Quando la cucina è più forte della guerra: il carciofo alla Giudia del ghetto di Roma

Francesco Garbo  | 22 Mag 2023  | Tempo di lettura: 3 minuti

I carciofi alla giudia sono un piatto imperdibile della tradizione romana anche se meno conosciuti rispetto ai piatti classici come l‘amatriciana o la carbonara. Sicuramente i più buoni li potete assaggiare al ghetto ebraico a Roma e c’è un motivo. La spiegazione si nasconde nella storia originale di questo prodotto che nasce dalla fusione della cucina ebraica con quella romanesca. La ricetta dei carciofi alla giudia ha origini molto antiche tanto da trovare citazioni di questo piatto già in ricettari del XVI secolo. La nascita di questo piatto è da far risalire proprio al ghetto ecco quindi perché dovete assaggiarli proprio li dove sono nati.

La storia del carciofi alla giudia

Il ghetto nacque intorno al 1500 con la bolla papale di Papa Paolo IV che nel 1555 stabilì pesanti limitazioni e obblighi per tutti gli ebrei come portare un distintivo giallo, il divieto di possedere bene immobili e il divieto di curare i cristiani per i medici ebrei. Il ghetto quindi fu ideato per ospitare tutte le persone di religione ebraica che avevano una vita molto difficile in città per le restrizioni applicate che non potevano più coincidre con la vita insieme a persone appartenenti a religione diversi. Molti ebrei romani quindi si rifugiarono nel ghetto, anche se molti arrivarono qui da località italiane come la Sicilia ma anche dalla Spagna ad esempio. Qui cominciarono quindi a fondersi le culture gastronomiche delle varie civiltà di provenienza degli ebrei e crearono una splendida fusione di culture e tradizioni.

Nel 2018 i carciofi alla giudia hanno ricevuto dal rabbinato centrale di Israele il riconoscimento come piatto kosher perché tra le foglie potrebbero insidiarsi insetti. La decisione non è stata accolta bene dagli ebrei romani che si sono opposti alla decisione dal momento che i carciofi romaneschi hanno foglie così attaccate tra loro che non rendono possibile agli insetti entrare all’interno. Gli ingredienti di questa ricetta non sono molti ma vanno scelti con cura.

I carciofi devono essere i cimaroli, anche conosciuti come mammole, i migliori tra le varietà romane e coltivati tra Ladispoli e Civitvecchia. Una volta scelto il carciofo perfetto viene fritto due volte in olio bollente, la prima a temperatura più bassa, intorno ai 150 °C, per permettere all’olio di cuocere il cuore del carciofo senza bruciarlo e la seconda, intorno ai 180°C, per rendere croccante ogni foglia del carciofo che risulterà perfetta ad ogni morso.Degne di nota anche le altre ricette originarie del ghetto come validissime proposte di pasticceria con la torta alla ricotta, che fonde alla perfezione la freschezza della ricotta, l’acidulo delle visciole il tutto racchiuso in pasta frolla cotta al forno.

Francesco Garbo
Francesco Garbo

Sono un cuoco e un giornalista enogastronomico, cucino e parlo di cibo praticamente tutto il giorno. Vino e cibo sono le due vie migliori per conoscere una cultura, in modo gustoso.



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