morte di Gioviano, del papa Clemente VII, dell’Imperatore tedesco Carlo VI, della vedova dello zar Alessio.
Esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Funghi Rositi sott’olio

Nome dialettale: RUSITI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Funghi (lactarius deliciosus), olio d’oliva o di semi di girasole, sale, aceto, origano, aglio, menta, peperoncino, prezzemolo e basilico.
FORMA: Sezioni di funghi tagliati longitudinalmente.
DIMENSIONE MEDIE: Variabile.
PESO MEDIO: Da grammi 200 a grammi 4.700 la confezione.
SAPORE: Gradevole.
ODORE: Di funghi.
COLORE: Colore arancio spesso macchiato di colore verde rame.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I funghi raccolti, mondati dalle impurità, vengono posti in contenitori di vetro sotto sale per un periodo di circa 2 mesi, per la fermentazione. Dopo di che verranno dissalati circa al 60% e tagliuzzati a strisce. La preparazione continua con una bollitura aromatizzata per circa 20 minuti (con aceto, aglio, lauro e origano). Così pronti i funghi vengono sistemati in contenitori di vetro di vari dimensioni e peso, ricolmi di olio d’oliva e protetto da una rete di plastica per tenerli immersi (detta salvaprodotto). I vasetti, chiusi ermeticamente con capsule metalliche, sono pastorizzati ad una temperatura di oltre i 100° per un tempo non superiore ai 26 minuti, secondo le loro dimensioni. Raffreddati in vari contenitori verranno etichettati e posti in opportune scatole di cartone.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da maggio a ottobre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Ingredienti, salvaprodotto, boccacci, capsule metalliche.
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli, mestoli vari, contenitori vari in plastica, vasetti in vetro di varie misure, etichette, scatole di cartone, vasche in acciaio inox per lavaggio.
MACCHINARI UTILIZZATI: Sterilizzatori in acciaio inox, bilancia.
LOCALI: Laboratorio asettico ben luminoso di circa 180 mq.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Da settembre fino a novembre e, più limitatamente, in agosto, si ha in Sila la maggiore produzione di funghi. I Rositi vanno riposti dopo la raccolta in contenitori che ne permettano una buona aereazione, per evitare che si deteriorino, e favorire il disperdersi delle spore sul terreno. La storia ci ha tramandato illustre vittime dei funghi: Agrippina vi avvelenò l’imperatore Claudio; alla ingestione di funghi velenosi è attribuita la morte di Gioviano, del papa Clemente VII, dell’Imperatore tedesco Carlo VI, della vedova dello zar Alessio.
Esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Clementina di Calabria IGP

Zona di produzione: intero territorio della regione Calabria

Descrizione: La Clementina di Calabria si caratterizza per l’assenza di semi, il colore arancio intenso e la polpa succosa e aromatica; è facile da sbucciare e particolarmente gradita per l’ottimo equilibrio fra zuccheri e acidi

Usi: La Clementina di Calabria è rinfrescante e diuretica e possiede un elevato contenuto di zuccheri disponibili. In cucina, può essere consumata al naturale o impiegata per preparare succhi, sciroppi, sorbetti, marmellate. Il frutto è utilizzato anche in cosmesi nella preparazione di lozioni tonificanti e maschere per la pelle.

Note: La coltivazione delle clementine si è diffusa dopo il 1950 in Calabria, dove questo agrume ha trovato il suo habitat naturale: un clima mite e costante che permette al frutto di sviluppare appieno le sue caratteristiche qualitative estrinseche e intrinseche e di maturare molto precocemente, ai primi di ottobre.

Riferimenti normativi: Prodotto IGP, Registrazione europea con regolamento CE n. 2325/97 pubblicato sulla GUCE L 322/97 del 25 novembre 1997

Fichi d’India di Calabria

Nome dialettale: FICUNIANE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
FORMA: Cilindrica.
DIMENSIONI MEDIE: Lunghezza cm. 10, Larghezza cm. 5.
PESO MEDIO: 45-60 gr.
SAPORE: Molto dolce.
ODORE: Profumo tipico.
COLORE: Giallo con riflessi rossi.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La pianta, anche se si presta, ancora non viene coltivata in Calabria, ma vegeta spontaneamente su quasi tutto il territorio regionale, in particolare in prossimità delle coste, quindi non necessita di alcuna lavorazione.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRDOTTO: Il periodo di maturazione va dal mese di agosto al mese di ottobre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Nome volgare della pianta Opuntia Ficus-indica appartenente alla famiglia delle Cactacee. Il fico d’india è originario dell’America del Sud, ma si è ben acclimatato nel Mediterraneo dove vive sia coltivato sia inselvatichito. Un tempo la pianta delineava i confini di proprietà terriera. Le bucce, in alcune località calabresi, venivano accuratamente spazzolate dalle spine, asciugate al sole e conservate in salamoia per poi consumarle durante l’inverno. La pianta è caratterizzata da rami appiattiti, spinosi, articolati, fiori solitari con petali numerosi. I frutti, noti appunto come Fichi d’India, sono eduli e dolci, ma protette da rigide setole pungenti. La polpa è di colore giallo o di colore rossastro.
La vegetazione spontane-selvatica e le particolari condizioni pedoclimatiche della Calabria conferiscono al prodotto una qualità organoletticamente superiore a quella di altri Fichi d’India prodotti in altre regioni d’Italia. Il prodotto deve anche la sua tradizionalità e qualità alla particolarità delle cultivar selvatiche presenti.
E’ presente, allo stato selvatico, da tantissimi anni su quasi tutto il territorio Calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Mele di montagna (cotogna-coccia-limoncelle)

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
COTOGNA: Colore giallo-verde con sovracolore rosso uniforme, lenticelle piccole, polpa croccante color crema con tessitura fine, sapore buono e gusto dolce.
COCCIA: Forma schiacciata e appiattita, colore giallo-verde con sovracolore rosso chiazzato, lenticelle medie rugginose, polpa bianca croccante e succosa con tessitura fine, sapore buono e gusto dolce.
LIMONCELLA: Forma cilindrica, colore giallo-verde con sovracolore rosso slavato uniforme, lenticelle medie rugginose, polpa croccante bianca con tessitura grossolana sapore dolce e gusto acidulo. Esiste anche il limoncello rosso come piante sparse nel comune di Tiriolo (CZ).

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
– Scasso e concimazione d’impianto con fertilizzanti organici;
– Tecniche di inerbimento con sfalci periodici;
– Fertilizzazione eseguita sulla pianta con fertilizzanti organo-minerali;
– Tecniche di difesa fitosanitaria ecocompatibil;
– Potatura e allevamento a vaso tradizionale (sesti d’impianto 7×7);
– Raccolta manuale.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati: Trappole a feromoni per la cattura e il monitoraggio di Cydia Pomonella, piretronaturale, rotenone, bacillus thuringiensis, zolfo e rame per la difesa biologica, fertilizzanti organo-minerali.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I prodotti devono la loro tradizionalità sia alle caratteristiche delle cultivar sia a quelle dell’ambiente pedoclimatico delle zone di montagna. Le varietà presentano una elevata resistenza alle principali malattie delle pomacee e costituiscono un patrimonio prezioso per il mantenimento della biodiversità. Tali caratteristiche conferiscono maggiori qualità organolettiche al frutto.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Insalata di arance

Nome dialettale: ‘NZALATA I PORTUALLI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Arance dolci, olio d’oliva, pepe nero, sale.
FORMA: A spicchi.
DIMENSIONI MEDIE: Lungo 5 cm. e largo 1,5 cm.
PESO MEDIO: 10 gr.
SAPORE: Asprigno.
ODORE: Acre.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Sbucciare le arance, tagliando in profondità in modo da eliminare anche la pellicina esterna; tagliare a fette e condire con olio d’oliva, sale e pepe nero.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di novembre al mese di febbraio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: La tradizione vuole che si accompagni alle frittole in quanto sgrassante.
La ricetta è riportata da Ottavio Cavalcanti su “panza chjina fa cantari – cucina e vini di calabria” P. Perri Editore.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Fichi a crocette

Materia prima: fichi.

Tecnologia di lavorazione: i fichi bianchi, provenienti da zone non ricche di acque (terreni seccagni), si raccolgono quando sono parzialmente appassiti mettendoli ad essiccare al sole su apposite stuoie. Quando sono essiccati si spaccano lasciandoli attaccati al peduncolo, si imbottiscono di noci e mandorle e si richiudono appiattendoli e incrociandoli. Si cuociono in forno di campagna riscaldato con frasche di olivo e di ginestra, a calore moderato fino al raggiungimento di una doratura intensa, cospargendoli poi con una polvere di zucchero a velo addizionato con polvere di cannella e di arancia essiccata.

Maturazione:

Area di produzione: Calabria.

Calendario di produzione: agosto, settembre.

Note: un altro modo di conservazione dei fichi è detto a “jette” (trecce): è lo stesso procedimento delle crocette, ma non si imbottiscono, si infilano in stecche di canne o rami di mirto formando delle trecce o coroncine. Sono aromatizzate alla stessa maniera.

Fichi essiccati

Nome dialettale: FICHI SICCATI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI TUILIZZATI: Fichi freschi varietà “Dottato”.
FORMA: Del frutto.
DIMENSIONI MEDIE: Da 5 a 10 cm.
PESO MEDIO: Da 15 a 25 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Intenso.
COLORE: Marrone.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I fichi, dopo raccolti, vengono fatti essiccare al sole per circa sei o sette giorni a seconda del clima. Una volta essiccati vengono messi in contenitori di terracotta o di legno e riposti in luogo fresco. Possono anche subire ulteriori lavorazioni, come la farcitura con mandorle, noci e la copertura con cioccolato. Prima di ogni ulteriore lavorazione, dopo essere stati essiccati, i fichi vengono sterilizzati con varie tecniche.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da fine agosto agli inizi di dicembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Tavole di essiccazione, vasi di terracotta e/o legno.
LOCALI: Asettici e arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Sui fichi di Calabria così si è espresso molto significativamente l’Abate Giocchino da Fiore: “Nientemeno più prezioso, e per la copia e per la perfezione egli è il raccolto dei fichi. Principia egli nel mese di giugno e si allunga fino all’altro di decembre, sempre l’une succedendo all’altre … nere, bianche, altre brune, altre rossaccie, tutte però così dolci, che filano dalla creduta bocca stille di miele, e come se per filarlo non bastasse una sola apertura sul capo, sovvente ancora si stracciano per i fianchi”.
In Calabria, i frutti vengono ancora lavorati in modi diversi con le noci, con le mandorle, a “tortonilli”, con il mirto, a spinopesce infilati nelle canne e a “crocetta”, sistema adoperato anche dagli antichi romani che a loro volta lo avevano appreso dagli africani e dagli spagnoli. Nonostante la semplicità dei preparati, sono una sorta di dessert, molto particolare; in passato, quando la varietà dei dolci era molto ristretta od addirittura assete, essi erano, addirittura considerati e consumati come tali. Si possono lessare e da questa pratica fuoriesce una sorta di zucchero bianco dal sapore dolcissimo e particolare. Infine, si possono aggiungere agli altri ingredienti per la preparazione di dolci tipici casarecci.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Castagne di Calabria

Sinonimo: RIGGIOLA – ‘NSERTA – MAMMA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
Cultivar ‘NSERTA: E’ la varietà più diffusa sul territorio Calabrese. Presenta forma rotondeggiante, asimmetrica, ad apice conico, di colore bruno scuro con striature di media grandezza, di piccola e media pezzatura di n°. 80-85 castagne/Kg.
Cultivar RIGGIOLA: Forma dei frutti ovale, ad apice schiacciato, colore bruno scuro con striature nere, presenta precocità di maturazione e raggiunge pezzatura di 75/85 castagne/Kg.
Cultivar MAMMA: Presenta una grossa pezzatura che può arrivare fino a 50-60 castagne/Kg. La sua forma ovale, rotondeggiante con apice conico, anche se presenta piccole protuberanze e l’ilo abbastanza grande. Il colore del frutto è bruno con striature nere.

TERRITORIO INTERESSATO DALLA PRODUZIONE: La Riggiola e ‘Nserta in tutte le aree castanicole calabresi comprendenti le aree Pre-Silane di Cosenza, Catanzaro e Crotone, ed in minima parte le Serre Vibonesi e la zona Aspromontana. Per quanto riguarda la cultivar Mamma l’area di coltivazione è compresa nei comuni di Sorbo San Basile, Cicala, San Pietro Apostolo, Serrastretta, Carlopoli, Panettieri e Bianchi.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: I nuovi impianti vengono effettuati o attraverso la sostituzione dei vecchi impianti degradati oppure ex-novo. Si effettuano le operazioni classiche di preparazione del terreno e si utilizza un sesto d’impianto che varia da 9×9 a 10×10 in base alla pendenza ed alla qualità dei terreni. Nei primi anni d’impianto si pratica l’irrigazione per scorrimento e la fertilizzazione organica con le relative lavorazioni del terreno. La potatura di allevamento prevede dei tagli di ritorno tendenti a formare un vaso tradizionale.
Le operazioni colturali applicate sono essenzialmente lo sfalcio e l’eliminazione degli arbusti invasivi a circa un mese prima della raccolta del prodotto; dove le pendenze sono abbastanza elevate il materiale di sfalcio viene utilizzato per sistemare superficialmente il terreno, in modo tale da ridurre l’erosione superficiale del terreno e da concentrare la caduta del frutto facilitandone la raccolta. La potatura di rimonda (di produzione) è sporadica e viene effettuata ogni 6-7 anni; soprattutto serve per eliminare i vecchi attacchi di cancro corticale e per facilitare quelli che hanno manifestato una certa ipovirulenza, che come è noto non è nociva alla salute della pianta bensì il diffondersi delle spore che dal ceppo ipovirulento trasforma l’attacco del ceppo virulento in quello ipovirulento. La raccolta del prodotto avviene manualmente utilizzando la manodopera familiare oppure la mezzadria.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati: I vecchi locali utilizzati per l’essiccazione del prodotto (pastillari), sono stati praticamente abbandonati. Attualmente esistono dei centri per la commercializzazione e trasformazione del prodotto. Quest’ultima si limita alla calibratura, curatura in acqua 6-7 giorni e successiva spazzolatura del frutto che viene in seguito confezionato e destinato al mercato del fresco oppure inviato direttamente ai centri di commercializzazione di Avellino.
La pezzatura più piccola viene trasformata in castagne secche che poi saranno destinate alla produzione di farine, puree e dolci.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Le castagne calabresi anno una tradizione antichissima. Si pensi che esistono esemplari di castagno che arrivano fino a 400 anni di età. E’ l’unico prodotto che ha accompagnato la vita dell’uomo. In periodi di carestia lo ha sfamato, non a caso viene chiamato l’albero del pane. Quando invece l’uomo di montagna è emigrato, la castagna ha subito l’abbandono al quale si è aggiunta la malattia del cancro corticale che ne ha decretato quasi la sua estinzione. Attualmente la castagna rappresenta la rinascita della montagna non solo perché si sta debellando questa grave malattia, ma perché soddisfa il bisogno di verde per i cittadini urbanizzati. E’ entrata nell’arte culinaria come prodotto di elite, in quanto si ottengono tantissimi prodotti pregiati ed apprezzati sul mercato. Rappresenta memoria storica e culturale della gente di montagna che in autunno ed in inverno raccoglieva e trasformava questo generoso frutto nei caratteristici “Pastillari”, dove con particolari tecniche ed attrezzature seccavano il frutto trasformandolo in “Pastilli” (castagne secche). Le castagne calabresi sono molto apprezzate sul mercato del fresco perché sono dolcissime, con un elevato valore nutritivo ed inoltre sono facilmente sbucciabili.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Crocette

Nome dialettale: CRUCETTE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Fichi secchi, cannella, zucchero, noci, nocciole o mandorle, scorze di arance, limoni o di cedri.
FORMA: A croce.
DIMENSIONI MEDIE: 10 cm.
PESO MEDIO: 50 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Cannella, fichi cotti.
COLORE: Dorato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I fichi bianchi, provenienti da zone non ricche di acqua, si raccolgono quando sono parzialmente appassiti, mettendoli ad essiccare al sole, su apposite stuoie. Quando sono essiccati si spaccano in due lasciandoli attaccati al peduncolo, si imbottiscono di noci o mandorle o nocciole e buccia di agrumi. Si richiudono appiattendoli e incrociandoli. Si cospargono di polvere di zucchero e cannella. Successivamente cuociono in forni moderatamente caldi, alimentati con frasche di olivo e di ginestra.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli di acciaio inox e scatole.
MACCHINARI UTILIZZATI: Forno.
LOCALI: Magazzini adibiti a laboratorio di pasticceria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Sui fichi di Calabria così si è espresso molto significativamente l’Abate Giocchino da Fiore: “Nientemeno più prezioso, e per la copia e per la perfezione egli è il raccolto dei fichi. Principia egli nel mese di giugno e si allunga fino all’altro di decembre, sempre l’une succedendo all’altre … nere, bianche, altre brune, altre rossaccie, tutte però così dolci, che filano dalla creduta bocca stille di miele, e come se per filarlo non bastasse una sola apertura sul capo, sovvente ancora si stracciano per i fianchi”.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pistilli

Nome dialettale: PASTIDDHI – PASTIDDRE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Castagne.
FORMA: Tipica.
DIMENSIONI MEDIE: Tipica.
SAPORE: Dolce.
COLORE: Giallo intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le castagne fresche, sane, ed intere vengono poste su superfici piane realizzate con canne intrecciate (cannizzi) per un periodo variabili dipendente dall’umidità dei locali e dalla grandezza delle castagne. In questi locali viene arsa della legna al fine di facilitare l’essiccazione.
Una volta secche le castagne vengono sbucciate con una “zoccolatrice” semiautomatica.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Periodo invernale.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Dentro casupole grezze di piccole dimensioni entro cui vengono poste le castagne.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Contenitori di canne intrecciate.
STRUMENTI UTILIZZATI: Zoccolatrice.
LOCALI: Locali ben arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Le castagne sono un tipico frutto delle zone collinari calabresi e vengono lavorate in diversi modi uno dei quali, antichissimo, è quello di essiccare questo prodotto in appositi locali detti pastiddrere o caselle.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di tradizioni popolari calabresi.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Trecce di fichi

