Simbolo della tradizione norcina italiana, la porchetta di Ariccia è forse lo street food più conosciuto di tutto il Centro Italia. Nonostante la lavorazione del maiale in modi simili avvenga in tante regioni italiane, quella di Ariccia – comune dei Castelli Romani alle porte della Capitale – è la più riconosciuta e quella che può fregiarsi dell’Indicazione Geografica Protetta (IGP), riconoscimento che ha valore in tutta l’Unione Europea.
La porchetta di Ariccia nasce in un territorio fertile, alle porte di Roma. La cittadina è circondata da due laghi, Albano e di Nemi, ed è protetta dai rilievi del Vulcano Laziale. Proprio sulle pendici del Monte Cavo, in epoca preromana, nasce il Tempio di Giove Laziale. Questo, per secoli, è meta di pellegrinaggio per i comandanti che celebrano i trionfi in battaglia. Alcuni sacerdoti pagani, nella zona di Ariccia, partecipano ai trionfi sacrificando e cucinando dei maiali. È da questi riti che si gettano le basi della porchetta.
La storia della porchetta di Ariccia rimane pressoché priva di eventi fino al Medioevo, quando l’arrivo della Nobiltà romana, che qui vede installarsi la famiglia Chigi, favorisce un ulteriore impulso alla lavorazione delle carni suine e, di conseguenza, la “rinascita” di questa tradizione norcina. È solo nel secondo dopoguerra, però, che la porchetta assume una dimensione territorialmente rilevante, dotandosi di una Sagra (consuetudine già in voga nelle vicine Marino e e Velletri, ma in questo caso per l’uva e il vino) che, in pochi decenni, avrebbe raccolto fino a centomila presenze per edizione.
La fama della porchetta ariccina (o aricciarola) trova il suo culmine nel 2011, quando al prodotto castellano viene riconosciuta l’Indicazione Geografica Protetta, che garantisce e salvaguardia il processo produttivo e l’origine del prodotto a livello nazionale e comunitario.
La porchetta di Ariccia ha una crosta croccante e scura, la cui preparazione richiede un processo consolidato nei secoli di esperienza e trasmesso tra poche famiglie che ancora oggi detengono il monopolio della produzione di questo prodotto.
La carne del maiale, preferibilmente esemplari femminili, deve essere di origine nostrana, con metodologie di allevamento naturali e rispettose dei ritmi di crescita dell’animale. Ogni porchetta intera pesa 30-50 kg, mentre il “tronchetto”, ovvero il taglio più piccolo, si aggira intorno ai 10 kg. Il maiale, dopo essere stato completamente disossato, viene condito e massaggiato utilizzando quasi esclusivamente spezie e aromi freschi tra cui pepe e rosmarino. La cottura è lenta e lunga e avviene in grandi forni che danno un risultato uniforme: morbida e rosa all’interno, croccante e marroncina all’esterno.
Si mangia fredda, al naturale o tra due fette di pane, preferibilmente il pane casereccio di Genzano IGP che è una delle eccellenze dei Castelli Romani insieme alla porchetta. Fa parte del tipico antipasto delle fraschette di Ariccia, insieme a prosciutto, coppa di testa, salame e coppiette.
Questa famiglia produce porchetta da generazioni, tutto ha inizio grazie a Empedolce Leopardi, detto Pepparone, che produceva e vendeva porchetta in uno chiosco ambulante. Oggi la porchetta Leopardi è distribuita sia all’estero che alla GDO. La carne utilizzata non è solo nazionale ma anche anche di provenienza Ue. La ricetta è quella tradizionale e gli aromi predominanti sono quelli di rosmarino, aglio e pepe nero. Il grasso è davvero scioglievole.
Questa è un azienda che produce una porchetta Igp da oltre 130 anni, ma anche la coppa, le coppiette e il guanciale e tante altre specialità norcine. La porchetta di mancini è molto condita e molto grassa e risulta in complesso molto saporita grazie anche al sale grosso che si sente sotto i denti con un piacevole effetto, un po’ come quello della focaccia bianca per intenderci. La crosta è probabilmente una delle migliori,.
Anche qui ci troviamo davanti a una porchetta a marchio IGP, una porchetta che viene prodotta dagli inizi del ‘900 da Augusto Leoni, nonno di Isabella. Le carni sono scelte attentamente, quasi tutte provengono dall’Italia e solo alcune dalla Spagna. La ricetta è quella antica e come garantisce anche il marchio. Grassa in modo equilibrato con una spaziatura delicata, questo tipo di porchetta da il suo meglio se gustata a caldo. Potete quindi scegliere di riscaldarla se gustata al piatto o di scaldarla direttamente nel pane se gustata nel panino.
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