Materia prima: latte intero di pecora. Alimentazione: foraggi verdi o affienati della zona di produzione.
Tecnologia di lavorazione: si porta il latte ad una temperatura intorno ai 38 gradi, aggiungendovi caglio di vitello. Coagula in 20 minuti. Dopo la rottura della cagliata (a dimensione di un chicco di grano), si riscalda la cagliata fino a 42-45 gradi (semicottura) e poi si allontana il siero e la cagliata viene posta in apposite forme per lo sgrondo del siero. L’ulteriore spurgo del siero viene effettuato tramite stufatura in cassoni o in camera calda, a una temperatura superiore ai 40 gradi, per una durata di tre-quattro ore; in alcuni casi si effettua lo spurgo tramite pressatura. La salatura avviene per bagno in salamoia, durante 24-36 ore; la salatura può essere effettuata anche a secco, con l’aggiunta diretta di sale. Matura in 30 giorni, in ambiente con umidità del 80% a 10 gradi, dove le forme girate e lavate.
Stagionatura: il prodotto viene poi sottoposto a stagionatura, che dura da 120 a 180 giorni circa, in ambiente con umidità del 80-90% a 8-10 gradi. Le forme vengono trattate con olio, morchia, cenere e pomodoro, sono poi periodicamente girate e, se necessario, lavate. Resa a 180 giorni è del 17-18%.
Caratteristiche del prodotto finito: altezza: cm 8-12; diametro: cm 18-23; peso: Kg. 1,8-3; forma: cilindrica; crosta: abbucciata o dura a seconda della durata della stagionatura, di colore giallo carico, ma può assumere vari colori a seconda del trattamento della crosta; pasta: colore tra il leggermente paglierino e il paglierino; grasso: non inferiore al 40%; sapore: leggermente piccante.
Area di produzione: le zone della maremma toscana (province di Grosseto, Livorno e Pisa) e le zone collinari montane tra le provincie di Grosseto, Siena e Pisa.
Calendario di produzione: da febbraio a giugno; il prodotto migliore è quello dei mesi primaverili.
Note: Si tratta del pecorino toscano stagionato, prodotto secondo la tecnica tradizionale che prevedeva la semicottura della cagliata, tecnica che era adottata dai pastori transumanti, quando si trovavano a svernare nella zona della maremma, per conservare meglio il prodotto.
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