Pancotto

PaesidelGusto  | 23 Mag 2019

Il pancotto è una preparazione tipica dell’Emilia Romagna (Forlì-Cesena e Romagna nel suo complesso) e della Calabria (soprattutto la provincia di Reggio). Un piatto di origine povera, ma ricco di sapore, evolutosi in diverse varianti sia dolci che salate.

1 Pancotto romagnolo

1.1 Scheda prodotto

Area di produzione: Nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Emilia-Romagna, come zona di produzione è indicata esclusivamente la Provincia di Forlì-Cesena e la Romagna. Varianti che prevedono l’impiego di pane raffermo per la realizzazione di zuppe e ricette dolci e/o salate sono presenti anche nella tradizione reggina (Calabria).

Ingredienti: Pane secco, olio extravergine di oliva

1.2 Ricette e varianti tradizionali del pancotto

1.2.1 Pancotto del ricco

Mettere del pane vecchio (fatto già da diversi giorni) in una pignatta piena d’acqua salata o di latte a rammollire e aggiungere aglio o cipolla tritati prima di mettere la pignatta al fuoco. Cuocere lentamente e quando si avrà una densa poltiglia aggiungere in pentola tre cucchiai di olio o di grasso o di burro e una manciata di formaggio parmigiano o pecorino.

Cfr. Giovanni Manzoni, Così si mangiava in Romagna, 1977 Walberti Edizioni

1.2.2 Pancotto del povero

Si fa come quello ricco ma senza latte e formaggio e con un solo cucchiaio di grasso o di olio.

Cfr. Giovanni Manzoni, Così si mangiava in Romagna, 1977 Walberti Edizioni

1.2.3 È Pacöt

Il pancotto, di nonna Maria (94 anni): “Si spezzava del pane (generalmente si usava quello vecchio, (15-20 giorni), ormai tanto indurito da non essere più “tollerato” neppure dai denti più robusti), e lo si metteva in un tegame con acqua e sale lasciandolo bollire per circa mezz’ora. A fine cottura si aggiungeva un po’ di olio, si rimescolava e si versava nel piatto. Si otteneva così una crema di pane più o meno liquida a piacere, e per noi – almeno a quei tempi – molto gustosa.

“Questo pancotto lo mangiavano i vecchi che avevano perduto i denti (e le dentiere non usavano, almeno fra la povera gente), e i bambini fin dai primi mesi di vita. Ma anche i grandi lo apprezzavano e lo mangiavano.

“Perché una volta (il pane lo si faceva e cuoceva in casa all’incirca ogni 10-12 giorni) non si buttava via niente, e nel caso del pane, poi, si sarebbe commesso un grosso peccato. Oggi si mette via il pane del giorno prima …”

Cfr. G. Quondamatteo, Grande dizionario (e ricettario) gastronomico romagnolo, Imola, Grafiche Galeati, 1978

1.2.4 Pancotto “leggero”

Prendere dei tozzi di pane avanzati e metterli a bagno nel latte. In un tegame fateli poi cuocere con spicchi d’aglio e bolliteli fino a che questi siano ridotti a poltiglia. Condite con olio e burro; spolverate con parmigiano.

È un alimento molto digeribile, adatto alle persone deboli di stomaco.

Cfr. Mario Tabanelli, Romagna in Cucina, luglio 1988 – Magalini Editrice;

1.2.5 Crema di pancotto

Prendere del pane secco, tagliarlo a fettine e metterlo dentro una pentola, che bisognerà già aver unto sia sul fondo che sui bordi con dell’olio d’oliva. Riempire la pentola con l’acqua e lasciar cuocere a fuoco lento. Mentre il pane cuoce mescolare continuamente e aggiungere il sale. Il pancotto sarà pronto quando avrà raggiunto la consistenza di una crema. Lasciar raffreddare e servire in tavola in coppette in cui occorrerà versare un cucchiaio d’olio.

Cfr. Dizionario della cucina romagnola. Ricette, vini, personaggi …, a cura di E. Morini e S. Vicarelli, Bologna, Il Resto del Carlino, Poligrafici Editoriale, 1993

Pancotto in padella

Prendete delle croste di pane raffermo e inzuppatele prima nel latte poi nell’uovo sbattuto. Gettatele a scottarsi in padella dove l’olio bolle già. Mettetele poi in un tegame con acqua, sale, pepe, ancora olio e formaggio parmigiano grattugiato. Lasciate cuocere circa mezz’ora a fuoco lento.

Cfr. Dizionario della cucina romagnola. Ricette, vini, personaggi …, a cura di E. Morini e S. Vicarelli, Bologna, Il Resto del Carlino, Poligrafici Editoriale, 1993

1.3 Cenni storici e curiosità

Tozzi di pane, avanzi non di giorni ma di settimane (nel dialetto riminese: i citati tràcle, come quelli da grattugiare per fare i passatini). Metterli a bagno nell’acqua sino a ridurli in poltiglia. Aggiungere acqua e, in capace tegame di terracotta, cuocerli con spicchi d’aglio e poco sale.

Far bollire molto, in modo che, sotto, facciano la “crosta”. Condire con polpa d’oliva, cioè olio grasso, senza correttivi, o anche col burro. Cospargere di parmigiano.

Da non confondere con la “panata”, la quale, diversamente del pane cotto in acqua, è cotta nel brodo, con aggiunta di uova e di odori. È la “pappa” degli infanti e dei vecchi senza denti, e anche di coloro – facce di pancotto, malinconiche, inespressive, slavate – che non siano allergici al pancotto, appunto.

È il cibo di cui, assai prima che Lolita del romanzo omonimo sostentasse l’attempato Humbert Humbert, altra ninfetta di una non identificata località balneare della Riviera, tra Cesenatico e Cattolica, or non è guari, nutrì maternamente un uomo maturo, al quale essa si era affezionata, col dirgli: “Sei il mio bambino, ma tògliti la dentiera”.

Cfr. G. Quondamatteo, L. Pasquini, M. Caminiti “Mangiari di Romagna”, Grafiche Galeati – Imola 1975

2 Pancotto calabrese

1.1 Scheda prodotto

  • Sinonimo: Brodo pieno
  • Nome dialettale: Panicuottu
  • Territorio interessato alla produzione: provincia di Reggio Calabria
  • Ingredienti utilizzati: Pomodori pelati, olio d’oliva, prezzemolo, foglie d’alloro, aglio, sedano, pecorino grattugiato, pane raffermo
  • Sapore: Caldo
  • Odore: Deciso

2.2 Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura

  • Lavorazione del prodotto: Esclusivamente manuale.
  • Tecniche di lavorazione: In una pentola di coccio preparate del brodo con acqua, olio d’oliva, filetti di pomodoro pelato, prezzemolo, sedano, foglie d’alloro, aglio, lasciate cuocere per qualche minuto; togliere l’alloro e l’aglio ed aggiungete il pane raffermo, fare cuocere per qualche minuto ancora.
  • Periodo di lavorazione: Dal mese di novembre al mese di gennaio.

2.3 Cenni storici e curiosità

Dalla dominazione angioina fino all’Unità d’Italia, la Calabria soffrì una forte riduzione delle proprie libertà. Parimenti però la voglia di espressione della popolazione si conservò nella cucina, con la nascita di innumerevoli piatti e specialità tradizionali.

Tra questi troviamo la stroncatura, il “brodo pieno” (zuppa poverissima con acqua e pane raffermo) e non solo.

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