Crescioni

PaesidelGusto  | 10 Feb 2019  | Tempo di lettura: 5 minuti

crescioni, o crescione romagnolo, sono dei prodotti della panetteria emiliano-romagnola, realizzati secondo una ricetta che ricorda vagamente quella della piadina romagnola.

L’area di produzione dei crescioni corrisponde alla provincia di Forlì-Cesena.

Ricette con i crescioni

I crescioni alle erbe di campagna sono grandi tortelli ripieni di erbe di campagna preparati con lo stesso impasto della piadina e cotti anch’essi sulla teglia.

Si possono farcire con zucca e patate, cavoli, spinaci, strigoli e così via, oppure, come spesso avviene oggi, con prosciutto cotto e mozzarella, pomodoro e mozzarella ed altro ancora, secondo il gusto e la fantasia.

Si lessano le erbe, si strizzano ben bene, si passano al tegame con lardo battuto, aglio, sale e pepe abbondante. Intanto si ricavano dall’impasto dei dischi più piccoli delle normali piadine.

Sulla metà di ogni disco si stendono le erbe già insaporite, si ripiega sopra l’altra metà, si schiacciano bene i bordi premendo coi rebbi di una forchetta, senza punzecchiar la superficie per non disperdere gli umori. Si cuociono sulla teglia, ma si possono anche friggere in padella con abbondante strutto bollente.

Ingredienti

1 kg di farina; 150 g di strutto; 1 pizzico di sale; 1 pizzico di bicarbonato; 1 bicchiere abbondante di acqua o latte tiepidi; 1 kg di erbe di campagna; 150 g di lardo; 2-3 spicchi d’aglio; sale e pepe.

  • L. Babbi Cappelletti, Civiltà della tavola contadina in Romagna, Milano, Idealibri, 1993

Crescioni

Perché si chiamino crescioni e non tortelli di spinaci vattel’a pesca². So che si lessano degli spinaci secondo l’uso comune, cioè senz’acqua e, spremuti bene, si mettono, tagliati all’ingrosso, in umido con un soffritto di olio, aglio, prezzemolo, sale e pepe; poi si aggraziano con un po’ di sapa e con uva secca, a cui siano stati levati gli acini. In mancanza della sapa e dell’uva secca si supplisce con lo zucchero e l’uva passolina. Poi questi spinaci, così conditi, si chiudono nella pasta matta N. 153 intrisa con qualche goccia d’olio, tirata a sfoglia sottile e tagliata con un disco all’incirca di quello segnato [a pagina precedente]. Questi dischi si piegano in due per far prender loro la forma di mezza luna, si stringe bene la piegatura e si friggono nell’olio. Servono come piatto di tramesso.
² In Romagna vengono chiamati cassoni e si cuociono fritti con lo strutto ma, più spesso, sul testo o su una lastra di sasso. Quelli cotti sul testo vengono riempiti con un battuto di erbe di campagna crude condite di pepe sale e pancetta tritata. In qualche località vengono denominati anche carson (crescioni). Talvolta, alle erbe si sostituisce la zucca. Nella Romagna montana il ripieno è spesso formato da patata e zucca, lardone tritato, pepe e sale; oppure da ricotta o raviggiuolo.
Pellegrino Artusi, La Scienza in cucina e l’Arte di mangiar bene, introduzione e note di Piero Camporesi, Torino, Einaudi, 1995
Prima edizione «Nuova Universale Einaudi 1970;

Cassoni cotti sul testo

Sfoglia di farina, uova, latte, sale. Tagliata intorno ad un piatto di comune grandezza. Preparare le erbe di campagna, crude – al rôsli, le ròsole o “capannone” – battute e condite con olio, molto pepe, sale e aglio (a chi piace).  Chiudere il cassone con lo stesso sistema della forchetta. Mettere a cuocere sul testo, al modo della piada.

  • G. Quondamatteo, L. Pasquini, M. Caminiti, Mangiari di Romagna, Bologna, Guidicini e Rosa Editori, 1979

Cenni storici e curiosità

Crescione = (FO) carşôn. – Ripieno di bietole lessate e poi soffritte in olio, pancetta, aglio e cipolla – e’ carson, un grosso raviolo a forma di mezzaluna, veniva cotto sul testo e venduto per strada da caratteristici venditori ambulanti.

