Caciotta della Sabina

Semplice:
Formaggio a pasta molle e grassa; forma cilindrica a scalzo; pezzatura da 2 a 4 kg; colore giallo paglierino interno e grigio (per aspersione della fecola di patate) all’esterno; stagionatura di 20 – 30 giorni; sapore dolce o leggermente salato.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Montopoli di Sabina (RI), Poggio Mirteto (RI)

Cenni storici e curiositàTradizione orale, locale, tracce in archivi comunali e presenza storica da almeno 25 anni nei negozi della zona, nel banco del mercato e nella ristorazione locale.

Alle erbe:
Formaggio a pasta molle e grassa; forma cilindrica a scalzo; pezzatura da 2 a 4 kg; colore giallo paglierino interno e grigio (per aspersione della fecola di patate) all’esterno; stagionatura 20 – 30 giorni; aromatizzazione con erba cipollina, rucola, finocchio selvatico, basilico, coriandolo; sapore dolce o leggermente salato ed aromatico.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Montopoli di Sabina (RI), Poggio Mirteto (RI)

Cenni storici e curiositàTradizione orale, locale, tracce in archivi comunali e presenza storica da almeno 25 anni nei negozi della zona, nel banco del mercato e nella ristorazione locale.

Caciotta di mucca

Formaggio a pasta molle, per il tipo primo sale, ed a pasta dura, per il tipo stagionato da 30 giorni a 6 mesi. Forma cilindrica; pezzatura da 1,5 a 4 kg; colore bianco per il primo sale e giallo paglierino, tendente all’imbrunimento nello stagionato di 6 mesi. Sapore dolce per il primo sale (di due giorni) fino al leggermente salato e piccante nelle forme stagionate di 6 mesi.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera Regione Lazio

Cenni storici e curiositàLa produzione della caciotta con latte di mucca ha da sempre interessato quasi completamente tutto il territorio regionale. Per la Centrale del latte di Rieti, nata nel maggio del 1955, la caciotta di mucca, è stata, ed è ancora oggi, uno dei prinicpali prodotti (come si evince dalla documentazione risalente agli anni ’70 – ’80 del secolo scorso, conservati presso l’azienda stessa) per la cui produzione viene impiegato solo latte raccolto presso gli allevatori locali.

Caciotta di vacca ciociara (semplice e aromatizzata)

Semplice:
Formaggio in forma a pasta filata molle dal sapore dolce; pezzatura da 1 kg, 0,6- 0,3 kg; forma cilindrica; colore bianco.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera Regione Lazio

Cenni storici e curiositàTradizione storica ciociara.

Aromatizzata:
Formaggio in forma, a pasta filata, molle, aromatizzato. Forma cilindrica; colore bianco; pezzatura da 1 kg, 0,6 kg, 0,3 kg; sapore base dolce più aromi.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Ferentino (FR)

Cenni storici e curiositàTradizione storica ciociara elaborata e consolidata dai caseifici locali.

Fiordilatte

Si tratta di un formaggio fresco a pasta filata molle ed a fermentazione lattica, che può pesare fino a 500 g. Prodotto con latte vaccino, va consumata fresco. Presenta la caratteristica forma tondeggiante o oblunga con testina, oppure a nodino, o a treccia ed è sprovvisto di crosta. Ottimo anche per essere usato nella preparazione di lasagne o pizze.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Rieti (RI), Intera provincia di Latina

Cenni storici e curiositàLa produzione di formaggi a pasta filata è documentata dai testi di autori latini quali Plinio e Columella (De re rustica” Libro VII 8). All’inizio del secolo veniva prodotto dalla trasformazione del latte di vacche maremmane, per differenziarsi solo a fine secolo tra quella proveniente da latte bufalino e da latte vaccino. Nella “Monografia del Fior di Latte” del Marracino (1958) viene introdotta una letta distinzione tra la “Mozzarella” di latte di bufala e il “Fior di Latte” prodotta con latte vaccino. Inoltre, da come si evince dalla ricca documentazione amministrativa e non (registri di carico/scarico, materiale fotografico, etichette storiche etc) conservata presso la Centrale del latte di Rieti, anche in provincia di Rieti la produzione del fiordilatte vanta un’antica tradizione. A partire dal maggio del 1955 l’azienda si è attivata a trasformazione il latte vaccino locale in buone caciotte e fior di latte.

Caciocavallo vaccino (semplice e affumicato)

Formaggio a pasta filata, dura, stagionato da 30 giorni a 6 mesi fino anche 8 anni in grotta tufacea. Pezzatura da 0,2 a 3 kg; forma tipica: ovoidale con testa; colore giallo paglierino; sapore da dolce ad intenso e piccante nelle forme stagionate e/o prodotte con caglio in pasta.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera Regione Lazio

Cenni storici e curiositàE’ senza dubbio uno dei più antichi formaggi dell’Italia meridionale, già citato da Ippocrate (500 a.C.), quando illustra l’arte usata dai Greci per preparare il cacio. Nasce dalla tecnica detta a “pasta filata”, messa a punto proprio nel Meridione per garantire conservabilità ai formaggi di latte vaccino. E’ un formaggio diffuso su tutto il territorio regionale con prevalenza storica nel sud del Lazio. Tradizionale di tutte le regioni che formavano il Regno di Napoli, fu pure oggetto di modi di dire popolari come ad esempio: “Far la fine del caciocavallo” ossia morire impiccato, per analogia con la sua forma, e fu tanto apprezzato dal re Ferdinando IV che in una epistola destinata al cardinale Ruffo scrisse: “Famme truvà tante casecavalle”.

Provola di vacca (semplice e affumicata)

Pasta filata dura tradizionalmente stagionata oltre 30 giorni fino a 6 mesi. Recentemente viene anche commercializzata fresca nella tipologia primo sale. Forma tipica ovoidale di colore giallo paglierino; sapore dolce fino a leggermente salato e piccante nelle forme stagionate.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera Regione Lazio

Cenni storici e curiositàProdotto afferente alla storica produzione di paste filate dure con particolare riferimento all produzione del sud del Lazio.

Provolone vaccino

Pasta filata dura stagionata da 60 a 365 giorni. Pezzatura tipica ovoidale di circa 3 kg con legatura in spago. Colore giallo paglierino e dal sapore intenso tendente al piccante.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera Regione Lazio

Cenni storici e curiositàLa produzione del provolone formaggio a pasta filata dura, ottenuto dalla trasformazione del latte vaccino, ha quasi sicuramente origine meridionale, ma le sue peculiarità hanno fatto sì che la lavorazione si diffondesse anche in altre regioni d’Italia, fra cui il Lazio.

Amatriciano

Materia prima: latte bovino 70%, grasso 3,5%, acidità 6,6% in SH/100 da razza Frisona. Alimentazione: 50% pascolo e 50% foraggio (erbai, avena, veccia, piselli, insilato). Latte ovino 30%, grasso 8%, acidità 7,5-8% in SH/100 da razze miste incrociate con la Sopravvissana. Alimentazione: 50% pascolo, 50% foraggio (naturale del luogo).

Tecnologia di preparazione: filtraggio del latte, pastorizzazione intorno ai 65-70 gradi, raffreddato a 4 gradi, aggiunta di caglio di capretto in pasta. Dopo queste operazioni la massa viene posta negli stampi e le forme vengono stufate sopra i 100 gradi per la fuoriuscita del siero. La salatura si effettua in salamoia (circa 12 ore). Matura in uno o due mesi, tenuto in celle frigorifere alla temperatura di 5 o 6 gradi, le forme vengono lavate una o due volte. Resa 9%.

Stagionatura: non si effettua.

Caratteristiche del prodotto finito: peso: 1,8 Kg; forma: rotonda classica; crosta: gialla scura, marrone liscia e poco spessa; pasta: gialla occhiata; grasso: 45%.

Area di produzione: Amatrice e Leonessa.

Calendario di produzione: primavera ed estate.

Note: è un formaggio emergente della Società Cooperativa Produttori Latte di Amatrice a.r.l. che ritira il latte anche degli allevatori di Leonessa. Il pascolo si svolge su montagne che vanno da 1.000 a 1.600 metri. Per lo smercio dei prodotti la cooperativa ha aperto una decina di negozi, parecchi dei quali a Roma.

Caciotta dei Monti della Laga

Formaggio ovino misto a capra (fino al 30%) ,a pasta molle e grasso; forma cilindrica a scalzo; pezzatura media (0,5 – 2 kg); colore giallo paglierino interno; stagionatura 20 – 30 giorni; sapore dolce o leggermente salato.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Accumoli (RI), Amatrice (RI)

Cenni storici e curiositàSi riscontrano tradizione orale locale, tracce in archivi comunali, presenza storica da almeno 25 anni presso i negozi della zona e nel banco del mercato locale.

Pecorino dei Monti della Laga

Formaggio ovino misto a capra (fino al 30%) a pasta dura e grasso; forma cilindrica a scalzo; pezzatura da 2 a 3 kg; colore giallo paglierino interno; stagionatura da 3 a 6 mesi; sapore leggermente salato e piccante.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Accumoli (RI), Amatrice (RI)

Cenni storici e curiositàSi riscontrano tradizione orale locale, tracce in archivi comunali, presenza storica da almeno 25 anni nei negozi della zona e nel banco al mercato locale. Il formaggio pecorino dei Monti della Laga è in parte afferente al Pecorino del Pastore citato nell’Atlante dei Prodotti Tipici: I Formaggi; redatto dall’Istituto di Sociologia Rurale.

Caciotta mista ovi-vaccina del Lazio

Formaggio misto ovi-vaccino a pasta cruda e semicotta, a volte aromatizzato. Stagionatura massima di 30 giorni, con pezzature da 0,7 a 1,6 Kg, di colore giallo paglierino e sapore dolce. A volte piccante nel semicotto stagionato.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera Regione Lazio.

Cenni storici e curiositàTradizionalmente collegata alla produzione della caciotta genuina romana, nel periodo di calo del latte ovino. Di fatto la tecnologia è abbastanza simile (in particolare nel tipo semicotto), mentre le differenze sono principalmente associate al processo di stagionatura (più breve nel tipo misto) e al sapore (più dolce nel misto).

Pecorino del pastore

Materia prima: latte ovino, grasso 8,5-9% da razza Sopravvissana pura o incrociata (principalmente con Bergamasca e Fabrianese) Siciliana, Comisana e Sarda. Alimentazione: pascolo dal 50 al 90%, resto foraggio (naturale del luogo).

Tecnologia di lavorazione: latte filtrato e scaldato dai 27 ai 35 gradi in recipiente di rame zincato. Aggiunta di caglio di agnello in pasta. Coagula in 20 minuti. Dopo queste operazioni la massa viene lasciata depositare per 20 minuti e messa negli stampi. La forma si buca al centro per fare uscire il siero e si lavora nello stampo con le mani per altri 20 minuti. La salatura si effettua a secco con sale medio o grosso, o in salamoia per 12 ore circa, almeno dopo 24 ore dalla preparazione delle forme. Matura tra i 20 giorni e un mese in cantina o luogo fresco e asciutto. Durante questo periodo le forme vengono lavate almeno una volta. Resa 20%.

Stagionatura: da 4 a 5 mesi in cantina, a volte coperto da una posa di olio che lo conserva. Durante questo periodo le forme vengono girate e controllate (la stagionatura è solo per uso famiglia).

Caratteristiche del prodotto finito: altezza: cm 10; diametro: cm 12; peso: da 1 Kg a 4-5 Kg; forma: rotonda classica; crosta: gialla dorata; pasta: bianca e compatta o leggermente occhiata con la lacrima dell’olio; grasso: 48%; sapore: dolce e forte.

Area di produzione: provincia di Reti, Frosinone e Latina.

Calendario di produzione: da 8 mesi ad un anno se i parti sono a rotazione.

Note: la tradizione di ogni famiglia ha tramandato la ricetta di lavorazione di questo prodotto che, quando derivato dalla Sopravvissana è molto grasso e di sapore molto deciso data l’elevata solubilità delle proteine. A Latina la produzione si espande, grazie ad una certa tendenza alla stabulazione.

Cacio Magno (semplice e alle erbe)

Semplice:
Formaggio a pasta molle, grasso, di forma parallelepipeda; colore giallo paglierino interno e grigio (per aspersione della fecola) all’esterno; pazzatura di 1,2 – 1,5 kg; stagionatura di 20 – 30 giorni; sapore dolce.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Montopoli di Sabina (RI), Poggio Mirteto (RI)

Cenni storici e curiositàTrattasi di una produzione recuperata in riferimento ad una tradizione orale della bassa Sabina ed a documenti storici secolari. Tracce in archivi comunali e presenza storica da almeno 25 anni nei negozi della zona e nei ristoranti. Rilevato anche dalle riviste di settore (Caseus – Anfosc).

Alle erbe:
Formaggio a pasta molle, grasso, di forma parallelepipeda, aromatizzato con erbe e spezie; colore interno della pasta giallo paglierino e colore della crosta grigio (per aspersione della fecola di patate); pezzatura da 1,2 – 1,5 kg e stagionatura di 20 – 30 giorni; sapore dolce ed aromatizzato con: rucola e/o olive e/o radicchio e/o peperoncino.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Montopoli di Sabina (RI), Poggio Mirteto (RI)

Cenni storici e curiositàTrattasi di una produzione recuperata in riferimento ad una tradizione orale della bassa Sabina ed a documenti storici secolari. Tracce in archivi comunali e presenza storica da almeno 25 anni nei negozi della zona e nei ristoranti. Rilevato anche dalle riviste di settore (Caseus – Anfosc).

Formaggio e Caciotta di pecora sott’olio

Formaggio ovino a pasta dura stagionata da 30 a 3 mesi e conservato sott’olio locale dai 3 mesi ai 6 mesi; in alcuni casi viene aromatizzato con pepe. Colore giallo paglierino tendente all’imbrunimento, sapore piccante ed aromi dell’olio di conservazione. Tale formaggio è conservato normalmente a spicchi.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Poggio Mirteto (RI), Acquafondata (FR), Pescosolido (FR), Picinisco (FR), Posta Fibreno (FR), San Biagio Saracinisco (FR), San Donato Val di Comino (FR), Settefrati (FR), Terelle (FR), Vallerotonda (FR), Vicalvi (FR), Villa Latina (FR), Viticuso (FR), Alvito (FR), Atina (FR), Belmonte Castello (FR), Campoli Appennino (FR), Casalattico (FR), Casalvieri (FR), Fontechiari (FR), Gallinaro (FR), Sabina

Cenni storici e curiositàTradizione orale e locale; tracce in archivi comunali e significativa presenza storica nei caseifici della zona. Il formaggio e caciotta di pecora sott’olio viene storicamente servito presso i ristorante locali, Formaggio assimilabile al “pecorino del Pastore” citato nell’Atlante dei prodotti tipici: I Formaggi dell’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale.