Nome dialettale: JETTE

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Fichi, zucchero, aromi naturali, stecche di canna.
FORMA: A sfera.
DIMENSIONI MEDIE: 20-30 cm.
PESO MEDIO: 500 gr.
SAPORE: Speziato.
ODORE: Fichi cotti.
COLORE: Biondo scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICA DI LAVORAZIONE: I fichi secchi vengono fatti passare dentro una stecca di canna della larghezza di 0,5 – 1 cm. all’altezza del picciolo e posti in forno a legna.
PERIODO DI LAVRORAZIONE: Da settembre a marzo.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati
STRUMENTI UTILIZZATI: Tavoli da lavoro, bilancia, cella di sterilizzazione, banchi di lavoro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Macchine termoretraibili, calibratrice, macchine schiacciafichi.
LOCALI: Magazzini adibiti a laboratorio di pasticceria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Sui fichi di Calabria così si è espresso molto significativamente l’Abate Giocchino da Fiore: “Nientemeno più prezioso, e per la copia e per la perfezione egli è il raccolto dei fichi. Principia egli nel mese di giugno e si allunga fino all’altro di decembre, sempre l’une succedendo all’altre … nere, bianche, altre brune, altre rossaccie, tutte però così dolci, che filano dalla creduta bocca stille di miele, e come se per filarlo non bastasse una sola apertura sul capo, sovvente ancora si stracciano per i fianchi”.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Fichi Ripieni

Nome dialettale: FICHI CHINI

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Fichi neri, gherigli di noci, bucce di mandarino.
FORMA: A goccia.
DIMENSIONI MEDIE: 4×2 cm.
PESO MEDIO: 15 gr.
SAPORE: gustoso e morbido
Odore: Mieloso e leggermente acre.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Seccare i fichi, tagliati in due fino al picciolo, sui cannizzi (graticci di canna intrecciata) esposti al sole.
Una volta seccati riempire con le noci e la scorza del mandarino, asciugare al forno per qualche minuto e conservare in un vaso cilindrico di terracotta con coperchio a disco di legno.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di luglio al mese di settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Cannizzi.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I fichi ripieni sono il prodotto di una lavorazione tradizionale che associa ad un metodo di conservazione, quale l’essiccazione naturale, la farcitura con altri prodotti locali (le noci o mandorle ed i mandarini).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Amarene sciroppate

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Amarene fresche integre e snocciolate.
FORMA: Sferica o schiacciata.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Intenso e zuccherino.
COLORE: Vinacce.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Manuale e meccanizzate.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le amarene, lavate e lasciate asciugare, intere o snocciolate (a mano o meccanicamente) sono zuccherate in rapporto 1/0,8 (ad ogni Kg. di prodotto si aggiungono 800 grammi di zucchero). Il prodotto, in contenitori coperti, è sottoposto a periodici mescolamenti per 24 ore; poi si pone in vasi di vetro richiusi con cura. Si lascia per 40 giorni al sole ed è pronto all’uso. Le amarene si consumano tal quale; lo sciroppo si allunga con acqua e si usa in estate per bevande fresche e dissetanti.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da maggio a settembre.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: 40 giorni.
CONSERVAZIONE: In luogo fresco e asciutto a temperatura ambiente lontano da fonti luminose.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Contenitori in acciaio e/o vetro.
STRUMENTI UTILIZZATI: Snocciolatori.
LOCALI: Laboratorio a norma.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Prodotto tipico della tradizione calabrese riferito all’area di coltivazione collinare e montana.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina tipica calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Castagne al mosto cotto

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Castagne, mosto cotto, zucchero.
FORMA: Barattolo di vetro.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: 250 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Mosto.
COLORE: Rosso scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le castagne sgusciate, vengono bollite in una pentola con acqua e zucchero, poi vengono fatte raffreddare e vengono poste in vasetti di vetro insieme a del mosto cotto.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Ottobre-dicembre.
CONSERVAZIONE: Il prodotto confezionato in vasetti di vetro, si conserva per circa un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentole, barattoli in vetro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Fornello a gas.
LOCALI: Laboratori artigianali.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Antica ricetta della tradizione familiare calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Coroncine di fichi secchi al mirto

Nome dialettale: FILARI ‘I FICU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Fichi, zucchero, aromi naturali, rametti di mirto.
FORMA: Rotonda.
DIMENSIONE MEDIE: Lunghi 30 cm., diametro 3-4 cm.
PESO MEDIO 500 gr.
SAPORE: Speziato.
ODORE: Fichi cotti.
COLORE: Biondo scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I fichi secchi vengono fatti passare dentro un rametto di mirto, fino a formare un cerchio.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da settembre a marzo.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Tavoli da lavoro, bilancia, cella di sterilizzazione, banchi di lavoro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Macchine termoretraibili, calibratrice, macchine schiacciafichi.
LOCALI: Magazzini adibiti a laboratorio di pasticceria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Sui fichi di Calabria così si è espresso molto significativamente l’Abate Giocchino da Fiore: “Nientemeno più prezioso, e per la copia e per la perfezione egli è il raccolto dei fichi. Principia egli nel mese di giugno e si allunga fino all’altro di decembre, sempre l’une succedendo all’altre … nere, bianche, altre brune, altre rossaccie, tutte però così dolci, che filano dalla creduta bocca stille di miele, e come se per filarlo non bastasse una sola apertura sul capo, sovvente ancora si stracciano per i fianchi”.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Conserva di arance speziate

Materia prima: arance.

Tecnologia di lavorazione: la frutta tagliata a pezzi viene fatta bollire insieme al vino e alle spezie. Quando l’acqua è evaporata, si aggiunge lo zucchero lasciando bollire per altri 20 minuti circa. Si invasa e si conserva al buio.

Maturazione:

Area di produzione: in tutta la Sicilia e la Calabria. Rinomata quella di Palermo.

Calendario di produzione: tutto l’anno.

Note: la denominazione “conserva di frutta” che troviamo nei prodotti in commercio, sta ad indicare che il prodotto è stato fatto con frutta intera o a pezzi conservata in sciroppo, alcool, liquore o vino. Sul mercato le conserve sono infinite: c’è quella di ananas e pere, di pere al vino cotto, di uva sotto spirito, di mandarini, di cedri, ecc. Degli stessi frutti ci sono poi tutte le varie versioni di “gelatine”, confetture, sciroppi, e succhi.

Marmellata di arance

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Polpa e scorza di arancia, zucchero, succo di limone.
FORMA: Semi-liquida.
DIMENSIONI MEDIE: Variabili.
PESO MEDIO: 370 gr. la confezione.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Arancio.
COLORE: Arancio.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le arance, accuratamente selezionate, vengono forate con una forchetta e messe a bagno in una vasca per tre giorni, cambiando l’acqua più volte al giorno. Quindi si tagliano a fette molto sottili togliendo la calotta. In alternativa, alla polpa di arance fresche in pezzi (70%) si aggiungono le scorze tagliate a listerelle. Il tutto viene comunque cotto a bassa temperatura con aggiunta di zucchero e succo di limone, utilizzato come acidificante naturale. Una volta sterilizzati i vasi vuoti, questi vengono riempiti con confettura ancora calda. Infine il prodotto viene nuovamente posto in appositi bollitori.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.
CONSERVAZIONE: Trattamento termico prolungato del prodotto prima di essere confezionato. Sterilizzazione dei contenitori vuoti. Trattamento termico del prodotto confezionato.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Bollitori, bilance, termometro.
LOCALI: Locali asettici ed arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La Calabria è una regione lipicamente agrumicola. Questa confettura è tradizionalmente prodotta per l’autoconsumo. Negli ultimi tempi, grazie all’interessamento da parte di aziende artigianali, il prodotto ha trovato una sua collocazione sul mercato. Generalmente le arance utilizzate provengono da coltivazioni biologiche e comunque devono essere prive di sostanze fertilizzanti o altri composti chimici, sia pure non tossici, quali il depenile o la paraffina.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cunica calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Cotognata

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Mele cotogne, acqua, zucchero.
FORMA: Varia.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Dolce fresco.
ODORE: Di mela.
COLORE: Crema.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Mettere le mele in una pentola con acqua e farle cuocere fino a che siano cotte ma non sfatte. Scolarle, tagliarle in spicchi e togliere i torsoli ed i semi, passarle poi al passaverde e pesarle. Mettere lo stesso peso di zucchero in una pentola d’acciaio con mezza tazza di liquido di cottura e lasciare cuocere a fuoco basso fino a che lo zucchero sia ben sciolto; quindi asciugare le mele passate, mescolare e proseguire la cottura a fuoco molto basso per 20 minuti, sempre mescolando. Versare la cotognata calda in un piatto da portata piano unto con un pò di olio, formando uno spessore di circa 4 cm.. Lasciare riposare per una settimana, quindi tagliare la cotognata a strisce larghe 3 cm.. Lasciare le strisce ad asciugare su un vassoio per circa 10 giorni girandole di tanto in tanto. Da ultimo tagliare le strisce a dadoni e metterle in un contenitore di vetro: si possono conservare a lungo.
CONSERVAZIONE: Tagliare a dadoni, si possono conservare a lungo, in un recipiente di vetro.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli di appoggio.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentole, mestoli, barattoli di vetro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Fornelli a gas.
LOCALI: Laboratori artigianali.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Antica ricetta tradizionale calabrese.
Esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Marmellata di bergamotto

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Bergamotto, zucchero, acqua.
FORMA: Cremosa.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Barattolo di 250 gr.
SAPORE: Dolce agretto.
ODORE: Profumo di bergamotto.
COLORE: Cremaverdina.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I frutti del bergamotto vengono affettati e messi a bollire in una pentola, successivamente si aggiunge lo zucchero e si mescola fino a cottura ultimata, quindi viene invasata in recipienti di vetro.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
CONSERVAZIONE: Il prodotto invasato in vetro può essere conservato per circa un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Tavolo d’appoggio.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentole, mestoli, vasi di vetro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Fornelli a gas.
LOCALI: Laboratori artigianali.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Antico prodotto tradizionale del Reggino.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Marmellata di clementine

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Clementine, acqua, zucchero, limone, cannella.
FORMA: Barattolo di vetro.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: 250 gr.
SAPORE: Dolce e tipico delle clementine.
ODORE: Caratteristico del mandarino.
COLORE: Arancio-chiaro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICA DI LAVORAZIONE: Si lavano le clementine, si tagliano a pezzi, si fanno macerare per 24 ore nell’acqua, si versa il composto in pentola e si fa bollire a fuoco moderato, aggiungendo poco alla volta lo zucchero, in poco limone spremuto e cannella, il tutto continua a bollire fino al raggiungimento della densità necessaria, infine si versa negli appositi contenitori di vetro.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da settembre a gennaio.
CONSERVAZIONE: Si conserva in barattoli di vetro per circa un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli di appoggio.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentole, coltelli, cucchiaio di legno, contenitori in vetro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Fornelli a gas.
LOCALI: Laboratori artigianali.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Antica ricetta tradizionale calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Marmellata di limoni

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Polpa, scorza e succo di limone, zucchero.
FORMA: Semi-liquida.
DIMENSIONI MEDIE: Variabili.
PESO MEDIO: 370 gr. la confezione.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Limone.
COLORE: Giallino.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I limoni, accuratamente selezionati, vengono lavati, tagliati e posti in vasche colme d’acqua, sin dalla sera, per poi essere lavorati il giorno seguente. Quindi si tagliano a fette molto sottili togliendo la calotta. In alternativa, alla polpa di limoni freschi in pezzi (45%) si aggiungono le scorze tagliate a listarelle. Il tutto viene comunque cotto a bassa temperatura con aggiunta di zucchero. Una volta sterilizzati i vasi vuori, questi vengono riempiti con la confettura ancora calda. Infine, il prodotto viene nuovamente posto in appositi bollitori.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.
CONSERVAZIONE: Trattamento termico prolungato del prodotto prima di essere confezionato. Sterilizzazione dei contenitori vuoti. Trattamento termico del prodotto confezionato.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Bollitori, bilance, termometro.
LOCALI: Locali asettici e arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La Calabria è una regione tipicamente agrumicola. Questa confettura è tradizionalmente prodotta per l’autoconsumo. Negli ultimi tempi, grazie all’interessamento da parte di aziende artigianali, il prodotto ha trovato una sua collocazione sul mercato. Generalmente gli agrumi utilizzati provengono da coltivazioni biologiche e comunque devono essere prive di sostanze fertilizzanti o altri composti chimici, sia pure non tossici, quali il dopanile o la paraffina.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Marmellata di mandarini

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Polpa, scorza e succo di mandarino, zucchero, succo di limone.
FORMA: Semi-liquida.
DIMENSIONI MEDIE: Variabili.
PESO MEDIO: 370 gr. la confezione.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Mandarino.
COLORE: Arancione.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: I mandarini, accuratamente selezionati, vengono forati con una forchetta e messi a bagno in una vasca per tre giorni cambiando l’acqua più volte al giorno. Quindi si tagliano a fette molto sottili togliendo la calotta. In alternativa, alla polpa di mandarini freschi in pezzi (70%) si aggiungono le scorze tagliate a listarelle. Il tutto viene comunque cotto a bassa temperatura con aggiunta di zucchero e succo di limone. Una volta sterilizzati i vasi vuoti, questi vengono riempiti con la confettura ancora calda. Infine, il prodotto viene nuovamente posto in appositi bollitori.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da novembre a marzo.
CONSERVAZIONE: Trattamento termico prolungato del prodotto prima di essere confezionato. Sterilizzazione dei contenitori vuoti. Trattamento termico del prodotto confezionato.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Bollitori, bilance, termometro.
LOCALI: Locali asettici e arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La Calabria è una regione tipicamente agrumicola. Questa confettura è tradizionalmente prodotta per l’autoconsumo. Negli ultimi tempi, grazie all’interessamento da parte di aziende artigianali, il prodotto ha trovato una sua collocazione sul mercato. Generalmente gli agrumi utilizzati provengono da coltivazioni biologiche e comunque devono essere prive di sostanze fertilizzanti o altri composti chimici, sia pure non tossici, quali il dopanile o la paraffina.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Marmellata di uva

Sinonimo: MOSTARDA

Nome dialettale: MUSTARDA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Uva, zucchero.
FORMA: Barattoli di vetro.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: 250 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Mosto.
COLORE: Rosso-scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Vengono staccati gli acini d’uva dai raspi e vengono lavati, si fanno asciugare, vengono tagliati e privati dai semi. Vengono riposti in una pentola in acciaio inox e il tutto si fa bollire a fuoco lento. Durante la bollitura il contenuto non va girato. Dopo che la massa si è ristretta viene aggiunto zucchero (300 gr. x 5 Kg. di uva) per dare alla marmellata la consistenza necessaria. Si procede, quindi, all’invasatura in vetro.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Settembre-ottobre.
CONSERVAZIONE: In vetro per circa un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavolo.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentola, mestoli vari, coltelli.
MACCHINARI UTILIZZATI: Fornellone a gas e/o a legna.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Essendo il territorio calabrese vocato alla viticoltura, infatti si chiamava Enotria, la produzione di questa marmellata di uva, chiamata mostarda, rappresenta da secoli un’importante tradizione familiare. Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto su testi di tradizioni popolari calabresi.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pezzo duro

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Crema: uova, zucchero, latte, vaniglia. Cioccolato: zucchero, cacao, latte. Nocciola: zucchero, latte, estratto di nocciola.
FORMA: Rettagolare.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: 150 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Vario.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si amalgamano tutti gli ingredienti, sul fuoco, in recipienti di acciaio con mestolo di legno, la lavorazione viene ultimata nella gelateria dunque messa nelle forme di alluminio appositamente foderate, riposa un giorno e viene quindi tagliato.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
CONSERVAZIONE: In appositi congelatori.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli in acciaio inox.
STRUMENTI UTILIZZATI: Recipienti in acciaio inox, teglie in acciaio inox, mestolo in legno.
MACCHINARI UTILIZZATI: Macchinari da gelateria.
LOCALI: Laboratori rispondenti alla normativa igienico-sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Prodotto tradizionale della pasticceria familiare e aziendale del comprensorio della Locride.
AREA DI PRODUZIONE: Comuni della Locride (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Granita, Scirobetta

Nome dialettale: SCIROBETTA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Acqua, zucchero, succo di limone, fragole a pezzi, caffè.
SAPORE: Fresco.
ODORE: Fruttato o caffè.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Mescolare pari quantità di acqua con le fragole tagliate a pezzettini e aggiungere lo zucchero. Mantecare il tutto per 15 minuti alla temperatura di -25 °C. Conservare in campane d’acciaio alla temperatura di circa 5-8 °C.
Per la granita di limone o caffè si addiziona l’acqua solo se richiesta per avere un prodotto più liquido.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Laboratorio di pasticceria rispondente alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Era usanza, per alleviare il soffocante caldo, conservare la neve in profonde grotte scavate nella roccia e uomini attrezzati di vanga, botti di legno e muli, la portavano quotidianamente a valle. Gli appartenenti alla classe dominante, invece, conservavano grandi quantità di neve, avvolta in paglia, in profonde fosse praticate nel terreno o nelle cantine più fresche.
La scirobetta veniva bevuta con il vino dagli adulti, mentre le signore ed i ragazzi consumavano la neve affogata con succo di limone o d’arancia: un prototipo dell’odierna granita.
Citata su:
– “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Editore Mursia – 1979;
– “Diario di un viaggio a piedi, Calabria 1847” di Edward Lear (1812-1888), edizione italiana a cura di Parrello 38, Reggio Calabria, 1937.
TERRITORIO INTERESSATO: Area dello Stretto (da Copo d’Armi a Cannitello) e Area della Costa Viola (da Scilla a Rosarno)in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Sorbetto al bergamotto

