Arezzo si trova in una conca tra gli Appennini, una città la cui antica bellezza è rimasta intatta e un po misteriosa. Il modo in cui gli aretini hanno costruito la loro città racconta le loro personalità di abili artigiani con manufatti esportati in tutto il mondo. Il legame tra la città e il territorio che la circonda è molto stretto.
Arezzo è da sempre stato il naturale passaggio per chiunque volesse attraversare l’Appennino tosco-emiliano e ha sfruttato proprio questa caratteristica di essere un crocevia di importanti arterie di comunicazione del passato per diventare una grande città. Da qui infatti sono passati gli Etruschi e i Romani, i Longobardi e i Carolingi fino ai medici fiorentini e agli Asburgo. Qui hanno lasciato le impronta del loro passaggio artisti come Petrarca, Piero della Francesca e Cimabue. Le origini del nome sono molto discusse. Gli etruschi la chiamavano Aretin che sembra derivare dalla sua posizione, un insediamento sul versante di una collina. Altri dicono che il nome possa derivare da una parola ligure, altri spagnola e altri ancora sarda. Arezzo in ogni caso conta 3 mila anni di storia.
I cibi tipici di Arezzo sono tutti accomunati da semplicità, una cucina influenzata da una parte dalla Toscana, dall’ altra dall’Umbria. Sicuramente non manca ottimo olio extravergine di oliva prodotto sulle colline circostanti e il pane Toscano che per sua natura è senza sale e sia adatta alla perfezione per essere condito con l’olio o accompagnato con affettati e formaggi locali. La scottiglia, un piatto di origine medievale, è a base di carni miste accompagnate con peperoni e vino rosso. L’acquacotta, ovvero una zuppa di verdure miste accompagnata da uova e pane tostato. Poi i fegatelli, ovvero fegato di maiale condito con aromi e accompagnato da bietole.
Da non perdere poi i Grifi all’aretina, ovvero le parti magre e callose del muso del vitello cucinate in umido con aromi e pomodoro. I grifi si consumano così o dentro un panino. Il baldino, anche conosciuto come castagnaccio che si prepara in autunno con la farina di castagne, acqua, pinoli e uvetta. Diverse le varianti locali che prevedono l’aggiunta di aromi come il rosmarino, le scorza d’arancia o i semi di finocchio. Per chiudere con un altro dolce il gatto all’aretina, servito in occasione di matrimoni e banchetti in passato, oggi si può trovare nelle feste paesane, nelle pasticcerie e nelle panetterie di Arezzo e provincia. Questo dolce si prepara con una pasta arrotolata e bagnata con Alchermes e farcito con crema pasticcera e crema al cioccolato. Il termine gatto è un’italianizzazione del termine francese gateau che significa torta.
Sono un cuoco e un giornalista enogastronomico, cucino e parlo di cibo praticamente tutto il giorno. Vino e cibo sono le due vie migliori per conoscere una cultura, in modo gustoso.
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