La piadina romagnola è un prodotto della panetteria emiliano-romagnola, particolarmente celebre in zona e più in generale in tutta Italia per la sua facilità di impiego e preparazione in cucina.
È anche detta: piada romagnola, piè romagnola, pjida romagnola, pièda romagnola, pji romagnola, pida romagnola. La piadina romagnola presenta, all’immissione al consumo, un diametro compreso tra 15 e 30 cm. e uno spessore inferiore a 1 cm.
Sulla superficie sono presenti delle macchioline tali da disegnare una sorta di “mosaico” chiaro e scuro.
Il sapore è delicato con odore che richiama quello del pane. Alla masticazione la piadina romagnola si presenta tenera per la presenza dello strutto o dell’olio extra-vergine di oliva . Si sposa bene con formaggi, salumi e verdure della zona di produzione.
L’area di trasformazione della piadina romagnola è rappresentata dalle seguenti Provincie e Comuni della regione Emilia-Romagna:
Nel gennaio del 1920 nasceva a Forlì, fondata da Aldo Spallici, la rivista d’illustrazione romagnola, La Piê. L’editoriale firmato dalla Direzione affermava: “Niente dice più Romagna di questo pane nostro. […] Questo adunque è un simbolo che dice devozione alla nostra terra”.
Questa affermazione e il nome dato al mensile, evidenziano la capacità della piada di identificare e unificare la terra di Romagna sotto un unico emblema. L’identità piadina/Romagna è precedente la nascita del mensile La Piê, ed è ascrivibile all’illustre poeta Giovanni Pascoli, il quale la definiva “il pane […] nazionale dei Romagnoli”. Il poeta di San Mauro di Romagna si spinge oltre, riconoscendo nella mensa latina la sua origine.
Nella poesia La Piada, infatti, Pascoli usa le seguenti parole: “ed ecco l’azimo antico degli eroi, che cupi sedeano all’ombra della nave in secco”. Il riferimento è al passo dell’Eneide in cui i Troiani, sbarcati sulla sponda meridionale del Tevere, preparano le mense e, affamati, addentano anche le secche focacce che fungono da piatti (Libro VII).
In particolare, i versi interpretati dal poeta dicono: “Enea e i primi capi e il leggiadro Iulo distendono i corpi sotto i rami d’un alto albero: imbandiscono le vivande, e tra l’erba sottopongono ai cibi focacce di frumento (così Giove ispirava) e ricolmano il piatto cereale con frutti selvatici. Allora divorato il resto, quando la penuria di cibo spinse a volgere i morsi nella pasta sottile di Cerere e a violare con la mano e con audaci mascelle il cerchio della fatale focaccia, e a non risparmiare i larghi riquadri”.
Riconoscere nella fatale focaccia, tagliata a riquadri come la piadina romagnola, il pane locale è stata una tentazione alla quale Pascoli e i suoi discepoli non hanno resistito, nell’intenzione di nobilitare un prodotto povero, tipico della dieta dei contadini, ascrivendolo tra quelli ereditati dall’antica romanità.
Parallelamente alla rivista La Piê, nasceva, nel 1914, l’associazione culturale romagnola “Società dei Piadaioli” (Sucieté di Piadarul), con l’intento, così come riportato nell’articolo 2 del proprio statuto, di “salvaguardare e valorizzare il patrimonio artistico, storico, folcloristico, musicale, linguistico e letterario, con particolare riguardo al dialetto, della Romagna”.
La ricetta della piadina romagnola è piuttosto semplice, e si basa su pochi ingredienti tra i quali troviamo lo strutto, un grasso di origine animale che favorisce l’impasto arricchendolo di sapore.
Al contempo, lo strutto rende più difficile la lievitazione, ed ecco perché la piadina non è mai particolarmente alta. Per preparare una tradizionale piadina fatta in casa occorrono:
La preparazione è essenziale: si mescolano dapprima gli ingredienti secchi (farina, bicarbonato e sale) e si aggiunge lo strutto già abbastanza morbido. Si amalgama e si inserisce poi la parte liquida, ottenendo un impasto sodo.
Si lascia riposare per circa mezz’ora, poi va steso (dopo averlo diviso in piccole palline) per ottenere una sfoglia sottile. Questa si cuoce in una padella larga e bassa, simile al testo.
Una volta pronta si può servire con tutti i ripieni che si vogliono. Il più tradizionale è con lo squacquerone oppure con prosciutto crudo, rucola e parmigiano, con il salmone e stracchino e tantissime altre varianti.
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– 250 grammi di farina 00
– 7/8 grammi di lievito PIZZAIOLO (equivale a mezza bustina)
-40/50 grammi di strutto (oppure olio extravergine di oliva)
– 125 cl di acqua
– un cucchiaino di sale
con le quantità indicate si hanno 4 piadine.
amalgamare tutti gli ingredienti, su una spianatoia.
Dividere l’impasto in quattro palline
e stendere ogni singola pallina fino alla dimensione di un 24/26 cm di diametro…deve essere sottile, se la volete alla riminese.
Cuocere su una padella antiaderente dalle giuste dimenzioni un mezzo minuto da un lato e dall’altro.
farcite come vi pare…
io adoro crudo e squaquerone,
ma ognuno se la riempe con il salume o formaggio preferito.
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