G. Quondamatteo, Grande dizionario (e ricettario) gastronomico romagnolo, Imola, Grafiche Galeati, 1978

I guscioni

Ed ovunque, con l’arrivo della bella stagione, si mettevano nel compenso le erbe spontanee del campo, lessate e tritate: lessni, rusleni, galeni grossi, ciserti (scarpégn), castrachen, casseli. Anche gli strigoli erano adatti, e persino il cirsio spinoso, “castrato” in profondità quand’era fresco. A Tezzo e in altre località, tritavano crude le erbe selvatiche, se fresche, come pure le bietole dell’orto. Mettevano il tritato sotto sale, almeno due-tre ore prima, e lo strizzavano con le mani.

I condimenti erano i soliti, già descritti, come pure la sfoglia. Oggi si fanno ancora, arricchendo il compenso di ricotta, formaggio fresco, parmigiano, spezie, oltre al soffritto di olio – burro – cipolla – aglio.

C’erano anche i guscioni di soli spinaci. Questi si lavavano e si scolavano; poi, crudi, si tritavano fini fini ‘t la batla, sulla battola, collocata sopra il tagliere per poter recuperare i pezzettini che, inevitabilmente, “volavano” via.

La tritura si metteva in un piatto grande, a “cuocere” col sale e a “fare acqua” alla maniera delle erbette, crude, di campo; e, dopo una appropriata strizzata, era pronta a ricevere la ricotta (o formaggio secco grattugiato), la noce moscata e il solito soffritto di lardo e aglio. Al spezli dovevano risultare rigorosamente color oro, come sempre, per avere il giusto sapore (l’aglio poco cotto “non sa di niente”; bruciato, è amaro).

Bisognava ricordare di non aggiungere sale, che già era presente negli spinaci. Quanto alla sfoglia, essa era impastata e tirata nel modo consueto.

Guscioni in padella

Tutti i guscioni con le erbe si potevano friggere, volendo e … potendo (c’era ancora di mezzo lo strutto, più o meno da risparmiare). Oggi, con l’olio usato senza contagocce, molti guscioni finiscono in padella, a eccezione di quelli – classici – di zucca e patate.

Si friggevano, un tempo, pure i guscioni d’ortica. Erano le cime fresche della pianta urticante (considerata “medicinale”) che entravano nel compenso, chiuso nel guscio di una sfoglia a mezzaluna. In padella si mettevano anche i gussuncin dulc, che rendevano felici i bambini.

Sulla sfoglia, d’uova, si stendeva lentamente la saba della dispensa (come faceva mia mamma), provvedendo poi a ritagliare i pezzi in formato ridotto. Una spolverata di zucchero, dopo la cottura, collocava definitivamente il “tortello” tra i dolci.

  • V. Tonelli, A tavola con il contadino romagnolo, 1986

Crescione e Cassone

Preparati assieme alla piada. La pasta è la stessa, ma il disco, opportunamente più sottile viene ripiegato su se stesso a mezza luna come fosse un grosso raviolo. Al centro va sistemato il ripieno o compenso, predisposto in precedenza con erbe (spinaci, bietole, radicchio selvatico, rosolaccio, cicoria ecc.) verdure comunque cotte e condite o padellate con olio d’oliva o burro, lardo, strutto, pancetta, gambuccio di prosciutto a dadetti, ciccioli freschi, salsiccia fresca, affettati; ma anche aglio, cipolla e vari odori.
Nel compenso possono entrare patate e zucca, nonché formaggi a pezzetti; più modernamente, secondo una diffusa e non si sa fino a che punto corretta moda recente, si ricorre anche a pomodoro, mozzarella, funghi, melanzane e altro.

La cottura è comunque impegnativa (sempre sul testo) e deve risultare perfetta e tempestiva; il consumo va garantito caldo e all’istante, possibile ma limitata l’opportunità di riscaldarli.

Una nota: piada e crescione, alimenti che esigono il salato, vengono comicizzati da marmellate e particolarmente dalla Nutella.

  • Graziano Pozzetto, La cucina romagnola, Franco Muzzio Editore, 1995.
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