Fagiolo giàlet

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 2 minuti

Sinonimi e termini dialettali
Fagiolo gialét, gialìn, fasol biso, solferino.

Territorio interessato alla produzione
Provincia di Belluno; ora in paticolare i comuni della Val Belluna (Alano, Belluno, Cesiomaggiore, Feltre, Fonzaso, Lentiai, Limana, Mel, Pedavena, Ponte nelle Alpi, Quero, Santa Giustina, San Gregorio nelle Alpi, Sedico, Sospirolo, Soverzene, Trichiana, Vas), anche se un tempo la coltivazione era praticata anche in Cadore, dove c’è una ripresa di interesse.

Descrizione del prodotto
Il “fagiolo gialét” è una cultivar locale di fagiolo (Phaseolus vulgaris) della famiglia dei cosiddetti “verdoni”, commercializzato come granella secca; il seme di colore giallo verde e dalla forma ovoidale, ricorda i piselli (“fasol biso”).
La pianta è annuale, rampicante, e raggiunge un’altezza di oltre 230 cm, con foglie composte trifogliate, margine
intero, fiori di colore bianco. Il baccello è lungo circa 10 cm e, allo stato secco, tende a rilasciare il seme; contiene 5-6 semi di forma sferico-ovoidale di colore giallo verde intenso e uniforme.
Il seme essiccato fatto rinvenire in acqua per 12 ore imbibisce con omogeneità, più che raddoppiando il volume. Il gusto delicato e la consistenza particolare sono particolarmente apprezzati da chef di rilievo nazionale.

Processo di produzione
I sistemi di coltivazione sono quelli classici per i fagioli rampicanti. La semina è praticata in maggio utilizzando 5 semi per ciascun tutore. La maggior parte dei coltivatori, riuniti in una associazione di tutela, producono Gialét-Presidio SlowFood® seguendo un disciplinare che ammette solo prodotti accettati dai regolamenti dell’agricoltura biologica.
La raccolta avviene da metà settembre, man mano che i baccelli essiccano; deve essere tempestiva perché i baccelli giunti a maturazione, tendono a schiudersi procurando la caduta dei semi. È esclusivamente manuale data l’elevata scalarità di maturazione.
I fagioli venivano tradizionalmente essiccati in poggioli di legno distesi su teli di canapa (“coÏ” “což”) e conservati in sacchi sempre di canapa (“canevo”), cotone e più recentemente juta. Ora si usano anche graticci di vari materiali, e la conservazione è preferibilmente in contenitori sigillati, previo un periodo in surgelatore per prevenire lo sviluppo di eventuali parassiti.

Usi
Il consumo è esclusivamente come granella secca.
Una volta rigenerati in acqua e lessati, oltre che al naturale con fi lo d’olio, si prestano a svariati usi culinari, dalle tradizionali zuppe alle recenti ricette creative che lo impiegano in creme salate, in salse e in preparazioni dolci.

Reperibilità
La produzione è per ora molto ridotta, lo si trova in loco in autunno sia sfuso che in confezioni sigillate.

La storia
Il “fagiolo gialét” è conosciuto da oltre un secolo come un prodotto pregiato consumato in occasioni speciali, e venduto a famiglie benestanti ed alla Città del Vaticano. Il valore riconosciuto a questo fagiolo risiede nel sapore delicato e nell’alta digeribilità, anche per la buccia molto sottile che quasi si scioglie durante la cottura. Queste caratteristiche lo rendono particolarmente adatto per l’alimentazione dei bambini e anziani, e di chi fatica a sopportare la maggior ricchezza di cellulosa nella buccia di altri fagioli.

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