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Zucchero, acqua, succo di bergamotto, neutro.
SAPORE: Fresco.
ODORE: Tipico del bergamotto.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Sciogliere lo zucchero in acqua ed aggiungere il succo di bergamotto ed il neutro, fare mantecare per circa dieci minuti alla temperatura di -8°C. Conservare nelle campane d’acciaio a 12°C.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Mantecatore.
LOCALI: Laboratorio di pasticceria conforme alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il bergamotto è un agrume che ha un eccellente areale di coltivazione in Provincia di Reggio Calabria. Esso viene utilizzato non solo come essenza in profumeria, ma anche in pasticceria e per la produzioni di prodotti tipici. L ‘utilizzo del bergamotto nella produzione dolciaria, risale alle tavole imbandite e ai celeberrimi banchetti del rinascimento. L’arte e la creatività dei maestri pasticceri di Reggio Calabria hanno valorizzato attraverso diverse elaborazioni il sapore insolito di questo agrume. Il Sig. Marino, titolare della pasticceria “Il Bergamotto”, ha fatto di questo frutto tipico l’ingrediente base di molti dolci, circa 25, della sua produzione. Tra questi le paste di mandorla arricchite dalla marmellata di bergamotto ed il sorbetto al bergamotto sono quelli maggiormente rappresentativi.
La particolare sensazione di freschezza che rimane in bocca dopo aver degustato il sorbetto al bergamotto del Sig. Marino è da attribuire alla sua abilità nel bilanciare nel modo migliore gli ingredienti, è stato definito dai migliori pasticceri nazionali come “il sorbetto che mancava”. Questo prodotto è stato degustato al Florian di Venezia, al Caffè Greco di Roma, al Casinò di Sanremo, a Palazzo Chigi, etc.. Inoltre, è stato presentato in almeno 15 trasmissioni televisive di prima fascia sulle reti nazionali.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Cuzzupa

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina di grano tenero, zucchero, margherina (olio o srutto in alternativa), uova, lievito per dolci, uova sode.
FORMA: Varia, le più comuni: cuore, treccia, cesto, chiocciola.
PESO MEDIO: 700-800 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Di biscotto.
COLORE: Da marrone chiaro al giallo ocra.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Gli ingredienti mensionati, ad eccezione delle uova sode, vengono miscelate per la preparazione dell’impasto che deve risultare “dolce”. A questo punto si fa lavorare molto l’impastatrice. Raggiunta la consistenza ottimale si procede alla messa in forma che è manuale. Sulle forme ottenute (cuore, trecce, ecc.) si dispone un certo numero di uova (uno o più) che costituiscono il decoro di questo dolce. Segue la cottura in forno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Acciaio, alluminio, legno.
STRUMENTI UTILIZZATI: Teglie da forno.
MACCHINARI UTILIZZATI: Impastatrice, forno.
LOCALI: Locali autorizzati per la produzione di prodotti da forno.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La Cuzzupa nella tradizione calabrese, ed in particolare della provincia di Catanzaro, è un dolce tipico della festività di Pasqua. Originariamente, quando lo zucchero era un alimento di lusso, le Cuzzupe erano fatte con pasta di pane la quale, modellata in diverse forme, veniva decorata con uova sode. Il numero delle uova aveva un preciso significato: in numero di sette significava che un fidanzamento era prossimo a tramutarsi in matrimonio, in numero di nove invece si rinnovava la promessa di fidanzamento. Questo prodotto, che aveva quindi un significato simbolico, veniva regalato dalla suocera al genero. Dice il detto popolare “Cu’ nova rinnova, cu’ setta s’assetta” (Con nove – uova – rinnova, con sette si siede cioé si accasa).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Sguta

Nome dialettale: ‘NGUTA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: 1 Kg. di farina di grano tenero, lievito di casa (naturale), 4 uova, 2 cucchiai di olio di oliva extravergine, 250 gr. di zucchero, acqua (tutti gli ingredienti sono di provenienza locale).
FORMA: La forma è simile a un piccolo pane con un uovo al centro.
PESO MEDIO: 600-700 gr. ciascuna.
SAPORE: Dolce.
COLORE: Esternamente è marrone scuro, mentre internamente è giallo chiaro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il lievito naturale si prepara 24 ore prima dell’impasto, la farina si impasta a mano con acqua, uova, zucchero e lievito nautarale (per fare 2 Kg. di sgute è necessario 1 Kg. di farina e di lievito, 4 uova, due cucchiai di olio extravergine di oliva, 1/4 di Kg. di zucchero). Una volta che l’impasto è compatto lo si mette a lievitare in un luogo asciutto per un periodo di tempo che va dalle 4 alle 8 ore (dipende dalle condizioni climatiche contingenti). Dopo che l’impasto è lievitato al centro si mette un uovo intero che è stato bollito e il tutto viene messo a cuocere nel forno a legna monitorando frequentemente la cottura in modo tale che non si bruci (circa 30-40 minuti ad una cottura di 150°C circa). Una volta che ha acquistato il colore dorato la sguta è pronta al consumo.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Periodo Pasquale.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoliere di legno sul quale viene realizzato l’impasto.
MACCHINARI UTILIZZATI: Forno a legna.

Elementi che comprovano la tradizionalità: E’ un prodotto che abitualmente si realizza nel periodo che precede Pasqua e in particolar modo viene consumato l giorno di Pasquetta.
Viene prodotto prevalentemente nelle famiglie popolari, nei forni e nei ristoranti tipici che offrono prodotti e ricette tradizionali della zona ed ha un’antichissima tradizione tanto che non si riesce a stabilire una sua origine storica precisa.
Viene prodotto un pò ovunque su tutto il territorio della Locride.
TERRITORIO INTERESSATO ALLA PRODUZIONE: Bianco, Bovalino, Sant’Agata del Bianco, Caraffa del Bianco, Casignana, Portigliola, Ciminà, Careri, Platì, Ardore, Locri, Gerace, Antonimina, Agnana Calabra, Canolo, Siderno, Gioiosa Jonica, Roccella Jonica, Martone, San Giovanni di Gerace, Mammola, S. Ilario dello Jonio, Grotteria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Cudduraci, ‘Nguti

Nome dialettale: ‘NGUTI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, uova, strutto, vermhout, ammoniaca per dolci, sale, uova sode.
FORMA: Ciambelle, trecce, panierini, figure ad S, bambole.
DIMENSIONI MEDIE: 5-10 cm.
PESO MEDIO: 100 gr.
SAPORE: Friabile e pieno.
ODORE: Gradevole.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lavorare la farina con l’ammoniaca, il sale, lo zucchero, lo strutto, il vermhout e le uova. Impastare fino ad ottenere una pasta ben amalgamata; ricavare delle ciambelle grandi, trecce, panierini, figure ad S, bambole (dette “pupe”), etc., sulle quali porre le uova sode non sgusciate. Legare le uova ai cudduraci con sottili cordicelle di pasta disposte a croce, spennellare con bianco d’uovo e cuocere in forno.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Periodo pasquale.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Dolce tipico dell’Area grecanica (Melito Porto Salvo, Condofuri, Bova), in queste zone è forte il legame con la tradizione, reso più evidente dalla presenza dell’idioma greco antico ancora in uso presso le popolazioni del luogo. Chiaramente anche la pasticceria risente di dette origini e la ‘NGUTA, anche detto agguta e Cuddurace, ne è il principale rappresentante.
Essi sono antichissime e rituali ciambelle di pasta frolla guarnita con uova sode. La tradizione grecanica vuole che la fidanzata ne faccia omaggio al fidanzato nel giorno di Pasqua, il numero delle uova, sempre dispari, è indice della ricchezza della famiglia.
Esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto. Citati da:
– Guido Miggiano in “Ricordi della vecchia Reggio”, editrice “La voce di Calabria”, Reggio Calabria 1973;
– Luigi Veronelli in “L’aristocrazia dei cibi”, supplemento al n. 1211 di EPOCA del 1973, Arnoldo Mondadori Editore, Milano.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

‘Nzullini

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI: Farina tipo “00”, mandorla, zucchero, bicarbonato, aromi naturali, vaniglia.
FORMA: Allungata.
DIMENSIONI MEDIE: 3 cm.
PESO MEDIO: 10 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Mandorle.
COLORE: Dorato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si raffinano le mandorle a cui si aggiungono la farina e gli altri ingredienti sino a formare una pasta morbida ed uniforme. Dopo aver terminato questa fase, la pasta viene colata, di volta in volta, in appositi stampini (se disponibili), e comunque in quantitativo tale da realizzare dei biscotti di forma allungata di circa 3 cm. ciascuno, che vengono quindi infornati, lasciati poi raffreddare ed infine posti in vassoi appositi al consumo.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati: STRUMENTI (Teglie, coltellini), MACCHINARI (Impastatrice, colatrice, forno), LOCALI (Laboratorio attrezzato per la pasticceria).

Elementi che comprovano la tradizionalità: La mandorla dolce è un piccolo scrigno di salute, grazie all’alto contenuto di grassi insaturi, di vitamina E, di tanto magnesio e di proteine vegetali di buona qualità. Doti che ne fanno un alimento ideale per i vegetariani. Per il loro alto contenuto calorico (100 grammi contengono ben 570 calorie), le mandorle non devono essere considerate un gustoso fine pasto benzì un alimento vero e proprio. Il particolare e originale equilibrio di minerali, vitamine, proteine e grassi, ne fa soprattutto un rinforzante del sistema nervoso, costituendo un sano e saporito antidepressivo naturale.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Biscotti alle mandorle e al miele

Sinonimo

Nome dialettale: marzaletti

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI – Farina tipo “0”, zucchero, miele d’api, mandorle, polvere lievitante, aromi naturali, sciroppo di glucosio e bicarbonato di sodio.
FORMA: Mezzaluna.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: 250 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Di miele e mandorle.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO – Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE – La prima fase consiste nella liquefazione del miele che viene fornito allo stato solidificato, mediante la cottura dello stesso in un contenitore di acciaio, fino a raggiungere una temperatura di circa 50°C. La seconda fase consiste nell’aggiungere, al miele precedentemente liquefatto, il quantitativo di farina che posto in un’apposita macchina, l’impastatrice, forma un impasto malleabile, dove si aggiungono le mandorle tostate ed il bicarbonato di sodio. Infine vengono infornati per circa 20 minuti, tagliati a fette allungate, e confezionate.

PERIODO DI LAVORAZIONE: Da gennaio a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati: Contenitori in acciaio, vassoi di cartone o vaschette di plastica.
Impastatrice, confezionatrice, forno. Laboratorio attrezzato per pasticceria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Ginetti

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina tipo “00”, acqua, zucchero, ammoniaca.
FORMA: Rotonda con foro centrale.
DIMENSIONI MEDIE: Diametro circa 2 cm.
PESO MEDIO: Pacchetti da 300 e 400 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Bianco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si impastano manualmente gli ingredienti e dopo amalgamati gli si dà la forma, Si sistemano i ginetti sulla placca del forno leggermente unta e si fanno cuocere. Tolti dal forno si fanno raffreddare e vengono immessi in una soluzione di acqua e zucchero sciolto in una pentola sul fuoco.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
CONSERVAZIONE: Si conservano in un luogo asciutto per circa un mese.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavolo d’appoggio.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentole, mestoli.
MACCHINARI UTILIZZATI: Forno, fornelli a gas.
LOCALI: Laboratori artigianali.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questi prodotti venivano preparati in Calabria dalle contadine in occasione delle feste patronali. Durante le processioni e i pellegrinaggi ai santuari, i ginetti decoravano, insieme ai taralli, le statue dei santi patroni. Le fanciulle vergini vestite di bianco le infilavano alle braccia come se fossero dei bracciali, ciò spiega la loro forma. I taralli, quindi, erano offerte votive di grande valore simbolico che nel tempo hanno perso il loro stupendo significato.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Mozzetti

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, zucchero, mandorle, olio di oliva, latte, vanilina, lievito naturale, aromi naturali (limone, mandorle amare).
FORMA: Varie.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: 40/60 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Bianco sporco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Gli ingredienti vengono amalgamati nell’impastatrice, il composto viene dunque diviso in forme e quindi cotto nel forno rotativo.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto viene posto in grossi vassoi di legno ad essiccare mediante forni o stufe.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli in acciaio inox.
STRUMENTI UTILIZZATI: Attrezzi da pasticceria.
MACCHINARI UTILIZZATI: Impastatrice, forno rotativo.
LOCALI: Laboratori rispondenti alla normativa igienico-sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Prodotto tradizionaledella pasticceria familiare e aziendale del comprensorio della Locride (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Nacatole

Nome dialettale: NACATULI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Uova, zucchero, olio extravergine di oliva, latte, anice, farina e lievito.
FORMA: Varia.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: In un recipiente mescolare le uova con lo zucchero, aggiungere l’olio extravergine di oliva, il latte, l’anice, la farina ed il lievito. Impastare il tutto e dare la forma che si desidera. Friggere in abbondante olio di oliva e dopo la cottura, lasciare asciugare e cospargere di zucchero.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Recipienti di terracotta e/o acciaio e/o legno.
LOCALI: Locali utilizzati dai laboratori di pasticceria o cucine di casa.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Le nacatole sono dolci di origine antica di forme diverse, che vengono preparate nelle famiglie e nelle pasticcerie locali, durante il periodo natalizio. Si preparano una settimana prima di Natale come segno beneaugurale e non possono mancare nel cenone di fine anno. Vengono venduti anche presso i laboratori di pasticciere.
AREA DI PRODUZIONE: Comprensorio della Locride in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Rafioli

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Uova, Farina tipo “00”, zucchero e aromi di limone (buccia di limone grattugiata e succo di limone).
FORMA: Rettangolare.
DIMENSIONI MEDIE: Di circa 10 x 10 cm. e di 2-3 cm. di altezza.
PESO MEDIO: Peso medio di un biscotto è di circa 100 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Di limone.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La realizzazione dei rafioli prevede tre fasi: la composizione della pasta, la composizione della glassa e la cottura. Si mescolano in un recipiente in acciaio fino a farli amalgamare uova, zucchero, farina “00” e aromi di limone (buccia di limone grattugiata e succo di limone) e si realizza la pasta; si prepara quindi la glassa con l’albume dell’uovo e lo zucchero e la si sbatte fino a farla montare e quindi si ricopre la pasta; quindi successivamente si inforna il composto a fuoco basso.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
CONSERVAZIONE: I rafioli hanno un lungo tempo di conservazione naturale (anche due mesi) salvo poi essere soggetti a perdita di sofficità ed indurimento.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Mestoli di legno, planetaria di acciaio, teglie di acciaio.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I rafioli venivano fatti una volta per occasione di festa ed in particolar modo venivano realizzati in occasioni di matrimoni di donne appartenti a famiglie nobili di Gerace (RC); la tradizione vuole infatti che la glassa che ricopre la pasta debba essere completamente bianca, di un bianco puro limpido perché doveva rappresentare la purezza della donna che prendeva marito.
Era una tradizione prettamente familiare e quindi risulta difficile far risalire con esattezza nel tempo le origini del prodotto (anche se le donne più anziane ricordano che era una ricetta tramandatagli dalle loro nonne) e l’esatta etimologia del termine “rafioli”.
In ogni caso era un prodotto che veniva realizzato solo a Gerace (RC), perché le famiglie nobili viveno al centro di Gerace, la cittadina riferimento culturale e religioso di un tempo (non a caso la Diocesi originariamente risiedeva a Gerace).
Attualmente il prodotto viene realizzato soltanto in alcune famiglie ad eccezione di un paio di laboratori di prodotti da forno e pasticceria ricadenti nel Comune di Gerace (RC), che lo hanno immesso sul mercato con un discreto successo in termini commerciali.
AREA DI PRODUZIONE: Gerace (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Buffeddi

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, acqua, zucchero, vino cotto, patate dolci, cannella, miele, olio.
FORMA: Semiluna.
DIMENSIONI MEDIE: 10 cm. lunghezza, altezza 4 cm.
PESO MEDIO: 40 gr.
SAPORE: Dolce e gustoso.
ODORE: Profumo di cannella.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DILAVORAZIONE: Lavorare la farina con olio, zucchero e vino bianco, stendere la pasta e ricavare delle semilune, porre su ognuna un po’ di ripieno fatto con le patate dolci lesse, la cannella, chiodi di garofano, il miele ed il vino cotto, richiudere e friggere in olio abbondante.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Dolce tipico dell’area grecanica legato alla festività natalizia. In questa occasione, secondo tradizione, in tutte le case lo spazio della maidda veniva diviso in tre settori: uno per le zeppole, uno per le nacatole ed infine i buffeddi. Questi ultimi, in particolare, proprio per il loro ripieno di patate dolci rappresentavano, soprattutto per le famiglie meno abbienti, un atteso avvenimento culinario.
AREA DI PRODUZIONE: Area Grecanica (Melito Porto Salvo, Condofuri, Bova) della Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Crispelle dolci

Nome dialettale: CRISPEDDHE

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, acqua, lievito e sale, per la copertura miele o vincotto.
FORMA: Sferica.
DIMENSIONI MEDIE: 4-5 cm. di diametro.
PESO MEDIO: 30-40 gr.
SAPORE: Morbido e dolce.
ODORE: Intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si lavora la farina con l’acqua fino ad ottenere un impasto morbido si aggiunge il lievito e si lascia lievitare. A lievitazione completata si prende un pò di impasto con un cucchiaino da tavola e si frigge con olio caldo abbondante, ricoperti con miele o vincotto.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Dolce tradizionale legata alla festività natalizia diffusa in tutta la provincia di Reggio Calabria.
Esiste documentazione in grado di comprovare la tradizionalità del prodotto citata su:
– “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta n. 58 anno XVI (1993);
– “Diario di un viaggio a piedi, calabria” di Edward Lear (1812-1888), edizione italiana a cura di Parrello, 38, Reggio Calabria, 1937.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Piparelle

