Vino e pecorino. Esiste un abbinamento migliore? Certamente, nelle mille variazioni che rappresentano il buono della cucina italiana, una la si può trovare in un piccolo borgo della Toscana che è una città ideale. Parliamo di Pienza, dove si produce un formaggio stagionato nelle barriques, le stesse che servono per affinare – anche per lunghi periodi – il vino toscano. Una perfetta sintesi di due eccellenze territoriali che, insieme, ci raccontano un borgo e le sue colline circostanti nel modo migliore possibile.
C’era una vota Corsignano, piccolo borgo ben poco noto della campagna intorno a Siena. Qui, nel 1405, nacque da una ampia e (fu) nobile famiglia Enea Silvio Piccolomini, quello che sarebbe divenuto Papa Pio II. Fu proprio lui, durante un viaggio verso Mantova nel 1459, a giudicare come insostenibili le condizioni in cui versava il suo luogo natìo, e volle porvi rimedio. Decise così di chiamare Bernardo Rossellino, noto architetto e allievo del più noto Leon Battista Alberi, per affidargli il progetto di rifacimento di Corsignano. Il neonato Rinascimento fu la forza ispiratrice del Rossellino, che progettò una città ideale: un complesso di monumenti civici e religiosi intorno alla piazza principale, pavimentata in cotto e travertino, su cui affaccia anche la Cattedrale, a sua volta omaggio al Tempio Malatestiano di Rimini dell’Alberti. La città romagnola, la stessa Firenze, l’uso attento della prospettiva fecero di Pienza, così rinominata in onore del papa-mecenate, un vero laboratorio architettonico e urbanistico per i decenni a venire.
La cucina toscana, forte di un territorio vasto ed eterogeneo dove l’uomo si è sbizzarrito a valorizzare i frutti della natura, è una cucina completa. Comprende piatti e prodotti di terra e di mare, si fa forte nei primi e nei secondi piatti di carne, ma non disdegna ricette povere e di recupero con le verdure dei campi. È una cucina di pascoli e di cantine, nobile e plebea, sicuramente dotata di specialità conosciute e apprezzate in tutta Italia.
Partiamo a scoprire i sapori del territorio con il pecorino di Pienza. Un formaggio che, a discapito del nome, ha caratteristiche uniche che lo fanno differire dal pecorino tradizionale. Innanzitutto, i pascoli in cui si nutrono le poche migliaia di pecore pientine sono argillosi e da questi deriva il particolare profumo del latte (poco) che viene munto. Pecore provenienti storicamente dalla Sardegna, da dove furono importati non solo i capi, ma anche quello che oggi chiameremmo expertise, la competenza dei casari. Il suo è un sapore intenso ma allo stesso tempo più delicato, poiché il caglio non proviene dal vitello ma dalla capra. La stagionatura va da un minimo di 30 giorni (pecorino fresco) agli oltre 90 giorni fino anche ai 4-5 mesi. In questo caso, la crosta viene massaggiata con olio d’oliva e lavorata al fine di ottenere una protezione in più. Il sapore, oltre che dal caglio, è dato anche dall’affinamento in barriques di rovere, tecnica questa che si affianca alla stagionatura in grotte di tufo oppure, addirittura, nella terracotta con l’aiuto di foglie di noce. Queste tecniche aiutano ad esaltare il profilo aromatico, ottenendo un prodotto finale unico, il cui prezzo al consumatore oscilla tra i 30 e i 40 euro al chilogrammo.
Il Brunello di Montalcino è sicuramente il vino più celebre della Val d’Orcia, e quello maggiormente conosciuto in Toscana insieme al Chianti. Eppure, queste magnifiche colline sono foriere di prodotti vinicoli d’eccellenza che vanno oltre il mondo delle bottiglie mainstream, e proprio in quelle barriques di rovere che vengono poi “derubricate” alla stagionatura del pecorino, fino a qualche anno prima venivano affinati rossi e bianchi di altissima qualità. Come il Moscadello di Montalcino, vinificato già in epoca Etrusca oppure l’Orcia e il Sant’Antimo DOC, provenienti da uve generalmente non autoctone ma che qui hanno attecchito favorevolmente, come Malvasia (tipica del Lazio), Sangiovese (Emilia-Romagna) e Trebbiano (Centro-Sud Italia). Il mondo del vino ci insegna che i prezzi delle bottiglie sono enormemente variabili, poiché dipendono da vendemmia, durata dell’affinamento, vitigno e referenze. Si può bere un buon vino con poche decine di euro, ma nelle enoteche più fornite i prezzi possono lievitare rapidamente oltre le 4 cifre.
Bellissimi paesaggi, deliziosi prodotti, ristoranti di qualità. Per assaggiare i prodotti tipici della Val d’Orcia, ecco una selezione di 3 indirizzi già segnalati nelle principali guide di viaggio:
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