Composizione:
a. Materia prima: farina di grano duro, acqua, sale, lievito.
b. Coadiuvanti tecnologici:
c. Additivi:
Tecnologia di lavorazione: alla farina viene aggiunto il lievito acido, acqua e un pizzico di sale. Si impasta bene e si lascia lievitare per 5/6 ore. Poi si lavora ancora l’impasto formando tanti pezzi che vengono modellati a mano a forma rotonda. Si mettono al caldo a lievitare ancora per un’oretta e poi si infornano nel forno a legna.
Area di produzione: in tutta la Basilicata.
Note: da non confondere con la panella della gastronomia palermitana. Dice un vecchio proverbio lucano “Bone so’ li ffiche e pure li cerase, ma trist’a quera panza ca pane nun ge trase” (Buoni i fichi, buone le ciliege, ma triste quella pancia ove non entra il pane). Eppure ancora agli inizi del ‘900, nelle zone montuose della Basilicata, il pane di puro grano non era molto in uso presso la gran parte dei contadini. Spesso alla farina di grano si aggiungevano farine di legumi quali ceci, fave, cicerchie, fagioli, nonché patate. Nel potentino il granturco era usato in focacce azime chiamate nell’aviglianese “carchiole”, cotte dentro forme di ferro poste sulle braci. La polenta veniva consumata invece dalle popolazioni del Lagonegrese. Nella zona del Metaponto, così come in quella collinare e centrale, il grano era alla base dell’alimentazione e in casa veniva cotto nei forni delle masserie o in quelli del paese. Nel melfese d’inverno si consumava la farina di granone per le schiacciate cotte su pietre larghe e sottili. Cfr. Aa.Vv, Porco e Aglianico, Matera, 1984.
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