Il cioccolatino più famoso d’Italia è in pericolo? Ecco perché la Svizzera potrebbe cambiare per sempre i gianduiotti

Stefano Maria Meconi  | 08 Feb 2024  | Tempo di lettura: 4 minuti

Come il Bicerin e la Mole Antonelliana, c’è un piccolo cioccolatino che, con la sua bontà, è diventato un simbolo di Torino ben oltre i confini della prima capitale italiana. Il gianduiotto è infatti, e da tempo immemore, riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo per la sua altissima qualità e per l’uso di pochi, selezionati ingredienti. E che oggi alcune aziende della Svizzera vorrebbero produrre industrialmente, cancellando secoli di storia italiana.

Un dolce gustosissimo

Il gianduiotto è uno dei simboli della pasticceria italiana nel mondo

La caratteristica principale del gianduiotto è che è fatto con la gianduia che viene prodotta a Torino, lavorata fino a conferire la forma di prisma (simile a un lingottino) tipica del Gianduiotto, che viene confezionato come un tempo in una carta dorata di alluminio, così come fece l’azienda Caffarel, la prima a cui si devono il confezionamento e la vendita della golosità torinese.  Il Gianduiotto oggi viene venduto in tutto il mondo, viene spesso regalato o servito nelle caffetterie piemontesi assieme al caffè o con il bicerin, un liquore tipico piemontese.

I valori nutrizionali per 100 grammi di gianduiotti sono:

  • 570 kcal
  • 38 g di grassi
  • 45 g di carboidrati
  • 8 g di proteine

Cosa c’entra Napoleone con i gianduiotti?

L’incontro delle nocciole delle Langhe con il cacao ha dato origine ai magnifici gianduiotti

Quando Napoleone Bonaparte prese il potere in Francia e, a macchia d’olio, estese la sua influenza su tutta Europa, ci fu un forte rallentamento nell’importazione di cacao in Piemonte. Per questo motivo, bisognava trovare una ricetta alternativa per produrre dei cioccolatini limitando il consumo di cacao. I cioccolatieri decisero così di ricorrere alle nocciole, prodotto diffusissimo nella regione che, non a caso, è anche la patria della Nutella, nata con premesse pressoché identiche quasi 150 anni dopo.

La produzione originale del gianduiotto prevedeva la fusione del cacao con lo zucchero e le nocciole finemente tritate, tipicamente le pregiatissime Nocciole Piemonte IGP, per creare una pasta omogenea che veniva poi colata in stampi a forma di piccoli battelli o praline avvolte in carta dorata. Questa tecnica manuale ha contribuito a dare al gianduiotto la sua caratteristica forma e consistenza morbida. La lotta all’oppressione napoleonica, la combinazione di prodotti del territorio e la facilità di trasporto di questi cioccolatini, incartati uno ad uno, ha reso i gianduiotti un vero e proprio simbolo di Torino e del Piemonte, portandoli alla fama in tutto il mondo.

La disputa sul gianduiotto che vede sfidarsi Italia e Svizzera

Lindt vuole produrre gianduiotti rivoluzionando la ricetta tradizionale, ma l’Italia non ci sta

Il gianduiotto è al centro di una disputa tra Italia e Svizzera che riguarda la vera ricetta e il riconoscimento della denominazione di origine protetta (IGP), che ha una valenza non solo italiana ma si applica a tutti i paesi dell’Unione Europea​​. La questione principale che vede contrapposti italiani e svizzeri, in particolare, è legata all’uso della nocciola Piemonte IGP e al divieto di utilizzare latte in polvere nella produzione, una pratica adottata da alcuni produttori per stabilizzare il prodotto e ridurre i costi​​. La battaglia per il riconoscimento IGP del gianduiotto torinese vede il governatore del Piemonte, Alberto Cirio, impegnato a difendere l’autenticità e la territorialità del prodotto, contro le rivendicazioni di aziende come Lindt che vorrebbero produrlo al di fuori del Piemonte, per giunta impiegando ingredienti lontani dalla ricetta tradizionale​​. Questo sforzo è supportato dal ministro dell’Agricoltura e dalla Commissione Europea, che lavorano per preservare il legame tra i prodotti e il loro territorio di origine rispettando le normative europee​​.

Il gianduiotto torinese è sostenuto da un ampio consorzio che include università, cioccolatieri artigianali e grandi aziende. L’obiettivo è ottenere il riconoscimento IGP per valorizzare il prodotto e garantirne l’autenticità​​. Inoltre, visto che la produzione di questo cioccolatino genera un fatturato annuo di 200 milioni di euro, c’è una collettiva volontà di proteggere un’eccellenza italiana contro interessi esterni​​. La resistenza di Lindt al riconoscimento IGP del gianduiotto piemontese è vista come un ostacolo inammissibile al progetto europeo di valorizzazione del prodotto, sottolineando la tensione tra la tutela delle denominazioni d’origine e le strategie commerciali delle multinazionali​​.

Stefano Maria Meconi
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