Pecorino della Sabina

Semplice:
Formaggio a pasta dura e grassa; forma cilindrica a scalzo; pezzatura da piccola a molto grande (1, 2, 3, 4, 7 e 23 kg); colore della pasta giallo pagliarino; stagionatura da 3 a 6 mesi; sapore leggermente salato e piccante.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Montopoli di Sabina (RI), Poggio Mirteto (RI)

Cenni storici e curiositàStorica produzione di un territorio come quello della Sabina da sempre dedito alla pastorizia sia stanziale che transumante. Tradizione orale locale, tracce in archivi comunali; presenza storica da almeno 25 anni nei negozi della zona, mercati e ristorazione locale.

Alle erbe:
Formaggio a pasta dura e grassa; forma cilindrica a scalzo; pezzatura da 1, 2, 3, 4, 7 e 23 Kg; colore giallo paglierino interno (della pasta) e grigio (per aspersione della fecola di patate) all’esterno; aromatizzazione con erba cipollina, rucola, finocchio selvatico, basilico e coriandolo; sapore leggermente salato ed aromatico; stagionatura da 3 a 6 mesi.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Montopoli di Sabina (RI), Poggio Mirteto (RI)

Cenni storici e curiositàTradizione orale locale; tracce in archivi comunali e presenza storica da almeno 25 anni presso negozi e ristoranti locali.

Caprino stagionato semplice o con le erbe

Materia prima: latte di capra da razze Alpina e Saanen. Alimentazione: 70% pascolo, 30% foraggio.

Tecnologia di lavorazione: si usa o latte crudo (di una sola mungitura) o latte refrigerato, pastorizzato a 65 gradi, raffreddato a 20 gradi. Aggiunta di fermenti lattici industriali e di caglio liquido in dose molto bassa. La massa si mantiene alla temperatura di 20 gradi per circa 20 ore. Raggiunta la giusta acidità si mette la cagliata, senza romperla, negli stampi e si lascia scolare, mantenendo sempre la stessa temperatura (20 gradi) ancora per 20 ore. Matura in 20 giorni in cella frigorifera. Eventuale addizione di timo oppure origano. Resa 12-13 gradi.

Stagionatura: da 20 giorni fino a 2 mesi circa, necessari perché i pezzi si ricoprano di muffa, tenuti in cella frigorifera.

Caratteristiche del prodotto finito: si può presentare o in forma cilindrica (altezza: cm 5; diametro: cm 8) oppure a piramide (altezza: cm 12) oppure a forma di cuore (per pubblicità) da gr 150. Si presenta avvolto in una foglia di confezione di legno (per vendita a ristoratori e amatori). Peso: da gr 125 fino a gr 500; crosta: fiorita, presenza di muffe naturali tendenzialmente verdi-bluastre su superficie bianca; pasta: porcellanata, bianca, compatta sempre morbida e cremosa, gusto aspretto. Una volta secco il formaggio si scheggia, ma al palato si scioglie.

Area di produzione: Montopoli Sabino, provincia di Rieti.

Calendario di produzione: da febbraio a novembre.

Note: prodotto dall’azienda agricola Capre del Farfa (sta per cambiare nome e si chiamerà Casale del Farfa). A differenza delle capre indigene le Saanen pascolano su prati e non su macchia arborea, dando un latte dal sentore più delicato. La loro mammella si presta alla mungitura meccanica. L’azienda offre anche altri prodotti: caciotta del Farfa, Sabino, Olimpo, ricotta di capra.

Ricotta Romana DOP

Materia prima: siero di latte ovino intero, da razze Siciliana, Comisana e Sarda. Alimentazione: 90% pascolo, 10% foraggio (granella e mangime).

Tecnologia di lavorazione: si ricuoce fugacemente il siero ad 80-90 gradi circa. Si ottiene per affioramento ricorrendo al cosiddetto metodo del fuoco e del bastone (a seconda della sonorità ottenuta battendo sul fondo del recipiente il bastone indica il momento in cui si deve estrarre la ricotta. Inoltre quanto meno esso viene tenuto nella pasta, tanto più questa – girata molto lentamente – sarà compatta e morbida). L’aggiunta di correttori del PH acido (acido solforico, siero acido, ecc.) va tassativamente esclusa.

Stagionatura: non si effettua.

Caratteristiche del prodotto finito: si presenta in fuscelle del peso di Kg 2 circa.

Area di produzione: Agro Romano.

Calendario di produzione: da novembre a giugno.

Note: i produttori lamentano una mancanza di regolamentazione denunciando l’immissione sul mercato di involucri abusivamente recanti la scritta “ricotta romana”. La più superba edizione è quella detta “alla doppia panna” messa sul mercato da un pastore di Amatrice.

Ricotta secca

La ricotta secca può essere classificata come un prodotto a pasta molto dura (mediamente contiene il 23% di umidità) e molto grasso (mediamente contiene il 71% di grasso sulla sostanza secca).

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Rieti, Intera provincia di Latina, Intera provincia di Frosinone

Cenni storici e curiositàLa sua presenza storica nella produzione e nei mercati locali è plurisecolari e riscontrabile da documenti storici. La ricotta secca è citata nell’Atlante dei Prodotti Tipici: “I Formaggi”, redatto dall’Istituto Nazionale di Sociologia Rurale (1991), anche se si fa riferimento solo alla ricotta secca prodotta in provincia di Rieti.

Ricotta di capra

Materia prima: siero di latte di capra di razza Alpina e Saanen. Alimentazione: 70% pascolo, 30% foraggio.

Tecnologia di lavorazione: si ricuoce fugacemente il siero alla temperatura di 86-87 gradi. Si ottiene per affioramento. Dopo questa operazione la ricotta viene messa negli stampi. Resa 4%.

Stagionatura: non si effettua.

Caratteristiche del prodotto finito: si presenta in fuscelle da 1,5 Kg; colore: bianco; sapore: dolce e cremoso.

Area di produzione: Montopoli Sabino (provincia di Rieti).

Calendario di produzione: da febbraio ad ottobre.

Note: per l’azienda produttrice si rimanda alla scheda precedente (Caprino stagionato semplice o con le erbe).

Omento di maiale, Beverelli

L’omento è una membrana ricavata dalla parte superiore dell’anteriore dell’addome su cui s’inserisce l’intestino del maiale, dialettalmente detta corallina, sottoposto a salatura, aromatizzazione con erbe, peperoncino ed aglio. Successivamente il prodotto viene steccato ed appeso in ambienti asciutti e ben ventilati e lasciato stagionare per circa 30 giorni. L’omento di maiale presenta sapore salato e piccante.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Antrodoco (RI)

Cenni storici e curiositàProdotto tradizionalmente preparato nel Comprensorio Antrodocano in cui è abbastanza diffuso l’allevamento domestico del maiale.

Capocollo o Lonza

Salume di peso variabile da 1,2 a 2 kg che presenta colore interno rosso screziato bianco e forma è cilindrica. Il processo di preparazione prevede la rifilatura del taglio, la salatura ed il condimento con sale, pepe, aglio ed eventualmente peperoncino e noce moscata.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Viterbo, Intera provincia di Rieti, Intera provincia di Roma, Intera provincia di Frosinone

Cenni storici e curiositàIl capocollo o lonza è un dei prodotti più tradizionali delle province di Roma, Rieti, Viterbo e Frosinone. Si tratta di un prodotto più volte citato nei trattati enogastronomici, con forte presenza presso le norcinerie locali.

Guanciale

Salume di circa 1Kg di pezzatura. Forma anatomica della guancia (triangolare); colore rosso screziato di bianco, a volte la parte di tessuto adiposo appare di colore roseo. Sapore da sapido delicato a sapido piccante. In alcuni casi aromatizzato con fumo di asciugatura o di specifica affumicatura.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera Regione Lazio.

Cenni storici e curiositàLe famiglie contadine soprattutto delle zone montane erano solite lavorare carni di maiale per ottenere alcuni alimenti da stagionare e conservare nel tempo, soprattutto per i lunghi e freddi inverni, come ad esempio il guanciale. Il guanciale tradizionalmente veniva preparato nelle province di Frosinone, Viterbo e Rieti. Oggi viene prodotto in tutto il Lazio.

Lombetto o Lonza

Salume impostato sulla trasformazione dell’intero muscolo lombare e dorsale prelevato dalla sesta vertebra ed oltre. Differenziato nel condimento tra le diverse zone, da un’ampia presenza di spezie a Frosinone e Viterbo, al solo pepe nero nei Monti della Laga. Caratteristica è anche la bagnatura delle carni in vino con particolare riferimento all’utilizzo del vino rosso Cesanese a Frosinone e del bianco in Sabina e nel Viterbese.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Viterbo, Intera provincia di Rieti, Intera provincia di Frosinone.

Cenni storici e curiositàLa prima testimonianza relativa a questo prodotto tradizionale risale al 1352. Se ne fa menzione in un protocollo notarile conservato presso l’Archivio Diocesano di Viterbo. Si tratta della locazione di una bottega di macelleria in cui si chiede un canone annuo parte in denaro e parte in natura: un quarto di castrato da conferire durante il periodo di Pasqua e una mezza “lonza porcina”, per Natale. La tradizione viterbese degli inizi del ‘900 voleva che il lombetto fosse consumato nel corso della colazione di Pasqua o delle scampagnate del lunedì di Pasquetta, quando, giunto a maturazione, era ottimo per accompagnare la “pizza di Pasqua”, sia dolce che al formaggio.

Pancetta di suino

Salume impostato sulla trasformazione della regione ventrale del suino. Caratteristica è nelle sue presentazioni quali la “tesa” (con mantenimento della cotica, breve stagionatura e maggiormente speziata) e l’arrotolata (più fine, senza cotica, condita solo a base di pepe). In provincia di Frosinone è diffusa anche la versione affumicata con legna di ginepro.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Frascati (RM), Intera provincia di Viterbo, Intera provincia di Rieti, Intera provincia di Roma, Intera provincia di Frosinone.

Cenni storici e curiositàTradizione orale locale, tracce in archivi comunali, presenza storica nelle norcinerie.

Porchetta di Ariccia, di Viterbo, di Poggio Bustone

Prodotti afferenti Porchetta viterbese, Porchetta di Ariccia

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Rieti

Aree di rinvenimento produttori censiti: Magliano Sabina (RI), Contigliano (RI)

Tipologia produzione: Attiva

Periodo di produzione: Tradizionalmente prodotta tutto l’anno.

Mercato di riferimento: Locale e regionale.

Descrizione del prodotto: Preparazione alimentare derivata dalla cottura per più ore in forno dell’intero suino precedentemente disossato, svuotato (salvo il fegato) ed aromatizzato. Il prodotto è principalmente caratterizzato da forma cilindrica, colore marrone, sapore sapido, stagionatura assente e da un peso finale di circa 25-40 Kg.

Elementi di tradizionalita’ del processo produttivo: Prodotto tradizionale diffuso in molte aree del Lazio con particolare presenza nelle province di Rieti, Roma e Viterbo. Tradizionalmente viene prodotta con suini locali di 90 Kg di Peso Vivo alimentati a seco. Il processo di trasformazione è caratterizzato dalla scelta del suino, dalla disossatura che lascia integro il corpo, dal condimento inserito all’interno prima della cottura e dalla cottura in forno a legna.

Materiali utilizzati nella tradizione locale: Forno a legna per la cottura.

Storia tradizionale del Prodotto: Tradizione orale locale, tracce in archivi comunali, presenza storica nelle norcinerie. Per la porchetta di Ariccia è in itinere la procedura di riconoscimento IGP.

Ottenuto anche con metodo Biologico: NO

Fonte: Regione Lazio – arsial.it. I prodotti tipici e tradizionali del Lazio – Progetto Agricoltura Qualità.

Salsicce secche di suino

Salume impostato sulla trasformazione del magro del costato e rifilature di spalla, prosciutto e lonza. Normalmente stagionata tra i 20 e i 30 giorni dopo asciugatura in camera calda. Pepe, aglio tritato, finocchio, noce moscata, peperoncino etc, sono gli aromi più utilizzati anche se in misura diversa tra le diverse zone.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Frascati (RM), Intera provincia di Viterbo, Intera provincia di Rieti, Intera provincia di Frosinone

Cenni storici e curiositàTradizione orale locale, tracce in archivi comunali, presenza storica nelle norcinerie.

Salsiccia di fegato di suino (mazzafegato di Viterbo, paesana da sugo, semplice)

Salume impostato sulla trasformazione del fegato (mai sopra il 50%) con altre frattaglie e carni magre di scarto (testa, guance, pancetta). Condito in maniera fortemente differenziata per le diverse zone del Lazio (sempre comunque molto aromatizzato), può essere utilizzato sia fresco che secco dopo almeno 20 giorni si stagionatura.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Viterbo, intera provincia di Rieti, intera provincia di Latina, intera provincia di Frosinone.

Cenni storici e curiositàTradizione orale locale, tracce in archivi comunali, presenza storica nelle norcinerie.

Salsiccia sott’olio (allo strutto)

Salume impostato sulla trasformazione del magro del costato e rifilature di spalla, prosciutto e lonza. Normalmente stagionata tra i 15 ed i 30 giorni dopo asciugatura in camera calda. Pepe, aglio tritato e finocchio sono tra gli aromi più utilizzati anche se in misura diversa tra le diverse zone; in alcuni casi è previsto l’impiego anche di peperoncino e noce moscata.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Rieti, intera provincia di Frosinone, Acquapendente (VT).

Cenni storici e curiositàTradizione orale locale, tracce in archivi comunali, presenza storica nelle norcinerie.

Mortadella romana, di Amatarice, di Accumoli, viterbese

Mortadella romana:
Salume a base di carne di suino (in genere il taglio interessato è quello della spalla) ed il 25% – 30% di lardo proveniente dalla pancetta. L’impasto viene condito con sale, pepe in grani e/o macinato fine ed eventualmente aglio fresco schiacciato nel vino. Le carni magre vengono macinate finemente per mezzo di un tritacarne e miscelate con lardelli di lardo tagliati a mano a punta di coltello. L’impasto, condito ed aromatizzato, viene insaccato in budello naturale, precedentemente trattato con vino bianco, acqua salata ed eventualmente aceto, e posto ad asciugare per qualche giorno all’interno di gabbie metalliche, conferendogli la caratteristica forma schiacciata.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Roma.

