Pomodoro Re Umberto

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 4 minuti

Territorio interessato alla produzione
comuni della Costiera Amalfitana (SA)

Descrizione
Bacca di forma rettangolare, colore rosso intenso a maturazione, lunghezza della bacca 6,3 cm in media, peso compreso fra i 45 ed i 65 grammi; sapore dolce, caratteristiche fisico-chimiche: Residuo ottico (zuccheri) 4.8, ph 4.89, acidità% 0.35, su un campione di pomodoro allevato in pieno campo. La bacca è stretta al colletto per poi allargarsi alla parte distale; il frutto ha duplice attitudine, sia per il consumo fresco che per la trasformazione industriale. La bacca è particolarmente adatta alla lavorazione per conserve; i pomodori vengono lavorati artigianalmente senza aggiungere né sale né acido citrico o correttore di acidità e messi in barattoli di vetro, e successivamente pastorizzati sempre secondo tradizione.

Metodiche di lavorazione
Il pomodoro Re Umberto (o Fiascone) è presente in tutto l’areale della Costiera Amalfitana; il suo luogo di elezione è il comune di Tramonti e le sue frazioni, dove si riscontrano le più importanti testimonianze orali in merito alla sua presenza sul territorio. Già a inizio ‘900 in quasi tutti gli orti era presente il pomodoro Re Umberto, detto Fiascone e i suoi frutti venivano usati sia come prodotto fresco (per le insalate estive), che per fare passate e conserve di pomodoro. Fortunatamente molti agricoltori hanno continuato a produrlo per autoconsumo, grazie alle caratteristiche organolettiche superiori ed al perfetto adattamento all’ambiente pedoclimatico. Il nome deriva da un omaggio a Umberto I di Savoia, in occasione di una sua visita da Re d’Italia a Napoli per la prima volta nel 1878. La semina in genere avviene ai primi di marzo nei famosi “rassicali”, semenzai aziendali in cui vengono direttamente distribuiti i semi, protetti da vegetazione secca per evitare che animali selvatici vaganti possano rovinarlo. Si trapianta agli inizi di maggio con sesti di impianto di 40 cm sulla fila e 80 cm tra le file. La pianta presenta uno sviluppo indeterminato che in terreni favorevoli raggiunge anche i 2 mt di altezza; pertanto si usano pali di castagno e canne di fiume come tutori. L’infruttescenza è composta da 2/6 frutti, che a maturazione sono di colore rosso intenso. Si prestano a diversi usi, sia per insalata, che per la produzione di pelati e di passata. La lavorazione del pomodoro Re Umberto è effettuata esclusivamente con attrezzature manuali tradizionali, a causa dei terrazzamenti della Costiera amalfitana, che rendono molto difficile se non impossibile l’utilizzo di mezzi pesanti. Il prodotto fresco viene raccolto in cassette di plastica da circa 20-25 kg e trasportato presso il laboratorio artigianale che ne garantisce una trasformazione immediata in barattoli di vetro, senza l’utilizzo di conservanti o altri agenti chimici.

Cenni storici e curiosità
Il pomodoro Re Umberto iniziò ad essere coltivato nei primi anni del ‘900 sul territorio di Tramonti e della Costiera amalfitana, e i suoi semi vennero diffusi di mano in mano in tutte le tredici contrade. La riproduzione del seme si è protratta di generazione in generazione in alcune famiglie di Tramonti fino ai giorni nostri, scongiurandone cosi la completa estinzione. Ogni estate, dopo la raccolta, di mattina presto, si provvedeva a fare la conserva di pomodori, (il termine usato ancora oggi è: “Fare le bottiglie”), prodotto che non doveva mai mancare in una casa e che durava per tutto l’anno.

È un’eccellente varietà di pomodoro da sugo o conserva, conosciuto anche con il nome “Fiascone”. Da riscontri bibliografici, ha dato origine al pomodoro San Marzano ed è stato coltivato in Italia per oltre un secolo e venduto da tutte le maggiori ditte sementiere. Presente già nei cataloghi Ingegnoli del 1889, i cataloghi della ditta Sgaravatti (anni 1910 – 1940), lo descrivevano come un “must” ed era considerato un pomodoro d’eccellenza, per il suo sapore intenso, per la produzione molto generosa grazie a piante vigorose; per questo compare in copertina sul catalogo del 1915. Con il tempo il materiale di propagazione è stato contaminato da altre varietà, e divenne sempre più difficile reperirlo anche a causa della cancellazione dal registro delle varietà da parte dell’Ense (all’epoca, Ente incaricato del controllo ufficiale delle sementi pur essendo uno dei pochi pomodori nazionali che all’epoca era apprezzato e coltivato in molte parti del mondo: venne citato dalla storica società francese Vilmorin-Andrieux nel famoso libro “The Vegetable Garden” (forma ovale ma appiattita sui lati, con grappoli da 5 a 10 pomodori), l’Istituto di Agronomia Generale e Coltivazioni Erbacee dell’Università degli Studi di Napoli ne fece eseguire illustrazioni ora conservate presso il Museo della Reggia di Portici. Questa vecchia varietà con gli anni è stata soppiantata da altre varietà, fino a perderne la memoria fuori dall’areale di provenienza, dove alcuni contadini locali l’hanno custodita.

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