Lo Spiedo Bresciano è un ricco piatto che risale al medioevo, come suggerisce il nome si tratta di una cottura al girarrosto. Questa preparazione tipica della domenica, è un antico piatto della cultura venatoria originario di Brescia, ma è diffuso anche nelle altre province di Bergamo, Mantova, Verona e Cremona. Scopriamo insieme tutto quello che c’è da sapere su questa ricetta simbolo.
Lo spiedo nella sua versione antica è molto simile alla preparazione di oggi: ricordiamo anche che è una De.Co per i comuni di Serle e Gussago, dal marzo 2011. Nasce come tipico piatto di carne da cacciagione e animali da cortile e oggi la ricetta prevede diverse tipologie di carne: lonza o coppa arrotolata, costolette, cosce, petto o ali di pollo, coniglio e, ovviamente, cacciagione.
La ricetta è stata tramandata di generazione in generazione e a seconda del luogo di preparazione, si hanno parecchie versioni. Vediamo cosa ci offre il territorio.
In base alle preferenze personali delle famiglie che hanno custodito questa preparazione, abbiamo oggi una certa variabilità nei condimenti: si spazia infatti dal burro, all’olio di oliva nella zona del lago, al lardo di maiale nelle alte valli.
A Serle e Gussago, i luoghi che hanno ottenuto la De.Co., si procede di più con una versione tradizionale, che seleziona la carne in base alla pezzatura e alla presenza di uccelli; viene anche scelta con cura la legna da utilizzare per la carbonella.
Facciamo ora delle precisazioni sull’ingrediente base dello spiedo
Non è consentita la congelazione delle carni, perché questo ne comprometterebbe la morbidezza. A completare la preparazione, il burro preferibilmente nostrano che abbia almeno l’80% di grasso e sale fino che non sia di origine marina.
I pezzi di carne vengono infilzati sugli spiedi che si chiamano “schidoni” o “bracoi”: viene interposta qualche foglia di salvia e ogni singola “presa”, il pezzo di carne, deve risultare di circa 70-80 grammi; le patate sono previste all’inizio e alla fine della spiedatura in modo che non siano a contatto con la carne, ma solo con le parti metalliche. Si devono infilzare carni diverse, l’importante è che si rispetti sempre lo stesso ordine; c’è addirittura una sequenza ideale ed è questa: costoletta, pollo, lonza, coniglio, uccello.
I “bracol” riempiti in maniera omogenea, vengono poi montati su una struttura che renderà agevoli le fasi di cottura. Il girarrosto è posizionato vicino ad un camino o ad un barbecue, in modo che riposi per un notte cosicché la carne si asciughi in previsione della cottura, che avverà a fuoco lento con una durata da quattro a sei ore.
La cottura è fatta con brace di legno, preferibilmente frassino, nocciolo, faggio e ginepro, per assicurare la giusta aromaticità, facendo attenzione all’intensità del calore. La carne viene periodicamente unta dall’alto in modo che rimanga morbida e non bruci.
La tradizione vuole che lo spiedo sia consumato accompagnandolo con polenta e intingolo, cioè il burro fuso che rimane dalla cottura.
Possiamo abbinare questo piatto con un vino locale, un Groppello: ottenuto da uve a bacca nera dell’omonimo vitigno autoctono, questo vino è proprio del lago di Garda. Elegante e dagli aromi fruttati, con una buona tannicità e dal corpo medio, si presenta armonico ed equilibrato, con la giusta freschezza.
Manuela Titta, cuoca per passione, gastronomo di professione e sommelier per vocazione
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