Cenni storici e curiositàLa tradizionalità della mortadella romana, chiamata comunemente “spianata”, è riconducibile alla particolare tecnica di trasformazione ed alla fase di asciugatura effettuata con le gabbie metalliche.

Mortadella di Amatrice:
Si tratta di un salume a grana fine di carne suina di prima qualità, con lardello centrale. Presenta forma tondeggiante e sapore intenso, appena piccante. Il bastone di lardo, inserito al centro, rende inconfondibile la mortadellina amatriciana che si presenta, al taglio, di colore rosa- violaceo con un nucleo centrale bianco.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Amatrice (RI)

Cenni storici e curiositàL’appellativo di mortadella deriva da “mortaio” che evoca l’immagine di carne sminuzzata e pestata. La produzione di mortadelline è legata da più di tre secoli al territorio, come si evince dalle testimonianze orali raccolte. La peculiarità di questo insaccato è di potersi conservare più a lungo di altri e di poter essere consumato fino alla produzione dell’anno successivo. Le origini del prodotto sono da far risalire al 1700.

Mortadella di Accumoli:
La mortadella di Accumoli è un salume impostato sulla trasformazione delle carni tritate di lombo, lardo e pannicolo del torace. Caratteristica è la tritatura molto fine delle carni, il giusto rapporto finale fra parte magra e parte grassa e l’involucro in cui l’impasto viene mantenuto: pannetto del sevo ed intestino crasso ricucito.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Amatrice (RI)

Cenni storici e curiositàLa produzione della mortadella di Accumoli vanta una antica tradizione in quanto connessa all’allevamento del suino che avveniva presso le famiglie contadine che risiedevano nelle zone di montagna dell’alto reatino. Caratteristica del prodotto è la pratica del restringimento del salume al fine di favorire la fuoriuscita di aria residua, con l’ausilio di due stecche in genere di faggio. La mortadella di Accumoli è storicamente presente presso le norcinerie e i ristoranti locali. Le origini del prodotto si fanno risalire al 1700.

Mortadella viterbese:
Salume impostato sulla trasformazione delle rifilature magre di costato, spalla, coscia e pancetta. Caratteristica è la triturazione fine delle carni ed il rapporto magro/grasso che ne deriva.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Viterbo.

Cenni storici e curiositàCon il termine “mortadella” in passato si intendeva un insaccato fatto con impasto ottenuto lavorando la carne di maiale con il mortaio (in latino mortarium). Nei ricettari del 1300 e 1400 troviamo vari tipi di mortadelle fatte con carne di maiale cruda. La guida del Touring Club Italiano già nel 1931 cita tra i prodotti tipici di area laziale la “mortadella di Viterbo”.

Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale IGP

Tipo di prodotto:
Carne bovina fresca ottenuta da animali delle razze chianina, marchigiana, romagnola, di età compresa tra i 12 ed i 24 mesi. Il bestiame deve risultare nato da allevamenti in selezione e regolarmente iscritto alla nascita nel Registro Genealogico
del Giovane Bestiame. Dalla nascita allo svezzamento, è consentito l’uso dei seguenti sistemi d’allevamento: pascolo, stabulazione libera, stabulazione fissa; in seguito, sono consentite solo la stabulazione libera e la posta fissa.
Sono inoltre controllate l’alimentazione (negli ultimi mesi è vietato l’uso degli insilati) e la macellazione (che deve avvenire, secondo norme definite, in macelli idonei nella zona di produzione).
La carne di vitellone bianco dell’Appennino centrale deve essere immessa al consumo provvista di particolare contrassegno a garanzia dell’origine e dell’identificazione del prodotto; il logo deve essere impresso sulla superficie della carcassa, in corrispondenza alla faccia esterna di 18 tagli.

Zona geografica di produzione:
L’area geografica di produzione della carne di vitellone bianco dell’Appennino centrale è rappresentata dal territorio delle province collocate lungo la dorsale appenninica dell’Italia centrale. Più precisamente, la zona di produzione è rappresentata dai territori delle seguenti province: Bologna, Ravenna, Forlì, Rimini, Pesaro, Ancona, Macerata, Ascoli Piceno, Teramo, Pescara, Chieti, L’Aquila, Campobasso, Isernia, Benevento, Avellino, Frosinone, Rieti, Viterbo, Terni, Perugia, Grosseto, Siena, Arezzo, Firenze, Prato, Livorno, Pisa.

Curiosità storiche e letterarie:
L’affermazione finale di questo brano può avere una duplice lettura. Da una parte, può significare che, come altre razze, anche la romagnola fornisce le carni adatte per le “giustamente celebri fiorentine”. Dall’altra, può suggerire che non esiste
una fiorentina migliore di quella che proviene da carni di razza romagnola.
La prima interpretazione è confermata dalla consuetudine, la seconda non poggia su basi più solide del gusto personale: noi la immaginiamo immediatamente contraddetta da tutti gli autori e gli appassionati provenienti dal versante toscano dell’Appennino.
La IGP Vitellone bianco dell’Appennino centrale comprende varie razze bovine, e quindi vorremmo, per parte nostra,
evitare di dare sostegno a qualsiasi vertenza campanilistica. Tuttavia, le poche note contenute in Romagna gastronomica – guida alla veritiera cucina romagnola, a proposito della ottima qualità della carne bovina di razza romagnola, possono costituire una interessante citazione, a conferma dell’apprezzamento di cui gode una delle pregiate cinque razze bovine italiane.

Il bovino di razza Gentile Romagnola, una delle più pregiate d’Italia, fornisce ottime carni, specie se allevato nei pascoli collinari. Dal vitello al vitellone, al manzo, al bue, infiniti sono i prodotti che ne ricaviamo per le nostre tavole: arrosti, stufati, stracotti, bolliti, bistecche, braciole, frattaglie, ecc., per cui sarebbe necessario un lungo discorso.
Il nostro vitellone, trasportato in Toscana, fornisce le giustamente celebri fiorentine.(*)

(*) Corrado Contoli, Romagna gastronomica – guida alla veritiera cucina
romagnola, Bologna, Edizioni Calderini, 1963, pag. 51

Fonte: Ermes Agricoltura – Regione Emilia Romagna

Carne di pecora secca

Si utilizza per questa lavorazione, prevalentemente, il coscio della pecora disossato che, arrotolato, si condisce con sale, pepe, peperoncino e si strofina con aglio. Si pone ad asciugare vicino al camino e si lascia stagionare in cantina.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Fara in Sabina (RI), Montopoli di Sabina (RI), Poggio Mirteto (RI), Poggio Moiano (RI), Poggio Nativo (RI).

Cenni storici e curiositàLa preparazione ha origini molto antiche, questo sistema di conservazione permetteva di disporre di carne ovina per tutto l’anno. E’ il cibo tradizionale dei pastori e la ricetta si tramanda oralmente.

Coppiette (di cavallo, suino, bovino)

Carne magra di suino, bovino (anche di pura razza Maremmana e relativi incroci) ed equino, essiccata ed aromatizzata con peperoncino, semi di finocchio, aglio, rosmarino e vino bianco. Il prodotto presenta la caratteristica forma irregolare a listarelle più o meno grandi e colore da rosso vivo a marrone scuro.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera Regione Lazio, Acquapendente (VT)

Cenni storici e curiositàProdotto storico plurisecolare del Lazio. Diffuso come pasto rapido dei lavoratori e come pasto da taverna. Storica presenza nelle norcinerie e nelle enoteche locali. In alcuni paesi è ancora diffusa l’abitudine di realizzare le coppiette in casa. Nel paese di Marcellina (RM), nella prima decade del mese di maggio, parallelemente ai festeggiamenti dedicati alla Madonna delle Ginestre, giunti all’87° edizione, si svolge la Sagra delle Coppiette, organizzata dal Comitato dei Butteri.

Braciole sott’olio

Bistecche di maiale sottoposte a salatura per 24 ore e successivamente cotte alla brace. Dopo la cottura è previsto un periodo di raffreddamento a temperatura ambiente. Le bistecche vegono poi conservate sott’olio extravergine di oliva in barattoli di vetro.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Fara in Sabina (RI), Poggio Mirteto (RI), Poggio Nativo (RI).

Cenni storici e curiositàProdotto legato alla cultura contadina del Comprensorio della Sabina, altamente vocato alla coltivazione dell’olivo. La braciola in olio risulta essere uno dei pochi metodi di conservazione delle bistecche.

Pane salinese

Composizione:
a. Materia prima: farina di grano tenero, acqua, lievito naturale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:

Tecnologia di lavorazione: la farina e gli altri ingredienti vengono impastati bene nelle macchine fino ad ottenere un composto omogeneo. Si lascia lievitare tutta la notte. Al mattino si aggiunge altra farina e acqua manipolando ancora la pasta. Poi manualmente si formano delle pagnotte a forma di filone che vengono segnate con tagli trasversali. Si fa completare la seconda alzata e si inforna nel forno a legna.

Area di produzione: Salisano in provincia di Rieti.

Note: in questo paesino del Lazio i romani si recano spesso quando vogliono acquistare il pane buono: pagnotte, filoni, integrale, alle noci, alle olive nere. Sono tutti confezionati a mano. Anche nel Lazio, come nel resto dell’Italia centrale, al pane cotto, così come alla farina, si attribuiscono notevoli proprietà curative specialmente sulle parti esterne del corpo. La farina, per esempio, veniva adoperata frequentemente, per curare le ustioni e il soggetto ustionato, specie se bambino, poteva essere completamente ricoperto con essa. Molto frequente è l’uso della mollica bagnata (a volte masticata) da mettere sull’ascesso o un foruncolo da liberare; oppure il lievito applicato sulla tempia per lenire nevralgie e dolori. Ma perché l’effetto terapeutico si manifesti, il pane deve essere fatto come un tempo, come questo di Salisano. Cfr. C. Papa (a cura di), Il pane, Perugia, 1992.

Pizza (per terra, sfogliata, farina di mais, somma, rossa, bianca, brace, con gli sfrizzoli)

Pizza per terra:
Per la preparazione della pizza per terra si impasta il lievito naturale, conservato dalla precedente panificazione, e riattivato mettendolo a bagno, per 12 ore prima dell’utilizzo, con farina di grano tenero, uova, sale e semi di anice. L’impasto viene lavorato in filoni, lasciato lievitare avvolti in teli di lino a temperatura ambiente e spennellato con uovo battuto. La cottura avviene in forno a legna.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Posta (RI)

Cenni storici e curiositàPizza dal ricco aroma di anice preparato in ambito domestico. La ricetta e la preparazione avviene secondo la tradizione.

Pizza sfogliata:
Pizza rustica costituita da sfoglia esterna, preparata con farina ed uova, e ripieno di carne macinata, pepe e formaggio ed eventualmente altri tipi di ingredienti. La pizza viene prima arrotolata su se stessa e nuovamente arrotolata a formare una spirale. La cottura avviene a forno preferibilmente a legna.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Concerviano (RI), Fiamignano (RI), Marcetelli (RI), Pescorocchiano (RI), Petrella Salto (RI), Varco Sabino (RI), Borgorose (RI)

Cenni storici e curiositàLa preparazione della pizza sfogliata avveniva, ed avviene ancora oggi, in ambito domestico secondo una ricetta tradizionale tramandata di generazione in generazione.

Pizza con farina di mais:
Pizza dolce ottenuta dalla lavorazione di farina di mais e grano tenero tipo 00, sale e lievito naturale.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Rieti (RI)

Cenni storici e curiositàLa tradizione di lavorazione del prodotto viene tramandata oralmente da generazioni.

Pizza somma:
Pizza di forma tondeggiante a base di farina, uova, lievito, e sale. La cottura avviene in forno a legna.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Rieti

Cenni storici e curiositàProdotto di lunga tradizione la cui ricetta e la metodologia di preparazione viene tramandata di generazione in generazione.

Pizza rossa:
Schiacciata preparata con pasta pane lievitata condita sempre con il pomodoro a pezzi o passato. L’impasto viene fatto lievitare a temperatura ambiente per circa 1 ora.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Subiaco (RM), Intera provincia di Rieti

Cenni storici e curiositàIn passato la preparazione della pizza rossa avveniva in ambito domestico. Il condimento, sempre, su una base di pomodoro maturo prevedeva l’aggiunta di aglio, sedano, acciughe salate ed olio extravergine di oliva.

Pizza bianca:
Schiacciata preparata con farina tipo 00, acqua, lievito naturale, olio extravergine di oliva e sale. L’impasto viene fatto lievitare a temperatura ambiente e lavorato manualmente. A cottura terminata la pizza bianca viene cosparsa di olio extravergine di oliva.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Nazzano (RM), Subiaco (RM), Intera provincia di Rieti

Cenni storici e curiositàLa pizza bianca vanta una lunga tradizione, risale al tempo in cui il pane si faceva in casa, infatti, si ricava dallo stesso impasto. Prima di infornare il pane, quando le pareti del forno erano ben calde, si toglieva la brace e si infornavano le pizze direttamente sul piano del forno dopo averlo ripulito. Sul fondo della preparazione rimanevano tracce di brace e cenere, segno della sua estrema semplicità e rusticità.

Pizza sotto la brace:Pizza di forma tondeggiante a base di farina, acqua e sale. L’impasto, dopo qualche minuto di lievitazione, viene lavorato manualmente a formare delle pizze rotonde poste a cuocere al forno a legna.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Rieti

Cenni storici e curiosità
Prodotto di lunga tradizione e diffusione. La cottura al forno a legna esalta il gusto del prodotto da sempre consumato tal quale o farcito con affettati, formaggi etc.

Pizza con gli sfrizzoli:Pizza di varia forma preparata con farina, lievito e sale. All’impasto vengono aggiunti gli sfrizzoli sminuzzati, ossia la parte che resta dopo aver fatto sciogliere il grasso di maiale per ricavare lo strutto, e fatto lievitare per qualche minuto. La cottura, previa disposizione in una teglia, avviene in forno a legna.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Rieti

Cenni storici e curiositàProdotto di tradiziona contadina la cui preparazione è connessa alla presenza del maiale allevato in ambito domestico.