Territorio interessato alla produzione: priovincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, zucchero, burro, ammoniaca per dolci, cannella, chiodi di garofano, vanillina, mandorle.
FORMA: Rettangolare.
DIMENSIONI MEDIE: 10*2 cm.
PESO MEDIO: 20 gr.
SAPORE: Friabile e mandorlato.
ODORE: Profumo di cannella e caramello.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lavorare il burro, lo zucchero, l’ammoniaca, lo zucchero precedentemente bruciato (mettere lo zucchero in una pentola quando si brucia aggiungere l’acqua), le mandorle intere, la cannella, i chiodi di garofano e la vanillina; stendere l’impasto su una teglia da forno, una volta tolto dal forno tagliare in strisce rettangolari.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Laboratorio di pasticceria conforme alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: E’ un biscotto tipico di Reggio Calabria e provincia che, oltre nelle pasticcerie, non è inusuale trovare nelle bancarelle delle feste patronali.
Citato su “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta n. 58 – anno XVI, 1993.
TERRITORIO INTERESSATO: Area Aspromontana (Sant’Eufemia D’Aspromonte, Gambarie, Delianuova, Molocchio, Oppido Mamertina, Taurianova, Cittanova e San Giorgio Morgeto ), Reggio Calabria, Bagnara Calabra.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Scaldatelle

Nome dialettale: SCALDATEDDI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, olio, anice, lievito di birra, sale.
FORMA: Ciambelle.
DIMENSIONI MEDIE: 5 cm. di diametro.
PESO MEDIO: 30 gr.
SAPORE: Friabile.
ODORE: Anice o finocchio selvatico.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lavorare tutti gli ingredienti fino ad ottenere un impasto omogeneo, lasciare lievitare; fare delle ciambelle ed immergerle in acqua bollente, appena salgono in superficie toglierle dall’acqua con una schiumarola, disporle in una teglia ed infornare. Variante con semi di finocchio selvatico a sostituzione dell’anice.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Schiumarola.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Biscotti croccanti utilizzati per la colazione.
TERRITORIO INTERESSATO ALLA PRODUZIONE: Bova (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Stracetti

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, mandorle, zucchero, bicarbonato.
FORMA: Losanghe, quadrati, rettangoli
DIMENSIONI MEDIE: 4*2 cm.
PESO MEDIO: 15 gr.
SAPORE: Friabile e dolce.
ODORE: Mandorlato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lasciare le mandorle in acqua tiepida, quindi eliminare la pellicina, tostarle al forno caldo e tritarle grossolanamente. Impastarle con la farina, lo zucchero, l’acqua ed il bicarbonato. Stendere l’impasto in un tagliere lasciando un’altezza di 1 cm., tagliare a losanghe, quadrati, rettangoli. Cuocere in forno.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Laboratorio di pasticceria rispondente alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Biscotti croccanti legati alla tradizione della festività Pasquale.
La ricetta è riportata su “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Editore Mursia – 1979.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Zeppole

Nome dialettale: ZZIPPULI I SAN GIUSEPPI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, semola, zucchero, vino bianco, uova, lauro, olio o strutto, zucchero vanigliato, sale.
FORMA: Ciambelle.
DIMENSIONI MEDIE: 4 cm. di diametro.
PESO MEDIO: 25 gr.
SAPORE: Morbido.
ODORE: Gradevole.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Mettere in una casseruola dell’acqua fredda, lo zucchero, l’olio, una foglia di lauro, ed il sale; fare prendere l’ebollizione, togliere la casseruola dal fuoco, ed aggiungere la farina ed il semolino. Con un cucchiaio di legno girare in modo energico, rimettere sul fuoco e lavorare l’impasto senza interruzioni per circa 10 minuti. Quando l’impasto è compatto togliere la foglia di alloro, fare raffreddare un po’ ed incorporare i tuorli ed il vino. Prendere un po’ di pasta per volta e formare delle ciambelle. Friggerle in strutto abbondante, farle sgocciolare e spolverizzarle con zucchero vanigliato.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Casseruola, cucchiaio di legno.
LOCALI: Laboratorio di pasticceria rispondente alle norme igienico–sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Dolce tipico di Reggio Calabria si prepara il 19 Marzo per la festa di San Giuseppe. La versione odierna prevede una variante, piuttosto che essere aromatizzate con l’alloro sono ripiene di crema pasticcera.
Citata su:
– “La cucina rustica regionale – 3 Italia meridionale” di Carnicina e Veronelli, Biblioteca Universale Rizzoli, 1976.
– “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Mursia Editore – 1979.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Sanguinaccio

Nome dialettale: SANCELU – SANGIARU – SANGIERI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Sangue di maiale, zucchero, pinoli, mandorle, noci, uva passa, vino cotto, cioccolato fondente.
FORMA: Semi-solida.
SAPORE: Dolciastro.
ODORE: Intenso.
COLORE: Amaranto scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Importante nella lavorazione del “sancelu” sono le quantità di ingredienti da utilizzare che consistono in 2/3 di vino cotto ed 1/3 di sangue con l’aggiunta di zucchero. Gli ingredienti così preparati, si lasciano cuocere in un pentolone di rame stagnato sulla brace, man mano si aggiunge la frutta secca e la cioccolata. Quello che si ottiene è una crema dolce molto particolare.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da dicembre a febbraio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Contenitore di vetro.
STRUMENTI UTILIZZATI: Mestoli, pentoloni di rame.
LOCALI: Laboratorio attrezzato per pasticceria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questo prodotto si ottiene dal sangue del maiale, quindi è strettamente correlato alla trasformazione dello stesso. Infatti, appena conclusa l’operazione di uccisione del maiale, il sangue che se ne trae, lo si prende subito onde evitare che coaguli. Ciò proprio a dimostrazione del fatto che come si dice: “del maiale non si butta niente”. Questo prodotto costituisce una crema “dessert” molto particolare che può essere consumata da sola oppure spalmata sul pane diventando così un ottimo alimento per la preparazione di colazioni e merende, come avveniva in passato. La conservazione avviene in piccoli contenitori di vetro.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Liquirizia alla menta

Nome dialettale: GARGALIZIA – LICARIZIA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Radice di liquirizia. Nel prodotto gommoso aggiunta di nero carbone vegetale e zucchero e aroma di menta.
FORMA: Varie, generalmente in scaglie e bastoncini.
DIMENSIONI MEDIE: 2 cm.
PESO MEDIO: A partire da 0,5 gr.
SAPORE: Dolce-amaro alla menta.
ODORE: Intenso.
COLORE: Nero.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente meccanica.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La radice di liquirizia viene mondata dai residui di terra e successivamente tritata con antiche macine. Si ottiene così il succo di liquirizia che viene concentrato, in grosse pentole di acciaio, ad una temperatura di circa 100°C. Il prodotto viene trasformato in pani da cui si ottengono infine le varie forme (scagliette, spezzate, tronchetti). Tutta la fase di lavorazione ha una durata di otto ore.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto viene posto in grossi vassoi di legno ad essiccare mediante forni o stufe.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Vassoi di legno.
MACCHINARI UTILIZZATI: Estrattore, concentratori, estrusori, stufe per essiccazione.
LOCALI: Laboratorio attrezzato rispondente alla normativa igienico sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La liquirizia pianta originaria dell’area mediterranea, è una leguminosa perenne caratterizzata da radici fittonanti e lunghi stoloni da cui si estrae il “succo o estratto”. Impiegata in diversi settori industriali (particolarmente in quella dolciaria). Esistono diverse varietà ma la più apprezzata è la glabra. In Italia la liquirizia trova localizzazione quasi esclusivamente nella Regione Calabria dove si concentra circa l’80% della produzione nazionale. Da sempre la liquirizia ha costituito per la Calabria una potenziale ricchezza, ma soltanto con l’intervento del Duca di Corigliano, che impiantò la prima fabbrica del genere (1715), agli albori dell’industrializzazione, essa divenne una fonte reale di progresso economico. Altre aziende sorsero sempre nel 1700 e sempre nella Sibaritide, ad opera di nobili e ricche famiglie: Amarelli (1731), Abenante (divenuta poi Martucci nel 1808) e Labonia nel territorio del comune di Rossano e Castriota-Scanderbeg (divenuta poi Solazzi) in quello di Corigliano. Nel corso del 1800 l’industria continuò a svilupparsi, conquistando, grazie alla bontà e genuinità del prodotto, i mercati d’Europa e d’America. L’esportazione della liquirizia calabrese si consolidò ed ampliò nella seconda metà del secolo XIX ed ancora nel primo decennio del secolo XX.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Liquirizia all’anice

Nome dialettale: GARGALIZIA – LICARIZIA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Radice di liquirizia. Nel prodotto gommoso aggiunta di nero carbone vegetale e zucchero e aroma di anice.
FORMA: Varie, generalmente in scaglie e bastoncini.
DIMENSIONI MEDIE: 2 cm.
PESO MEDIO: A partire da 0,5 gr.
SAPORE: Dolce-amaro all’anice.
ODORE: Intenso.
COLORE: Nero.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente meccanica.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: La radice di liquirizia viene mondata dai residui di terra e successivamente tritata con antiche macine. Si ottiene così il succo di liquirizia che viene concentrato, in grosse pentole di acciaio, ad una temperatura di circa 100°C. Il prodotto viene trasformato in pani da cui si ottengono infine le varie forme (scagliette, spezzate, tronchetti). Tutta la fase di lavorazione ha una durata di otto ore.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il prodotto viene posto in grossi vassoi di legno ad essiccare mediante forni o stufe.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Vassoi di legno.
MACCHINARI UTILIZZATI: Estrattore, concentratori, estrusori, stufe per essiccazione.
LOCALI: Laboratorio attrezzato rispondente alla normativa igienicosanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La liquirizia pianta originaria dell’area mediterranea, è una leguminosa perenne caratterizzata da radici fittonanti e lunghi stoloni da cui si estrae il “succo o estratto”. Impiegata in diversi settori industriali (particolarmente in quella dolciaria). Esistono diverse varietà ma la più apprezzata è la glabra. In Italia la liquirizia trova localizzazione quasi esclusivamente nella Regione Calabria dove si concentra circa l’80% della produzione nazionale. Da sempre la liquirizia ha costituito per la Calabria una potenziale ricchezza, ma soltanto con l’intervento del Duca di Corigliano, che impiantò la prima fabbrica del genere (1715), agli albori dell’industrializzazione, essa divenne una fonte reale di progresso economico. Altre aziende sorsero sempre nel 1700 e sempre nella Sibaritide, ad opera di nobili e ricche famiglie: Amarelli (1731), Abenante (divenuta poi Martucci nel 1808) e Labonia nel territorio del comune di Rossano e Castriota-Scanderbeg (divenuta poi Solazzi) in quello di Corigliano. Nel corso del 1800 l’industria continuò a svilupparsi, conquistando, grazie alla bontà e genuinità del prodotto, i mercati d’Europa e d’America. L’esportazione della liquirizia calabrese si consolidò ed ampliò nella seconda metà del secolo XIX ed ancora nel primo decennio del secolo XX.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pasta di mandorle

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Mandorle, zucchero.
FORMA: Panetti rettangolari.
DIMENSIONI MEDIE: 14 cm. x 5 cm.
PESO MEDIO: 50 gr.
SAPORE: Di mandorla.
ODORE: Intenso.
COLORE: Bianco opaco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si tritano le mandorle finemente fino ad ottenere una sorta di polvere, si passa quindi alla lavorazione dell’impasto manuale con l’aggiunta di sciroppo di zucchero. Ad impasto ottenuto si procede al taglio in forme da 500 gr. su un tavolo di marmo e, successivamente, si confeziona il prodotto solitamente in bustine di cellofan trasparenti, sacchetti o in vasetti di vetro.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da maggio ad agosto.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Coltelli a lama sottilissima, tavoli di marmo.
LOCALI: Ampi locali ben arieggiati.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La mandorla dolce è un piccolo scrigno di salute, grazie all’alto contenuto di grassi insaturi, di vitamina E, di tanto magnesio e di proteine vegetali di buona qualità. Doti che ne fanno un alimento ideale per i vegetariani. Per il loro alto contenuto calorico (100 grammi contengono ben 570 calorie), le mandorle non devono essere considerate un gustoso fine pasto benzì un alimento vero e proprio. Il particolare e originale equilibrio di minerali, vitamine, proteine e grassi, ne fa soprattutto un rinforzante del sistema nervoso, costituendo un sano e saporito antidepressivo naturale. La pasta, ottenuta dalla lavorazione delle mandorle, può essere utilizata sia per la preparazione di dissetanti bevande (latte di mandorla) che come ingrediente per la preparazione di ottimi dolci.
Esiste documentazione comprovante la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Torroncino

Nome dialettale: TORRONCINO DI SPOSI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Mandorle, zucchero e chiodi di garofano.
FORMA: Rettangolare.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: 25 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Bianco sporco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DILAVORAZIONE: Si amalgamano con mestolo di legno gli ingredienti in un recipiente di rame sul fuoco, si stende il composto su un telaio di legno con matterello e si taglia a pezzi.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli in acciaio inox.
STRUMENTI UTILIZZATI: Recipienti di rame, mestolo, telaio e mattarello di legno.
LOCALI: Laboratori rispondenti alla normativa igienico-sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Prodotto tradizionale della pasticceria familiare e aziendale del comprensorio della locride.
AREA DI PRODUZIONE: Comuni della Locride (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Torrone di arachidi con zucchero

Nome dialettale: TURRUNI

Territorio interessato alla produzione. tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Miele, zucchero, arachidi, aromi naturali.
FORMA: Parallelepipido allungato.
DIMENSIONI MEDIE: 10 cm.
PESO MEDIO: 100 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Di miele.
COLORE: Ambrato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Viene messo il miele e le arachidi ad una certa cottura nell’impastatrice, una volta pronto viene portato su delle tavole di alluminio e preparato in forme rettangolari per essere tagliato ed inserito sulle teglie. Dopo fatto raffreddare viene ricoperto a mano o dalla macchina ricopritrice.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da ottobre a dicembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Teglie e tavole di alluminio.
MACCHINARI UTILIZZATI: Impastatrice e incartatrice, spianatore, taglierina.
LOCALI: Laboratorio attrezzato per la pasticceria.

Elementi che comprovano la tradizionalità:

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Torrone a Poglia con Mandorle

Nome dialettale: TURRUNI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Miele chiaro, vanillina, albumi d’uovo, zucchero semolato, acqua, mandorle mondate, zucchero a velo, succo di limone,
Ricoperti: foglia di ostia.
FORMA: Rettangolare.
DIMENSIONI MEDIE: Lungo 6 cm., largo 3 cm.
PESO MEDIO: 40 gr.
SAPORE: Morbido e mandorlato.
ODORE: Intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Cuocere a bagnomaria a fuoco moderato il miele chiaro con aggiunta di un pizzico di vanillina. Scaldarlo fino a bollitura, mescolando in continuazione on una piccola spatola di legno; quando raggiunge il punto di cottura detto “alla palla forte” (riconoscibile perché prendendo un pò di miele con la punta della spatola e facendolo cadere in acqua fredda dovrà rompersi come ghiaccio), unitevi delicatamente ed un poco alla volta gli albumi d’uovo montati a neve. Fate riprendere la cottura e, sempre mescolando, riportate il composto al precedente stato della “palla forte” quindi spegnere il fuoco.
Cuocere a parte lo zucchero semolato con l’acqua, non appena raggiunge la caramellizzazione chiara, versatelo lentamente ed a filo sulla massa di miele e albumi, amalgamando il tutto. Incorporate infine le mandorle mondate e asciugate nel forno appena caldo. Rovesciate il composto ancora caldo entro 4 righelli con un mattarello abbondantemente cosparso di zucchero a velo, bagnare la superficie con succo di limone filtrato e ricopritela con una foglia di ostia, premendola leggermente. Capovolgere il composto e ripetere l’operazione, ritagliare il torrone ancora tiepido con un coltello a sega, ricavandone due strisce larghe 4 cm. e lunghe 12-15 cm. Per ottenere un torrone più morbido aumentare la dose di albume.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di Novembre al mese di Gennaio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Casseruola a fondo semisferico di rame non stagnato o di acciaio inossidato, spatola di legno, mattarello, coltello a sega.
LOCALI: Laboratorio di pasticceria rispondente alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: I cultori della pasticceria assegnano alla cittadina di Taurianova il primato nella produzione del torrone, l’affermazione crea dei problemi di primogenitura legati alle origini ed alla tradizione storica di questo prelibato e apprezzato dolce. I pasticceri di Bagnara vantano, infatti, una secolare tradizione nella lavorazione del torrone, si tramanda da padre in figlio dai primi anni dell’ottocento, e si sentono autorizzati e legittimati, nel sostenere che è il prodotto simbolo della loro città piuttosto che di Taurianova. La querelle è di un certo peso ed ancora oggi non è stata risolta.
Se ne ha testimonianza in “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta – Anno XVI n. 58.
AREA DI PRODUZIONE: Reggio Calabria, Bagnara Calabra, Taurianova, Cittanova, Laureana di Borrello.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Torrone Gelato

Nome dialettale: TURRUNI GELATU

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Frutta candita (cedro, arancio, zucca colorata, ciliegie), mandorle sgusciate, zucchero a velo, cioccolata fondente, essenze aromatiche (limone, mandarino).
FORMA: Tronco.
DIMENSIONI MEDIE: Lungo 20 cm. e largo 10 cm.
PESO MEDIO: 500 gr.
SAPORE: Dolciastro.
ODORE: Frutta candita.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Fare bollire le mandorle, togliere loro le pellicine e tagliarle a filetti, lasciarne qualcuna intera. Impastare lo zucchero a velo con le essenze e l’acqua, aggiungere i canditi tagliati a pezzetti irregolari. Stendere l’impasto su un telaio, aiutandovi con una spatola bagnata, in modo da ottenere uno strato spesso circa 5 cm.; lasciare riposare all’aria almeno 24 ore. Tagliare l’impasto indurito a riquadri e immergerli nel cioccolato fuso a bagnomaria.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Telaio a rete fitta.

