Scalogno di Romagna IGP

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 3 minuti

Descrizione:
Prodotto orticolo: l’indicazione designa esclusivamente il bulbo cipollino delle specie Allium Ascalonicum. Esso viene ottenuto secondo tecniche naturali e rispettose dell’ambiente tipico della varietà: non può essere coltivato in successione a se stesso o ad altre liliacee, né a solanacee, barbabietole e cavoli. Devono trascorre almeno 5 anni per il ritorno dello scalogno sullo stesso appezzamento.
I terreni idonei per la coltivazione dello scalogno di Romagna sono di natura collinare, tessitura media tendente all’argilloso, asciutti, ben dotati di potassio e sostanza organica, ben esposti e soprattutto ben drenati.
All’atto dell’immissione al consumo, lo scalogno può essere confezionato nei seguenti modi: prodotto fresco in mazzetti legati di circa 500 grammi; prodotto secco in mazzetti, in trecce o in reti da 100 grammi.

Zona geografica di produzione:
Lo scalogno di Romagna si coltiva nei seguenti comuni: Brisighella, Casola Valsenio, Castelbolognese, Faenza, Riolo Terme, Solarolo in provincia di Ravenna; Modigliana e Tredozio in provincia di Forlì; Borgo Tossignano, Casalfiumanese, Castel del Rio, Castelguelfo, Dozza, Fontanelice, Imola e Mordano in provincia di Bologna.

Curiosità storiche e letterarie:
Corrado Contoli e la sua Romagna gastronomica sono un riferimento obbligato per quanto riguarda prodotti la cui origine, e a volte il cui consumo, sono limitati a qualche provincia della Romagna.
In questo caso, soprattutto, l’abbinamento che ci suggerisce e la ruspante “procedura di degustazione” meritano la citazione completa del passo, che ci rimanda ad una imprecisata, vaga situazione di festosa rusticità.
La ricetta che segue, riconduce ad un sistema più classico di presentazione dei prodotti; di ruspante, rimane comunque il sapore, davanti al quale, rispettosamente, leviamo il cappello. Poi sfiliamo la giacca, arrotoliamo le maniche della camicia, e ci accingiamo a lavorare di forchetta.

“Una convinta parola di più vogliamo spendere in pro di una gagliardissima,appetitosissima merenda campagnola, a base di prosciutto e scalogni, i vigorosi e forti bulbi di Ascalona, che si accordano straordinariamente con la delicata dolcezza del buon prosciutto. In mezzo alla tavola rustica vi sono una saliera capace e profonda, piena di sale ed olio, un gran piatto di prosciutto affettato col coltello ed uno di scalogni sbucciati, nel loro violaceo turgore; non dimentichiamo un gran boccale di vino rosso appena spillato, a preferenza uva Dora un po’ allappante, con un taglio di marzemino o di negretto. Con i bicchieri ed un grande pane campagnolo od una grossa pizza casalinga, l’apparecchiatura è completata.
Si prende uno scalogno, si posa sulla tovaglia tenendolo con due dita e gli si mena sopra un moderato pugno, allo scopo di schiacciarlo un poco e di fargli schizzar via l’”anima”. Poi si intinge nella saliera e si mangia, accompagnato da una fetta di prosciutto ed un boccon di pane; indi si innaffia con una generosa sorsata di vino. Così si ripete e si continua a lungo, né mai si smetterebbe ché il piacere si rinnova ad ogni boccone e ad ogni sorsata. Si raggiunge, ad un certo punto, quella divina allegria e quell’acceso lirismo cui fa cenno F.B. Pratella, il grande cantore di Romagna, parlando dell’uomo “dionisiaco”, e che sono certamente fra gli aspetti più desiderabili della vita. Sembra che gli scalogni in stretta associazione col vino abbiano la virtù di esaltarne i principii euforici.” (*)

“Tagliatelle con gli scalogni:
Occorrono tagliatelle strette e grosse.
Fate un soffritto di olio e scalogni tritati finemente; quando saranno rosolati a dovere,aggiungetevi abbondante sugo di pomodoro, sale e pepe in buona misura. Lasciate bollire adagio fino ad ottenere una salsa alquanto densa, poi condite le tagliatelle cotte al dente, senza aggiungere parmigiano grattugiato.
Questa, a differenza delle altre minestre asciutte, acquista pregio se mangiata una mezz’ora o anche più dopo essere stata condita. Per renderla più digeribile, è consigliabile scarseggiare in olio nel soffritto, aggiungendone di crudo prima di condire.” (*)

Riferimenti bibliografici:
(*) Corrado Contoli, Romagna gastronomica – guida alla veritiera cucina romagnola, Bologna, Edizioni Calderini, 1963, pagg. 51-52, 110

Fonte: Ermes Agricoltura – Regione Emilia Romagna

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