Ciacamarini

Pasta alimentare a base di farina, uovo, sale ed aggiunta di acqua tiepida. L’impasto viene fatto riposare per qualche minuto e quindi viene tirata la sfoglia fino ad uno spessore di circa mezzo centimetro. La sfoglia viene tagliata in striscioline successivamente arrotolate con le mani.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Marcetelli (RI)

Cenni storici e curiositàPasto semplice delle famiglie contadine la cui preparazione avviene tradizionalmente nelle cucine domestiche. La ricetta ed in particolar modo il metodo di lavorazione della pasta viene tramandata di generazione in generazione.

Ravioli di patate

Ravioli secchi di sapore variabile a seconda degli ingredienti. Generalmente si preparano a partire da un impastando farina, uova, latte, olio extravergine di oliva, sale e lievito naturale; l’impasto così ottenuto viene lasciato lievitare e poi usato per preparare la sfoglia. Si prepara a parte il ripieno composto da patate lessate e schiacciate, formaggio di pecora grattuggiato, uova ed uvetta fatta rinvenire nel vino. La preparazione del ripieno può essere modificata con l’aggiunta di altri ingredienti (ad es. castagne).

Aree di rinvenimento del Prodotto: Concerviano (RI), Fiamignano (RI), Marcetelli (RI), Petrella Salto (RI), Varco Sabino (RI), Borgorose (RI)

Cenni storici e curiositàCucine domestiche.

Frascarelli

Pasta alimentare tipica della cucina povera, viene preparata con farina di grano tenero, acqua e sale, per formare un impasto duro che viene poi sbriciolato manualmente in piccoli pezzettini e condito con sughi di magro o utilizzata per minestre.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Rieti

Cenni storici e curiositàLa ricetta è tramandata oralmente da generazioni. La tradizione vuole che fosse un piatto preparato principalmente per nutrire le puerpere in quanto si riteneva che favorisse la discesa del latte. Il nome deriva dall’uso di spruzzare acqua bollente sulla farina per mezzo di rametti con foglie ( “frasche”) per non scottarsi le mani. Tipica è la minestra di frascarelli con le fave.

Gnocchetti di polenta

Gnocchi di piccole dimensioni e colore giallo. Si preparano impastando la farina di mais mista a farina di frumento, il sale e l’acqua tiepida, fino ad ottenere un impasto non troppo duro, da cui vengono ritagliati degli gnocchi di dimensione ridotta rispetto a quelli di patate.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Concerviano (RI), Fiamignano (RI), Marcetelli (RI), Pescorocchiano (RI), Petrella Salto (RI), Varco Sabino (RI), Borgorose (RI)

Cenni storici e curiositàQuesta ricetta, tramandata oralmente da generazioni, rappresenta un tipico esempio di cibo povero che veniva tradizionalmente consumato nella cultura contadina.

Gnocchi di castagne

Gnocchi preparati con patate e farina di castagne. Si preparano disponendo a fontana la farina di grano tenero e quella di castagne, dopodichè si lessano le patate, si schiacciano e si uniscono alla farina, aggiungendo noce moscata ed un pizzico di sale. Dopo aver lavorato l’impasto così ottenuto se ne ricavano degli gnocchi.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Fiamignano (RI), Petrella Salto (RI), Antrodoco (RI)

Cenni storici e curiositàLa consuetudine di preparare alimenti a base di castagne è tipica delle zone castanicole. La ricetta è tramandata oralmente da generazioni.

Maccheroni

Pasta lunga, simile agli spaghetti, a sezione piatta, di larghezza irregolare (circa 2-3 mm), di colore giallastro, ottenuta dalla lavorazione di farina di grano tenero e uova (un uovo ogni 100 gr di farina). L’impasto abbastanza consistente viene fatto riposare per circa 30 minuti, sotto un recipiente di ceramica. La sfoglia, tirata sottile su una spianatoia, per mezzo di un mattarello, viene piegata più volte e tagliata per ottenere dei tagliolini più sottili.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Regione Lazio

Cenni storici e curiositàE’ una preparazione domestica in uso da lunghissimo tempo presso le famiglie contadine. La ricetta viene tramandata oralmente da generazioni. Il termine “maccheroni” non si riferisce a un tipo particolare di pasta; un tempo, infatti, questo nome identificava qualsiasi tipo di pasta lavorata a mano, fatto con semplice acqua e farina. In seguito, con la comparsa delle paste industriali, si è passati alle paste secche del commercio, fino ad arrivare alla pasta all’uovo attuale, sottoforma di fettuccine o tagliolini. I Maccheroni sono detti, infatti, anche tagliolini.

Pizzicotto (pasta alimentare)

Pasta alimentare di forma tondeggiante e leggermente schiacciata preparata con farina di grano tenero, acqua e lievito naturale. l’impasto viene fatto lievitare per qualche minuto e quindi si “spizzica” con le mani ricavandone dei piccoli gnocchi sottoposti a cottura in acqua bollente.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Contigliano (RI)

Cenni storici e curiositàProdotto della cultura contadina tradizionalmente preparato in occasione della preparazione del pane, uno dei filoni veniva utilizzato per ricavarne i pizzicotti.

Strozzapreti

Pasta fresca in forma di strisce a sezione quadrata, di colore bianco e la consistenza è farinosa. Gli ingredienti sono solo farina di grano duro ed acqua impastati manualmente fino a quando l’impasto non diventa liscio. Può essere conservata per un breve periodo di tempo.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Poggio Moiano (RI), Rieti (RI), Roccagorga (LT), Accumoli (RI), Cantalice (RI)

Cenni storici e curiositàLa preparazione di pasta fresca senza l’aggiunta di uova si perde nella notte dei tempi. La pasta così preparata è stata alla base della nascita dell’industria pastificia alla fine del 1800, interessata alla preparazione di prodotti senza uova in quanto meno deperibili. Gli strozzapreti, in particolare, vantano una lunga tradizione e la ricetta di preparazione è tramandata da generazioni.

Tagliatelle di castagne

Pasta tipica delle zone castanicole della nostra provincia, caratteristiche per il sapore leggermente dolciastro.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Concerviano (RI), Fiamignano (RI), Marcetelli (RI), Pescorocchiano (RI), Petrella Salto (RI), Varco Sabino (RI), Antrodoco (RI), Borgorose (RI)

Cenni storici e curiositàLa presenza storica di questo prodotto è strettamente legata alla presenza dei castagneti da frutto; la sua ricetta di preparazione viene tramandata oralmente da generazioni.

Sgombro affumicato

Materia prima: sgombro.

Tecnologia di lavorazione: si prepara la salamoia che verrà aromatizzata con grani di pepe, foglie di alloro, semi di finocchio, foglie di limone, pezzetti di buccia di limone, pezzetti di zenzero (in Sicilia), grani di coriandolo (Lazio) mettendo tutti questi ingredienti in un capace recipiente e versandovi sopra l’acqua salata bollente, agitata per amalgamare gli ingredienti e far sciogliere il sale. Si puliscono gli sgombri togliendo le branchie, i visceri e le pinne. Si lavano in acqua fredda lasciandoli asciugare. Quando sono asciutti si mettono in salamoia dove rimarranno per circa 8-10 giorni, agitando ogni tanto con un mestolo di legno. Si tolgono dalla salamoia e si infilano per la testa in una canna di legno mettendoli ad asciugare. Una volta asciugati si fanno affumicare per alcuni giorni, i più raffinati usano essenze aromatiche come foglie di ginepro, rami di rosmarino o steli di finocchio selvatico. Completata l’operazione, si ripone il tutto in cassette di legno, conservando in luogo fresco e asciutto, meglio se al buio.

Maturazione: 1 mese.

Area di produzione: San Benedetto del Tronto, Orbetello, costa occidentale della Sicilia, Lazio.

Calendario di produzione: autunno-inverno.

Note: questa preparazione un tempo era molto diffusa, poi dopo la scoperta della latta a fascia stagna è stata gradualmente abbandonata. Qua e là lungo le coste italiane qualche marinaio, per uso privato e personale, ha continuato a produrlo, come i vecchi marinai di San Benedetto del Tronto, che un tempo tenevano i pezzi di sgombro in tasca, al pari dei polpi essiccati, pronti a colmare i morsi della fame. Un noto ristorante della capitale, che si rifà alla cittadina marchigiana, utilizza gli sgombri affumicati mettendoli sott’olio per un certo tempo e servendoli cosparsi di prezzemolo fresco.

Patata di Leonessa

La patata (Solanum tuberosum) è una pianta erbacea appartenente alla famiglia delle solanacee. Il tubero presenta forma sub-sferica, buccia di colore variabile dal beige al rossiccio e pasta variabile dal bianco al giallo, a seconda della varietà utilizzata.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Leonessa (RI)

Cenni storici e curiositàDa sempre, nel comprensorio leonessano è diffusa la coltivazione della patata, che nel passato occupava superfici notevolmente più estese. Presso il paese di Leonessa ogni 2° domenica di ottobre viene organizzata la Sagra della patata di leonessa, oggi alla 15° edizione. Nell’ambito della Sagra viene attribuito un premio alla patata più grande.

Pomodoro corno di toro

Il pomodoro “corno di toro” presenta una caratteristica forma allungata generalmente di 14-16 cm, ma può raggiungere lunghezze maggiori, che termina a punta leggermente ricurva, da qui deriva la denominazione “corno di toro”. La buccia è molto sottile ma croccante e presenta colore rosso vivo.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Contigliano (RI)

Cenni storici e curiositàVarietà di pomodoro “creata” e coltivata nella piana Reatina più di 50 anni fa dal Sig. Adriano Rosati, residente nella città di Rieti. Dalle testimonianze orali raccolta si apprende che la coltivazione di questo pomodoro, grazie alle sue peculiarità, col tempo si è diffusa anche presso altri coltivatori della zona, che hanno garantito nel tempo sia la conservazione del seme, sia la diffusione delle piantine e dei frutti anche in zone limitrofe alla piana reatina. Dal punto di vista culinario, fin dal passato, il pomodoro “corno di toro”, ha trovato largo impiego come pomodoro da mensa, da conserve, od essiccato e conservato sott’olio.

Cicerchia

Legume secco coltivato nell’altopiano di Rascino a circa 1200 metri slm. Presenta forma lenticolare irregolare, colore beige non uniforme.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Concerviano (RI), Fiamignano (RI), Fiamignano (RI), Leonessa (RI), Marcetelli (RI), Pescorocchiano (RI), Petrella Salto (RI), Varco Sabino (RI), Accumoli (RI), Amatrice (RI), Borgorose (RI)

Cenni storici e curiositàDa sempre questo legume viene coltivato nelle aree montane della zona in esame. I legumi sono sempre stati una componente fondamentale nella dieta delle popolazioni povere e con essi si preparano numerosi piatti tipici locali.

Cece del solco dritto di Valentano

Leguminosa da granella caratterizzata da semi di forma globosa e biturzoluta. La forma del seme, di colore beige, ricorda la testa di ariete da cui il nome arietum.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Castelnuovo di Farfa (RI), Castel Sant’Angelo (RI), Cittaducale (RI), Cittareale (RI), Collalto Sabino (RI), Colle di Tora (RI), Collegiove (RI), Collevecchio (RI), Colli sul Velino (RI), Concerviano (RI), Configni (RI), Contigliano (RI), Cottanello (RI), Fara in Sabina (RI), Fiamignano (RI), Forano (RI), Frasso Sabino (RI), Greccio (RI), Labro (RI), Leonessa (RI), Longone Sabino (RI), Magliano Sabina (RI), Marcetelli (RI), Micigliano (RI), Mompeo (RI), Montasola (RI), Montebuono (RI), Monteleone Sabino (RI), Montenero Sabino (RI), Monte San Giovanni in Sabina (RI), Montopoli di Sabina (RI), Morro Reatino (RI), Nespolo (RI), Orvinio (RI), Paganico (RI), Pescorocchiano (RI), Petrella Salto (RI), Poggio Bustone (RI), Poggio Catino (RI), Poggio Mirteto (RI), Poggio Moiano (RI), Poggio Nativo (RI), Poggio San Lorenzo (RI), Posta (RI), Pozzaglia Sabina (RI), Rieti (RI), Rivodutri (RI), Roccantica (RI), Rocca Sinibalda (RI), Salisano (RI), Scandriglia (RI), Selci (RI), Stimigliano (RI), Tarano (RI), Toffia (RI), Torricella in Sabina (RI), Torri in Sabina (RI), Turania (RI), Vacone (RI), Varco Sabino (RI), Accumoli (RI), Amatrice (RI), Antrodoco (RI), Ascrea (RI), Belmonte in Sabina (RI), Borbona (RI), Borgorose (RI), Borgo Velino (RI), Cantalice (RI), Cantalupo in Sabina (RI), Casaprota (RI), Casperia (RI), Castel di Tora (RI)

Cenni storici e curiositàCosì come le altre leguminose da granella, il cece viene da sempre coltivato per il fondamentale apporto proteico alla dieta. A memoria d’uomo se ne rammenta la diffusione nell’areale di produzione in esame.

Ceci

Nomi locali e suoi sinonimi: Cici

Prodotti afferenti Cece del solco dritto di Valentano

Aree di rinvenimento del Prodotto: Paganico (RI), Pescorocchiano (RI), Petrella Salto (RI), Poggio Bustone (RI), Poggio Catino (RI), Poggio Mirteto (RI), Poggio Moiano (RI), Poggio Nativo (RI), Poggio San Lorenzo (RI), Posta (RI), Pozzaglia Sabina (RI), Rieti (RI), Rivodutri (RI), Roccantica (RI), Rocca Sinibalda (RI), Salisano (RI), Scandriglia (RI), Selci (RI), Stimigliano (RI), Tarano (RI), Toffia (RI), Torricella in Sabina (RI), Torri in Sabina (RI), Turania (RI), Vacone (RI), Varco Sabino (RI), Accumoli (RI), Amatrice (RI), Antrodoco (RI), Ascrea (RI), Belmonte in Sabina (RI), Borbona (RI), Borgorose (RI), Borgo Velino (RI), Cantalice (RI), Cantalupo in Sabina (RI), Casaprota (RI), Casperia (RI), Castel di Tora (RI), Castelnuovo di Farfa (RI), Castel Sant’Angelo (RI), Cittaducale (RI), Cittareale (RI), Collalto Sabino (RI), Colle di Tora (RI), Collegiove (RI), Collevecchio (RI), Colli sul Velino (RI), Concerviano (RI), Configni (RI), Contigliano (RI), Cottanello (RI), Fara in Sabina (RI), Fiamignano (RI), Forano (RI), Frasso Sabino (RI), Greccio (RI), Labro (RI), Leonessa (RI), Longone Sabino (RI), Magliano Sabina (RI), Marcetelli (RI), Micigliano (RI), Mompeo (RI), Montasola (RI), Montebuono (RI), Monteleone Sabino (RI), Montenero Sabino (RI), Monte San Giovanni in Sabina (RI), Montopoli di Sabina (RI), Morro Reatino (RI), Nespolo (RI), Orvinio (RI)

Tipologia produzione: A rischio

Periodo di produzione: La semina avviene in primavera, la raccolta si effettua nella seconda metà di agosto.