Elementi che comprovano la tradizionalità: “Veniva poi il turno dei torroni, la cui tipologia pur non raggiungendo quella di oggi, era abbastanza ampia. Oltre al tradizionale torrone gelato, il più delle volte fatto in casa, vi erano i torroni…..” : Tratto da “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta n. 58 – anno XVI, 1993.
Dolce tipico di Reggio e Bagnara legato alla feste natalizie.
Citato su:
– “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta n. 58 – anno XVI, 1993;
– “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Editore Mursia – 1979;
– “Panza chjina fa cantari – cucina e vini di calabria” di Ottavio Cavalcanti, P. Perri Editore.
AREA DI PRODUZIONE: Reggio Calabria, Bagnara Calabra.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Fichi ricoperti al cioccolato

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Fichi secchi, cannella, noci, nocciole, mandorle, cioccolato, scorze di arance, limoni o di cedri.
FORMA: Del frutto.
DIMENSIONI MEDIE: 5 cm.
PESO MEDIO: 50 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Cioccolato e cannella.
COLORE: Marrone.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICA DI LAVORAZIONE: I fichi bianchi, provenienti da zone non ricche di acqua, si raccolgano quando sono parzialmente appassiti, mettendoli ad essiccare al sole, su apposite stuoie. Quando sono essiccati si imbottiscono con noci o nocciole o mandorle, si aggiungono gli aromi e si richiudono appiattendoli. Successivamente si cuociono in forni modestissimamente caldi, alimentati con frasche di olivo o di ginestra. Si lasciano raffreddare e si ricoprono con cioccolato fuso fondente o bianco.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Tavoli acciaio inox, scatole.
STRUMENTI UTILIZZATI: Mestoli, coltelli.
MACCHINARI UTILIZZATI: Forno, macchine ricopritrici.
LOCALI: Magazzini adibiti a laboratorio di pasticceria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Sui fichi di Calabria così si è espresso molto significativamente l’Abate Giocchino da Fiore: “Nientemeno più prezioso, e per la copia e per la perfezione egli è il raccolto dei fichi. Principia egli nel mese di giugno e si allunga fino all’altro di decembre, sempre l’une succedendo all’altre … nere, bianche, altre brune, altre rossaccie, tutte però così dolci, che filano dalla creduta bocca stille di miele, e come se per filarlo non bastasse una sola apertura sul capo, sovvente ancora si stracciano per i fianchi”.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Nepitelle

Nome dialettale: NEPITEDDHI – NEPITE – NEPITEJI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Per la pasta: farina di grano tenero, zucchero, margarina, uova, lievito per dolci. Per il ripieno: uva passa, noci, mandorle, vino cotto, frutta candita. Oggi il vino cotto è sostituito da marmellata di amarene e/o cioccolato.
FORMA: Tipica a D.
PESO MEDIO: 120-130 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Tipico.
COLORE: Dal marrone chiaro al giallo ocra.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Gli ingredienti mensionati, vengono miscelati per la preparazione dell’impasto che deve risultare omogeneo ed elastico. La pasta così ottenuta viene distesa con il matterello e successivamente si imprime la forma, un tempo manualmente, oggi con appositi stampini. Si procede al riempimento con il ripieno precedentemente preparato. Il prodotto finito si “lucida” spennellandolo con uovo sbattuto, acqua e zucchero.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Il periodo di lavorazione tradizionale è quello pasquale. Oggi le Nepitelle vengono prodotte in diversi periodi dell’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: Le Nepitelle sono dolci tradizionali della Provincia di Catanzaro e di Crotone tipici della festività della Pasqua. Il nome deriva dal termine latino nepitedum, dialettale nepitedu, che significa orlo e palpebre degli ochi. La forma di questi dolci ricorda infatti quella di un occhio chiuso. Le Nepitelle sono citate nel testo del Corapi (“Raccolta del dialetto catanzarese”) e del Cotronei (“Vocabolario calabro-italiano” – Catanzaro, 1895).
AREA DI PRODUZIONE: Provincia di Catanzaro e di Crotone.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Paste con lo zucchero

Nome dialettale: LE GEIUSANE – I TAVUTELLI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Zucchero, farina di grano tenero, uova, vaniglia.
FORMA: Ovale.
PESO MEDIO: Di circa 75 gr. per ogni pasta.
SAPORE: Molto dolce.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Per la realizzazione delle paste con lo zucchero necessitano tre fasi di lavorazione: in primo luogo la preparazione del pan di spagna che avviene sbattendo le uova con farina di grano tenero e zucchero. Il composto una volta pronto viene steso sulle teglie. Quindi si prepara la crema mettendo sul fuoco lento ad amalgamarsi farina, zucchero, uova, latte e vaniglia mescolando in continuazione fino a quando il composto non abbia preso consistenza e sia cotto. Quindi si mette a caramellare lo zucchero in una ciotola di acciaio sul fuoco mescolando frequentemente. La pasta una volta ricoperta con lo zucchero caramellato è pronta per essere consumata.
CONSERVAZIONE: Non possono essere conservate molto a lungo in quanto la crema è soggetta a deterioramento.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Ciotole di acciaio, mestoli di legno, planetaria di acciaio, teglie di acciaio.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Le paste con lo zucchero sono prodotti relativamente recenti che trovano la loro origine nella tradizionale pasticceria di una famiglia di Gioiosa Jonica (RC); tale tradizione è stata portata avanti nel paese anche da altre pasticcerie ed è divenuta oggi (assieme ad altri prodotti di pasticceria) una caratteristica del Comune di Gioiosa Jonica. L’origine del prodotto può essere fatta risalire a circa 40 anni addietro.
La ricetta e la produzione si è protratta nel tempo grazie soprattutto alla tradizione pasticcera di una famiglia gioiosana che tuttora opera.
AREA DI PRODUZIONE: Comune di Gioiosa Jonica (RC).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pitta ‘mpigliata

Sinonimo: ‘MBIGLIULATA

Nome dialettale: PITTA ‘NCHIUSA – PITTA CCU PASSULI

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina di grano duro, olio di oliva, zucchero. noci, mandorle, mandorle sgusciate, uva passa, miele, chiodi di garofano, cannella, lievito di birra, rosolio di agrumi, uova.
FORMA: Circolare.
DIMENSIONI MEDIE: Circa 20 cm. di diametro.
PESO MEDIO: Da 150 gr. a 300 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Intenso.
COLORE: Oro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si mescola la frutta secca sminuzzata con l’uva passa in una terrina. Si porta a bollire l’acqua in un pentolino, si emulsiona l’olio e si aggiunge il rosolio e il lievito. Contemporaneamente si prepara l’impasto con la farina versando man mano il liquido. Il composto ottenuto, che deve essere ben compatto e sodo, si divide in due sfoglie. La prima si farcisce con la frutta secca, si ripiega in due a forma di mezzaluna e si taglia a strisce. Queste ultime vengono arrotolate a forma di spirale. La seconda sfoglia viene unta e zuccherata in una tortiera ben oleata e si adagiano le striscie di pasta farcite e arrotolate, lasciando liberi i bordi perimetrali che vengono ripiegati tutt’intorno verso l’interno. Si lega la pitta con uno spago e si fa riposare per otto ore in un luogo tiepido. Infine si unge e zucchera la superficie del dolce e si inforna a temperatura media (180°C), fino ad ottenere un colore dorato.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Periodo natalizio.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Otto ore dalla lavorazione in luogo tiepido prima di essere infornata.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Spago.
STRUMENTI UTILIZZATI: Teglia, matterello.
MACCHINARI UTILIZZATI: Forno.
LOCALI: Laboratorio attrezzato per la pasticceria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Sono state trovate tracce di questo dolce nuziale in un documento notarile che risale al 1728. Si tratta di un contratto di matrimonio stipulato tra i coniugi Giaquinta di San Giovanni in Fiore che acconsentono di dare in sposa la propria figlia al possidente Battista Caligiuro, alle consizioni che: “… a far la bocca dolce ai commensali penserà la famiglia dello sposo, che a fine pranso dovrà offrire la pitta ‘mpigliata preparata anzitempo curando che la pitta sia di finezza giusta ….”.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Sammartine

Nome dialettale: PITTE

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Impasto: fichi secchi, noci, mandorle, uva passa, zucchero, garofano, cannella, vino cotto, buccia di mandarino, liquore. Pasta esterna: farina, zucchero, uova, strutto.
FORMA: Varie.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: 50-70 gr.
SAPORE: Semidolce.
ODORE: Gradevole.
COLORE: Bianco sporco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si macinano i fichi, si amalgamano con gli altri ingredienti, si impastano con il vino cotto e si fa riposare il tutto per un giorno. si prepara la pasta esterna, si fanno le forme e si mettono in forno.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Dal mese di novembre al mese di gennaio.
CONSERVAZIONE: Il prodotto si presta a lunga conservazione in luogo asciutto.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli in acciaio inox.
STRUMENTI UTILIZZATI: Recipienti in acciaio inox e teglie.
MACCHINARI UTILIZZATI: Planetaria per la pasta.
LOCALI: Laboratori rispondenti alla normativa igienico-sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Prodotto tradizionale della pasticceria familiare e aziendale del comprensorio della Locride.
AREA DI PRODUZIONE: Comuni della Locride (Provincia di Reggio Calabria).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Xialuni

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina di grano tenero, latte vaccino, ricotta vaccina di Ciminà, zucchero, lievito naturale (tutti gli ingredienti sono di provenienza locale).

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il prodotto si realizza in due fasi: prima si lavora maualmente l’impasto per la pasta con 1/4 di latte, 3 uova, il lievito naturale e 1/4 di zucchero; quando la pasta è pronta la si lascia riposare. Quindi si prepara l’impasto con ricotta indurita e grattugiata e zucchero, lo si mescola fino a rendere il tutto amalgamato.
Si prepara la pasta a mo’ di crostata e si cosparge l’impasto di sopra, quindi lo si inforna nel forno a legna ad una temperatura che può variare fra i 150 e i 180°C e lo si fa cuocere per circa quaranta minuti.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Periodo Pasquale.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoliere dilegno, matterello di legno, cucchiaio di legno, teglia di acciaio.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Questo dolce viene realizzato nel periodo pasquale nel territorio di Platì e Ciminà. Ha una tradizione prettamente familiare ed una produzione esclusivamente locale (fuori dal comprensorio di Platì e Ciminà e sconosciuto); la ricetta viene tramandata da madre in figlia da almeno 3/4 generazioni. Non si conoscono varianti di questo prodotto.
AREA DI PRODUZIONE: Cirella di Platì, Platì, Ciminà, San Nicola di Ardore (tutti in Provincia di Reggio Calabria).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Fichi freschi cotti al forno

Territorio interessato alla produzione: provincia CS

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Fichi secchi “Dottato” freschi di produzione locale.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lavaggio, asciugatura, cottura in forno ventilato alla temperatura di 150°C per 45 minuti, invasettatura con aggiunta di miele di fichi o sciroppo (lo sciroppo si ottiene diluendo leggermente con acqua il “miele di fichi”), pastorizzazione in forno ventilato alla temperatura di 90°C per 1 minuto, sottovuoto, etichettatura.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
ATTREZZATURE UTILIZZATE: Contenitori metallici, forno elettrico ventilato.
LOCALI: Locale, produttivo, locale di stoccaggio.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Prodotto dalle origini antiche tipico della Valle del Crati (coni di: Cervicati, Cerzeto, Bisignano, Lattarico, Luzzi, Mongrassano, Rose, Rota Greca, San Martino di Finita, Torano Castello).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Cannoli

Nome dialettale: I CANNOLA

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Per l’involucro: farina, zucchero, albume, cacao amaro, caffè in polvere,, marsala superiore, brandy, sale, sugna.
Per il ripieno: ricotta di pecora, zucchero a velo, canditi, cioccolata amara a pezzetti, ciliegie candite, scorza d’arancia candita, pistacchi tritati, zucchero a velo.
FORMA: Cannoli.
DIMENSIONI MEDIE: 12 cm. di lunghezza ed alto 5 cm.
PESO MEDIO: 150 gr.
SAPORE: Gustoso, croccante e cremoso.
ODORE: Delicato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Per i cannoli: lavorare la farina prima con della sugna appena scaldata e poi aggiungere lo zucchero, l’albume d’uovo, il cacao amaro, il caffè in polvere, il marsala superiore, il brandy, sale. Lavorare l’impasto, lasciarlo riposare 2 ore e poi stenderlo fino ad ottenere una sfoglia non molto sottile. Con l’apposito stampo ricavare dischi di 10 cm. di diametro ungerli con di sugna e avvolgerli sugli stampi dei cannoli. Friggere i cannoli in abbondante strutto o olio e lasciarli raffreddare.
Per il ripieno, unire la ricotta allo zucchero a velo, i canditi tagliati a dadini, i pezzettini di cioccolato amaro; riempire i cannoli e decorare il ripieno all’estremità con ciliegine candite o scorza d’arancio, spolverare i cannoli con zucchero a velo.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Stampo di acciaio per cannoli.
LOCALI: Laboratorio di pasticceria conforme alle norme igienico sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il cannolo è un ottimo prodotto della pasticceria calabrese, la cui vendita è legata al periodo di produzione della ricotta della quale è farcito. Viene utilizzata la squisita ricotta prodotta nelle ridenti zone collinari e pre-aspromontane che si ritrovano immediatamente a ridosso dell’area dello stretto. Un tempo i cannoli erano ottenuti avvolgendo l’impasto intorno ad una canna ben levigata, oggi sostituiti dagli stampi di acciaio.
AREA DI PRODUZIONE: Area dello Stretto (da Capo d’Armi a Cannitello) della Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Dita d’Apostolo

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pan di Spagna, crema al cioccolato, glassa.
FORMA: Bastoncino cilindrico.
DIMENSIONI MEDIE: Lunghi 10 cm., larghi 1 cm.
PESO MEDIO: 70 – 80 gr.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Glassato.
ALTRE CARATTERISTICHE: Ricoperto con pezzettini di pistacchio.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICA DI LAVORAZIONE: Preparare il Pan di Spagna versarlo all’interno di uno stampo di carta a forma cilindrica, disporre in una teglia e infornare; una volta cotto riempire l’interno con crema pasticcera al cioccolato, farcire l’esterno con glassa bianca e decorare con pezzettini di pistacchio.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Stampo di carta a forma cilindrica.
LOCALI: Laboratorio di pasticceria rispondente alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Dolce tipico di Bagnara Calabra dove la lunga tradizione religiosa oltre ad aver lasciato ricche testimonianze ha condizionato anche la nomenclatura di alcuni dolci.
AREA DI PRODUZIONE: Bagnara Calabra (RC) e Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Morticeddhi o Frutti alla Martorana

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Mandorle, farina, zucchero, aromi vari.
FORMA: Varia.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Granuloso e ricco.
ODORE: Profumo di mandorle intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le mandorle triturate vengono impastate con farina, zucchero e aromi, l’impasto così ottenuto viene messo in stampi a riproduzione fedele di frutta, ortaggi, pesce, verdure, etc.
I pezzi appena tolti dallo stampo vengono modellati con le dita o con una stecca di legno e quindi colorati individualmente con tinture artificiali.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Stampi di gesso di varie forme.
LOCALI: Laboratorio di pasticceria conforme alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: “La sera del 1° Novembre, prima di coricarsi, tutti i bambini ponevano ai piedi del letto le scarpe ben lucidate o le calze. La mattina appena svegli andavano a controllare se durante la notte le anime buone dei defunti le avevano riempite con i “morticeddhi” o frutti alla Martorana”. Tratto da “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta n. 58 – anno XVI, 1993.
Dolce di marzapane tradizionale legato alla festività della Commemorazione dei Defunti, anche detto frutti alla Martorana dal nome del convento palermitano le cui suore erano specialiste nella produzione di questi dolcetti.
Secondo quanto riportato dal Prof. Miggiano (su “Ricordi della vecchia Reggio”) alcuni pasticcieri reggini si costruivano da soli gli stampi tuffando i diversi frutti in un bagno di gesso fuso.
Citato dal Prof. Miggiano su “Ricordi della vecchia Reggio”, Laruffa editore – RC, 1973.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pasta di Mandorla al Bergamotto

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Mandorle scure, zucchero, albume, vanillina, essenza di bergamotto, marmellata di bergamotto.
FORMA: Rotonda.
DIMENSIONI MEDIE: 3 cm. di diametro, alte 1 cm.
PESO MEDIO: 30 – 40 gr.
SAPORE: Morbido e mandorlato.
ODORE: Essenza di bergamotto.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Macinare finemente lo zucchero e le mandorle, aggiungere l’albume fino ad ottenere un impasto morbido. Rotolare un po’ di impasto con il palmo della mano bagnato, farcire questa pallina così ottenuta con la marmellata di bergamotto e mettere in forno.
PERIODI DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MACCHINARI UTILIZZATI: Raffinatore.
LOCALI: Laboratorio di pasticceria conforme alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il bergamotto è un agrume che ha un eccellente areale di coltivazione in Provincia di Reggio Calabria. Esso viene utilizzato non solo come essenza in profumeria, ma anche in pasticceria e per la produzioni di prodotti tipici. L’utilizzo del bergamotto nella produzione dolciaria, risale alle tavole imbandite e ai celeberrimi banchetti del rinascimento. Fonti documentate presso la Santa Sede indicano nel menù offerto da Papa Pio V per l’imperatore Carlo V nel 1536, confetti al bergamotto e bergamotto candito. L’arte e la creatività dei maestri pasticceri di Reggio Calabria hanno valorizzato attraverso diverse elaborazioni il sapore insolito di questo agrume. La pasticceria calabrese è rinomata per le materie prime locali di ottima qualità e per l’impegno di conservare tradizioni dolciarie centenarie e l’artigianalità, non sufficientemente conosciuta ma meritevole di essere apprezzata e valorizzata. Il Sig. Marino, titolare della pasticceria “Il Bergamotto”, ha fatto di questo frutto tipico l’ingrediente base di molti dolci, circa 25, della sua produzione. Tra questi le paste di mandorla arricchite dalla marmellata di bergamotto da loro stessi prodotta sono quelli maggiormente rappresentativi della tradizione dolciaria della provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pesca

