Peta

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019

Sinonimi locali: Petuccia, Petina o Pitina a seconda della località di produzione

Materia prima:
E’ prodotta con carne di selvaggina; oggi, più spesso, di pecora o montone anche misturata con carne di manzo, tritata e impastata con una concia di sale, pepe, finocchio selvatico (caren in dialetto locale) o altre erbe, pressata o insaccata e quindi, fatta affumicare.

Area di produzione:
Viene prodotta nelle Valli del Pordenonese, più precisamente Val Tramontina, Valcellina, Val Colvera ed in particolare nel territorio dei comuni di Claut, Cimolais, Andreis, Barcis, Montereale Valcellina, Frisanco, Tramonti di Sopra e di Sotto, Meduno.

Tecnica di produzione:
La carne viene triturata finemente (un tempo con il ‘manarin’, mannaia da macellaio, nella ‘pestedoria’, ceppo di legno con un incavo; oggi più spesso con il tritacarne elettrico) e insaporita con la concia, secondo la ricetta tradizionale che può anche variare da località a località e da famiglia a famiglia. La confezione può quindi avvenire in tre diverse modalità:
– Si formano, a mano o con l’ausilio di stampi di legno, polpette tonde, di 10-12 cm di diametro e 3-4 cm di spessore, del peso di 200-250 grammi. Tali polpette vengono pressate, passate nella farina di mais, quindi posizionate nell’affumicatoio dove restano per 3-4 giorni, esposte ad un fumo controllato di legna di faggio ai quali vengono aggiunti rami di ginepro per conferire il caratteristico profumo).
– L’impasto viene steso, con uno spessore di circa 2 cm, su una tela di etamina (che ha sostituito la tela juta dei sacchi che si usavano un tempo). La tela viene quindi ripiegata sull’impasto, che ne risulta avvolto; pressato per espellere l’aria, il ‘sacco’ (contenente una mattonella di peta di circa 20 x 20 centimetri) viene cucito sui lati e posto nell’affumicatoio.
– Ad Andreis, in alternativa ai due sistemi precedenti, l’impasto viene insaccato nel budello di manzo; la peta si presenta quindi come un salame (20 cm di lunghezza, 4-5 cm di diametro) che viene appeso nell’affumicatoio.

Cenni storici:
La lavorazione avveniva un tempo nei locali di casa (cucina o ‘camarin’); oggi avviene, seguendo le normali ‘buone pratiche di lavorazione’, nel laboratorio della macelleria. L’affumicatura, un tempo effettuata nel camino di casa, oggi viene fatta in appositi affumicatoi; con fumo ottenuto dalla combustione di legno di faggio e rami di ginepro, ad Andreis con rami di nocciolo.

Fonte: Turismo.fvg.it – I Prodotti Tipici della Regione Friuli Venezia Giulia.

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