Mercato di riferimento: Produzione locale

Descrizione del prodotto: Leguminosa da granella caratterizzata da semi di forma globosa e biturzoluta. La forma del seme, di colore beige, ricorda la testa di ariete da cui il nome arietum.

Elementi di tradizionalita’ del processo produttivo: Metodo di coltivazione; seme locale.

Materiali utilizzati nella tradizione locale: Attrezzature agricole

Locali utilizzati nella tradizione locale: Ambienti di stoccaggio

Storia tradizionale del Prodotto: Così come le altre leguminose da granella, il cece viene da sempre coltivato per il fondamentale apporto proteico alla dieta. A memoria d’uomo se ne rammenta la diffusione nell’areale di produzione in esame.

Ottenuto anche con metodo Biologico: NO

Fonte: Regione Lazio – arsial.it. I prodotti tipici e tradizionali del Lazio – Progetto Agricoltura Qualità.

Fagiolo a pisello

Si tratta di un fagiolo di forma tondeggiante e di piccole dimensioni tanto da ricordare un pisello (di qui la denominazione). E’ di colore biancastro, i tegumenti seminali sono particolarmente sottili, tanto che con la cottura diventano quasi impercettibili.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Colle di Tora (RI)

Cenni storici e curiositàL’origine della diffusione di questi fagioli risale all’inizio del XIX secolo quando, probabilmente dal centro America, il seme viene introdotto da un emigrante nella zone di Colle di Tora. Da allora questo prezioso prodotto viene sapientemente coltivato da pochi agricoltori del luogo. La peculiarità risiede nel fatto che se coltivato in altri ambienti perde le sue caratteristiche produttive ed organolettiche.

Fagiolo borbontino

Si tratta di un particolare fagiolo, tipo borlotto, coltivato ad un’altitudine di 750 metri slm , in piccoli appezzamenti di terreni posti in piano. In virtù delle condizioni pedoclimatiche dell’areale di coltivazione presenta caratteristiche di particolare pregio dal punto di vista organolettico; la buccia, infatti, è impercettibile ed il sapore ricorda quello delle castagne. Nella zona di coltivazione, inoltre, sembra non essere diffuso il tonchio.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Borbona (RI)

Cenni storici e curiositàLa coltivazione di questo particolare fagiolo avviene da tempo immemorabile nel borbontino, come attestato dalle testimonianze orali raccolte. Da circa 20 anni, la terza domenica di ottobre si svolge la sagra che richiama numerosi visitatori.

Lenticchia di Rascino

La lenticchia di Rascino ha dimensioni piuttosto piccole, il colore non uniforme che va dal rossiccio, al marrone chiaro, al nero. Questa lenticchia viene coltivata sull’Altopiano di Rascino a circa 1.200 m s.l.m.; presenta un ottimo tenore in sostanza proteica. Il sapore gradevole e la caratteristica di conservare l’integrità del seme con la cottura, ne fanno un prodotto di nicchia particolarmente pregiato.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Fiamignano (RI)

Cenni storici e curiositàIn passato la coltivazione della lenticchia di Rascino avveniva in quantità ridotte; infatti era destinata quasi esclusivamente al consumo familiare. Circa mezza “coppa” di semina ogni famiglia, pari a 10 kg circa, per soddisfare le esigenze familiari e le “obbligazioni”, ossia per contraccambiare favori fatti da medici, sacerdoti, forestale etc.
Sagra della Lenticchia di Rascino presso il comune di Fiamignano la 2° domenica di agosto. Oggi siamo alla 21° edizione.

Olive in salamoia

Area di produzioneComuni diMompeo (RI), Artena (RM), Carpineto Romano (RM), Gavignano (RM), Gorga (RM), Montelanico (RM), Segni (RM), Campodimele (LT), Fondi (LT), Formia (LT), Itri (LT), Lenola (LT), Monte San Biagio (LT), Spigno Saturnia (LT), Pico (FR), Pignataro Interamna (FR), Pontecorvo (FR), San Giorgio a Liri (FR), Sant’Andrea del Garigliano (FR), Vallemaio (FR), Ausonia (FR), Castelnuovo Parano (FR), Coreno Ausonio (FR), Esperia (FR)SinonimiOlive all’acqua, olive di Gaeta bianche e nereDescrizione del prodotto:Prodotte con la varietà locale Itrana. Si conservano in salamoia, all’inteno di damigiane di vetro o in bidoni di plastica per più anni.Cenni storici e curiositàLa tecnica della salamoia è uno tra i più antichi metodi di conservazione, che preserva da cambiamenti di sapore e di turgore i frutti, anche fino a quattro anni. Tradizionalmente venivano e sono tuttora commercializzate nei mercati locali settimanali; attualmente è possibile trovarle anche presso gli alimentari o direttamente presso i produttori.

Olive spaccate e condite

Zona di produzioneComuni diMompeo (RI), Artena (RM), Carpineto Romano (RM), Gavignano (RM), Gorga (RM), Montelanico (RM), Segni (RM), Campodimele (LT), Fondi (LT), Formia (LT), Itri (LT), Lenola (LT), Monte San Biagio (LT), Spigno Saturnia (LT), Pico (FR), Pignataro Interamna (FR), Pontecorvo (FR), San Giorgio a Liri (FR), Sant’Andrea del Garigliano (FR), Vallemaio (FR), Ausonia (FR), Castelnuovo Parano (FR), Coreno Ausonio (FR), Esperia (FR)Descrizione del prodotto:Vengono ottenute con la varietà locale Itrana. Le olive verdi vengono schiacciate con una pietra o con un martello di legno, vengono poi pesate e poste in una salamoia cui viene aggiunto il condimento (aglio, semi di fimocchio, carota, sedano, peperoncino e olio) che viene rimpiazzato mana mano che si consumano. Si conservano così in barattoli di vetro con la boca larga, oppure in bidoni di plastica per più di un anno.Cenni storici e curiositàPresso i mercati rionali e settimanali e negli alimentari la commercializzazione di questo tipo di olive è da far risalire agli anni ’70, ma presso le case degli olivicoltori è una metodologia di trasformazione, conservazione e diversificazione del prodotto finale molto più antica.

Melanzane sott’olio

Le melanzane opportunamente pulite e tagliate a fette o a listarelle, vengono prima gettate in acqua con limone e successivamente messe in infusione in aceto freddo per 24 ore circa. Al termine di tale periodo le melanzane vengono sgocciolate e conservate direttamente in barattoli di vetro in olio di oliva extravergine e o sottoposte a grigliatura per 15 minuti a 230 – 250°C, con successivo invasettamento. In alcuni casi è prevista anche l’aggiunta di peperoncino, carote, sedano, aglio e prezzemolo.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Mompeo (RI), Fondi (LT)

Cenni storici e curiositàLa metodologia di conservazione sott’olio è ben nota sin dall’antichità, cos’ come la coltivazione delle melanzane nel Pontino risale al secolo scorso. Erano, e sono ancora oggi, le massaie a preparare le melanzane sott’olio, al fine di garantirsi la disponibilità del prodotto anche durante il periodo invernale.

Funghi porcini sott’olio

Materia prima: funghi porcini.

Tecnologia di preparazione: i funghi porcini, dopo accurata pulitura,
vengono sbollentati per alcuni minuti in acqua, aceto e sale.
Si fanno asciugare per alcune ore. si condiscono con vari aromi, tra cui
l’aglio, che variano da regione a regione e si mettono nei barattoli ricoprendoli
di olio. Si conservano in luogo fresco al buio.

Maturazione: un mese circa.

Area di produzione: tutta l’ltalia appennica.

Calendario di produzione: autunno.

Note: con questo sistema vengono altresì conservate tutte le varietà di
funghi commestibili, a cui si aggiungono differenti erbe aromatiche.

Pere sciroppate al mosto

Le pere al mosto, sbucciate e tagliate a spicchi, vengono lasciate cuocere per qualche minuto nel mosto di vino bianco precedentemente sottoposto a bollitura fino al raggiungimento di una consistenza densa. Terminata la cottura le pere vengono conservate in vasetti di vetro.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Fiamignano (RI), Petrella Salto (RI)

Cenni storici e curiositàTradizionale metodo di conservazione delle pere da consumarsi anche fuori stagione. La ricetta è tramandata di generazione in generazione.

Marmellata di castagne

Marmellata di sapore dolce, colore marrone, stagionata 20 giorni. Per la preperazione le castagne vengono sgusciate, lessate in acqua e liberate dalla pellicola interna; successivamente viene aggiunto lo zucchero in quantità pari al peso delle castagne. Il tutto viene poi posto nuovamente sul fuoco fino all’ottenimento di una pasta densa che verrà versata ancora calda in vasetti di vetro. La preparazione viene infine ricoperta da liquore.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Concerviano (RI), Fiamignano (RI), Marcetelli (RI), Pescorocchiano (RI), Petrella Salto (RI), Varco Sabino (RI), Antrodoco (RI), Borgorose (RI)

Cenni storici e curiositàLa presenza di questo prodotto, la cui ricetta viene tramandata oralmente da generazioni, è strettamente legata alla presenza di castagneti da frutto.

Ciambelle da sposa

Prodotto dolciario dalla caratteristica forma di ciambella, preparato con farina di grano tenero tipo 00, uova, olio di oliva e sale; sono previste guarnizioni superficiali con zucchero a velo o albume d’uovo.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Cittaducale (RI), Antrodoco (RI)

Cenni storici e curiositàLa preparazione delle Ciambelle da sposa vanta una lunga tradizione. La metodologia di preparazione è rimasta invariata nel tempo, in quanto tramandata di generazione in generazione.

Crustoli de Girgenti

Dolci preparati mescolando gli ingredienti (farina, uova, zucchero, latte, grappa, sale, strutto e lievito chimico) fino ad ottenere una sfoglia, da cui si ritagliano dei pezzi di forma e grandezza variabile che vengono fritti in olio extravergine della Sabina e cosparsi di zucchero a velo.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Fiamignano (RI), Pescorocchiano (RI), Petrella Salto (RI), Antrodoco (RI)

Cenni storici e curiositàLa tradizione, tramandata oralmente da generazioni, è legata alla ricorrenza natalizia ed ai festeggiamenti del carnevale.

Frittelli di riso

Frittelle di riso di forma sferica e colore dorato, cosparse di zucchero. La preparazione prevede la bollitura del riso, lasciato raffreddare a temperatura ambiente, unito ad un impasto di zucchero, farina e lievito di birra. Si lascia lievitare per qualche minuto e poi formano delle frittelle di varia dimensione, fritte in abbondante olio.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Magliano Sabina (RI)

Cenni storici e curiositàFrittelle tradizionalmente preparate in casa in occasione della festa di san Giuseppe.

Tusichelle

Si tratta di dolci preparati con albume d’uovo, zucchero, farina e anice. Disposti su una teglia, si cuociono in forno a legna. Hanno forma tonda e piatta e colore bianco.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Castelnuovo di Farfa (RI), Castel Sant’Angelo (RI), Cittaducale (RI), Collalto Sabino (RI), Colle di Tora (RI), Collegiove (RI), Collevecchio (RI), Colli sul Velino (RI), Concerviano (RI), Configni (RI), Contigliano (RI), Cottanello (RI), Fara in Sabina (RI), Fiamignano (RI), Forano (RI), Frasso Sabino (RI), Greccio (RI), Labro (RI), Leonessa (RI), Longone Sabino (RI), Magliano Sabina (RI), Marcetelli (RI), Micigliano (RI), Mompeo (RI), Montasola (RI), Montebuono (RI), Monteleone Sabino (RI), Montenero Sabino (RI), Monte San Giovanni in Sabina (RI), Montopoli di Sabina (RI), Morro Reatino (RI), Nespolo (RI), Orvinio (RI), Paganico (RI), Pescorocchiano (RI), Petrella Salto (RI), Poggio Bustone (RI), Poggio Catino (RI), Poggio Mirteto (RI), Poggio Moiano (RI), Poggio Nativo (RI), Poggio San Lorenzo (RI), Posta (RI), Pozzaglia Sabina (RI), Rieti (RI), Rivodutri (RI), Roccantica (RI), Rocca Sinibalda (RI), Salisano (RI), Scandriglia (RI), Selci (RI), Stimigliano (RI), Tarano (RI), Toffia (RI), Torricella in Sabina (RI), Torri in Sabina (RI), Turania (RI), Vacone (RI), Varco Sabino (RI), Subiaco (RM), Accumoli (RI), Amatrice (RI), Antrodoco (RI), Ascrea (RI), Belmonte in Sabina (RI), Borbona (RI), Borgorose (RI), Borgo Velino (RI), Cantalice (RI), Cantalupo in Sabina (RI), Casaprota (RI), Casperia (RI), Castel di Tora (RI)

Cenni storici e curiositàLe tisichelle sono dolci tipici delle festività natalizie e dalle testimonianze orali raccolte risultano presenti sul territorio dell’intera provincia di Rieti da più di 25 anni.

Dolce di patate

Dolce di forma circolare e colore dorato. Viene prodotto lavorando il burro con lo zucchero ed aggiungendo poi cioccolato a pezzetti, uvetta, noci tritate, patate lesse setacciate, uova e lievito per dolci. Successivamente, l’impasto così ottenuto va posto in una teglia e cotto nel forno a legna.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Leonessa (RI)

Cenni storici e curiositàIl prodotto, la cui presenza è legata alla coltivazione delle patate, si prepara secondo una ricetta tramandata oralmente da generazioni.

Ferratelle

Prodotto dolciario di forma irregolare e spessore sottile. Gli ingredienti sono: farina tipo 00, uova, zucchero, limone, liquore, burro e vaniglia.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Cittaducale (RI), Antrodoco (RI)

Cenni storici e curiositàTradizionale biscotto prodotto dalle massaie, molto probabilmente ha origine dal territorio Abruzzese, confinante, ad ovest con la provincia di Rieti. Secondo le testimonianze orali raccolte sono più di 50 anni che avviene la loro produzione soprattutto in ambito domestico.

