Pesche del Piemonte

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 2 minuti

La coltivazione della pesca è il frutto di una storia iniziata a fine ‘800 sulle colline del Roero, a Volpedo risalgono agli anni ’20 del secolo scorso. È il periodo della trasformazione del pesco da specie selvatica a vera e propria coltura specializzata in tutto il Piemonte e proseguita negli anni ’30 del XX secolo all’altipiano saluzzese e a Borgo d’Ale (VC) arrivata a interessare negli ultimi decenni del secolo scorso ampi territori vocati alla coltura del pesco, in collina così come sull’arco pedemontano della provincia granda.

 

Territorio interessato alla produzione: La peschicoltura cuneese è diffusa in buona parte del territorio cuneese, seppur concentrata nelle aree a maggior vocazione ambientale (l’altopiano saluzzese, in particolare), nella zona di Borgo d’Ale (VC) e nell’alessandrino.

 

Cenni storici e curiosità
Le testimonianze dei primi impianti di pesco a Volpedo e dintorni risalgono al 1914, quando la fillossera dilaniò i vigneti della zona. Gerolamo Lucotti e Pietro Carena furono due tra i pionieri della peschicoltura nella zona di Volpedo, che tra il 1919 e il 1920 ebbero il coraggio di sostituire il gelso con il pesco. L’uso della denominazione Pesche di Volpedo risale agli inizi del ‘900. Intorno al 1920 a Volpeglino, un piccolo comune del territorio la peschicoltura si sviluppò grazie all’attività del Cav. Guidobono, che propose un’alternativa alla viticoltura dilaniata dalla fillossera. Per i primi impianti di pesco furono utilizzate le varietà Waddel (o Guidobono), Hale, Elberta, Amsden. Tra il 1925 e il 1930 la peschicoltura si sviluppò anche nei paesi limitrofi a Volpeglino, fino oltre le pendici delle vicine colline.
Si deve successivamente a Carlo Baravalle, avvocato prestigioso del foro Torinese, cultore apprezzato dell’arte fotografica, il vero sviluppo commerciale del frutto. Questi pose al centro del proprio impegno amministrativo (1935-43) la questione frutticola.

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