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, lievito di birra, latte, sale, zucchero, la scorza di limone, uova, burro, liquore alchermes.
FORMA: Sferica.
DIMENSIONI MEDIE: 10 cm. di diametro.
PESO MEDIO: 250 gr.
SAPORE: Gustoso e morbido.
ODORE: Liquoroso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Impastare la farina con il latte tiepido ed il lievito di birra, fino a formare una palla; fare due tagli a croce sulla superficie, avvolgere la palla in un telo e lasciarla lievitare.
Impastare altra farina con lo zucchero, il limone grattugiato, i tuorli, gli albumi, il sale e se serve il latte tiepido. Aggiungere il burro e lavorare l’impasto fino a renderlo omogeneo. A questo punto unire il precedente impasto lievitato. Lavorare il tutto fino ad ottenere una pasta morbida ed elastica. Appallottolarla e sistemarla in una terrina spolverata di farina, lasciare a riposo; dopo 2 – 3 ore lavorare ancora l’impasto ed infine lasciare lievitare per tutta la notte. Una volta lievitata la pasta formare delle sfere, spennellare con uovo la superficie e cuocere in forno. Tagliare le sfere a metà lasciare raffreddare e praticare un incavo all’interno. Bagnare con alchermes e riempire con crema pasticcera. Unire le semisfere e spruzzare sopra un po’ di panna montata, sormontata da una ciliegina candita.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Laboratorio di pasticceria conforme alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Dolce tipico di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Petrale

Nome dialettale: U PETRALI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Farina, strutto, uova, ammoniaca per dolci, fichi secchi, mandorle e noci sgusciate, vino cotto, cedro candito, buccia d’arancio, glassa bianca, rosa o nera.
FORMA: Semiluna.
DIMENSIONI MEDIE: 7 cm.
PESO MEDIO: 40 gr.
SAPORE: Gustoso e morbido.
ODORE: Intenso e fruttato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Pulire i fichi secchi e calarli nell’acqua bollente e lasciarli per qualche minuto; asciugarli e sminuzzarli e porli in una zuppiera. Sbollentare le mandorle e le noci, sbucciarle e farle tostare per qualche minuto in una teglia. Aggiungete le mandorle e le noci ai fichi e mescolare fino ad ottenere un impasto omogeneo, aggiungere il cedro candito e la buccia di arancia a pezzetti. Ponete l’impasto così ottenuto in una pentola, unire il vin cotto. Togliere dal fuoco e lasciare riposare.
Preparare la pasta esterna lavorando la farina con lo zucchero, lo strutto, e l’ammoniaca. Tirare una sfoglia e, con l’ausilio di un bicchiere, ricavare dei tondini del diametro di 10 – 12 cm. Mettere un cucchiaio del composto di fichi su ogni tondino in modo da formare una mezzaluna. Sigillare i bordi esercitando una leggera pressione con i denti di una forchetta. Cuocere in forno, a fine cottura ricoprire con una glassa bianca od al cioccolato e, sopra questa, spolverare confettini multicolore di zucchero, detti “riavulicchi”.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Laboratorio di masticceria conforme alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Dolce tradizionale legato alla festività del Natale, diffuso in tutta la provincia di Reggio Calabria.
La ricetta è riportata da Carlo Baccellieri su “La buona cucina di Calabria”, Edizioni Reghion – Reggio Calabria, 1976.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pignolata al miele, Napiteddhi

Nome dialettale: NAPITEDDHI

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Uova, farina, grappa o alcool puro, strutto, buccia di limone, cannella, miele.
FORMA: Pigna.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Consistente e mieloso.
ODORE: Intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Impastare la farina con le uova ed il liquore o alcool fino ad ottenere una pasta omogenea, morbida e liscia. Stendere la pasta in lunghi grissini della grossezza di un pollice e poi tagliare in cilindretti di circa un centimetro. Friggere in olio o strutto, la pasta si gonfierà e si spaccherà. Ritirare le palline quando dorate e mettere ad asciugare sulla carta. Sciogliere il miele al fuoco e mescolare di continuo fino ad ottenere un caramello biondo e filante. A questo punto buttare dentro il recipiente le palline fritte e mescolare a lungo per ben amalgamarli al miele. Versare il tutto su di un piano di marmo spolverato con zucchero e cannella pestati in un mortaio di rame; con le mani inumidite comporre delle piramidi a forma di “pigna”.Lasciare raffreddare.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Mortaio di rame.
LOCALI: Laboratorio di pasticceria conforme alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: “Il Carnevale, si diceva, era la festa della trasgressione, dell’illiceità, del superamento dell’atavica fame. Sulla tavola trasbordavano i maccarruni i zita con ragù di maiale (rassu e mariu), pasta o furnu, polpette che piacevano ai bambini, ma questi aspettavano soprattutto la distribuzione generosa della pignolata. Questo dolce era composto da palline di pasta fritte nello strutto e poi assemblata in mucchietti ricoperti con glassa di cioccolato ed al limone, oppure composto in piccoli coni impastati e ricoperti con il miele e decorati con confettini colorati (napiteddhi)”: da “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta anno XVI n. 58.
Citata in:
– “L’aristocrazia dei cibi”, Luigi Veronelli nel supplemento al n. 1211 di EPOCA 1973, Mondatori Milano;
– “Reggio Calabria arcobaleno d’Italia”, a cura dell’A.A.S.T., Reggio Calabria 1955.
AREA DI PRODUZIONE: Area dello Stretto (da Capo d’Armi a Cannitello) in Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pignolata con glassa bianca e al cioccolato

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Uova, farina, grappa o alcool puro, strutto.
Per la glassa: zucchero, uova, essenza di limone, cacao, vanillina.
FORMA: Pigna.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Glassato e friabile.
ODORE: Essenza di limone o cioccolato vanigliati.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Impastare la farina con le uova ed il liquore o alcool fino ad ottenere una pasta omogenea. Stendere la pasta in lunghi grissini della grossezza di un pollice e poi tagliare a tocchetti di 2 cm. circa. Friggere in olio o strutto, la pasta si gonfierà e si spaccherà.
Ritirare le palline quando dorate e mettere ad asciugare sulla carta. Immergere metà in una glassa di zucchero bianco aromatizzato con la scorza di limone (o bergamotto) grattugiata e l’altra metà in una glassa di cioccolato. Lasciare raffreddare.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Laboratorio di pasticceria conforme alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: “Il Carnevale, si diceva, era la festa della trasgressione, dell’illiceità, del superamento dell’atavica fame. Sulla tavola trasbordavano i maccarruni i zita con ragù di maiale (rassu e mariu), pasta o furnu, polpette che piacevano ai bambini, ma questi aspettavano soprattutto la distribuzione generosa della pignolata. Questo dolce era composto da palline di pasta fritte nello strutto e poi assemblata in mucchietti ricoperti con glassa di cioccolato ed al limone, oppure composto in piccoli coni impastati e ricoperti con il miele e decorati con confettini colorati (napiteddhi)”: da “Quando a Reggio non c’erano i cornetti” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Calabria Sconosciuta anno XVI n. 58.
Citata in:
– “L’aristocrazia dei cibi”, di Luigi Veronelli nel supplemento al n. 1211 di EPOCA 1973, Mondatori Milano;
– “Reggio Calabria arcobaleno d’Italia”, a cura dell’A.A.S.T., Reggio Calabria 1955.
AREA DI PRODUZIONE: Area dello Stretto (da Capo d’Armi a Cannitello) nella Provincia di Reggio Calabria.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Pitta di San Martino

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Pasta di pane, uovo, strutto, zucchero, cioccolato amaro fondente, fichi secchi, noce sgusciate, uva passa, mosto o vino cotto.
FORMA: Rettangolare.
DIMENSIONI MEDIE: 5*8 cm.
PESO MEDIO: 100 gr.
SAPORE: Delicato e dolce.
ODORE: Fruttato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Tritare le noci, tagliate a pezzetti i fichi e fare rinvenire l’uvetta in acqua tiepida. Sciogliere il cioccolato a bagnomaria, mischiare le noci, l’uvetta e i fichi e coprire con vino o mosto cotto. Fare cuocere lentamente finché il vino sarà ridotto della metà e l’intingolo sia diventato piuttosto denso. Impastare assieme alla pasta di pane, l’uovo, lo strutto e lo zucchero. Imburrare una tortiera, allargare la pasta facendola risalire lungo i bordi, spalmare sopra l’intingolo preparato, poi ripiegare i lembi di pasta verso il centro, richiudendo il ripieno, fare lievitare qualche tempo poi cuocere in forno a calore moderato. Al posto del vino cotto qualcuno usa il miele disciolto in acqua a bagnomaria. Dopo raffreddati ricoprirli con una glassa bianca.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Laboratorio di pasticceria rispondente alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: L’Aspromonte ha alcune sue peculiarità in tema di pasticceria, il territorio montano della provincia di Reggio Calabria vanta una tradizione pasticciera assolutamente originale: si producono ancora oggi dolci tipici di straordinaria bontà che ben si legano alle vicende storiche, recenti e remote della nostra terra. Una menzione particolare la meritano “Le Pitte di San Martino”, una delicata pasta di pane con frutta fresca e noci, e lo “Stomatico”.
Nella provincia reggina costituiscono dolce tradizionale della festività natalizia, altrove si usano per onorare l’estate di San Martino, onde il nome di Pitte di San Martino.
Citati da:
– Luigi Veronelli in “L’aristocrazia dei dolci”, supplemento al n. 1211 di EPOCA 1973, Arnoldo Mondadori Editore.
– Guido Miggiano “Ricordi della vecchia Reggio”, Editrice La voce di Calabria, Reggio Calabria 1973.
TERRITORIO INTERESSATO ALLA PRODUZIONE: Area Aspromontana (Sant’Eufemia D’Aspromonte, Gambarie, Delianuova, Molocchio, Oppido Mamertina, Taurianova, Cittanova e San Giorgio Morgeto ), Bagnara Calabra.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Tartine di sanguinaccio

Nome dialettale: TARTINI I SANGUINACCIU

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Sangue di maiale, zucchero, mosto cotto o cioccolato fondente, latte, amido o fecola di patate, uvetta sultanina, pinoli, mandorle, gherigli di noci, cannella, chiodi di garofano.
FORMA: Tartina.
DIMENSIONI MEDIE: 5 – 6 cm.
PESO MEDIO: 50 – 70 gr.
SAPORE: Deciso.
ODORE: Intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Filtrare il sangue per togliere eventuali impurità e versarlo in una casseruola. Unire il mosto cotto oppure il latte, lo zucchero, il cacao ed un po’ di cannella, precedentemente pestata nel mortaio insieme ai chiodi di garofano. Farlo cuocere a fuoco lento, rimestando con delicatezza ed a lungo. Il sangue dovrà addensarsi in una crema, solo allora aggiungere al sanguinaccio le mandorle e le noci tritate grossolanamente, l’uvetta già ammorbidita ed i pinoli. Riempire le tartine e servire ben freddo.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Setaccio a rete piccola, casseruola, mortaio.
LOCALI: Laboratorio di pasticceria rispondente alle norme igienico-sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Si prepara e si consuma nello stesso periodo (invernale) in cui si celebra il rito delle frittole del maiale, proprio per le sue caratteristiche di consistenza, robustezza e “pesantezza”. Il “massaro” raccoglie il sangue del maiale ancora caldo in un secchio, lo mescola ininterrottamente per alcuni minuti per evitare che coaguli.
Era in uso sin dal XIX secolo, veniva servito durante i matrimoni su cialde o crostoni zuccherati, o fritto o salato e piccante.
La ricetta è riportata su “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” di Ottavio Cavalcanti, Editore Mursia – 1979.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Salmoriglio

Nome dialettale: SARMURIGGHIU

Territorio interessato alla produzione: provincia di RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Aglio, prezzemolo, origano, succo di limone, olio d’oliva e sale.
SAPORE: Acre e speziato.
ODORE: Agliaceo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lavare il prezzemolo e tritatelo, spezzettare l’aglio e amalgamate il tutto con l’olio d’oliva e l’origano; unire, infine, il succo di limone ed il sale. E’ utilizzato come condimento di carni e pesci grigliati.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: “L’ingresso del salmoriglio (un intingolo per arrosti formato da olio, limone, origano, prezzemolo, pepe nero ed acqua di mare) nella cucina calabrese è da attribuire al periodo spagnolo.” : tratto da “Lineamenti storici della gastronomia calabrese” di Giuseppe Polimeni pubblicato su Caloria Sconosciuta anno V – n.20 (ottobre-dicembre 1982);
La paternità della salsa è contesa tra calabresi e siciliani. Fatto è che in Calabria è diffusa fin nei più sperduti villaggi.
La ricetta è riportata da:
– Ottavio Cavalcanti su “Il libro d’oro della cucina e dei vini di Calabria e Basilicata” – Mursia 1979;
– L. Veronelli “L’aristocrazia dei cibi” supplemento al n. 1072 di EPOCA , Mondadori Milano, 1971;
– “Calabria” Tuttitalia – Enciclopedia dell’Italia antica e moderna – SADEA editrice Firenze 1963.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Origano selvatico della Calabria

Nome dialettale: RIGANU – ARIGANA – FRIGANARA – RIANACCI – RIGANELLA – RINIU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
FORMA: Fusto eretto con infiorescenze.
DIMENSIONI MEDIE: Altezza da 40 a 70 cm.; calice 2-3 mm.; corolla 4 mm.
SAPORE: Amaro.
ODORE: Fragrante e aromatico.
COLORE: Fusto generalmente arrossato; infiorescenza di colore bianca o rosea con brattee basali di colore verde.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si raccoglie a mazzetti all’inizio della fioritura e si essicca all’ombra.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Il periodo di fioritura va da luglio a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:

Elementi che comprovano la tradizionalità: L’origano calabrese è identificato nella specie Heracleoticum appartenente al genere Origanum della Famiglia delle Labiate.
Questa pianta si trova allo stato spontaneo nelle boscaglie e cespuglieti di tutta la regione, dai 200 ai 1.400 metri. E’ caratterizzata dall’odore fragrante dovuto ad elevate quantità di olii essenziali contenuti nelle ghiandole puntiformi che ricoprono le brattee fiorali.
L’Origano è stato utilizzato fin dall’antichità sia a scopi alimentari sia medicinali per le sue proprietà antisettiche. Le parti utilizzati sono le infiorescenze e gli steli.
Ancora oggi viene largamente utilizzato per aromatizzare diversi piatti regionali (sughi, carni, olive, insalate). Gli steli secchi, senza foglie, venivano usati come disinfettanti nel caso di infiammazioni auricolari.
La presenza allo stato selvatico di questa pianta è testimoniata anche dalla citazione contenuta nel “Vocabolario del dialetto calabrese” di Accattatis – Castrovillari, 1897.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Peperoncino piccante calabrese

Nome dialettale: PIPARIELLU – CANCARIELLU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
FORMA: Allungata e/o rotonda.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Da 5 a 40 gr.
SAPORE: Piccante.
ODORE: Forte e persistente.
COLORE: Rosso maturo.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Il peperoncino in Calabria generalmente è coltivato, da quasi tutte le famiglie, in vasi esposti al sole nel giardino o sui balconi. Molte sono anche le aziende che coltivano il peperoncino piccante direttamente in pieno campo, utilizzando tecniche di lavorazione molto tradizionali in quanto si tratta di una pianta che non necessita di molte cure.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da febbraio a settembre.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: I peperoncini vengono essiccati ai raggi del sole.
CONSERAZIONE: I peperoncini vengono infilati con ago e filo fino a formare una collana e poi vengono appesi in cucina o in un altro posto idoneo.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
LOCALI: Laboratori rispondenti alle normative igienico sanitarie.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il peperoncino appartiene alla famiglia delle Solanacee. Il genere al quale appartiene il peperoncino piccante è il Capsicum, nome latino che deriva da capsa (scatola) per la particolare forma del frutto che ricorda proprio una scatola con dentro i semi. Usato come alimento fin dai tempi antichissimi, dalla testimonianza di reperti archeologici sappiamo che era conosciuto in Messico 9.000 anni fa e già nel 5.500 a.C. era presente in quelle zone come pianta coltivata. In Europa il peperoncino è arrivato con Cristoforo Colombo che l’ha portato dalle Americhe. La Calabria è unanimamente riconosciuta la Regione che in Italia consuma più peperoncino, se n’erano accorti anche i viaggiatori stranieri che fra il ‘700 e l’800 venivano a visitarla. La Calabria ha inoltre un altro originario primato. Per questo suo antico legame col peperoncino è la Regione italiana che annovera il maggior numero di “leccornie infuocate” vere e proprie specialità nelle quali il piccante è protagonista e non un accessorio facoltativo. Molte di queste appartengono alla tradizione, altre invece sono invenzioni di chef o di aziende più sensibili o interessate. Scrive il Prof. Vito TETI, Antropologo, “Nell’odierna cucina calabrese è raro trovare un piatto in cui non appaia, in dose moderata o esagerata, il peperoncino piccante”. Ha trovato nel Sud, particolarmente in Calabria, l’habitat più adatto, tanto che il peperoncino piccante coltivato in Calabria viene da tutti riconosciuto, per le particolari caratteristiche organolettiche, il migliore in assoluto.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità delò prodotto presso l’Accademia Nazionale del Peperoncino – Diamante (CS).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Bergamotto di Reggio Calabria DOP

Zona di produzione: L’olio essenziale di Bergamotto viene prodotto nella sottile striscia costiera che si estende tra Villa S. Giovanni e Gioiosa Jonica, tra il mar Jonio e il Tirreno, e comprende numerosi comuni della provincia di Reggio Calabria

Tipologia: Olio essenziale

Descrizione: Il bergamotto è un agrume di forma sferica, giallo, con un peso medio di 100 grammi

Caratteristiche: La caratteristica fondamentale del bergamotto è il suo potere aromatizzante, utile in cosmesi come nell’industria alimentare

Usi: L’olio essenziale di Bergamotto è un prodotto indispensabile in diverse industrie: in profumeria, fissa il bouquet aromatico dei profumi e armonizza le altre essenze contenute, esaltando le note di freschezza e fragranza; costituisce un ottimo ingrediente per le creme solari, anche se occorre ricordare che l’essenza pura non va applicata sulla pelle, durante l’esposizione al sole; viene impiegato nell’industria farmaceutica per il suo potere antisettico e antibatterico; infine, è usato anche in campo alimentare come aromatizzante di liquori, thè, caramelle, canditi, gelati e bibite.

