Il raviggiolo è un formaggio tipico dell’Appennino tosco-romagnolo, che si ottiene attraverso la lavorazione del latte intero, vaccino o (ma solo in casi specifici) ovocaprino.
La sua produzione è antichissima: un documento ne accerta la presenza tra i doni che i romagnoli portarono a Papa Leone X nel 1515. Come da tradizione, erano avvolti in foglie di fico.
Nelle sue varianti territoriali è ulteriormente definito come ravigiolo, ravaggiolo o raveggiolo.
Nella preparazione del raviggiolo è importante iniziare da una materia prima di altissima qualità. Al latte vaccino crudo, una volta raggiunta la temperatura di coagulazione, viene aggiunto il caglio. La cagliata non va rotta e la massa coagulata va rovesciata direttamente su grosse foglie di cavolo (o verdure analoghe).
La salatura si effettua a secco, prima su uno e poi sull’altro lato per 2 giorni. La maturazione è estremamente breve, e dura all’incirca una notte. Non vi è stagionatura, in quanto il raviggiolo va consumato freschissimo, in purezza, entro massimo 3-4 giorni dalla lavorazione.
Il prodotto finito ha una forma tipicamente indefinita, vagamente rotonda, adagiata su sé stessa. La crosta è chiaramente assente, mancando qualsiasi forma di stagionatura. La pasta è morbida e tenerissima, di colore bianco latte. Il sapore è gradevolmente dolce e delicato.
Tra i comuni emiliani che rientrano nell’area di produzione, e che fanno parte dell’Appennino Tosco-Romagnolo, troviamo Tredozio, Modigliana, Portico di Romagna, San Benedetto in Alpe, nonché Sogliano sul Rubicone (FO). Nelle Marche la produzione è concentrata nella provincia di Pesaro e Urbino, in particolare nelle 4 Comunità Montane del Montefeltro, del Catria e Nerone, del Catria e Cesano e dell’Alto e Medio Metauro.
Proprio la produzione, per le specifiche caratteristiche che richiede, avviene soltanto nella stagione fredda, circa da ottobre ad aprile.
Riccardo Di Corato afferma che questo formaggio, nei secoli scorsi, era considerato una prelibatezza, specialmente quello fatto con il latte di capra.
Esso non mancava mai nelle tavole imbandite e nei banchetti. La testimonianza della sua notorietà ci è data anche dal proverbio “chi non è Marzolino sarà Raviggiolo” per indicare la fatalità del destino.
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