Lo nominano anche a Masterchef, ma nessuno sa cosa sia: ecco il quinto sapore (e dove trovarlo)

Stefano Maria Meconi  | 23 Gen 2024  | Tempo di lettura: 4 minuti

Umami è un termine che circola molto, ma non è un concetto che rimane sempre chiaro. Da dove viene questa parola, perché è diventata così popolare e, soprattutto, cosa dobbiamo assaggiare per sentire l’umami?

Da qualche anno si parla di umami che, dal 1982, è stato consacrato a tutti gli effetti uno dei cinque gusti fondamentali: questa new entry si aggiunge al dolce, all’acido, al salato e all’amaro. Ma di cosa stiamo parlando esattamente? La sua storia parte dal Giappone, paese dove fu identificato il quinto gusto: è da sottolineare il fatto che sebbene la scoperta sia stata fatta nel paese del sol levante, questo sapore è stato sempre presente nelle nostre ricette.

Umami è una parola giapponese che significa saporito o delizioso

L’umami ha una sua identità, è un gusto alla pari degli altri quattro e rende i cibi particolarmente appetibili: non a caso è molto apprezzato dai bambini, ma non solo, perché in fondo siamo tutti molto ghiotti. Per cominciare ad inquadrare questo nuovo sapore, possiamo far riferimento all’Umami Information Center che lo definisce come “un gusto sapido piacevole che viene dal glutammato e da diversi ribonucleotidi, tra cui inosinato e guanilato, che si trovano naturalmente in carne, pesce, verdura e prodotti lattiero caseari”. Gli alimenti ricchi di acido glutammico legato sono carne, pesce, formaggi e mais, poi ci sono parmigiano, piselli, pomodori, mais e patate, tutti prodotti nei quali l’acido glutammico si presenta in forma libera.

Ecco quali sono i cibi umami

Fatta questa prima grande premessa, andiamo a capire meglio la storia: come abbiamo accennato il tutto parte dal Giappone, dove il professor Kikunae Ikeda, che lavorava nel Dipartimento di Chimica della School of Science presso l’Università Imperiale, scopre il glutammato nel 1908. La questione gira intorno ad un piatto tipico della cucina giapponese, il brodo dashi che viene realizzato con alga kombu: il chimico notò che il sapore dell’alga suscitava gli stessi stimoli gustativi di alimenti che aveva assaggiato in un recente viaggio in Europa. Egli mise a confronto ingredienti distanti migliaia e migliaia di km, facendo riferimento a pomodori, carne, formaggi ed asparagi che aveva assaggiato in Germania. C’era sicuramente un retrogusto che accomunava alimenti completamente diversi, ma che risultava presente con caratteristiche inconfondibili.

In cucina si fondono teoria scientifica e pratica quotidiana

Il cibo è scienza e non a caso la chimica è la materia che si occupa nello specifico di moltissimi aspetti del food: nel corso dei secoli la cucina ha trovato negli scienziati i protagonisti di vere e proprie rivoluzioni, come lo è stata la cucina molecolare. La storia dell’umami è un esempio di come l’occhio critico di un uomo abituato a lavorare in laboratorio, abbia allineato informazioni dalle quali estrapolare un concetto nuovo e dirompente. Era venuto fuori un quinto gusto che non risultava dalla combinazione degli altri quattro, ma brillava di luce propria: si era presentato al mondo, nei diversi continenti e in diversi ingredienti, almeno così la pensava Ikeda ed aveva ragione. Dalle ipotesi alle verifiche, è così che procede uno scienziato e questo fu fatto: dalle alghe fu estratto l’acido glutammico che caratterizza il gusto del dashi. Da qui in poi l’umami diventa un nuovo fattore legato al gusto e conquista il suo posto insieme agli altri quattro storici.

Ecco perché l’umami rende ogni piatto più saporito

Vediamo nel dettaglio perché l’umami rende i cibi più appetitosi.

Iniziamo dicendo che si guadagna una grossa complessità nel sapore: non è semplice rendere bene l’idea, ma pensiamo a qualcosa di molto ricco che pervade la nostra bocca e ci soddisfa pienamente nel gusto. Questo è quello che accade quando l’umami è presente nel cibo che stiamo assaggiando, pertanto il nostro boccone sarà decisamente interessante e soddisfacente.

  • L’umami stimola l’appetito: questo viene dal fatto che è associato ai cibi proteici, fondamentali per il loro apporto nutrizionale. Nella nostra dieta le proteine sono un elemento imprescindibile perché contengono gli aminoacidi essenziali per il nostro organismo. Abbiamo detto che l’umami aumenta la piacevolezza nel mangiare, rendendo più invitanti le pietanze, quindi c’è un’influenza positiva che porta le persone a mangiare di più o a trovare il cibo più soddisfacente.
  • Enhancer del gusto: letteralmente intensificatore del gusto, l’umami, come abbiamo già detto, migliora tutti gli altri sapori presenti nel cibo, amplificando la percezione di dolcezza, di salato e anche di alcuni aromi.
  • L’umami è presente in prodotti freschi e maturi e questo significa che, istintivamente, abbiamo sempre riconosciuto la presenza di questo gusto negli ingredienti che, con il loro grado di maturazione, erano perfettamente soddisfacenti a livello nutritivo.

Ma quandi, l’umami è sapido o salato?

L’Umami Information Center ha precisato che l’umami corrisponde al sapido, da non confondere con il salato, come insegna l’analisi sensoriale che ci spiega anche come il tempo di percezione di ogni singolo sapore sia diverso: il dolce si sente per primo e l’amaro per ultimo perché le sensazioni corrispondono alle zone della lingua che vengono sollecitate ed è proprio questo che stabilisce un ordine.

Il glutammato monosodico è diverso dal sale perché ha un contenuto di sodio di circa un terzo rispetto al sale da cucina, pertanto manteniamo alto il gusto con una percentuale di sodio inferiore. Il problema sta nell’eccessivo consumo degli alimenti che contengono MSG e su questo c’è un rischio di aumento di peso, ma non un legame diretto di eventuali rischi con l’additivo in sé. Anche per quanto riguarda la metabolizzazione del glutammato e del glutammato di sodio, non si rilevano differenze, pertanto il consiglio è sempre quello di moderare i cibi ultra processati in modo da garantire una dieta varia ed equilibrata.

Stefano Maria Meconi
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