Saraghina maturata nel sale, Saracca, Salacca, Papalina

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 4 minuti

Area di produzione
Il prodotto, secondo la scheda presente nei Prodotti Agroalimentari Tradizionali della Regione Emilia-Romagna, si produce a Cesenatico (FC) dal 1944.
In realtà, un prodotto simile, almeno a livello domestico, si ritrovava in tempi passati un po’ in tutto il territorio regionale. 
Celebre, ad esempio, il Funerale della Saracca, che si svolge nella Frazione di Oliveto, Monteveglio, nel Comune di Valsamoggia (BO), derivata dal passaggio degli spagnoli nel 1527 e si ricollega ad una tradizione tipicamente spagnola, e ad una festa assai nota a Madrid chiamata “el entierro de la sardina”.

 

Descrizione
La Saraghina maturata sotto sale è pesce azzurro, altrimenti conosciuto, quando maturato sotto sale appunto, come Saracca (Salacca in italiano), Papalina o Spratto. La sua denominazione scientifica, dal latino, è Sprattus sprattus. Papalina è anche la denominazione in lingua italiana riferita alle specie ittiche indicate nell’elenco del Decreto del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali del 31 gennaio 2008 e successive modifiche.

Proprio la peculiarità del nostro dialetto regionale, che sappiamo variare da paese a paese anche a distanza di pochi chilometri, la Saraghina è conosciuta attraverso diverse locuzioni: Saracca (soprattutto in Emilia), Saraghèna/Saraghèina/Saragòina salèda (in Romagna).

Con Saracca (o Salacca, in italiano) ci si riferisce alla Saraghina o Papalina una volta diventato “pesce salato” mediante il processo di salagione.

 

Preparazione

Materia prima
La Saraghina è uno dei pesci che con altri della stessa famiglia rientra nella categoria di “pesce azzurro”. La famiglia è quella dei Clupeidi, pesci che si nutrono di plancton; sono pelagici e formano banchi molto numerosi, con una caratteristica colorazione argentata con il dorso verde azzurro. Oltre a costituire una risorsa economica ed alimentare per l’uomo, sono un anello fondamentale nella catena alimentare marina, costituiscono infatti il nutrimento principale per molti pesci predatori quali tonni, squali e per alcuni mammiferi marini ed uccelli.
La Saraghina in particolare è un piccolo pesce azzurro che non supera i 17cm di lunghezza, dal corpo fusiforme, allungato e compresso ai lati. Si può confondere con l’Alice (Engraulis encrasicolus) dalla quale si distingue per la forma del corpo più panciuta, per la morbidezza delle carni e per il caratteristico sapore. 
Era abitudine dei pescatori dire che “la Saracca è l’ultimo pesce creato da Dio perché gli ha messo dentro tutte le spine che al Creatore erano rimaste”, il che si riferisce soprattutto a quelle pescate nelle acque profonde dell’Oceano e dei mari del Nord. 
Quelle pescate nell’Alto Adriatico invece, oltre ad avere meno spine, sono prive di squame, il che le rende adatte per il trattamento di salagione a scopo conservativo, durante il quale processo la lisca viene destrutturata e quasi sciolta, resa così commestibile e non fastidiosa al palato.
Infine, spesso di confonde la Saraghina con l’Aringa, il che è errato sia per le caratteristiche morfologiche che per quelle organolettiche, ma soprattutto perché l’Aringa storicamente viene conservata attraverso il processo di affumicatura.

Lavorazione
La Saraghina viene pescata tutto l’anno ma in special modo da marzo a luglio e da settembre a novembre quando raggiunge la giusta maturità. Appena pescata deve essere innanzitutto conservata sul peschereccio, con l’ausilio di ghiaccio, che evita che il pesce si afflosci, perda liquido o si irrancidisca per il deterioramento del grasso.
Giunta in porto, inizia la lavorazione, che comincia con la salagione inizialmente a secco, strati di pesce alternati a strati di sale (per lo più Sale di Cervia, ideale in quanto sale “dolce”). In seguito viene aggiunta la salamoia, soluzione di sale e acqua a concentrazione di 26°Bé.
Segue la fase di maturazione, in cui la Saraghina rimane a maturare nel sale per almeno 6 mesi.
Si passa poi al confezionamento nei barili di faggio in una caratteristiche disposizione a raggio di sole. I barili vengono poi pressati per eliminare l’eccesso di liquido. Questa fase di pressatura viene effettuata con pressa manuale, per avere una pressione delicata e costante.
Da questa fase di pressatura deriva anche un prodotto secondario, la Colatura di Saraghina, che viene raffinata attraverso 3 passaggi di filtrazione in pezze di lino, per poi decantare in botti di rovere. La Colatura viene poi usata come condimento in piatti di mare.

 

Cenni storici e curiosità
La produzione della Saraghina maturata sotto sale aderisce al marchio collettivo di filiera denominato Prodotto Certificato Alto Adriatico (PCAA).
Nell’anno 2010 ne sono stati prodotti 165 q.li.

L’idea di produrre la Saraghina maturata sotto sale nasce nel 1944 da un’intuizione di un giovane commerciante romagnolo: Adler Venturi. Era tempo di guerra e nel porto della natìa Cesenatico arrivavano grandi quantità di questo pesce, che spesso veniva gettato, mentre buona parte della popolazione faceva la fame. I commercianti privilegiavano l’acquisto di acciughe o sarde (come oggi peraltro) e il resto era considerato scarto. Adler notò le aringhe salate che arrivavano dai mari del nord, e decise di conservare in modo simile la nostrana Saraghina.

La Saraghina era un cibo caratteristico delle tavole dei poveri, il suo basso costo rapportato alle sue qualità organolettiche la rendeva ideale per insaporire le tavole della povera gente. 

Il suo nome storico era Clupea Papalina Bonaparte, condensando in un unico nome la massima autorità religiosa e quella imperiale dell’epoca.

Fellini la scelse per battezzare un personaggio femminile del film “Otto e mezzo” del 1963

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