Chizze reggiane, El Chezzi, Chezzi

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 4 minuti

Area di produzione
l’intera Provincia reggiana

 

Descrizione
Utilizzando la pasta del gnocco fritto si fanno dei quadratini di circa cm. 15×15, riempiti con il formaggio parmigiano reggiano tenero (stagionato 12 mesi), ripiegati a tortello e frittinello strutto. Variante, al ripieno di formaggio, è il ripieno dell’erbazzone (bietole) dette chizze di verdura.

 

Materia Prima
Pasta del gnocco fritto, formaggio parmigiano reggiano fresco (poco stagionato) o pesto dei tortelli verdi o dell’erbazzone.

Perparazione
Preparare la pasta del gnocco fritto. Con il mattarello tirare una sfoglia dello spessore di circa tre millimetri e poi tagliarla facendo dei quadrati. Sulla metà di ogni quadrato disporre delle sottilissime fettine di grana reggiano e ripiegare sopra l’altra metà di pasta premendola bene ai bordi. Friggere le chizze in abbondante strutto (o olio) bollente. Sono migliori servite calde, quando il formaggio è “filante”, ma sono buone anche fredde. Variante, al ripieno di formaggio, è il ripieno dell’erbazzone (bietole) dette chizze di verdura.

 

Ricetta
Chizze reggiane Gosetti della Salda Anna, Le ricette regionali italiane, Milano, La cucina italiana, 1967, pag. 390 – Ingredienti: farina bianca gr.500, grana reggiano tenero gr. 200, burro gr 20, strutto gr. 20, due cucchiai di olio d’oliva, strutto od olio per friggere, un pizzico di lievito, sale. Unire alla farina un grosso pizzico di sale e ili lievito, fare al fontana, aggiungere il burro piuttosto morbido, l’olio e lo strutto: impastare unendo tanta acqua tiepida quanto basta per ottenere un composto piuttosto sodo. Con il mattarello tirare una sfoglia dello spessore di circa tre millimetri e poi tagliarla facendo dei quadrati. Sulla metà di ogni quadrato disporre delle sottilissime fettine di grana reggiano e ripiegare sopra l’altra metà di pasta premendola bene ai bordi. friggere le chizze in abbondante strutto (o olio) bollente. Sono migliori servite calde, quando il formaggio è “filante”, ma sono buone anche fredde.
Chezzi, “Breve Manuale del Mangiare Reggiano, N. Iori, 1985”, pag. 26 – Salamein, al secolo Federico Sacerdoti, fu l’inventore di una delle più tipiche delizie della cucina reggiana. Il forno dove ebbero i natali si trovava nel ghetto, in via dell’Aquila e dalla comunità ebraica esse si diffusero in breve a tutta la città. I loro componenti sono semplici, anche se quelle che gustiamo ai nostri giorni pare abbiano poco a che vedere con quelle originali, soprattutto per la mancanza dell’agresto, specie di succo di uva acerba che non viene più prodotto, ma di cui siamo riusciti a reperire la ricetta. Per 6 persone occorrono, 500 grammi di farina, 200 grammi di Parmigiano, 20 grammi di burro, 20 grammi di strutto, 1 presa di sale, 1 presa di lievito, 3 cucchiaiate di olio di oliva. Impastate gli ingredienti come per normale sfoglia che tirerete molto sottile e taglierete in forma rotonda o quadrata e su cui poserete una sottile scaglia di Parmigiano. Ripiegate i bordi della pasta su se stessi, pressandoli. Friggete in abbondante olio o strutto e servite calde.

 

Cenni storici e curiosità
Luigi Camparini nella Cucina Tradizionale Reggiana del 1944 – ricorda che: “…una vera autentica specialità reggiana sono le chizze fatte con pasta sfoglia e grana che nelle case private vengono talora tuttavia malgrado l’accavallarsi ed il sovrapporsi di usanze che giungono quotidianamente a travolgere e modificare il nostro ambiente culinario fatte ancora oggigiorno. Ma purtroppo non sono più che un nostalgico ricordo quelle che ammanniva in un forno pubblico, nel Ghetto, un certo Salamini, al secolo Federico Sacerdoti, che le condiva con l’agresto e forse con qualc’altro ingrediente su cui mantenne il segreto che le rendeva squisite ed eccellenti prelibate e ricercatissime. Chi le ha gustate non le ha dimenticate così le ricorda anche Telemaco Dall’Ara che ne parlò lungamente in Prose Specialità Gastronomiche senza peraltro conoscere la triste fine del Salamini e ne parlò anche un articolista del Solco Fascista in uno scritto intitolato Le vecchie chizze democratiche di via dell’Aquila apparse al numero del 24 Luglio 1928 …”

Iori Galluzzi M.A.–Iori N., Breve manuale del mangiar reggiano, Reggio Emilia, N. Iori, 1985, pag. 26
Salamein, al secolo Federico Sacerdoti, fu l’inventore di una delle più tipiche delizie della cucina reggiana. Il forno dove ebbero i natali si trovava nel ghetto, in via dell’Aquila e dalla comunità ebraica esse si diffusero in breve a tutta la città. I loro componenti sono semplici, anche se quelle che gustiamo ai nostri giorni pare abbiano poco a che vedere con quelle originali, soprattutto per la mancanza dell’agresto, specie di succo di uva acerba che non viene più prodotto, ma di cui siamo riusciti a reperire la ricetta.

Ferrrari M., Ricette e racconti della mia Reggio, Cadelbosco di Sopra, Conad Emilia ovest, 1993, pag. 29
Fu un certo signor Salamini di Reggio Emilia che invento “el chezzi”. Si racconta che a Reggio esistessero due tipi di chizze: la chizza aristocratica e la chizza democratica. Le chizze aristocratiche erano quelle confezionate dal signor Salamini, delicate, squisite, condite con aromi speciali rimasti segreti e l’agresto. le chizze democratiche erano quelle nate nel ghetto di via dell’Aquila, erano vendute a buon mercato agli operai, agli studenti, insomma a chi aveva pochi soldi.

 

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