Composizione:
a. Materia prima: farina di grano tenero, acqua, cubetti di lardo, lievito madre, sale.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:
Tecnologia di lavorazione: farina, acqua, lievito e lardo tagliato in piccoli cubetti vengono impastati insieme. Si lascia in riposo per una mezz’ora, poi si mette la pasta in un contenitore – che può essere tondo o quadrato – e si cuoce al forno. A cottura ultimata ha un’altezza di 5-8 cm.
Area di produzione: Modena.
Note: era anche affettuosamente detto “gnocco rancido”, nel senso che la massaia o reggitrice (arzdora) utilizzava, nell’impasto, piccoli ritagli grassi di prosciutto irranciditi. Lo gnocco ingrassato si consumava – come del resto lo gnocco fritto – al mattino, dopo avere rigovernato la stalla e spaccato la legna. Di più facile e rapida preparazione del pane, perché a farla bastava la padrona di casa, serviva a risparmiare il consumo di quest’ultimo, la cui preparazione richiedeva la presenza di più persone. Talvolta si serve come antipasto con cubetti di mortadella oppure preparato con erbe aromatiche essiccate e sminuzzate nell’impasto. Invece con la scomparsa del camino – sostituito dalle cucine economiche – è uscito di scena lo gnocco cotto sotto la brace (Informazione di Emilio Lancellotti, ristoratore in Soliera). A Bologna se ne produce una versione più crostuta perché meno alta, che viene detta crescenta. È citata da Vincenzo Tanara già nel volume “L’economia del cittadino in Villa” (Bologna, 1644).
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