Pangiallo

Dolce dalla forma tondeggiante o a cupola, di colore ambrato, con sapore di mandorle, noci e cacao. Gli ingredienti principali sono: farina, noci, nocciole (gentile romana), mandorle, pistacchi, fichi secchi, miele, pinoli, frutta candita (cedro, arancia), uvetta, uova, cacao amaro in polvere, cioccolato in scaglie, miele millefiori, liquore alchermes, olio extravergine di oliva e lievito.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Forano (RI), Capranica Prenestina (RM), Nazzano (RM), Roma (RM)

Cenni storici e curiositàTutti gli ingredienti utili alla realizzazione del pangiallo sono prodotti presso le aziende agricole della zona; la ricetta è da tempo tramandata oralmente. E’ un dono di Natale da tempi antichissimi: perlopiù le mogli dei contadini lo regalavano ai notabili del luogo. Oggi è ancora un regalo abituale, ma si trova in vendita in tutti i forni.

Panpepato

Dolce di forma rotonda o a filoncino, di color marrone (che, a seconda degli ingredienti può risultare leggermente piccante) a base di noci, nocciole, mandorle, uva passa, cioccolato fondente, canditi, miele, ed eventualmente farina e pepe macinato.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Configni (RI), Montopoli di Sabina (RI), Poggio Mirteto (RI), Poggio Moiano (RI), Casperia (RI)

Cenni storici e curiositàIl dolce viene prodotto da generazioni a livello domestico e si può trovare in commercio prodotto secondo la ricetta tradizionale.

Serpentone alle mandorle di Sant’Anatolia

Dolce a forma di serpente ottenuto utilizzando mandorle amare e dolci, macinate. In alcuni casi è possibile trovare la versione guarnita con la glassa. Presenta gusto di mandorle con retrogusto amaro ed aroma di limone.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Borgorose (RI)

Cenni storici e curiositàLe origini di questo dolce risalgono almeno al 400 d.c., periodo successivo al Martirio di Santa Anatolia avvenuto nel 249 d.c.. Risulta, infatti, dai documenti storici che la santa fu chiusa dentro un sacco insieme ad una moltitudine di serpenti velenosi ma il giorno successivo, uscì miracolosamente indenne quando lo stesso fu aperto. Nelle rappresentazioni artistiche dell’epoca, tuttora visibili, il serpente è schiacciato dalla santa come simbolo del trionfo e della fede e del Bene sul Male. Era ed è tutt’ora usanza preparare il Serpentone per la festa della Santa vergine e Martire Anatolia che si svolge ogni anno il 10 luglio nell’omonimo paese di Sant’Anatolia di Borgorose a testimonianza del suo martirio avvenuto nella città di Thiora (Attualmente Cartone nei pressi di Sant’Anatolia). Il dolce dalla forma di serpente è tradizionale ed esclusivo della frazione di Sant’Anatolia di Borgorose, tramandato di generazione in generazione per oltre 16 secoli.

Pasta di olive

La pasta di olive viene preparata con olive mature di media grandezza, preferibilmente della varietà leccino, messe sotto sale per circa 20 giorni. Al termine di questo periodo le olive vengono snocciolate manualmente e macinate con l’aggiunta di prezzemolo, aglio e peperoncino. La pasta di olive, conservata in vasetti di vetro o terracotta in olio extravergine di oliva, presenta colore verde scuro e sapore leggermente amarognolo e piccante.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Poggio Nativo (RI)

Cenni storici e curiositàSistema di conservazione delle olive in uso da molto tempo presso le famiglie contadine che risiedono nel comprensorio della Sabina, dove la coltura dell’olivo è ampiamente diffusa.

Salsa all’amatriciana

Gli ingredienti tradizionalmente impiegati per la realizzazione della Salsa all’Amatriciana sono il guanciale stagionato (inserito nell’elenco dei prodotti tradizionali del Lazio), l’olio extravergine di oliva, pomodoro maturo, sale, e formaggio pecorino grattugiato con particolare riferimento al Pecorino di Amatrice, prodotto inserito nell’elenco dei Prodotti tradizionali della Regione Lazio. Il formaggio pecorino va aggiunto al piatto pronto al momento di condire la pasta. Nella preparazione della salsa è previsto, eventualmente, l’impiego del peperoncino (essiccato o fresco), del pepe e del vino bianco secco.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera Regione Lazio

Cenni storici e curiositàLa salsa all’amatriciana vanta una lunga tradizione. Molti sono i riscontri storiografici che attestano la tradizionalità e la storia di questo prodotto. Nel Libro MA-TRV di Cesare De Berardinis, risalente al 1932, vengono decantati i maccheroni all’Amatriciana. Suggestiva è la “simpatica” esclamazione del Re Ferdinando II, che nel 1847, ospite della famiglia De Leonardis, disse a Don Nicola Leopardi, fratello di Pier Silvestro (poi senatore del Regno d’Italia), che con altri giovani delle migliori famiglie di Amatrice servivano a tavola il loro Re: “Guagliò, dammene un altro piatto”.

Olio Sabina DOP

Area di produzione: La zona, tra le province di Roma e di Rieti, si estende intorno alle rovine dell’antica città di Cures (che diede i natali a Numa Pompilio), comprende i centri di Fara Sabina, Coltodino, Canneto, Farfa e Castelnuovo di Farfa, da sempre fondati su un’economia prettamente agricola. Gli oltre 150mila olivi, che ricoprono un terreno collinare di circa mille ettari, proprietà dei 150 aderenti alla società cooperativa “Sabina Agricola”, sono l’immenso patrimonio di questa terra .
Tale zona comprende,
in provincia di Rieti: tutto o in parte il territorio amministrativo dei seguenti comuni: Cantalupo in Sabina, Casaprota, Casperia, Castelnuovo di Farfa, Collevecchio, Configni, Cottanello, Fara Sabina, Forano, Frasso Sabino, Magliano Sabina, Monpeo, Montasola, Montebuono, Monteleone Sabino, Montenero Sabino, Montopoli in Sabina, Poggio Catino, Poggio Mirteto, Poggio Moiano, Poggio Nativo, Poggio S.Lorenzo, Roccantica, Salisano, Scandriglia, Selci, Stimigliano, Tarano, Toffia, Torricella, Torri in Sabina, Vacone.
in provincia di Roma: tutto o in parte il territorio amministrativo dei seguenti comuni: Guidonia, Marcellina., Mentana, Montecelio, Monteflavio, Montelibretti, Monterotondo, Montorio Romano, Moricone, Nerola, Palombara Sabina, Sant’angelo Romano, San Paolo Dei Cavalieri.

Materia prima: Le varietà tipiche locali sono: Carboncella, Leccino, Raja, Frantoio, Moraiolo, Olivastrone, Salviana, Olivago e Rosciola

Tecnologia di lavorazione: La raccolta delle olive viene fatta con il metodo della brucatura a mano, mentre la spremitura e la molitura avvengono con un impianto continuo a freddo, che mantiene inalterate le caratteristiche organolettiche del prodotto. Si passa poi ad una filtrazione soffice dell’olio

Caratteristiche:
Acidità massima: 0,70%
colore: giallo oro con sfumature sul verde per gli oli freschissimi
odore: fruttato
sapore: fruttato vellutato, uniforme, aromatico, dolce, amaro per gli oli molto giovani
L’olio si presenta opaco, di colore verde con riflessi gialli, conserva un profumo netto di oliva e di erba, un sapore intenso, fruttato e leggermente amarognolo, con note piccanti se consumato appena spremuto, oltre ad un bassissimo grado di acidità

Cenni storici: A Canneto Sabino esiste il più antico olivo d’Europa, tuttora in piena vegetazione: i test effettuati gli attribuiscono 2000 anni. Ma la prova tangibile della presenza pre-romana della coltivazione dell’olivo in quest’area è offerta dal rinvenimento di semi di olivo durante gli scavi archeologici dell’antica città Sabina di Curas.

Riferimenti normativi: Prodotto DOP, Registrazione europea con regolamento CE n. 1263/96 pubblicato sulla GUCE L163/96 del 2 luglio 1996; riconoscimento nazionale con DM 29 maggio 1995 pubblicato sulla GURI n. 142 del 20 giugno 1995

Olio monovarietale extravergine di Carboncella

L’olio monovarietale extravergine di carboncella è prodotto con le olive di cultivar Carboncella. Presenta colore verde-giallo oro con fruttato medio intenso.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Mompeo (RI), Intera Regione Lazio

Cenni storici e curiositàLa coltivazione della cultivar Carboncella e l’olio che ne deriva, fanno ormai parte, da tempi remoti, della storia e della cultura sopratutto del territorio sabino (provincia di Rieti e Roma).

Burro di San Filippo

Burro di forma rettangolare, di colore biancastro e sapore di panna. In origine la preparazione del burro avveniva per semplice affioramento della crema recuperata con un mestolo forato.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Contigliano (RI)

Cenni storici e curiositàLa preparazione del burro è stata introdotta intorno agli anni ’20, nella frazione di San Filippo, nel comune di Contigliano, da un abitante del luogo che ha saputo far tesoro della sua esperienza maturata in Svizzera, dove era emigrato in cerca di lavoro, per molti anni. Da allora si continua a produrre il burro secondo l’antica tradizione, usando le zangole di legno.

Liquore nocino

Liquore di colore verdastro e sapore amarognolo. Per la preparazione del nocino vengono impiegati i frutti immaturi del noce, suddivisi in quattro parti e posti a macerare in vino bianco per 40 giorni circa. Successivamente l’infuso viene filtrato e diluito alcool puor, acqua e zucchero. Il liquore viene imbottigliato e lasciato riposare per circa 1 anno.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Antrodoco (RI)

Cenni storici e curiositàIl liquore nocino viene tradizionalmente preparato in ambito domestico. La tradizione vuole che la raccolta dei frutti del noce avvenga il 24 guigno, giorno di San Giovanni.

Colli della Sabina DOC

Zona di produzione: numerosi comuni tra le province di Roma e di Rieti

Vitigni: Colli della Sabina Bianco e Bianco Spumante: almeno 40% da uve Trebbiano toscano e/o giallo e almeno 40%, da Malvasia del Lazio e/o Malvasia di Candia, congiuntamente o disgiuntamente; per non oltre il 20% possono concorrere altri vitigni a bacca bianca raccomandati o autorizzati per le province di Rieti e di Roma. Colli della Sabina Rosso, Rosato e Rosso Novello: uve Sangiovese per una percentuale tra il 40% e il 70% e Montepulciano per una percentuale tra il 15% e il 40%; possono concorrere altri vitigni a bacca nera, raccomandati e/o autorizzati rispettivamente per le province di Rieti e di Roma, per non oltre il 30%

Gradazione alcolica minima: Bianco 10,5 gradi. Bianco Spumante 11 gradi. Bianco Frizzante 10 gradi. Rosso 11 gradi. Rosso frizzante 10,5 gradi. Rosso Novello 11 gradi. Rosso Spumante 11 gradi. Rosato 11 gradi. Rosato frizzante 10,5 gradi.

Tipologie: Bianco, Bianco Spumante, Bianco Frizzante, Rosso, Rosso Frizzante, Rosso Novello, Rosso Spumante, Rosato e Rosato Frizzante

Caratteristiche organolettiche: Colli della Sabina Bianco: colore paglierino più o meno intenso, odore delicato, caratteristico, sapore asciutto, delicato, armonico, talvolta amabile. Bianco Spumante: spuma fine e persistente; colore paglierino piu’ o meno intenso; profumo delicato piu’ o meno fruttato; gusto secco o amabile o dolce, armonico e caratteristico. Bianco Frizzante: giallo paglierino piu’ o meno intenso, odore gradevole, fruttato e sapore da secco a dolce, armonico, fruttato, secco. Rosso: colore rosso rubino vivace; profumo vinoso, intenso; sapore secco, rotondo, da secco ad amabile. Rosso Frizzante: colore rosso rubino piu’ o meno intenso; odore vinoso, gradevole e delicato; gusto armonico, asciutto o morbido. Rosso Novello: rosso rubino; odore fragrante, fine, caratteristico, sapore asciutto, sapido. Rosso Spumante: spuma fine e persistente, colore rosso rubino piu’ o meno intenso, profumo vinoso, gradevole e gusto secco o amabile o dolce. Rosato ha colore rosato più o meno intenso, odore vinoso e delicatamente fruttato, sapore fresco da secco ad amabile. Rosato Frizzante: rosato piu’ o meno intenso, odore gradevole, delicato, gusto armonico, da asciutto ad amabile.

Abbinamenti: Rosso: primi piatti con sughi di carne e funghi e carni rosse di cacciagione alla griglia. Bianco: piatti di pesce anche di lago, minestroni di verdure, frittate e formaggi non stagionati. Rosato: salumi, risotti di verdure o alla pescatora, piatti a base di pesce o di uova

Riferimenti normativi: Il riconoscimento della Doc “Colli della Sabina” è avvenuto con DPR 10.09.96 pubblicato sulla GU del 21.09.96

Patata turchesa

La Patata Turchesa è una pianta a ciclo annuale provvista di radici fascicolate piuttosto superficiali, dotate di numerose diramazioni capillari. Il tubero della Patata Turchesa presenta forma irregolare con frequenti tuberosità e si caratterizza principalmente per la buccia di colore viola intenso contenente una interessante quantità di sostanze antiossidanti, paragonabili a quelle del cavolo. Al suo interno mostra una pasta completamente bianca ed un basso contenuto in acqua; la consistenza e la granulosità sono medie. I tuberi presentano un epidermide sottile ricoperta da piccole lenticelle, suberificate in condizioni di mancanza d’acqua. Esternamente sono assai evidenti ed infossati gli “occhi”, delle strutture da cui si originano delle gemme, che rimangono dormienti durante lo sviluppo.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Provincia di Rieti

Cenni storici e curiositàSul finire del Settecento la Patata Turchesa fa la sua comparsa anche nell’area del Parco Nazionale ed ha rappresentato per le popolazioni montane locali una vera e propria “garanzia alimentare” come dimostra un detto popolare ancora presente in molti comuni abruzzesi: “La patane è mezze pane”. Per la prima volta, i montanari potevano disporre di una eccedenza agricola da commercializzare con le popolazioni della vallata. La coltivazione della patate è stata praticata anche a quote molto elevate, oltre i 1600 m di altitudine, contribuendo a quel fenomeno già avviatosi nella seconda metà dell’Ottocento attinente la salita in quota dell’agricoltura. Questo tubero ha anche cambiato l’assetto urbano di alcuni centri montani: grotte ed ambienti ipogei sono stati scavati a ridosso degli agglomerati urbani, specialmente nelle zone con esposizione settentrionale, proprio per conservare il prezioso tubero. In alcune aree, le patate venivano conservate nei luoghi di produzione entro profonde buche scavate nel terreno e ricoperte di paglia e pula. Tra le varietà di patate coltivate, ve ne sono alcune antiche, probabilmente tra le prime ad essere state introdotte e diffuse. Tra queste, quella solitamente chiamata turchesa o viola, per la colorazione della scorza e parte della polpa di colore violaceo. Si sono conservate anche varietà più recenti, come nel caso dalla patata rossa o la Fiocco di neve, ancora in uso a Barisciano, in provincia de L’Aquila. Prosperi (1877-1885) cita, tra le varietà di patate coltivate nei circondari di Lanciano e Penne, una patata violetta. Nel circondario di Penne (PE), in Provincia di Pescara, ricadevano anche alcuni Paesi del Gran Sasso (Farindola, Arsita, ecc.).

