Riso

PaesidelGusto  | 10 Gen 2019  | Tempo di lettura: 2 minuti

Le varietà di riso diffuse in Lombardia sono numerose, ma le principali sono Carnaroli, Arborio, Vialone Nano, Baldo, Balilla, Loto, Gladio, Roma, Selenio, Volano, Nembo e altre. In particolare, negli ultimi tempi, grazie alla ricerca di nuove varietà adatte alla coltivazione biologica, è stata rivalutata da alcuni produttori la varietà Rosa Marchetti, perché particolarmente adatta alle pratiche agricole biologiche.

 

Area di produzione
Parco Ticino, Lomellina, Lodigiano, Basso pavese, Basso Mantovano.

 

Caratteristiche
Il chicco di riso è ellittico e ha un rapporto lunghezza/larghezza diverso a seconda della varietà: Carnaroli, Arborio, Baldo, Roma e Loto hanno chicchi con profilo semiaffusolato o lungo, mentre Vialone Nano e Balilla lo hanno più tondo. La varietà Gladio è quella con i chicchi più lunghi.

 

Cenni storici e curiosità
Oggi l’Italia è il maggior produttore europeo di riso e l’estensione della risaia italiana supera i 215.000 ettari dislocati in particolare nelle province di Vercelli, Pavia, Novara, Alessandria, Mantova, Milano e Verona.
La risicoltura in Lombardia è da sempre legata a quella delle province di Milano, Lodi e Pavia: risalgono al 1200 i primi documenti che attestano l’esistenza del riso, scambiato come una spezia rara nei mercati della Lombardia.
Tra il 1400 e il 1500 Galeazzo Sforza, Duca di Milano, incaricò il suo più importante ingegnere, Leonardo Da Vinci, di studiare la sistemazione dei terreni per garantire alla sua tenuta della cascina Sfrozesca di Vigevano il miglior utilizzo possibile delle acque di irrigazione. Il sistema inventato da Leonardo (ancora in uso oggigiorno) permise di iniziare la coltivazione su vasta scala del riso e della marcita Lombarda. La diffusione della lavorazione industriale del riso greggio risale invece al periodo tra il 1700 e il 1800.
Quasi tutte le risaie mantovane sono destinate alla coltivazione del Vialone Nano, mentre nel Basso Pavese fin dagli anni 50 si è sempre più diffuso il Carnaroli.
La coltivazione del riso era un tempo un lavoro molto faticoso, perché in assenza di macchine, l’intera lavorazione – l’impianto, la pulitura dalle infestanti, la raccolta – veniva fatta a mano: le mondine (dal nome della monda, la fase di pulizia delle risaie) erano le donne, per lo più giovani, che ogni anno si allontanavano da casa per i 40 giorni della stagione di lavorazione del riso.
Anche la specialità mantovana con il riso, il risotto alla pilota, prende il nome dall’operaio nelle pile (stabilimenti di raffinazione del riso): il pilota si occupa della pulitura, del raffinamento e del confezionamento del riso. La rilevanza di questi pilarini o piloti, nell’economia risicola locale, è pari a quella dei casari nella produzione del formaggio.
Le prime pile da riso comparvero nel mantovano all’inizio del ’600 ed erano destinate alla lavorazione del risone.
Nell’800, invece, il numero delle pile cominciò a diminuire per effetto della diffusione di un sistema di raffinazione più moderno che permetteva una produttività ben più alta.

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