In questa ‘piccola Venezia’ d’oltralpe si fa la tiella e la pastiera. È in Francia, ma si mangia italiano

Maddalena  | 23 Set 2024
Sète, barche di pescatori

Nel cuore della Francia meridionale, dove il Canal du Midi sfocia placido nel Mediterraneo, sorge forse la più italiana tra le città francesi: Sète. Sicuramente i tanti canali e ponti di Sète ricordano la più rinomata Venezia, ma non è solo l’architettura ad evocare suggestioni del nostro paese, infatti è nella cucina che si fa sentire forte e chiara l’influenza italiana.

Sète: la piccola Venezia francese

Sete, Francia
Sete, Francia

Sète è spesso conosciuta come la “piccola Venezia della Linguadoca” ed è un vero e proprio crogiolo di culture, un mosaico di storie e sapori che nei secoli si sono intrecciati con la cultura locale. I canali che serpeggiano tra le vecchie case di pescatori e le barche che dolcemente dondolano sull’acqua ricordano solo da lontano i fasti della grande Venezia, ma il legame con l’Italia è molto più stretto di quello che si potrebbe pensare.

Fondata nel 1666 da Luigi XIV e progettata dall’architetto Pierre-Paul Riquet, Sète doveva essere un porto militare strategico, ma il suo destino cambiò drasticamente con l’arrivo di immigrati italiani nel XIX secolo. La migrazione che interessò Sète, fu soprattutto dalle regioni del sud Italia come Lazio e Campania, dove molti italiani fuggiti dalla fame e dalla povertà si stabilirono a Sète con le loro famiglie in cerca di un futuro migliore. Questi pionieri, molto spesso pescatori, portarono con sé anche le loro tradizioni culinarie di origine, radicandosi per sempre e in modo indelebile nel tessuto culturale di Sète.

La cucina sètoise, un ponte tra Francia e Italia

Ostriche di Sète, Francia
Ostriche di Sète, Francia

Questi immigrati si stabilirono principalmente nel Quartiere Alto, soprannominato a ragione la “Piccola Italia”, dove l’influenza italiana è ancora più palpabile. Infatti il legame tra Sète e l’Italia risulta ancora più evidente quando si parla di cibo: dalle ricette familiari che hanno arricchito il patrimonio culinario locale, a piatti che seppur influenzati da tradizioni locali ricordano palesemente quelli della nostra tradizione.

Per esempio la tiella sètoise, torta salata ripiena di polpo o verdure, trova le sue radici nella tiella di Gaeta, portata a Sète dagli immigrati italiani. Anche la nostra amatissima pastiera, seppure in una variante locale che utilizza spaghetti cotti nel latte, caramello e uova, evidenzia lo strettissimo legame con la madrepatria italiana. Sète ancora oggi è il primo porto di pesca del Mediterraneo francese e passeggiando per il mercato coperto di Les Halles, gioia per gli occhi e per il palato, tra i tanti banchi che vendono quotidianamente pesce freschissimo, si possono assaggiare i frutti di questa fusione culturale.

Storie di sapori e integrazione al mercato di Les Halles

Sète, quartiere dei pescatori
Sète, quartiere dei pescatori

Tuttavia la proposta gastronomica di Sète non è soltanto un retaggio del passato, ma continua oggi ad essere un elemento centrale della sua identità culturale. Molti anni dopo l’arrivo dei primi italiani infatti, i piatti che hanno introdotto sono diventati simbolo di una comunità che anche nella multiculturalità ha saputo mantenere vive le proprie radici. Ovunque possiamo sentire parlare un curioso dialetto che mescola italiano e francese e a Les Halles i banchi vendono brageoles e macaronade, piatti in cui si riconoscono influenze campane e occitane. Tra ostriche, cozze e vongole freschissime, possiamo trovare piatti come la “paste chiche” e la “paste fasoule” che richiamano chiaramente le nostre pasta e ceci e pasta e fagioli.

Ecco perchè visitare questa “piccola Venezia” significa esplorare un pezzettino di Italia in terra francese, assaporando piatti che raccontano storie di migrazione, di fatica, di nostalgia di casa ma anche di adattamento, amore per il cibo e per le proprie radici. Sète con la sua tradizione culinaria tanto francese quanto italiana, diventa un ponte gastronomico che unisce due paesi attraverso i sapori e la memoria. E ancora una volta, come in tante altre storie di migrazione italiana, l’esempio di Sète dimostra come la cucina può essere un mezzo potente di integrazione e conservazione culturale.

 [foto copertina @Photoprofi30 – IStock.com / solo uso editoriale]

Maddalena
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