Carciofo di Pietrelcina

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 2 minuti

Nome geografico abbinato: Pietrelcina

Sinonimi e/o termini dialettali:

Regione: Campania

Provincia/e: Benevento

Territorio interessato alla produzione: Intero comune di Pitrelcina e comuni limitrofi.

Descrizione sintetica prodotto: Il carciofo è una pianta appartenente alla famiglia delle Compositae. Le infiorescenze immature e soprattutto quelle apicali sono grosse globose. Le brattee sono tutte molto tenere alla base e di un colore verde chiaro che, nella parte superiore del capolino, sfuma in una tinta tra il violetto ed il rosa. Il ricettacolo fiorale è ben sviluppato, carnoso, compatto e di estrema morbidezza. Il sapore è delicato.

Produzione in atto:

Descrizione delle metodiche di lavorazione, condizionamento, stagionatura: L’epoca di raccolta del capolino centrale e quelli della prima corona dovrebbe coincidere con la prima metà del mese di maggio. La coltivazione è ancora legata strettamente al lavoro umano non solo durante la fase di raccolta, ma anche per il diserbo, il taglio estivo degli steli, nonché per scarducciatura, operata prevalentemente nell’autunno inoltrato. Quest’ultima operazione è ripetuta durante la primavera, quando i giovani cardi, appena estirpati vengono deposti sulle infiorescenze immature per preservarle dai raggi del sole che ne altererebbero il colore e ne comprometterebbero l’eccezionale morbidezza.

Materiali, attrezzature e locali utilizzati per la produzione:

Osservazioni sulla tradizionalità, la omogeneità della diffusione e la protrazione nel tempo delle regole produttive: Introdotto nella cittadina di Pietrelcina intorno al 1840, ad opera, sembra, di un Prefetto di Bari, certo ing. Cardone, il carciofo è stato sempre coltivato in appezzamenti non molto ampi, dove le peculiarità pedo- climatiche influenzano lo sviluppo della pianta.
Molto apprezzati e richiesti sui mercati icarciofi di Pietrelcina, secondo una vecchia usanza, si confezionano a mazzi: ogni mazzo è composto da quattro “mammarelle”, cioè i capolini centrali; detti anche cimarole, legate con dei giunchi. Questi , in dialetto vinchi, ancora oggi si raccolgono, come una volta, lungo le sponde del vicino fiume Tammaro. L’operazione di legatura è detta ammazzamento.

Costanza del metodo di produzione oltre 25 anni:

Riferimento bibliografico: “Prodotti agroalimentari tipici della Campania” – Università degli Studi di Napoli

Fonte: Mappatura dei Prodotti Tipici e Tradizionali 2005 – Regione Campania, Settore Se.SIRCA.

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