Marrone di Antrodocano

Il Marrone Antrodocano designa i marroni riferibili alla specie Castanea sativa Miller, varietà locale correntemente conosciuta come Marrone Antrodocano, Caratterizzato da un sapore delicato e dolce, il marrone antrodocano presenta numero di frutti per riccio non più di tre e pezzatura corrispondente al numero di frutti per kg < 60 o pari a 80 – 85. La forma è rotondeggiante, con apice poco pronunciato con presenza di tomento e torcia anch’essa tomentosa; cicatrice ilare poco estesa, generalmente piatta e di colore più chiaro del pericarpo.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Castel Sant’Angelo (RI), Cittaducale (RI), Micigliano (RI), Antrodoco (RI), Borgo Velino (RI)

Cenni storici e curiositàIl castagno da frutto ha da sempre caratterizzato il paesaggio della valle del Velino grazie alle condizioni pedoclimatiche favorevoli. Fin dall’VIII secolo è la componente principale della dieta delle popolazioni montane della zona. All’indomani della conquista normanna (metà secolo XII) si assiste all’impianto di nuovi castagneti da frutto, ridisegnando quasi completamente il paesaggio. Ma con l¿industrializzazione il territorio, già povero, ha subito un ulteriore impoverimento, con l¿abbandono di coltivazioni tipiche, tra cui la castagna. Dal 1974, invece, grazie ad una Cooperativa di produttori si ha un rilascio della coltura. Ogni anno, ad ottobre, nel territorio si svolgono Sagre dedicate, una specialità è il gelato ai marroni di Antrodoco. Il comune di Borgovelino, all’interno del museo civico, ha ricostruito le fasi di produzione e lavorazione del Marrone Antrodocano, secondo criteri e tecniche del passato.

Fagiolo gentile di Labro

Specie erbacea appartenente alla famiglia delle Papilionaceae, genere Phaseolus, specie P. Vulgaris L., entità sottospecifica ecotipo “fagiolo gentile”. La varietà è rampicante, caratterizzata da pianta a fusto volubile con radice fittonante, foglie composte da tre foglioline peduncolate e fiori piccoli bianchi con sfumature violacee; il baccello di colore verde alla maturazione assume una colorazione giallastra quando essiccato.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Labro (RI)

Cenni storici e curiositàGli anziani contadini del posto ancora oggi coltivano il fagiolo gentile, grazie ad una attenta riproduzione del seme presso le proprie aziende. Gli stessi ricordano come ogni anno il comune di Labro desse in concessione ai contadini del luogo un appezzamento di terra suddiviso in piccoli lotti, sui quali la principale coltura era quella del fagiolo gentile. Rimane traccia nei “Verbali di deliberazione del commissario prefettizio” di Labro, del 4 ottobre 1953 e del 18 marzo 1957 che hanno come oggetto “Asta pubblica per affitto beni rustici patrimoniali” in cui si ha premura di sottolineare l’immediata eseguibilità dell’atto “in modo da dare agio agli affittuari di fare eseguire tempestivamente la lavorazione stagionale trattandosi di terreni seminativi”. Gli appezzamenti menzionati sono quelli siti in località Campette, in cui ancora oggi si riscontra la maggior quantità di terreno investito a fagiolo gentile.
Dal 1972 il comune di Labro organizza, in occasione dei festeggiamenti in onore della Madonna del Rosario, la “Sagra del Fagiolo “Gentile di Labro” che si tiene nella seconda metà di agosto con relativa gara gastronomica in cui i fagioli sono i protagonisti. Ne rimane testimonianza nel diploma conseguito alla signora Gina Curini in qualità di “cuoca benemerita di FAGIOLI CON LE COTICHE”, datato 17 settembre 1972.

Castagna rossa del Cicolano

La coltivazione della castagna rossa del Cicolano si sviluppa lungo la Valle del Salto e del Turano, nella parte sud-orietale della provincia di Rieti. Si ottiene da fustaie di castagno da frutto appartenente alla specie Castanea Sativa Mill. varietà conosciuta come “Rossa del Cicolano”.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Cittareale (RI), Collalto Sabino (RI), Collegiove (RI), Concerviano (RI), Fiamignano (RI), Longone Sabino (RI), Marcetelli (RI), Nespolo (RI), Orvinio (RI), Paganico (RI), Pescorocchiano (RI), Petrella Salto (RI), Posta (RI), Pozzaglia Sabina (RI), Rocca Sinibalda (RI), Turania (RI), Vacone (RI), Accumoli (RI), Amatrice (RI), Ascrea (RI), Borbona (RI), Borgorose (RI), Cantalice (RI)

Cenni storici e curiositàLa castagna rossa del Cicolano è una varietà di gran pregio a cui, nel passato, é stata fortemente legata l’economia dell’area. All’età del bronzo risalgono i resti carbonizzati di castagne ritrovati in località Val di Vani, nel comune di Pescorocchiano. Nel Medioevo la coltura esplode con grande rapidità. Dall’VIII secolo diviene una componente principale, se non l’unica, della dieta delle popolazioni montane, integrando o sostituendo i cereali invernali e primaverili caratterizzati da basse rese. In parallelo anche il castagno da legno viene utilizzato come elemento fondamentale delle strutture degli edifici: dal Cicolano si importano pali di castagno, legnami lavorati a mano, vasi vinari e, oggi, il comune di Marcetelli conserva tale tradizione. Anticamente le castagne si “scuravano” lasciandole in acqua, nelle bigonce, per 8 giorni, asciutte, poi, si portavano nelle cantine e si rivoltavano 2 volte al giorno con una pala di legno.

Padellaccia

Si tratta di un piatto fortemente legato alla tradizione contadina e soprattutto all’allevamento del maiale. Le succulenti rifilature e le parti meno pregiate ricavate dalla macellazione del maiale diventano i principali ingredienti di questo piatto povero. La padellaccia si prepara con i seguenti ritagli di maiale: petto rosicarelli, gola, diaframma, animella, rifilatura o pezzetti di guancia e punta di petto. Il tutto viene condito con sale ed aromatizzato con il succo di limone, olive “longhella” (conservate sotto sale), aglio, rosmarino, alloro e peperoncino.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Poggio Catino (RI), Poggio Mirteto (RI), Roccantica (RI), Salisano (RI)

Cenni storici e curiositàE’ il piatto della tradizione nel giorno del “funerale” del maiale. Si è soliti realizzarlo, pertanto, a fine dicembre, gennaio al termine dell’uccisione del maiale quando si festeggia tutti insieme con gli scarti suini che non possono essere conservati perché di facile deperibilità. Si tratta di una ricetta antica tramandata da generazioni le cui testimonianze in nostro possesso risalgono agli inizi del ‘900 ma che ha sicuramente una storia più antica. La lavorazione delle carni suine e la loro trasformazione in prodotti della salumeria fanno parte della tradizione norcina, che, soprattutto nel comprensorio dell’alto reatino, grazie anche alle favorevoli condizioni climatiche, ha una storia antica. A novembre presso il comune di Salisano in Sabina (RIETI) viene organizzata la Sagra della Padellaccia e Polentata.

Trota reatina

La Trota Reatina, pescata ad una età compresa tra i 12 e i 26 mesi, si caratterizza per una pezzatura minima di 300 grammi un tessuto muscolare di tessitura uniforme, compatta, elastica di colore bianco tipico o rosato nel caso di trota salmonata. La freschezza del pesce si denota da un occhio di aspetto trasparente e brillante; dalle branchie di colore rosso vivo e odori gradevoli.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Rieti

Cenni storici e curiositàLa pesca e successivamente l’allevamento della Trota reatina ha esercitato sin dall’antichità un ruolo determinante nella vita culturale ed economica dell’areale reatino; veniva praticata oltre che lungo i fiumi locali, nei bacini superstiti del Lacus Velinus. Numerosi sono i documenti che attestano la storicità di questo prodotto. Infatti, dal libro “De pesci romani” di Mons. Paolo Giovio tradotto in volgare da Carlo Zancaruolo, in Venetia, appresso il Gualtieri, anno 1560, vengono esaltate la caratteristiche qualitative della Trota di Rieti, mentre nel libro “Rieti e la regione sabina” di Palmegiani del 1932 si riporta che nella città di Cittaducale era presente un modello di stazione ittiogenico, fondata dai signori Bonafaccia-Stoli, per il ripopolamento dei pesci, tanto nel Peschiera (dove erano famose le trote), quanto nei fiumi limitrofi. La conferma del legame prodotto-territorio è dato oltre che dai numerosi documenti di affitto dell’impianto di troticoltura di S. Susanna di Rivodutri, anche dal fatto che nel territorio del Comune di Cittaducale frequenti sono i ritrovamenti archeologici e documentali che avvalorano l’ipotesi dell’esistenza di impianti pescosi, soprattutto di trota. Nella città di Cittaducale l’immagine del pesce compare in due importanti dipinti: il primo si trova nel salone vescovile, sulla parete sinistra tra le decorazioni del fascione compaiono tre pesci, molto probabilmente vengono rappresentate delle trote; il secondo dipinto si trova presso la casa parrocchiale, si tratta di una pala d¿altare proveniente dalla distrutta chiesa di San Francesco, anche qui è dipinta una trota. L’immagine della trota inoltre compare nello stemma della città di Rieti ed in quello di altri comuni dell’areale di delimitazione.

Salame del Re

Pan di spagna arrotolato farcito con cioccolata o marmellata.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Collalto Sabino (RI), Subiaco (RM), Castel di Tora (RI)

Cenni storici e curiositàIl Salame del Re, prodotto tradizionale della Valle dell’Aniene ed, in particolare, del territorio di Subiaco, prende le sue origini tra il ‘700 e ‘800, quando veniva prodotto esclusivamente per essere consumato dalle classi nobili, essendo il cioccolato, all’epoca, un prodotto alimentare pregiato e costosissimo proibito, pertanto, ai ceti medio bassi. Mantiene tale denominazione anche quando, più tardi, diventerà il dolce più consumato in occasioni importanti quali battesimi e matrimoni. Anche l’Artusi ne da una ricetta con il nome di salame inglese. Ancora oggi è considerato un prodotto di pregiata fattura e dal gusto inimitabile.

Pizza grassa

Pizza salata a forma di pagnotta o a filone con spessore abbastanza alto e dal peso variabile da 1 a 2 kg. La crosta esterna è di colore marrone chiaro, mentre la pasta interna, di colore giallo chiaro con presenza di occhiature, è arricchita con pezzetti di salumi vari. In superficie presenta un taglio a croce.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Leonessa (RI)

Cenni storici e curiositàLe testimonianze orali raccolte indicano la pizza grassa come una traccia inequivocabile del dominio del Regno di Napoli, essendo questo un prodotto elaborato nello stesso modo anche a Napoli, ma chiamato pizza salata. La pizza grassa, oggi prodotta quasi quotidianamente per tutto il periodo invernale e dunque legato alla produzione locale dei salumi di suino, in passato rappresentava uno dei preparati gastronomici delle famiglie di Leonessa, che si preparavano a festeggiare la Pasqua. Tutt’oggi, nel giorno di Pasqua, viva è la tradizione di imbandire le tavole per la colazione della mattina, con la pizza grassa, il vino rosso, le uova sode, la frittata di coratella di abbacchio e salumi vari.

Pizza sucia

Torta ottenuta utilizzando la pasta del pane (farina, lievito, acqua) con l’aggiunta di: noci, nocciole, pinoli, mandorle, fichi secchi, uva passita, canditi artigianali, miele, qualche pezzetto di cioccolato amaro, mosto cotto, un pò di rhum.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Contigliano (RI)

Cenni storici e curiositàLe massaie preparavano questo tipico dolce natalizio in prossimità delle feste. La ricetta è molto antica, tramandata oralmente di generazione in generazione. Dolce della tradizione povera contadina realizzato utilizzando ingredienti provenienti dalla campagna.

Lu cavalluccio e la puccanella

Aree di rinvenimento del Prodotto: Comune di Amatrice (RI)
Descrizione del prodottoPane leggermente dolce di colore leggermente scuro; si trova nelle due forme alternative di cavallo e di bamboletta. Viene preparato da un impasto simile a quello del pane, ma arricchito con l’aggiunta di uova. Il consumo avviene nell’arco di 5-10 giorni.
Cenni storici e curiositàSi tratta di una preparazione legata alla tradizione familiare, la cui ricetta è tramandata oralmente. Quando i giocattoli non erano così diffusi, i biscotti destiati ai bambini assumevano forme vicine al gioco: il cavalluccio per i maschietti e la bambolina (in dialetto “puccanella”) per le bambine. I dolcetti venivano consumati solitamente nel corso della scampagnata di Pasquetta, è per questo che alcune volte venivano adornati con la palma pasquale.

Gliu sangonato

Preparazione caratteristica e unica di questo territorio è “gliu sangonato”, un pane arricchito con il sangue del maiale e l’uva passa che lo renderlo particolarmente gustoso e appetibile anche ai bambini. Gli ingredienti con cui si prepara questo pane sono molti e piuttosto nutrienti: 1 l di sangue di maiale, 100 g di lievito madre, 250 g di strutto, 2 bustine di cannella, 2 bustine di chiodi di garofano, 250 g di uva passa, 200 g di noci intere, 200 g di nocciole intere. La forma è a pagnotta di colore rossastro.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Amatrice (RI)

Cenni storici e curiositàPreparazione caratteristica e unica del territorio di Supino è “gliu sangonato”, un pane arricchito con il sangue del maiale, la frutta secca e l’uva passa per renderlo gustoso e appetibile anche ai bambini. Si tratta di una preparazione prettamente invernale legata all’uccisione del maiale, di cui come tutti sanno “non si butta niente”. L’origine si deve far risalire agli inizi dell’800, quando la cucina ciociara era il risultato dei continui scambi commerciali e culturali con Napoli, capitale del Regno delle Due Sicilie. Da allora la ricetta si è tramandata di generazione in generazione e ancora oggi è possibile gustare questa specialità presso le famiglie in cui ancora continua il rito della macellazione casalinga del maiale.

