Il pane secolare che dall’antica Roma è arrivato in Calabria, dove si fa ancora oggi

Marianna Di Pilla  | 29 Apr 2024  | Tempo di lettura: 2 minuti
Pitta calabrese, storia e ricetta

Si trova in tutti i forni delle città della Calabria, e spesso viene fatto in casa da quelle famiglie che se ne tramandando gelosamente la ricetta. Da Catanzaro a Reggio Calabria, passando per Cosenza e Vibo Valentia, in ogni parte della Calabria puoi trovare e assaggiare la tradizionale pitta.
Né focaccia né pane, è un prodotto tipico calabrese che affonda le sue origini nell’antica Roma, e che è giunta fino ad oggi radicandosi nella cultura e nella cucina contadina.

Ingredienti e procedimento per fare la pitta classica

  • Farina (mista tipo 1 e 0)
  • lievito madre o lievito di birra
  • acqua
  • miele
  • olio EVO
  • sale

Dopo una lievitazione di tre ore e dopo avergli dato la forma di disco con un buco al centro, l’impasto viene messo in forno a  cuocere per una trentina di minuti circa.
La pitta nella sua versione classica è di forma circolare e che spesso ricorda una ciambella. È una pietanza davvero golosissima, che si può farcire con i tanti prodotti del territorio come salsiccia, capocollo, caciocavallo e cipolle di Tropea.

Varianti della pitta calabrese

A Catanzaro la pitta è a forma di ciambella, a Reggio Calabria e Vibo Valentia si fa più alta con più mollica.
In alcune cittadine di provincia si usa invece farla sottile quasi come una piadina, e viene chiamata lestopitta.
Nella versione dolce e soffice c’è la Pitta ‘mpigliata, al cui impasto base si aggiungono noci e uva passa.

La pitta, dalla Roma antica alla Calabria

Pitta 'mbrigliata

Il nome pitta deriva dal calabrese pittare, che in dialetto significa “spennellare”. In effetti la superficie dell’impasto della pitta viene cosparso con olio prima della cottura per evitare che secchi troppo.
Altre versioni sulla nascita della pitta sono da ricercare però ben più lontano nel tempo. Sembra che l’antenata della pitta calabrese sia infatti quella placenta romana la cui ricetta si ritrova nel De Agri cultura. In questo volume del II secolo a.C. si parla proprio di una torta dolce di grano a più strati, schiacciata e non lievitata, che all’interno presenta formaggio e miele. Una ricetta che somiglia moltissimo alla pitta calabrese che vediamo e mangiamo oggi in Calabria.
Il collegamento con l’antica Roma sarebbe peraltro confermato dal fatto che la parola pitta deriverebbe dal latino picta, che significa “dipinta”. Un’accezione che ricondurrebbe all’usanza dei Romani di decorare pani e focacce prima di offrirli in dono agli Dei.

Marianna Di Pilla
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