Note: Il nome Bergamotto deriva dal turco ‘Beg-armudi’, pero del signore, per la sua somiglianza con la pera bergamotta. L’origine dell’agrume è incerta: molti sostengono che derivi dalla mutazione di un’altra specie agrumaria; altri ritengono sia stato importato dalle isole Canarie da Cristoforo Colombo; comunque l’habitat più idoneo ed esclusivo per la sua coltivazione, l’unico luogo dove fruttifica ottimamente, è la provincia di Reggio Calabria. Il primo bergamotteto di cui si ha notizia venne impiantato vicino al capoluogo calabrese nel 1750. A quei tempi l’essenza veniva estratta pressando manualmente la scorza del frutto e facendola assorbire da spugne naturali, collocate in appositi recipienti.

Riferimenti normativi: Prodotto DOP, Registrazione europea con regolamento CE 509/2001 del 15/03/2001 pubblicato sulla GUCE L 76 del16 marzo 2001; riconoscimento nazionale con DM 9 maggio 2001 pubblicato sulla GURI n. 120 del 25 maggio 2001

Conca degli Ulivi

Area di produzione: La Piana di Gioia Tauro della Regione Calabria comprendente una superficie che supera i 23 mila ettari

Materia prima: Le cultivar che caratterizzano la zona sono la “Sinopolese” (per il 70%) circa e la “Ottobratica” (per il 30% circa)

Tecnologia di lavorazione: Il sistema di raccolta ancor oggi maggiormente utilizzato è quello che prevede la cascola naturale delle drupe e la loro raccolta direttamente dal terreno. Tale sistema condiziona la qualità dell’olio che finisce con l’essere ben lontana dagli standard qualitativi dell’olio ottenuto da olive raccolte meccanicamente o addirittura, con costi notevolissimi, manualmente dall’albero. La cascola naturale dell’oliva infatti avviene quando questa ha abbondantemente superato lo stato fisiologico ottimale per la produzione di un olio di qualità. Questo fatto, unito alla permannza delleolive a contatto con il terreno per tempi più o meno lunghi, nonché l’intervento degli agenti atmosferici, il magazzinaggio prolungato prima della molitura ed una molitura spesso effettuata non rispettando le regole della qualità tecnologica portano ad abbassare la qualità dell’olio prodotto. Per risolvere i problemi dell’olivicoltura della Piana di Gioia Tauro sono stati proposti vari rimedi: dal rinnovamento degli impianti ai sistemi irrigui, dalle modalità della concimazione e della potatura al controllo dei parassiti, …

Olio extra vergine di oliva della Locride

Territorio interessato alla produzione: provincia RC

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Olive della cultivar prevalente Grossa di Gerace.
SAPORE: Particolare.
ODORE: Aromatico.
COLORE: Verdone, verde-oro e giallo-oro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da settembre a novembre.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Durante tutta la stagione autunnale e per l’inverno l’attività primaria degli agricoltori è incentrata sulla raccolta delle olive (prevalentemente cultivar Grossa di Gerace) e quindi sulla loro trasformazione. I frutti maturi vengono battute con pertiche flessibili (frassino o castagno) e raccolti nelle reti opportunamente disposti sotto gli alberi. Le olive delle piante basse vengono raccolte a mano. Gli oliveti raggiungono solitamente un’altezza media di 6 metri.
Quando un discreto quantitativo è stato raccolto, riempite le cassette, i cesti o i sacchi vengono portati al frantoio per la molitura e per il tratamento successivo. Il profumo che caratterizza i frantoi è del tutto particolare e l’olio extravergine che se ne ricava è di pregio assoluto. Certo è fondamentale, per la buona qualità, il rispetto di alcune condizioni: metodi di raccolta, tempo di attesa delle olive prima dell’avviamento alla lavorazione, sistema di spremitura. E’ necessario ovviamente che i frantoi rispettino le normative in materia di igiene e sicurezza stabiliti dalla legge, e che il ciclo di lavorazione preservi le proprietà organolettiche dell’olio. Il prodotto ancora nel frantoio viene versato in contenitori di acciaio o in bidoni di plastica e viene trasportato nei magazzini o nelle cantine dei proprietari delle aziende olivicole. Qui viene svuotato e depositato in altri recipienti inox.
CONSERVAZIONE: Viene conservato nelle cantine al riparo dell’aria e dei raggi del sole, in recipienti di acciaio inox, anticamente in grandi vasi di terracotta (giare) e di zinco. Durante il periodo della conservazione si effettuano delle operazioni di travaso per l’eliminazione dei residui della decantazione (le morchie), che permettono di conservare le caratteristiche organolettiche dell’olio.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Pertiche di castagno o ancora meglio di frassino, reti per la raccolta, scale, cassette di plastica, sacchi di juta..
MACCHINARI UTILIZZATI: Frantoi tradizionali o a ciclo continuo.
LOCALI: Locali rispondenti alla normativa igienico-sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La coltivazione olivicola praticata nel territorio della Locride è prettamente biologica. Quasi tutte le aziende praticano la coltivazione biologica (alcune di queste pur non disponendo di regolare certificazione così come previsto dalò Reg. CEE 2092/91). Il periodo di raccolta delle olive determina le caratteristiche organolettiche dell’olio. Quello migliore è ricavato da oliveti collinari e distanti dal mare. La raccolta delle olive inizia nel mese di Novembre e l’olio che se ne ricava è di colore verdone, mentre nei mesi di dicembre/gennaio si ottiene un olio di colore verde-oro e giallo-oro. Viene conservato nelle cantine al riparo dell’aria e dei raggi del sole, in recipienti di acciaio inox, anticamente in grandi vasi di terracotta (giare) e di zinco.
La tradizione vuole che l’olio venga venduto direttamente al frantoio e successivamente in azienda dai produttori, mentre alcune aziende olivicole della Locride lo imbottigliano per poi venderlo nei negozi.
L’olio di oliva della Locride (prevalentemente cultivar Grossa di Gerace) viene utilizzato in tutte le preparazioni dei piatti tipici della Calabria ed assume notevole importanza nella dieta mediterranea. In particolare viene utilizzato per il condimento delle insalate e delle verdure, per il suo caratteristico profumo aromatico ed il sapore particolare.
AREA DI PRODUZIONE: Il territorio di produzione è il compresnorio della Locride della fascia jonica reggina, compreso tra Bruzzano e Monasterace, per un numero di 39 comuni della Provincia di Reggio Calabria, con estensione a Nord fino a Badolato, in tre comune della limitrofa Provincia di Catanzaro.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Olio extra vergine di oliva di Calabria

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Olive del tipo Caroleo.
SAPORE: Fruttato amarognolo.
ODORE: Di olive verdi.
COLORE: Verde intenso.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Raccolta delle olive manuale dall’albero. Frantoio tradizionale o a ciclo continuo.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da settembre a dicembre.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Decantazione naturale in contenitori di acciaio inox.
CONSERVAZIONE: In bottiglia per circa un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Cassette per il trasporto delle olive. Contenitori in acciaio inox per l’olio, bottiglie di vetro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Frantoio tradizionale a freddo o a ciclo continuo. Imbottigliatrice semiautomatica.
LOCALI: Locali rispondenti alla normativa igienico-sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: La storia dell’olivo è intimamente legata alla storia delle civiltà, soprattutto di quelle che si sono succedute nel bacino del Mediterraneo. Dalla Siria e dalla Palestina l’olivo si diffonde in Anatolia ed in Egitto attraverso le isole di Cipro e Creta. A partire dal VI sec. a.C. l’olivo si estende a tutto il bacino del Mediterraneo, dalle sponde africane a quelle italiane, dalla Francia meridionale fino alla penisola Iberica. La colonizzazione della Magna grecia (VII sec. a.C.) e l’Impero Romano diffusero poi la coltivazione dell’olivo in tutti i paesi del Mediterraneo. Perfino una antica leggenda riporta che, Cecrope, semidio, alla fondazione della città di Atene, chiese per la sua città la protezione degli dei, tra questi nacque una competizione sotto gli auspici si Zeus, tra Poseidone, dio del mare, e Atena, dea della saggezza; Poseidone col suo tridente colpì le rocce facendone scaturire acqua salata, ed un cavallo, come auspicio della dominazione dei mari. Atena più semplicemente creò l’olivo, che per millenni avrebbe offerto agli uomini un “succo prezioso” per la preparazione di cibi, usato anche come alimento, per la cura, la bellezza e il massaggio del corpo, fonte di luce. Atena ebbe la palma della vittoria, e divenne la protettrice di quella città chiamata perciò Atene.
La Regione Calabria, con il 27% della produzione di olio di oliva nazionale, è al secondo posto dopo la Puglia. La particolarità del prodotto è rappresentata dall’alta qualità e dalla diversità delle caratteristiche organolettiche.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese e di storia delle tradizioni popolari.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Liquore di agrumi (Limoni o Limetta)

Sinonimo: LIQUORI DI LIMONI O DI LIMETTA

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Bucce di agrumi (limoni o limetta), zucchero, alcool e acqua.
SAPORE: Semidolce gradevole.
ODORE: Limone verde.
COLORE: Gialloverde.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Le bucce di agrumi (limoni o limetta), vengono messe a macerare, per circa un mese, in alcool; alla fine di questo periodo si aggiunge lo sciroppo di zucchero, e si filtra.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: In bottiglia di vetro per due mesi.
COSERVAZIONE: In bottiglia, conserva le caratteristiche organolettiche, per più di un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALE UTILIZZATI: Tavoli d’appoggio.
STRUMENTI UTILIZZATI: Mestoli vari, bottiglie di vetro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Pelatrice elettrica per agrumi, filtri, pompe e miscelatori.
LOCALI: Laboratori rispondenti alla normativa igienico-sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Antico prodotto familiare calabrese, usato tradizionalmente nelle feste principali, nei matrimoni e per gli ospiti importanti.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Anice

Territorio interessato alla produzione Tutte le province

Descrizione prodotto: INGREDIENTI – Semi di anice, aromi naturali, zucchero ed alcool.
FORMA: Liquida.
DIMENSIONI MEDIE: Varie.
PESO MEDIO: Vario.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Anice.
COLORE: Trasparente.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: lavorazione del prodotto Esclusivamente meccaniche.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Gli ingredienti vengono posti in una cisterna di acciaio inox che provvede a macinare e mescolare il composto per un tempo di circa 40 ore. Successivamente lo sciroppo ottenuto viene lasciato decantare. Quindi tutto il contenuto passa in una cisterna che ha il compito di filtrare il prodotto. Infine, per mezzo di appositi spirali si riempiono le bottiglie.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati: STRUMENTI – Infusori, agitatori meccanici, distillatore, filtri ed imbottigliatrice. Vasche inox. Bottiglie e tappi.
LOCALI: Distilleria, preparazione infusi, laboratorio e capannone industriale a norma di legge.

Elementi che comprovano la tradizionalità: L’anice ha origini orientali, ed è presente in Calabria come pianta
selvatica. La famiglia degli anici è tra le più antiche e più vaste in campo liquirizio, i componenti sono spesso presentati con nomi diversi: Anicione, Anesone, Sassolino, Sambuca, Mistrà, Costumé. Si ricava dai semi della Pimpinella anisum e dai semi dell’anice stellato. La droga è rappresentata dai frutti che contengono olio essenziale, zuccheri e mucillagini. L’anice è digestivo, diuretico e sedativo.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Liquore di bergamotto

Sinonimo: LIQUORE DI LIMONE – LIQUORE DI BERGAMOTTO

Nome dialettale: AGRUMETTO O AGRUMELLO

Territorio interessato alla produzione: Provincia RC

Descrizione prodotto: INGREDIENTI – Limoni o bergamotto, zucchero, alcool e acqua.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
TECNICHE DI PRODUZIONE: Le bucce di limone (o di bergamotto) vengono messe a macerare in alcool per circa un mese, alla fine di questo periodo si aggiunge lo zucchero e l’acqua e si filtra.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE DEL PRODOTTO: Per due mesi.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Pelatrice elettrica per agrumi, filtri, pompe e miscelatori.
LOCALI: Appositi laboratori.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Usato tradizionalmente nelle feste principali, nei matrimoni e per gli ospiti importanti.
AREA DI PRODUZIONE: Area Grecanica ed intero teritorio del Reggino.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Liquore di finocchietto selvatico

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Finocchio selvatico, alcool, acqua e zucchero.
SAPORE: Dolce selvatico.
ODORE: Tipico di finocchio.
COLORE: Verde chiaro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Esclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Lasciare macerare, in un litro di alcool puro 90° per trenta giorni, 30 fiori di finocchio selvatico. Di tanto in tanto agitarlo. Preparare a caldo uno sciroppo con un litro di acqua e 800 gr. di zucchero. Lasciare raffreddare, unire il tutto, filtrare, imbottigliare e tappare.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: Per 2 mesi.
CONSERVAZIONE: Si conserva bene, senza perdere le caratteristiche organolettiche, per più di un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALE UTILIZZATO: Tavolo d’appoggio.
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentole, mestoli, bottiglie in vetro, filtro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Fornelli a gas.
LOCALI: Laboratori artigianali.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Antica ricetta tradizionale calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Greco di Bianco DOC

Zona di produzione: il territorio comunale di Bianco e parte di quello di Casignana in provincia di Reggio Calabria.

Vitigni: Greco bianco con eventuali aggiunte (5%) di altri vitigni a frutto bianco raccomandati o autorizzati per la provincia. Le uve devono essere sottoposte ad appassimento naturale.

Resa massima per ha: 100 qli.

Resa massima di uva in vino: 45%.

Gradazione alcolica minima: 17%, di cui almeno il 14% svolto.

Acidita’ totale minima: 6 per mille.

Estratto secco netto minimo: 30 per mille.

Invecchiamento obbligatorio: un anno.

Caratteristiche organolettiche: colore giallo tendente al dorato con eventuali riflessi ambrati; profumo alcolico, etereo, caratteristico; sapore morbido, armonico, caldo con retrogusto caratteristico.

Qualificazioni: nessuna.

Tipologie: nessuna.

Abbinamenti: pasticceria secca, torte a base di pasta di mandorle

Bivongi DOC

Zona di produzione: i comuni di Bivongi, Camini, Monasterace, Pazzano, Placanica, Riace, Stignano e Stilo in provincia di Reggio Calabria e Guardavalle in provincia di Catanzaro

Vitigni: uve Greco bianco, Guardavalle e Montonico, da sole o congiuntamente per il 30-50%, con quelle di Malvasia bianca e/o Ansonica per il 30-50% e con quelle di altri vitigni a bacca bianca della zona (massimo 30%); il Bivongi nelle tipologie Rosso e Rosato è prodotto con uve Gaglioppo e Greco nero, da sole o congiuntamente per il 30-50%, con quelle di Nocera e/o Calabrese e/o Castiglione (30-50%), cui possono essere aggiunte quelle di altri vitigni a bacca nera (massimo 10%) e a bacca bianca (massimo 15%) della zona

Gradazione alcolica minima: Bianco 10,5 gradi; Rosso 12 gradi; Rosato 11,5 gradi.

Caratteristiche organolettiche: Bivongi Bianco: colore paglierino più o meno intenso, odore vinoso e gradevole, sapore secco, armonico, fruttato; Bivongi Rosso: colore rosso più o meno intenso, tendente al granato con l’invecchiamento, odore vinoso, caratteristico, delicato, sapore secco, armonico, gradevole, talvolta fruttato; Bivongi Rosato: colore rosato più o meno intenso, odore vinoso caratteristico, sapore secco, gradevole, fruttato.

Tipologie: Bianco, Rosso (anche nelle versioni Novello e Riserva) e Rosato

Abbinamenti: Bivongi Bianco: piatti di pesce, verdure e formaggi poco stagionati. Rosso e Rosato: Caciocavallo silano, Capocollo, Salsiccia e Soppressata di Calabria

Riferimenti normativi: Riconoscimento della Doc Bivongi con DM del 24.05.1996 pubblicato sulla GU del 06.06.1996

Miele calabrese di fichi

Nome dialettale: MELE ‘I FICU

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto:
INGREDIENTI UTILIZZATI: Fichi, acqua.
FORMA: Semi liquido.
SAPORE: Molto dolce.
ODORE: Intenso di fichi.
COLORE: Ambrato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Eclusivamente manuale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Si mettono a bollire dei fichi freschi in pentoloni appena ricoperti di acqua. Una volta ultimata la cottura, i fichi vengono scolati, posti a sgocciolare e premuti manualmente per favorire la fuoriuscita degli umori zuccherini. Si rimette quindi a bollire lo sciroppo finché non si riduce di 2/3.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Da agosto a settembre.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
STRUMENTI UTILIZZATI: Pentole, scolatutto, mestoli, bottiglie, tappi.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Sui fichi di Calabria così si è espresso molto significativamente l’Abate Gioacchino da Fiore: “Nientemento più prezioso, e per la copia, e per la perfezione egli è il raccolto dei fichi. Principia egli nel mese di giugno e si allunga fino all’altro di dicembre, sempre l’une succedono all’altre …. nere, bianche, altre brune, altre rossaccie, tutte però così dolci, che filano dalla creduta bocca stille di miele, e come se per filarlo non bastasse una sola apertura sul capo, sovvente ancora si stracciano per i fianchi”.
Il miele dei fichi viene solitamente utilizzato nella preparazione di dolci e frittelle natalizie. Inoltre, aggiungendo il miele di fichi alla neve, si ottiene un ottimo gelato detto arabicamente “scirubetta”.
Esiste documentazione che comprova la tradizionalità del prodotto presso testi di cucina calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Miele calabrese di arancio

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto: La denominazione generica di “agrumi” viene in genere preferita a quella specifica (arancio, limone, clementine) sia perché a livello analitico risulta impossibile discriminare la specie di provenienza, sia perché si tratta di mieli di effettiva provenienza mista. All’esame visivo questo miele cristallizza spontaneamente alcuni mesi dopo il raccolto. L’odore è di media intensità con caratteristiche note floreali che ricordano i fiori di zagara. con il tempo si sviluppa un odore meno floreale, più fruttato simile a quello della marmellata di arancio.
PESO MEDIO: Delle confezioni in vasetto da 50 a 1000 grammi.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Fragrante e fresco.
COLORE: Dal giallo paglierino al bianco (riferito allo stato cristallizzato).