Fiatoni o fiaoni

Il dolce, sia nella forma che nella grandezza può essere paragonato ad un grosso “Raviolo di ricotta”. La pasta sfoglia racchiude un impasto fatto con formaggio di pecora unitamente a grana o parmigiano amalgamati con uova fresche.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Borgorose (RI)

Cenni storici e curiositàIl dolce in oggetto viene prodotto da talmente tanti anni che nemmeno i nostri nonni sanno quando realmente è stato inventato! Si racconta, però, che durante il periodo pasquale tutte le parti dure del formaggio grattugiate durante l’anno e accantonate perché non era conveniente buttarle, venissero macinate per l’impasto e utilizzate per realizzare i Fiatoni. E’ stato sempre un dolce molto apprezzato sia perché, realmente, è un misto dolce/salato sia perché molto calorico.

Fetticciole nere e bianche

Sono biscotti secchi la cui preparazione è legata alle feste natalizie. Si presentano nella caratteristica forma cilindrica e di colore marrone per le Fetticciole nere e beige per le Fetticciole bianche. La loro consistenza è abbastanza compatta per le presenza del miele, il sapore è particolarmente dolce.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Poggio Moiano (RI)

Cenni storici e curiositàLe Fetticciole bianche e nere sono i dolci che da antica data si preparano a Palestrina (RM) presso le antiche pasticcerie locali dove la ricetta e la preparazione si tramanda di generazione in generazione. Tradizionalmente legate alle festività Natalizie, le Fetticciole bianche e nere, compatte e saporite di solito si inzuppavano nel vino per renderle più morbide, mentre in famiglia si giocava a tombola, a carte o al gioco dell’oca. E’ tradizione farle in quantità abbondanti, per regalarli ad amici e parenti.

Dolce alle fave di San Giuseppe di Leonessa

Dolce a forma di ciambella, a base di farina di farro e fave. La superficie è ricoperta con fiocchi di farro soffiato. Gli ingredienti impiegati sono: zucchero, uova, margarina vegetale, farina di fave, mandorle, farina di farro, burro, macedonia candita, uva sultanina, miele millefiori, agente lievitante, gelatina di albicocca, farro soffiato, aromi naturali. Si conserva per circa 15 giorni.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Leonessa (RI)

Cenni storici e curiositàLa tradizionale preparazione del Dolce alle fave di San Guiseppe è legata alla figura del Santo Patrono di Leonessa (RI), San Giuseppe appunto. Particolare riferimento va rivolto all’ingrediente farina di fave che associata alla farina di farro ed a tutti gli altri ingredienti, tradizionalmente impiegati, danno un prodotto di particolare gusto e dolcezza. Le fave rappresentavano il vitto semplice e austero di San Giuseppe, soprattutto nel periodo di Quaresima, le quali venivano offerte insieme al pane, ai poveri che Egli incontrava durante i suoi viaggi o che visitava presso gli ospedali. La preparazione del dolce alle fave che un tempo avveniva soprattutto in ambito domestico, oggi avviene presso l’azienda censita, la cui apertura risale al 1973. Il pasticcere ancora oggi rispetta gli ingredienti così come sono scritti in un foglio di quaderno; tale ricetta, secondo la testimonianza orale raccolta, fu scritta nel 1976 quando il prodotto veniva chiamato “Torta di San Giuseppe”.

Anse del Tevere

Le Anse del Tevere sono biscotti a base di farina 00, zucchero, vino e semi di anice. Nella sua semplicità degli ingredienti risulta un biscotto dal caratteristico sapore misto tra il dolce della pasta e l’aroma di anice e vino. Si presentano con una caratteristica forma a esse, di colore biancastro e piuttosto friabili e leggeri. Il suo fragrante profumo richiama antichi ricordi di quando la nonna lo cucinava nel forno a legna del paese .

Aree di rinvenimento del Prodotto: Rieti (RI), Nazzano (RM)

Cenni storici e curiositàL’attribuzione a questi biscotti del nome Anse del Tevere, preparati ancora come una volta nel rispetto di una ricetta scritta a mano su un foglio oramai ingiallito, sembra essere abbastanza recente in quanto il panificio che ancora oggi ne continua la produzione, ha inteso attribuire la forma ad esse del biscotto alla caratteristica morfologia del fiume Tevere ché nel tratto che costeggia Nazzano, scorre lentamente formando ampie anse e meandri. Mentre un tempo questi biscotti venivano chiamate “tisichelle” o “biscotti di magro” perché ritenute leggere e poco caloriche. Ancora oggi viene rispettato il tradizionale procedimento di lavorazione: a partire dalla macerazione dei semi di anice nel vino fino alla conservazione del biscotto ancora caldo sotto un panno di lino.

Olio extravergine monovarietale di Olivastrone

L’Olio monovarietale extravergine di Olivastrone deriva dalla varietà autoctona Olivastrone, Olea europea sativa. Il frutto (drupa) si presenta di grandezza media, di colore da verde a viola scuro, di forma ellissoidale un po’ allungata, poco pruinosa, con numerose lenticelle piccole. La pianta si caratterizza per le grandi dimensioni ed elevata vigoria e produttività buona ma non costante; è presente negli uliveti delle province di Roma e Rieti.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Rieti, intera provincia di Roma

Cenni storici e curiositàNel Lazio e in modo particolare nell’antico territorio della Sabina, la coltivazione dell’olivo per la produzione di olio extravergine di oliva ha origini antichissime. Basti pensare alla presenza di olivi secolari come l’Olivone di Canneto Sabino (Rieti), che con i suoi 2000 anni è considerato forse il più grande d’Europa, nonché al prestigioso riconoscimento comunitario, attribuito nel 1996, Sabina DOP. L’Olivastrone è una delle varietà più antiche presenti sul territorio la cui presenza è testimoniata già dal 1850- 1870. Si apprende infatti che in questi anni la famiglia Bertini acquistò dal monastero di Farfa l’appezzamento di terra in cui già figurava il famoso Olivone di Canneto e che “dall’Olivo del Bertini e della varietà olivastrone si ottenesse in media 7-8 q.li di olive che ben 17 persone, con il metodo della spiccatura, raccolsero in un giorno e mezzo”. L’Olivastrone è una varietà alquanto particolare che associata alle altre varietà (Carboncella, Leccino, Raja, Frantoio, Moraiolo, Salviana, Olivago, Rosciola) più diffuse sul territorio, offre un olio di eccellente qualità. E’ comunque una varietà a rischio di erosione preservata oggi presso alcune Aziende locali, storiche e a conduzione familiare, che da alcuni anni stanno cercando di recuperare e valorizzare questa oliva attraverso la produzione di un olio monovarietale di Olivastrone.

Salsicce (corallina romana, susianella, paesana, al coriandolo)

Susianella:
Salume impostato sulla trasformazione di cuore, fegato, pancetta, guanciale e rifilature magre. Dopo una breve asciugatura viene posto subito in vendita in caratteristiche forme a ciambella. Può essere anche utilizzato in cottura.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Viterbo

Cenni storici e curiositàE’ un insaccato tradizionale della città di Viterbo. La preferenza per le frattaglie rispetto ai pezzi di carne scelta, risale agli albori della civiltà etrusca. Anche nel periodo che va dall’XI al XV secolo è ben nota la passione per le frattaglie da parte degli occidentali e degli italiani in particolare.

Paesana:
Salume impostato sulla trasformazione di tagli magri ricavati dal costato e dalle rifilature di spalla, prosciutto e lonza. Normalmente utilizzata fresca o, più tradizionalmente, dopo breve asciugatura in camera calda. Pepe, aglio tritato e finocchio sono gli aromi più utilizzati, anche se in misura diversa, tra le diverse zone.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera regione Lazio

Cenni storici e curiositàTradizione orale locale, tracce in archivi comunali, presenza storica nelle norcinerie.

Al coriandolo:
Salume impostato sulla trasformazione di tagli magri ricavati dal costato e dalle rifilature di spalla, prosciutto e lonza. Normalmente utilizzata fresca o, più tradizionalmente, dopo breve asciugatura in camera calda. Pepe, aglio tritato e finocchio sono gli aromi più utilizzati, anche se in misura diversa, tra le diverse zone.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Intera provincia di Latina

Cenni storici e curiositàLaboratorio aziendale.

Salame cicolana

La Salamella Cicolana è un insaccato di carne suina, di piccola taglia (peso max 400 g), asciutto e compatto, di colore rosso rubino, nel quale i granelli di grasso sono distribuiti in maniera uniforme.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Accumoli (RI), Amatrice (RI)

Cenni storici e curiositàLa Salamella Cicolana è un tipico salume di produzione artigianale che prende il nome da un territorio montuoso della provincia di Rieti: la Comunità Montana del Salto Cicolano. La produzione di insaccati ha una connotazione storica molto forte nell’areale oggetto di caratterizzazione. Attestazione storica fondamentale che testimoni la lavorazione delle carni suine nell’area è la Statistica del Regno di Napoli fatta stilare da Gioacchino Murat nel 1811. Qui si ricorda come le principali tipologie dei prodotti derivati dalla carne suina nell’area dell’alto reatino erano prosciutti, mortadelle, salsicce e sanguinacci ecc. Nell’Inchiesta Jacini, redatta tra il 1877-1885, inoltre, il professor Piccinini, incaricato di redigere la “Monografia sul Circondario di Cittaducale”, al capitolo Razze suine così si esprimeva: “.. la maggior parte dei maiali si alleva presso le famiglie che famiglie allevano uno o più suini ad esclusivo uso dei bisogni propri. Se ne fanno”salcicce di carne”.

Lardo (di Leonessa, di San Nicola)

Lardo di Leonessa:
Lardo di forma parallelepipeda, stagionato per 90 gg, sottoposto a salatura a secco ed aromatizzato. La materia prima deriva dal lardo di schiena e di pancia, ricavato dalla carcassa del suino.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Leonessa (RI)

Cenni storici e curiositàLeonessa, adagiata sull’orlo meridionale di un altopiano appenninico, a 974 metri di altitudine, ha, sin dall’epoca dei Sabini, popolo proveniente dall’area del Gran Sasso e insediatosi nelle valli del Velino e del Tevere, basato la sua economia sulla zootecnia. L’allevamento del maiale, in particolare, permetteva, grazie alla lavorazione delle sue carni di avere a disposizione alimenti molto energetici, che si conservavano a lungo, se fatti stagionare. Dalla guida del 1903, dell’Abruzzo, regione poco distante dal comune in esame, si legge che qui “…grande è il commercio di … carne suina salata e manufatturata. La tradizione della lavorazione delle carni di suino è stata mantenuta nel tempo dall’azienda esaminata per il censimento che è attiva fin dal 1947 con un laboratorio sito in Roma e successivamente trasferita nel 1963 a Leonessa.

Lardo di San Nicola:
Lardo stagionato per 60 gg sottoposto a salatura a secco, aromatizzato con rosmarino, pepe e ginepro. La materia prima deriva dal lardo di schiena del suino. La forma è parallelepipeda ed il colore è bianco, erborinato all’esterno.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Cori (LT)

Cenni storici e curiositàIl lardo di San Nicola nasce da un’antica ricetta tramandata oralmente di padre in figlio. Non si conosce il periodo preciso al quale attribuire le origini di tale produzione. Nei racconti degli anziani del posto resta vivo il ricordo dei festeggiamenti in occasione dell’uccisione del maiale. C’è chi fa risalire la preparazione del lardo di San Nicola al primo Novecento, chi dice ancora prima e addirittura chi afferma che il tutto è nato con l’avvento della seconda guerra mondiale; una cosa però è certa che oggi si riesce a andare indietro di quattro generazioni che hanno sempre prodotto e consumato questo alimento di tutto rispetto dal sapore pulito e genuino arricchito dalla presenza delle essenze erbacee locali.

Guanciale amatriciano

Guancia di suino stagionata di forma triangolare composta di parte magra e grassa. Ingredienti: gola rifilata di suino pesante nazionale (circuito Parma o del Gran Suino Padano), sale, saccarosio, aromi naturali ( aglio a scaglie), spezie (pepe nero macinato) antiossidanti, conservanti.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Accumoli (RI), Amatrice (RI)

Cenni storici e curiositàIl guanciale ha un legame molto forte con il territorio di produzione, a cavallo tra Abruzzo e Lazio (in particolare i comuni di Amatrice, in provincia di Rieti, e Campotosto, in provincia de L’Aquila), poiché è stato parte integrante dell’alimentazione dei pastori dei Monti della Laga: la necessità di assicurarsi, nei mesi di permanenza in montagna, alimenti di facile conservazione e buon apporto calorico, ha individuato un prodotto congeniale nel guanciale che, assieme al pecorino, era originariamente l’unico condimento per la pasta poi divenuta famosa, con aggiunta di pomodoro, come l’amatriciana. Documento importante per quanto riguarda la lavorazione delle carni suine in Amatrice ed in particolare del guanciale è la Statistica del Regno di Napoli fatta stilare da Gioacchino Murat nel 1811.

Filetto di Leonessa

Il filetto di Leonessa presenta forma parallelepipeda e colore interno bianco roseo screziato di rosso. Per la sua preparazione la materia prima deriva da suini nazionali pesanti alimentati a secco.

Aree di rinvenimento del Prodotto: Leonessa (RI)

Cenni storici e curiositàLeonessa vanta una tradizione secolare nell’allevamento del maiale e nella lavorazione di carni porcine. Ogni parte del maiale è utilizzata al meglio, come era consuetudine di tutte le famiglie contadine soprattutto quelle delle zone montane. (R. Lorenzetti, R. Marinelli, Il ciclo del maiale in Sabina, in BRADS, Estratto n. 9, Cagliari, 1979-80). Nei secoli XV-XVI, qui, fioriscono le industrie, principalmente quella laniera, ma quando l’arte della lana volge al declino fioriscono altre attività quali la lavorazione di carni suine e dei latticini, La tradizione della lavorazione delle carni di suino è stata mantenuta nel tempo dall’azienda esaminata per il censimento che è attiva fin dal 1947 con un laboratorio sito in Roma e successivamente trasferita nel 1963 a Leonessa.