Area di produzione
I seguenti Comuni della provincia di Rieti, con il limite altimetrico non superiore a 1.200 m s.l.m.:
Amatrice, Accumoli, Antrodoco, Borgo Velino, Cantalice, Castel Sant’Angelo,
Cittaducale, Cittareale, Configni, Contigliano, Colli sul Velino, Cottanello, Greccio, Labro, Leonessa, Micigliano, Morro Reatino, Petrella Salto, Poggio Bustone, Posta, Rieti e Rivodutri.
Caratteristiche
Il Prosciutto Amatriciano I.G.P. vanta una qualità specifica che deriva dalla
tradizionale tecnica di rifilatura particolarmente alta della coscia fresca effettuata in tutto l’areale di produzione nella fase di ricevimento della materia prima. Tale operazione, che caratterizza questo prodotto contraddistinguendolo dagli altri prosciutti stagionati meno scoperti, è dovuta alla secolare esperienza maturata dai produttori della zona specifica; essa consiste nell’asportare grasso e cotenna con un deciso taglio semi-circolare che arriva fino ad oltre la metà dell’altezza della coscia in modo da conferire al prosciutto la classica forma tondeggiante “a pera”, facendo in modo che la faccia frontale risulti caratterizzata da una ampia parte scoperta che si estende in senso verticale fino ad oltre la metà della altezza della coscia.
Note
Nel testo riguardante la “civiltà amatriciana”, datato 1932, Cesare De Berardinis qualifica la preparazione dei “prelibati prosciutti” attribuendola “alle mani” e “alle cure” delle instancabili donne di Amatrice. Nello specifico si dice: “L’economia tutta della famiglia è nelle loro mani (le donne) e sono esse che debbono provvedere … alla tenuta…di tutti gli animali da cortile, tra i quali sono compresi i maiali …d’inverno le provviste per l’estate, e d’estate per l’inverno. Son loro che attendono alla preparazione delle carni salate di maiale e dalle loro mani e dalle loro cure, escono i prelibati prosciutti..”.
Già nel 1327, 60 paia di prosciutti l’anno costituiscono il prezzo che gli
abitanti di Capradosso (comune di Petrella Salto compreso nell’areale di produzione individuato) sono disposti a pagare a chi li aiuti ad appropriarsi di possedimenti, adiacenti ai loro territori ma ricadenti sotto la signoria dell’abbazia benedettina di S. Salvatore Maggiore. In altri documenti, inoltre, i prosciutti sono considerati una tassa da pagare ai feudatari: negli Statuti del Cicolano (territorio in cui ricade la maggior parte dei comuni compresi nell’areale di produzione del Prosciutto Amatriciano) è attestata, alla fine del XIV secolo, la consuetudine signorile di prelevare dai vassalli prosciutti.
Per passare a tempi più recenti, di notevole importanza è la Statistica del Regno di Napoli, fatta stilare da Gioacchino Murat nel 1811 in cui si fa riferimento già ad un'”industria” di prodotti suini “nel Cicolano, in Amatrice e in qualche altro punto della provincia” e si parla, nello specifico di “prosciutti…” e altri prodotti esportati “nelle vicine province, ed in Napoli ancora”. Esalta, inoltre, il prodotto dicendo che “la loro bontà dipende più che altro dalla buona qualità delle carni e dalla purezza dell’aere”.
Anche nell’Inchiesta Jacini, redatta tra il 1877 – 1885, il professor Piccinini, incaricato di redigere la “Monografia sul Circondario di Cittaducale”, comprendente gran parte dei comuni compresi nell’areale di produzione, parla di produzione di prosciutti: al capitolo Razze suine così si esprime: “… la maggior parte dei maiali si alleva presso le famiglie … infatti tutte le famiglie (dei Comuni del Circondario) allevano uno o più animali suini ad esclusivo uso dei bisogni propri…. Dei porci si utilizza tutto e la conservazione avviene tanto allo stato fresco che salato. Se ne fanno prosciutti…”.
Fonte
Estratto dal Disciplinare di Produzione
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