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale e industriale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Prima dell’introduzione delle arnie a favo mobile (introdotte agli inizzi del ‘900), l’estrazione del miele avveniva tramite torchiatura. Oggi l’estrazione avviene per centrifugazione. Le principali fasi di lavorazione sono:
– disopercolatura manuale o meccanica;
– estrazione con smielatori radiali meccanici;
– filtrazione meccanizzata;
– decantazione (circa 15 giorni);
– confezionamento in vasetti di vetro (da 50 a 1000 grammi).
Poiché normalmente non si effettua pastorizzazione o altri trattamenti termici, la maggior parte del miele prodotto in Calabria, si può definire vergine integrale.
PERIODO DI PRODUZIONE: Da aprile a maggio.
CONSERVAZIONE: Fino a 2 anni.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Acciaio inox, plastica per alimenti, vetro.
STRUMENTI UTILIZZATI: Filtri, coltelli, vasche, rifrattometro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Disepercolatrice, smielatore, filtri a maglie, dosatrice, confezionatrice.
LOCALI: Locali adibiti alla produzione di miele sia a carattere familiare che industriale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il consumo di miele in Calabria era destinato essenzialmente alle ricorrenze poiché il miele veniva utilizzato per la preparazione di dolciumi tradizionali (pignolata, mustaccioli di Soriano, ecc.). Nella cultura contadina veniva usato a scopo medicinale e terapeutico per curare ad esempio le affezioni bronchiali. Nella tradizione calabrese il miele era conosciuto come tale mentre, la caratterizzazione dei mieli monoflora è subentrata in anni più recenti. Anticamente l’unica distinzione che veniva fatta era tra mieli “chiari” (agrumi, millefiori) e mieli “scuri” (castagno, melata, eucalipto). Le arnie, detti “bugni villici” erano ricavate da tronchi di alberi o “si fabbricavano con vimini di salice intrecciati” come è ripostato anche ne De re rustica di Columella. Dalla “pitta” (cioé il favo di miele) che si formava, si procedeva all’estrazione del miele che avveniva per torchiatura (torchi a mano).
AREA DI PRODUZIONE: Piana di Gioia Tauro (RC), Sibaritide (CS), Piana di Lamezia (CZ), fascia Jonica costiera.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Miele calabrese di castagno

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto: E’ il miele tipico delle aree collinari e montane calabresi. Si caratterizza per il suo colore scurto e sapore deciso e aromatico ciò che non incontra il gusto della maggior parte dei consumatori. Si può presentare liquido o cristallizzato.
PESO MEDIO: Delle confezioni in vasetto da 50 a 1000 grammi.
SAPORE: Da poco dolce ad amaro.
ODORE: Pungente, aromatico e tannico.
COLORE: Ambra più o meno scuro, marrone se cristallizzato.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale e industriale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Prima dell’introduzione delle arnie a favo mobile (introdotte agli inizzi del ‘900), l’estrazione del miele avveniva tramite torchiatura. Oggi l’estrazione avviene per centrifugazione. Le principali fasi di lavorazione sono:
– disopercolatura manuale o meccanica;
– estrazione con smielatori radiali meccanici;
– filtrazione meccanizzata;
– decantazione (circa 15 giorni);
– confezionamento in vasetti di vetro (da 50 a 1000 grammi).
Poiché normalmente non si effettua pastorizzazione o altri trattamenti termici, la maggior parte del miele prodotto in Calabria, si può definire vergine integrale.
PERIODO DI PRODUZIONE: Giugno – luglio.
CONSERVAZIONE: Fino a 2 anni.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Acciaio inox, plastica per alimenti, vetro.
STRUMENTI UTILIZZATI: Filtri, coltelli, vasche, rifrattometro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Disepercolatrice, smielatore, filtri a maglie, dosatrice, confezionatrice.
LOCALI: Locali adibiti alla produzione di miele sia a carattere familiare che industriale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il consumo di miele in Calabria era destinato essenzialmente alle ricorrenze poiché il miele veniva utilizzato per la preparazione di dolciumi tradizionali (pignolata, mustaccioli di Soriano, ecc.). Nella cultura contadina veniva usato a scopo medicinale e terapeutico per curare ad esempio le affezioni bronchiali. Nella tradizione calabrese il miele era conosciuto come tale mentre, la caratterizzazione dei mieli monoflora è subentrata in anni più recenti. Anticamente l’unica distinzione che veniva fatta era tra mieli “chiari” (agrumi, millefiori) e mieli “scuri” (castagno, melata, eucalipto). Le arnie, detti “bugni villici” erano ricavate da tronchi di alberi o “si fabbricavano con vimini di salice intrecciati” come è ripostato anche ne De re rustica di Columella. Dalla “pitta” (cioé il favo di miele) che si formava, si procedeva all’estrazione del miele che avveniva per torchiatura (torchi a mano).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Miele calabrese di corbezzolo

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto: E’ caratterizzato da uno spiccato sapore amaro e odore pungente che ne costituiscono la peculiarità. A causa del periodo produttivo questo miele presenta un elevato contenuto in umidità.
PESO MEDIO: Delle confezioni in vasetto da 50 a 1000 grammi.
SAPORE: Da poco dolce ad amaro.
ODORE: Pungente, amaro.
COLORE: Da ambra fino a nocciola, marrone.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale e industriale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Prima dell’introduzione delle arnie a favo mobile (introdotte agli inizzi del ‘900), l’estrazione del miele avveniva tramite torchiatura. Oggi l’estrazione avviene per centrifugazione. Le principali fasi di lavorazione sono:
– disopercolatura manuale o meccanica;
– estrazione con smielatori radiali meccanici;
– filtrazione meccanizzata;
– decantazione (circa 15 giorni);
– confezionamento in vasetti di vetro (da 50 a 1000 grammi).
Poiché normalmente non si effettua pastorizzazione o altri trattamenti termici, la maggior parte del miele prodotto in Calabria, si può definire vergine integrale.
PERIODO DI PRODUZIONE: Ottobre – gennaio.
CONSERVAZIONE: Fino a 2 anni.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Acciaio inox, plastica per alimenti, vetro.
STRUMENTI UTILIZZATI: Filtri, coltelli, vasche, rifrattometro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Disepercolatrice, smielatore, filtri a maglie, dosatrice, confezionatrice.
LOCALI: Locali adibiti alla produzione di miele sia a carattere familiare che industriale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il consumo di miele in Calabria era destinato essenzialmente alle ricorrenze poiché il miele veniva utilizzato per la preparazione di dolciumi tradizionali (pignolata, mustaccioli di Soriano, ecc.). Nella cultura contadina veniva usato a scopo medicinale e terapeutico per curare ad esempio le affezioni bronchiali. Nella tradizione calabrese il miele era conosciuto come tale mentre, la caratterizzazione dei mieli monoflora è subentrata in anni più recenti. Anticamente l’unica distinzione che veniva fatta era tra mieli “chiari” (agrumi, millefiori) e mieli “scuri” (castagno, melata, eucalipto). Le arnie, detti “bugni villici” erano ricavate da tronchi di alberi o “si fabbricavano con vimini di salice intrecciati” come è ripostato anche ne De re rustica di Columella. Dalla “pitta” (cioé il favo di miele) che si formava, si procedeva all’estrazione del miele che avveniva per torchiatura (torchi a mano).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Miele calabrese di eucaliptus

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto: La Calabria è una delle prime produttrici, tra le regioni italiane, di questo tipo di miele. Sulla costa jonica calabrese si producono anche mieli unifloreali di eucalipto di specie diverse E. camaldilensis, con fioritura a settembre-ottobre. A questo miele si attribuiscono proprietà terapeutiche particolari per la cura delle malattie da raffreddamento.
PESO MEDIO: Delle confezioni in vasetto da 50 a 1000 grammi.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Tipico e aromatico.
COLORE: Ambra chiaro, ambra scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale e industriale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Prima dell’introduzione delle arnie a favo mobile (introdotte agli inizzi del ‘900), l’estrazione del miele avveniva tramite torchiatura. Oggi l’estrazione avviene per centrifugazione. Le principali fasi di lavorazione sono:
– disopercolatura manuale o meccanica;
– estrazione con smielatori radiali meccanici;
– filtrazione meccanizzata;
– decantazione (circa 15 giorni);
– confezionamento in vasetti di vetro (da 50 a 1000 grammi).
Poiché normalmente non si effettua pastorizzazione o altri trattamenti termici, la maggior parte del miele prodotto in Calabria, si può definire vergine integrale.
PERIODO DI PRODUZIONE: Giugno-agosto; Ottobre-dicembre.
CONSERVAZIONE: Fino a 2 anni.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Acciaio inox, plastica per alimenti, vetro.
STRUMENTI UTILIZZATI: Filtri, coltelli, vasche, rifrattometro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Disepercolatrice, smielatore, filtri a maglie, dosatrice, confezionatrice.
LOCALI: Locali adibiti alla produzione di miele sia a carattere familiare che industriale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il consumo di miele in Calabria era destinato essenzialmente alle ricorrenze poiché il miele veniva utilizzato per la preparazione di dolciumi tradizionali (pignolata, mustaccioli di Soriano, ecc.). Nella cultura contadina veniva usato a scopo medicinale e terapeutico per curare ad esempio le affezioni bronchiali. Nella tradizione calabrese il miele era conosciuto come tale mentre, la caratterizzazione dei mieli monoflora è subentrata in anni più recenti. Anticamente l’unica distinzione che veniva fatta era tra mieli “chiari” (agrumi, millefiori) e mieli “scuri” (castagno, melata, eucalipto). Le arnie, detti “bugni villici” erano ricavate da tronchi di alberi o “si fabbricavano con vimini di salice intrecciati” come è ripostato anche ne De re rustica di Columella. Dalla “pitta” (cioé il favo di miele) che si formava, si procedeva all’estrazione del miele che avveniva per torchiatura (torchi a mano).
AREA DI PRODUZIONE: Intera regione Calabria ed in particolare nel Marchesato di Crotone.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Miele calabrese di melata di abete

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto: La produzione di Miele di Melata di abete non è, per le quantità, significativa in Calabria, ma rappresenta una produzione localmente importante. Pure essendo un prodotto poco conosciuto dalla maggior parte dei consumatori, questo prodotto è sicuramente molto apprezzato e spunta quotazioni remunerative. La produzione di melata avviene a seguito dell’attacco di fotofagi di diverse famiglie di Rincoti che attaccano gli abeti presenti nei boschi diffusi nella fascia del faggio (400-1.800 m.s.l.m.). Il miele che se ne ricava resta liquido a lungo ma, può intorbidirsi per la formazione di cristalli. In genere questo miele è molto viscoso ed è caratteristico per il suo aroma simile all’odore di malto e del caramello.
PESO MEDIO: Delle confezioni in vasetto da 50 a 1.000 grammi.
SAPORE: Poco o normalmente dolce.
ODORE: Caratteristico, balsamico, di legno, di resina, affumicato.
COLORE: Da ambra scuro a quasi nero.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale e industriale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Prima dell’introduzione delle arnie a favo mobile (introdotte agli inizzi del ‘900), l’estrazione del miele avveniva tramite torchiatura. Oggi l’estrazione avviene per centrifugazione. Le principali fasi di lavorazione sono:
– disopercolatura manuale o meccanica;
– estrazione con smielatori radiali meccanici;
– filtrazione meccanizzata;
– decantazione (circa 15 giorni);
– confezionamento in vasetti di vetro (da 50 a 1000 grammi).
Poiché normalmente non si effettua pastorizzazione o altri trattamenti termici, la maggior parte del miele prodotto in Calabria, si può definire vergine integrale.
PERIODO DI PRODUZIONE: Luglio-settembre.
CONSERVAZIONE: Fino a 2 anni.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Acciaio inox, plastica per alimenti, vetro.
STRUMENTI UTILIZZATI: Filtri, coltelli, vasche, rifrattometro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Disepercolatrice, smielatore, filtri a maglie, dosatrice, confezionatrice.
LOCALI: Locali adibiti alla produzione di miele sia a carattere familiare che industriale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il consumo di miele in Calabria era destinato essenzialmente alle ricorrenze poiché il miele veniva utilizzato per la preparazione di dolciumi tradizionali (pignolata, mustaccioli di Soriano, ecc.). Nella cultura contadina veniva usato a scopo medicinale e terapeutico per curare ad esempio le affezioni bronchiali. Nella tradizione calabrese il miele era conosciuto come tale mentre, la caratterizzazione dei mieli monoflora è subentrata in anni più recenti. Anticamente l’unica distinzione che veniva fatta era tra mieli “chiari” (agrumi, millefiori) e mieli “scuri” (castagno, melata, eucalipto). Le arnie, detti “bugni villici” erano ricavate da tronchi di alberi o “si fabbricavano con vimini di salice intrecciati” come è ripostato anche ne De re rustica di Columella. Dalla “pitta” (cioé il favo di miele) che si formava, si procedeva all’estrazione del miele che avveniva per torchiatura (torchi a mano).
AREA DI PRODUZIONE: Intera regione Calabria (zone montane).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Miele calabrese di sulla

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto: La Calabria, insieme alle altre tre regioni italiane (Abbruzzo, Molise, Sicilia), vanta una significativa produzione di miele unifloreale di sulla. La sulla (Hedysarium coronarium) è presente sia come foraggera che allo stato spontaneo sui terreni argillosi della Calabria. Le caratteristiche di questo miele, che cristallizza spontaneamente dopo alcuni mesi dal raccolto, sono apprezzate dai consumatori.
PESO MEDIO: Delle confezioni in vasetto da 50 a 1.000 grammi.
SAPORE: Dolce.
ODORE: Tipico.
COLORE: Giallo paglierino.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Artigianale e industriale.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Prima dell’introduzione delle arnie a favo mobile (introdotte agli inizzi del ‘900), l’estrazione del miele avveniva tramite torchiatura. Oggi l’estrazione avviene per centrifugazione. Le principali fasi di lavorazione sono:
– disopercolatura manuale o meccanica;
– estrazione con smielatori radiali meccanici;
– filtrazione meccanizzata;
– decantazione (circa 15 giorni);
– confezionamento in vasetti di vetro (da 50 a 1000 grammi).
Poiché normalmente non si effettua pastorizzazione o altri trattamenti termici, la maggior parte del miele prodotto in Calabria, si può definire vergine integrale.
PERIODO DI PRODUZIONE: Aprile-giugno.
CONSERVAZIONE: Fino a 2 anni.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Acciaio inox, plastica per alimenti, vetro.
STRUMENTI UTILIZZATI: Filtri, coltelli, vasche, rifrattometro.
MACCHINARI UTILIZZATI: Disepercolatrice, smielatore, filtri a maglie, dosatrice, confezionatrice.
LOCALI: Locali adibiti alla produzione di miele sia a carattere familiare che industriale.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Il consumo di miele in Calabria era destinato essenzialmente alle ricorrenze poiché il miele veniva utilizzato per la preparazione di dolciumi tradizionali (pignolata, mustaccioli di Soriano, ecc.). Nella cultura contadina veniva usato a scopo medicinale e terapeutico per curare ad esempio le affezioni bronchiali. Nella tradizione calabrese il miele era conosciuto come tale mentre, la caratterizzazione dei mieli monoflora è subentrata in anni più recenti. Anticamente l’unica distinzione che veniva fatta era tra mieli “chiari” (agrumi, millefiori) e mieli “scuri” (castagno, melata, eucalipto). Le arnie, detti “bugni villici” erano ricavate da tronchi di alberi o “si fabbricavano con vimini di salice intrecciati” come è ripostato anche ne De re rustica di Columella. Dalla “pitta” (cioé il favo di miele) che si formava, si procedeva all’estrazione del miele che avveniva per torchiatura (torchi a mano).

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Gassosa al caffè

Territorio interessato alla produzione: Tutte le Province

Descrizione prodotto: INGREDIENTI – Acqua, zucchero, caramello, concentrato di caffè, anidride carbonica.
SAPORE: Semidolce al caffè, leggermente frizzante.
ODORE: Di caffè.
COLORE: Marrone scuro.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura: LAVORAZIONE DEL PRODOTTO Mista.
TECNICHE DI LAVORAZIONE: Viene preparata la giusta dose nella sala sciroppo, successivamente viene mandata nel pastorizzatore, poi nella campana dosatrice, dove la bottiglia passa e ne prende la quantità giusta, infine la bottiglia passa nella riempitrice, dove si finisce di riempire di acqua e di anidride carbonica, si imbottiglia e si etichetta.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: No.
CONSERVAZIONE: No.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati: MATERIALE UTILIZZATO – Tavoli in acciaio.
STRUMENTI UTILIZZATI: Vari.
MACCHINARI UTILIZZATI: Laboratori maiolicati e rispondenti alla normativa igienico-sanitaria.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Antica e gradevole bevanda analcolica calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005

Gassosa al limone

Territorio interessato alla produzione: tutte le province

Descrizione prodotto: INGREDIENTI – Acqua, zucchero, concentrato di limone, anidride carbonica.
SAPORE: Semidolce al limone, leggermente frizzante.
ODORE: Di limone.
COLORE: Bianco.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
LAVORAZIONE DEL PRODOTTO: Miste.
TECNICA DI LAVORAZIONE: Viene preparata la giusta dose nella sala sciroppo, successivamente viene mandata nel pastorizzatore, poi nella campana dosatrice, dove la bottiglia passa e ne prende la quantità giusta, infine la bottiglia passa nella riempitrice dove si finisce di riempire di acqua e di anidride carbonica, si imbottiglia e si etichetta.
PERIODO DI LAVORAZIONE: Tutto l’anno.
MATURAZIONE STAGIONATURA DEL PRODOTTO: No.
CONSERVAZIONE: In bottiglia per un anno.

Materiale, attrezzature e locali utilizzati:
MATERIALI UTILIZZATI: Tavoli in acciaio.
STRUMENTI UTILIZZATI: Vari.
MACCHINARI UTILIZZATI: Attrezzatura per preparazione e imbottigliamento bevande analcoliche.

Elementi che comprovano la tradizionalità: Antica e gradevole bevanda analcolica calabrese.

Fonte: Regione Calabria. I prodotti tradizionali della Regione Calabria – Assagricalabria.it 2005