Il pesto alla genovese (più semplicemente pesto) è una salsa di produzione ligure, che viene fatta risalire nella sua forma tradizionale all’Ottocento.
Esistono al contempo fonti storiche che attestano la presenza di salse simili già in epoca romana, come ricorda Virgilio nelle Bucoliche. Secondo il celebre scrittore, a quei tempi si produceva il moretum, una salsa con aglio, olio, coriandolo, ruta, prezzemolo e formaggio. La ruta, pianta tipica dei crinali montuosi oggi utilizzata come aromatizzante, fu sostituita nel “pesto moderno” dal basilico.
La pianta, originaria dell’Asia Minore, attecchì nel corso dei secoli prevalentemente in Liguria e Provenza, grazie al clima favorevole, caldo ma anche umido e ventoso. Originariamente era una pianta rituale, utilizzata solo dalle fasce più alte della società. A Genova conobbe però un grande successo, come dimostrano le parole del giornalista modenese Paolo Monelli.
E che cos’è questo odore di erbe alpine che si mischia così stranamente all’arziglio degli scogli e corre la riviera fra Lerici e Turbia? Tutta la regione ne è fasciata come dalle schiume del suo mare. È odore animoso ed aizzante; parla di scoperte e terre d’oltremare a chi guarda al largo; annuncia la patria chi torna dal largo […]. È l’odore di pesto…
Il pesto ha subito, nel corso del tempo, variazioni e adattamenti legati a necessità produttive e per rispondere alle diverse sensibilità commerciali. Non è raro trovarlo inscatolato, già pronto, come ripieno di paste varie sugli scaffali dei supermercati.
Nessun trattamento di massa può tuttavia sostituire il senso e l’emozione che genera la produzione casalinga, quasi personale di questa salsa. Il profumo del basilico, la consistenza degli ingredienti, la gestualità del pestello in legno che si muove nel mortaio rigorosamente di marmo.
Già da questi due, imprescindibili elementi si misura la tradizionalità del pesto alla genovese. Si parte dalla materia prima, il Basilico Genovese DOP, altrimenti detto Basilico di Pra’. Prende il nome dall’omonimo quartiere genovese, a metà strada tra Pegli e Voltri, dove si coltiva storicamente.
Dalle foglie piccole e dal tono aromatico intenso ma delicato, è l’unico basilico ammesso dalla tradizione per realizzare il pesto. Si aggiungono a questo i formaggi (parmigiano Reggiano e pecorino sardo), l’aglio, il sale grosso e i pinoli.
Sebbene non sia descritto ufficialmente, alcuni utilizzano nel pesto la prescinseua, una sorta di condimento lattiginoso, di consistenza simile allo yogurt.
In passato, invece, si prediligeva l’uso del formaggio di Bra grattugiato, più economico rispetto al parmigiano e al pecorino.
Si inizia a preparare il pesto alla genovese lavando accuratamente le foglie, e lasciandole poi asciugare su un telo da cucina. Nel frattempo, bisogna schiacciare gli spicchi d’aglio nel mortaio, insieme al sale grosso. Si aggiungono le foglie di basilico, i pinoli e i formaggi già grattugiati.
Il tutto va lavorato utilizzando il pestello, e aggiungendo a filo dell’olio – preferibilmente il Riviera Ligure DOP – in modo da formare una salsa omogenea, piuttosto densa e nella quale nessun sapore soperchi l’altro.
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