Tartufo bianco (tuber magnatum), trifula bianca

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 2 minuti

Le dimensioni dei carpofori di questo tartufo sono molto variabili e vanno da quelle di un pisello a quelle di una grossa patata che può avvicinarsi in alcuni casi al chilogrammo di peso. La forma può essere regolarmente globosa ma anche irregolare con numerosi lobi e sinuosità. Il periodo esterno è di colore giallo-ocraceo o giallo-olivastro, a volte con zonature bruno-ruggine anche estese. La superficie è liscia. La gleba appare di colore variabile dal bianco al grigiastro, alle varie tonalità di giallo o anche decisamente noccio, a in alcuni esemplari si notano zone di colore rosso scuro. Essa risulta solcata da sottili venature biancastre ad andamento sinuoso ed anastomosate in più punti. L’odore, particolarmente spiccato e aromatico, non è facilmente definibile, ma ricorda una combinazione di aglio e formaggio grana. Cresce in pianura ed in collina fino a 600-700 m s.l.m. (eccezionalmente anche più in alto), in simbiosi con il tiglio, il pioppo, le querce, i salici ed i noccioli. Come quasi tutte le specie di tartufi si sviluppa su locali calcarei a reazione neutra o sub-alcalina. Ama anche i terreni freschi e cresce preferibilmente lungo le vallate in prossimità di corsi d’acqua. L’epoca di maturazione varia da settembre a dicembre ed è influenzata notevolmente dall’altitudine: i primi tartufi a maturazione sono sempre quelli in pianura.

 

Territorio interessato alla produzione:
Zone collinare e di media montagna delle province di Rimini e Piacenza (per le province di Bologna e Forlì-Cesena si veda il prodotto “Tartufo Bianco Pregiato”).

 

Cenni storici e curiosità
Plinio il Vecchio (I secolo d.C.) nella “Historia naturalis” li distingue dai funghi, senza tuttavia riuscire a definirli con esattezza, e ne parla diffusamente.
Poi, non abbiamo citazioni e notizie precise sui tartufi fino al Rinascimento, quando S. Ambrogio scrive al Vescovo di Como per ringraziarlo dell’invio di “terratuffole” di straordinaria grandezza. Nel ‘500 i tartufi erano largamente presenti nelle mense di alto rango e lo stesso imperatore francese Carlo V ne ordinò la intensificazione del commercio consolidando nella regione del Périgord una tradizione che si è sempre più sviluppata, fino all’odierna produzione record di circa 40.000 q.li.
In Italia le zone più produttive sono le Langhe, per il tartufo bianco, ed il territorio intorno a Norcia, per il tartufo nero. Tra queste non sfigurano – se non per quantità – le zone della provincia di Piacenza, dove il tartufo figura nella cucina tradizionale ormai da tempo immemorabile.
Se ne trova traccia anche nell’alta Romagna, in prossimità delle Marche.

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