All’improvviso, tra castagneti fitti e vallate di vapore, la collina si stringe in una spirale di pietra. Ecco che appare Castelnuovo di Val di Cecina, il borgo “a pigna” dell’Alta Valdicecina, nell’estremo sud della provincia di Pisa. Un gomitolo medievale di vicoli, archi e scalette che sale a 576 metri, la quota della casa comunale — la più alta della provincia — e guarda un paesaggio che alterna boschi, calanchi dorati e improvvise fumarole. Qui la Toscana ha un respiro diverso: più minerale, più selvatico, più antico.
Il colpo d’occhio è inconfondibile: case in cerchi concentrici attorno al crinale, come spire di una conchiglia. Le guide turistiche regionali lo descrivono “a pigna” o “a grappolo d’uva”, un’immagine perfetta per l’urbanistica compatta che risale ai secoli in cui la pietra era difesa e necessità. Passeggiando, ci si imbatte in chiassi strettissimi: il più celebre è il “chiassino”, appena 50 centimetri di larghezza, un capriccio di pietra che sembra fatto apposta per ricordare il senso dell’intimità dei borghi di confine. Al centro del paese, la Chiesa del Santissimo Salvatore, sorta nel Medioevo dentro l’antico cassero e rinnovata nei secoli, custodisce l’identità religiosa e civile della comunità. Il suono delle campane rimbalza tra i tetti d’argilla: è un invito a prendersi il tempo del borgo, a leggere le pietre come un archivio a cielo aperto.
Siamo nel cuore della Valle del Diavolo, la striscia di Toscana che unisce Larderello, Sasso Pisano e Monterotondo Marittimo, da secoli celebre per soffioni, lagoni e vapori. Se volete capire davvero questo territorio, dedicate qualche ora a Sasso Pisano: un percorso segnalato accompagna tra fumarole, solfatare e putizze, con “lagoni” di acqua e fango che ribollono a pochi passi dal sentiero. È un giardino geologico, in cui i suoni sono sfiati e gorgoglii, e i colori virano dal grigio cenere al giallo zolfo. Poco lontano, nel comune di Monterotondo, il Parco delle Biancane amplia lo sguardo su un altro anfiteatro di vapori e croste minerali.
Montecastelli Pisano
Tra le frazioni, Montecastelli Pisano è una terrazza di pietra, con la torre dei Pannocchieschi e la pieve romanica dei Santi Filippo e Giacomo. E proprio da Montecastelli prende il nome una denominazione che gli appassionati di vino amano scoprire: l’IGT “Montecastelli”, riconosciuta dal Ministero e disciplinata da un regolamento ufficiale, che interessa i comuni di Castelnuovo di Val di Cecina, Volterra e Pomarance. È una Indicazione Geografica Tipica “di territorio”, che accoglie bianchi e rossi (anche varietali) e fotografa l’anima collinare della Valdicecina.
Castagneti, oliveti, greggi: l’Alta Valdicecina ha una cucina di terra, profumata di erbe e legna. Il formaggio-simbolo, qui, ha un disciplinare che parla la lingua del territorio: il Pecorino delle Balze Volterrane DOP, prodotto solo con caglio vegetale (fiore di cardo), è una denominazione ufficiale che include Castelnuovo di Val di Cecina nella sua zona di produzione (insieme a Volterra, Pomarance, Montecatini V.C. e Monteverdi). Fresco, semistagionato o stagionato, è un pecorino dolce-sapido, con quella nota erbacea che conquista i palati curiosi e fa coppia perfetta con miele di castagno e confetture. L’olio racconta la versatilità della Toscana: l’IGP “Toscano” garantisce filiera e origine regionale (raccolta, estrazione e confezionamento in Toscana), e in Valdicecina si traduce in fruttati medi capaci di reggere zuppe, erbe di campo, carni alla brace. Un filo d’olio su pane sciapo e pecorino DOP è già un antipasto che “parla” la lingua del luogo. Nel bicchiere, oltre ai classici toscani, vale la pena cercare le etichette dell’IGT Montecastelli: rossi di Sangiovese spesso affiancato da vitigni internazionali, bianchi di Trebbiano, Vermentino, Malvasia. È un vino di paesaggio, con rese e tipologie fissate dal disciplinare ministeriale perfetto con pappardelle al cinghiale, pecorini stagionati, funghi e, quando la stagione chiama, tartufo.
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